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Gay & Bisex

La mia adolescenza 21


di FRANK_1987
13.05.2019    |    5.190    |    3 8.4
"Il professor Christian entra indossando la tuta e le luci della stanza si riflettono sulla sua testa pelata..."
PREMESSA (DA LEGGERE E NON SALTARE): Il prossimo capitolo uscirà LUNEDI’. Questi racconti si collocano prima dell’inizio della saga “IL FIDANZATO DI MIA SORELLA”. Possono essere considerati dei prequel non dei sequel, quindi, se volete leggerli immedesimandovi, dovrete dimenticare tutto quello che avete letto finora o almeno cercare di posticiparlo nella vostra mente in modo da rendere queste letture più facili senza confondervi cronologicamente.

Il migrante

CAPITOLO 21

E’ un giorno di Marzo quando Salvatore e Barbara si sposano. Al matrimonio partecipa tutto il nostro parentato e soltanto qualche familiare di mia cognata. Non sono potuti venire per una bufera di neve che imperversa sulle Alpi e che ha bloccato a terra molti viaggiatori, compresi loro. C’e’ soprattutto Michele, al matrimonio, ma questa volta non mi fa nessun effetto. Non e’ il tipico ragazzo che potrebbe usarmi come ha fatto Vladik quindi lo ignoro per il resto della giornata. La cerimonia si svolge normalmente, poi si va a mangiare e verso sera siamo di nuovo a casa. Qualche tempo dopo, mentre sto tornando a piedi da scuola, vedo un ragazzotto camminare verso di me. E’ uno di quei ragazzi stranieri che il mio sverginatore ospita nella sua casa-famiglia. Di etnia albanese, ha 17anni, i capelli riccioluti neri e gli occhi dello stesso colore. Mentre entrambi ci avviciniamo l’un l’altro, il mio cuore inizia a battermi nel petto all’impazzata. Quando siamo neanche a un metro di distanza, lo osservo timidamente. Anche lui lo fa ma soltanto, almeno credo, per capire se l’avrei salutato oppure no. Faccio pochi passi in avanti e mi giro a guardarlo nuovamente. Gli indumenti invernali oscurano la sua prestanza fisica ma io la immagino. Camminando con la testa rivolta all’indietro come gli indovini dell’VIII cerchio dell’Inferno della Divina Commedia, vengo riportato alla realtà dal clacson di una macchina che per poco non mi investe. Quando torno a casa e vado a letto, fantastico sulla possibilità di poterlo perlomeno salutare la prossima volta che ci incontreremo. Immaginandolo, inizio ad eccitarmi e mi sego pensando al ragazzo albanese. Dopo essere venuto, la mia frenesia cala e viene soppiantata dalla paura che possa rivolgermi qualche epiteto offensivo oppure che possa addirittura farmi male. Molti albanesi girano per le strade della mia città (MENTRE ADESSO LO FANNO PER LA MAGGIOR PARTE GLI IMMIGRATI AFRICANI) quindi per me, anni fa, erano il massimo dell’erotismo. Succhiare un cazzo di un colore diverso dal mio e’ sempre stato il mio sogno nel cassetto. Alcuni albanesi vengono anche a bussare alle porte vendendo qualcosa o chiedendo l’elemosina. Molte volte mi sono trovato da solo in casa a vivere quest’esperienza e molte volte ho pensato di farne entrare uno ma poi il terrore di venir derubato, o anche farmi fuori, unito ai vicini impiccioni che avrebbero raccontato ai miei genitori di avermi visto invitare a casa una persona extracomunitaria, mi ha fatto sempre desistere. Ho chiesto tante volte a Giorgio di farmi conoscere quell’africano che gli ha rotto il culetto ma, ogni volta, mi dice di aver perso le sue tracce e che non si erano messi d’accordo ma si sono ritrovati in quel posto del parco perché tutti e due dovevano pisciare. Ogni volta che mia madre mi manda a fare una commissione, non uso più il motorino. Preferisco andare a piedi, farmi una passeggiata e magari incontrare quel ragazzo. Per un po’ di tempo non lo vedo, forse i nostri orari non coincidono, ma poi, mentre sto tornando dal bar, eccolo lì. Sta di nuovo camminando verso di me. Voglio salutarlo, voglio scambiare con lui qualche parola per iniziare un’amicizia e magari anche scoparci, in seguito. Lui guarda dritto in avanti mentre io faccio finta di niente e quando siamo praticamente spalla a spalla, prendo tutto il mio coraggio e lo saluto.
“Ciao”, gli dico
“Ciao”, mi fa lui continuando a camminare
“Ma tu non sei il ragazzo che abita nella casa-famiglia?”, gli domando facendolo fermare e girare
“Si sono io”, mi risponde l’albanese
“Io e il proprietario siamo molto amici. Ti ho visto parecchie volte con lui”
“Anche io vi ho visti parecchie volte insieme. Sembrate davvero affiatati”
“Lo siamo per davvero”, gli rispondo
“Lo immagino. So cosa dicono di lui”, mi dice il ragazzo facendomi intuire di aver capito cosa c’e’ tra me e la persona che lo ospita
“Ti da fastidio?”
“Per niente. Ognuno e’ libero di fare quello che vuole. Ma se mi mette le mani addosso…”
“Lui e’ più grande di te. Potrebbe costringerti”
“Gli rompo il culo in quel caso”
“Quindi saresti disposto a fare sesso con un uomo?”, gli domando anche se la sua risposta precedente era più retorica che letterale ma voglio stuzzicarlo un po’
“L’importante che non lo rompa a me”
“Senti…ti andrebbe di farti fare un pompino?”, gli chiedo facendogli strabuzzare gli occhi “se non ti va, non importa. Me ne farò una ragione”
“E se mi andrebbe?”
“Vieni, conosco un posto isolato dove non può vederci nessuno”
Con il timore che possa rapinarmi, mando un messaggio a mia madre dicendole che avrei tardato. Anche il ragazzo prende un cellulare e avvisa qualcuno. Ora non devo preoccuparmi di essere malmenato e derubato dei miei averi perché lui ha un telefono più alla moda del mio e quindi dal mio sverginatore non gli manca proprio niente. Forse la sola cosa che può mancargli e’ del sano sesso che e’ disposto a ricevere anche da un maschio. Raggiungiamo una piccola viuzza dove alcune case vecchie e disabitate vi si affacciano e sotto un portico fatiscente e nascosto alla vista dei più attenti, l’albanese inizia a sbottonarsi i pantaloni. Io mi inginocchio davanti a lui che estrae dalla sua mutanda il suo cazzo. Me lo aspettavo diversamente anche se come colore e’ più scuro del mio. Glielo prendo in mano e inizio a masturbarlo delicatamente. Il ragazzo apprezza il mio trattamento perché subito dopo, il suo pene si gonfia dentro le mie mani raggiungendo una dimensione di 16cm. Me lo infilo in bocca e inizio a pomparglielo. Lo faccio prima delicatamente, poi sempre con più velocità mentre lui mi mette una mano sulla nuca assecondando, ma non violentemente, i miei movimenti. Quando me lo sfilo dalla bocca, gli lecco l’asta e gioco un po’ con la cappella. Lui me lo sbatte sulle guance ma poi e’ di nuovo dentro le mi fauci. Alzo gli occhi verso il ragazzo e lo vedo con la testa reclinata all’indietro dalla goduria. Dei lenti passi mi fanno smettere di succhiare quel pene che viene rimesso nei pantaloni in fretta e furia. Da un angolo del portico, possiamo vedere che una vecchietta sta scendendo per andare in piazza e quando siamo sicuri che se ne sia andata, gli riapro di nuovo la zip riprendendo a ciucciargli il membro. Lavorandoglielo di bocca, riesco a fare impazzire un giovanotto che si sta facendo fare un pompino da un ragazzo solo perché non c’e’ una figa che lo possa far divertire. Bofonchia delle parole in albanese, sicuramente complimentandosi con me, e poi si prende in cazzo e se lo masturba davanti alla mia faccia mentre tengo la bocca aperta e la lingua in fuori. Il suo sperma viene sparato di lì a poco sulla mia lingua, dentro la narice destra e nello spazio tra un occhio e l’altro sopra il naso. La prendo con le dita e la lecco mentre l’albanese si riveste e scompare senza neanche dirmi il suo nome. Con un fazzoletto, mi pulisco la faccia e torno a casa da mia madre ignara di tutto.
“Non ci posso credere”, esclama Giorgio quando gli racconto ogni cosa
“Devi farlo invece”
“Quindi l’hai fermato, gli hai chiesto se potevi fargli un pompino e lui ha accettato?”, mi chiede e io rispondo mormorando bevendo un succo di frutta “tu sei pazzo. Solo a te possono venire in mente queste cose. Sai come si chiama?”, mi domanda
“No, non ci siamo presentati. So soltanto che dovrebbe avere meno di 18anni. Forse 17 perché altrimenti lo avrebbero mandato via dalla casa-famiglia”
“Hai intenzione di fargli un altro pompino quando lo rivedrai?”
“Magari ma non so se lui gradirà. Forse la prima volta non ha rifiutato perché non incontrava una ragazza da tempo e voleva scaricarsi. Ma adesso non so”
“Se dovessi rivederlo, chiamami immediatamente”, mi dice Giorgio facendomi sorridere
“Giorgio, ti devo confessare un’altra cosa”, gli dico “il professor l’altro giorno si e’ poggiato con il suo cazzo duro contro il mio culo”
“Il professore di educazione fisica, vero? Sai, l’ha fatto anche a me.”
“E’ menomale che parla dei gay come degli abomini. Ma forse lo fa con tutti, come un vizio”
“Non credo proprio. Con Benito non lo fa perché quello e’ un bullo, non e’ gay e sicuramente lo prenderebbe a schiaffi se ci proverebbe”, mi spiega
“Hai ragione. Però sarebbe bello farsi scopare da uno come lui”, gli dico
Giorgio annuisce pensieroso ma sognante che un giorno possa avverarsi quanto ho espresso. Il professore e’ un bell’uomo di 45anni, calvo, con gli occhi celesti. Quando arriva a scuola indossa sempre un completo elegante che poi si toglie negli spogliatoi mettendosi la tuta per poter essere il più ginnico possibile nell’insegnamento della sua materia. Si chiama Christian e non ha la fede al dito. Potrei anche provarci con lui facendomi vedere in maniera più provocante ma la sua ossessione omofoba per quelli come me, me lo impedisce. Non perde occasione di parlare male degli omosessuali, anche in mia presenza, e, nonostante non abbia mai rivolto qualche parola offensiva direttamente verso la mia persona, ogni volta che esterna la sua omofobia mi guarda. Quando fa così, Giorgio deve stringermi forte la mano per impedirmi di saltargli addosso ma non per fare sesso con lui, come starete pensando, ma per picchiarlo e fargli smettere di dire quelle offese verso la mia gente. Un giorno, il professor Christian riunisce due quinte. La mia classe deve fare educazione fisica all’ultima ora e il preside gli ha chiesto di sostituire il suo collega dell’altra classe, ecco spiegato il motivo di questa riunione. Durante la lezione, Benito il bullo decide di giocare al gioco della bottiglia.
“Vediamo a chi tocca”, fa il bullo “tocca a Camilla”, continua e lei gira la bottiglia che si ferma davanti a me “ah, Giulietto, sei tu il prescelto”
“Smettila Benito”
“E perché? Devi fare quello che il gruppo chiede a Camilla di fare. Che cosa gli facciamo fare?”, chiede al resto delle classi
“Perché Camilla non controlla se Giulio ha il cazzo oppure no?”, fa un altro ragazzo facendo ridere i suoi compagni
“No, tanto lo sanno tutti che non ce l’ha. Davanti e’ piatto e dietro c’ha una caverna”, gli fa eco Benito dandosi il cinque con il ragazzo che mi aveva offeso prima “Camilla, perché non lo baci? Ma non deve essere un bacio casto ma un bacio con la lingua”
“Falla finita”, interviene Giorgio per togliermi dal panico
“Non posso. Lo sai che se Giulio si tira indietro deve pagare pegno”, gli ricordo il biondo bullo
“Ok, facciamolo”, rispondo io lasciando attonito Giorgio
Camilla si avvicina lentamente, si siede davanti a me come gli indiani e poi si umetta le labbra. Io chiudo gli occhi per guardare il meno possibile sperando che questo momento passi presto ma poi Camilla mi prende per il collo e mi stampa un bacio con la lingua che mi costringe ad sollevare le palpebre scoprendo che lei, invece, ha chiuso i suoi occhi verdi. La sua lingua mi si insinua dentro la bocca in cerca della mia che, io, muovo verso destra e verso sinistra anche se non riesco ad evitare che ogni tanto si tocchino. Quando Camilla si stacca dalle mie labbra facendo il classico rumore del bacio, gli altri starnazzano prendendomi in giro. Le lacrime mi girano negli occhi e subito sputo a terra per cercare di togliere dal mio cavo orale ogni residuo della saliva della mia compagna. Giorgio fa per alzarsi e aiutarmi ma io gli faccio cenno di no con la mano per evitare che i compagni di classe scoprano la nostra relazione e vado in bagno. Più tardi, suona la campanella e decido di non aspettare neanche Giorgio ma di tornare a casa da solo. Quel bacio mi ha sconvolto e non so se adesso, trovandomi davanti il mio fidanzato, vedrei lui o Camilla. Dopo aver partecipato al pranzo dei 100giorni, in Aprile, riesco finalmente a prendere la patente. Mio padre, per non spendere altri soldi, mi dona una delle sue macchine: decido di prendermi il pickup blu che mi e’ sempre piaciuto. Una volta ho visto un film americano dove una coppia eterosessuale si sdraiava sulla parte posteriore del mezzo e prima osservava le stelle e poi si lasciava andare ad effusioni amorose. Da allora ho amato quell’auto e finalmente e’ mia. Chissà che non la usi anch’io come quelli del film. Tornando dai miei genitori, incontro per strada il ragazzo albanese e mi fermo.
“Ehi ciao, da quando tempo”, gli dico
“Ciao come va?”, replica lui con distacco
“Posso darti un passaggio?”
“Sono quasi arrivato”
“E se ti portassi in un luogo ancora più nascosto di quella catapecchia dove farti un bel pompino?”, gli chiedo ammiccando
“Se mi porti in un’altra parte, voglio il tuo culo”, mi risponde
“Ci sto. Andremo in un posto per coppiette”, gli dico ma lui sembra spaventato di una possibile esposizione “tranquillo, a quest’ora stanno tutti a lavorare e poi se c’e’ qualche prostituta, di certo non si scandalizzerà di vedere due uomini lì, insieme”
“Ok, ci sto”
“Salta su”, gli ordino e lui lo fa
L’albanese sale in macchina e presto usciamo dalla città. Non voglio che qualcuno mi riconosca con un ragazzo in auto perché potrebbe fare due più due. Naturalmente la gente che ci ha visti avrà pensato che gli sto dando un passaggio ma se mi vedono i miei genitori o mia sorella Claudia penserebbero che l’ho abbordato perché sono gay. Arrivati in un posto isolato, spengo la macchina. Mi viene in mente che probabilmente dove ci troviamo noi, il carabiniere Manfredi ha incontrato quel ragazzo che si prostituiva mesi fa. L’albanese, senza dire una parola, inizia a massaggiarsi il cazzo da sopra i pantaloni. Io deglutisco anche senza aver bevuto e poi scendo dalla macchina. Faccio il giro e mi presento davanti al suo sportello. Lo apro, mi inginocchio e mentre lui mi accarezza i capelli, io inizio a sbottonargli i pantaloni liberando nuovamente il suo cazzo extracomunitario. Glielo lecco baciandogli anche l’addome che lui ostenta a mostrarmi essendo già una piacevole giornata primaverile. Mi alzo smettendo di succhiarglielo ed apro lo sportello del bagagliaio del mio pickup. Il ragazzo nel frattempo si spoglia togliendosi solamente i pantaloni e le scarpe, mi fa curvare leggermente in avanti tirando i miei calzoni giù fino alle caviglia e comincia a leccarmi il culo e ad infilarci qualche dito ma poi lo sento penetrarmi immediatamente, senza perdere tempo, senza darmi la possibilità di replicare.
“No aspetta, ma che fai?”
“Che c’e’?”
“Dovevi usare il preservativo”
“Non ce l’ho”
“Non ce l’hai?”, gli chiedo spaventato
“Non me ne vado di certo in giro con i preservativi. Stavo tornando dal lavoro, non avevo intenzione di fare sesso con te o con nessun’altra quindi li ho lasciati nella mia stanza alla casa-famiglia”, mi delucida
“Posso stare tranquillo?”
“Il proprietario di quel riformatorio dove mi trova non ti ha informato che non ci prende se abbiamo delle malattie? Lo fa per evitare di essere contagiato quando ci scopa. Quindi sono sano”
“Ok, ok, comincia a scoparmi”, lo incito
Mi scopa tenendomi per i fianchi mentre io mi distendo sul retro della mia macchina poggiandoci i gomiti sopra e ansimando come se stessi facendo l’amore per la prima volta. L’albanese mi alza la maglia da dietro per vedere meglio il mio culetto che veniva coperto dal mio indumento troppo lungo. Me lo accarezza e lo apre per osservare il suo pene che fa dentro e fuori dal mio orifizio anale. In mente mi viene la scena del film americano visto anni fa. Adesso quella stessa scena la sto girando io con un ragazzo che ho desiderato da quando e’ arrivato dove lavora il mio sverginatore. Sollevo una gamba e la metto sullo sportello del bagagliaio in modo da poter aprire il mio buchetto al cazzo del giovanotto. Il mio e’ talmente teso che a momenti sborra da solo. Non e’ la prima volta che faccio sesso all’aperto. Mi e’ già successo in spiaggia ma allora eravamo nascosti dagli scogli mentre adesso siamo un po’ più esposti. L’albanese mi sta scopando toccandomi la schiena, i fianchi e il culo. Poi mi prende per i capelli e mi tira la testa all’indietro facendomi male mentre mi vengono in mente le malevolenze subite durante la settimana bianca.
“Sali là sopra”, mi fa il ragazzo
“Aspetta”, gli rispondo togliendomi i pantaloni fregandomene che finiscano nell’erba “cazzo e’ freddo”, faccio quando il mio culo tocca il bagagliaio
“Tieni”, replica lui togliendosi la maglietta mostrandomi il suo fisico scolpito “mettitela sotto le chiappe che tra un po’ salgo”
“Non farmi aspettare”
“Sei proprio una troietta vogliosa”, mi apostrofa
“Ti ho plasmato io e voglio che completi l’opera”, gli ricordo
“Allora posizionati”, mi risponde
Poggio la sua maglia e mi ci stendo sopra con le chiappe. L’albanese sale sulla mia macchina, si inginocchia e mi spalanca le gambe. Sembro uno di quei polli arrosto che vendono le rosticcerie e come loro, anche io tra un po’ verrò farcito di un delizioso sperma forestiero. Il giovanotto si accomoda meglio, si prende il cazzo e lo avvicina nuovamente al mio budello. La posizione mi fa un po’ schiacciare il buco del culo e quindi deve pigiare diverse volte prima di entrare ma poi ci riesce perfettamente. Mi scopa tenendomi per i fianchi ed io, vedendolo in questa nuova veste da scopatore per la prima volta, mi vergogno un po’. Ok, non e’ il primo straniero che mi faccio ma non so perché provo questo sentimento che mi porta ad avere qualche remora anche nel segarmi. Quando poi mette le mie mani sul mio inguine sfiorandomi le palle, mi sorride per tranquillizzarmi, come se avesse intuito i miei timori, e per questo inizio a segarmi. Mentre con una mano mi masturbo, con l’altra mi accarezzo il corpo e l’albanese si tira leggermente indietro per far entrare ancora meglio il suo cazzo di Tirana nella mia rosellina.
“Mi fanno male…aaahhh…le chiappe”
“Resisti un altro po’”, fa l’albanese mentre mi scopa
“Per favore…ooohhh…cambiamo posizione”
“Che piagnucolone”, mi fa mentre io faccio delle smorfie non per il dolore che mi provoca il suo cazzo ma per la posizione assunta “va bene, va bene”, fa lui estraendo il cazzo dal mio culo “come vuoi che ti scopi?”, mi domanda
“Voglio impalarmi”
“Scordatelo. Non ti darò la possibilità di baciarmi. Girati sul lato destro”, mi ordina
Lo faccio e sento il freddo metallico della mia macchina lungo il mio fianco. L’albanese si distende dietro la mia schiena e spinge il suo cazzo dentro di me. Ricomincia a scoparmi mentre mi tiene per l’addome ed io, con una mano, lo abbraccio per il collo e con l’altra mi sego acchiappando il mio cazzo da sotto la gamba sinistra. Scopare all’aria aperta mi fa sentire un selvaggio e il respiro affannoso del ragazzo sul mio collo si fa sborrare sulle mie gambe e sul bagagliaio della mia auto. Lui sorride strizzandomi un capezzolo e poi lo sento dimenarmi più violentemente e infine percepisco la sensazione calda che il suo sperma mi fa provare mentre viene scaricato nel mio intestino. Finiti gli spasmi dell’eiaculazione, toglie il cazzo dal mio culo e si alza andando a rivestirsi. A fatica, anche io mi alzo mentre la sua sborra fuoriesce dal mio buchetto e cade nell’erba. Prendo i miei pantaloni sporchi di terriccio, li pulisco alla bene meglio e li indosso rivestendoci completamente.
“Posso sapere adesso come ti chiami?”
“Non te l’avevo detto?”, mi fa lui mettendosi la maglia
“No, quando ti ho fatto il pompino te ne sei andato senza dire una parola”
“Scusa ma non sapevo cosa dire”, mi fa smettendo di rivestirsi “era la mia prima volta con un uomo e non sapevo che ti piacessero questi convenevoli”
“Voglio sapere come ti chiami soltanto per sospirare il tuo nome mentre mi sego pensando a questa meravigliosa scopata”
“Mi chiamo Agim”, rivela finalmente
“Piacere di conoscerti, Agim. Io mi chiamo Giulio”
“Va bene ma adesso riportami a casa”
“Come vuoi tu”, gli rispondo sconsolato
Saliamo di nuovo in macchina, metto in moto e ritorniamo in città. Si fa lasciare molto più distante dalla casa-famiglia per evitare che gli altri ragazzi ospitati possano vederlo e usarlo per sfogare le loro voglie represse da adolescenti anche se so per certo che Agim non si farà mai prendere per i fondelli, in tutti i sensi. Dopo aver fatto la doccia e mangiato, vado a dormire per svegliarmi preparato per un altro giorno di scuola. Quando la campanella suona, ci dirigiamo verso la palestra perché oggi la lezione di educazione fisica e’ la prima della giornata. Il professor Christian entra indossando la tuta e le luci della stanza si riflettono sulla sua testa pelata. Come di consueto, facciamo gli esercizi ed io e Giorgio siamo le due malcapitate vittime della sua passione per i culetti sporgenti e sodi come i nostri. Io e il mio fidanzato ci guardiamo complici e quando tocca a me lo strusciamento del cazzo duro del professore sulle mie chiappe, sposto all’indietro il sedere e anche io rispondo allo strusciamento. Christian, sentendosi scoperto, mi da una sculacciata e se ne va guardandomi in malo modo. L’ho provocato come volevo io e sono più che sicuro che presto succederà qualcosa. In fondo perché non debba succedere? Sono gli ultimi giorni di liceo e poi non lo rivedrò più anche se, a pensarci bene, la sua voglia di poggiarsi al mio culo potrebbe tornarmi utile in qualche modo…

FINE CAPITOLO 21

TO BE CONTINUED

QUESTA E’ LA STORIA DELLA MIA ADOLESCENZA, SCRITTA DA ME E NON COPIATA DA ALTRI SITI. NON SONO UNO SCRITTORE PROFESSIONISTA QUINDI NON BADATE MOLTO GLI EVENTUALI ERRORI
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