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Gay & Bisex

Il commerciante di colore 1


di FRANK_1987
16.06.2018    |    22.694    |    11 9.6
"Lo disegnai per tutta la grandezza del block-notes poi, in un’ altra pagina, disegnai anche il suo cazzo già scappellato e una mano, la mia, che lo..."
Ciao a tutti, mi chiamo Camillo, ho 15anni, sono abbastanza alto, fisico muscoloso ma non troppo, capelli castano chiaro, occhi verdi e sono gay. Ho sempre accettato la mia sessualità fin da quando l’ ho scoperta anche se ancora non sono riuscito a viverla fino in fondo (spero abbiate capito a cosa mi riferisco). Ho perso la verginità da solo usando un cetriolo. Avevo un appuntamento con un tizio conosciuto su Internet e per non farmi fare del male, e soprattutto per non vedere fuoriuscire eventuale sangue che alla sola vista svengo, mi sono sverginato da solo. Poi, sfortunatamente, il tizio ha dato forfait perché non riusciva a trovare una scusa per allontanarsi di casa.
Ho anch’ io le mie cottarelle per il compagno di scuola, il prof macho o un eventuale passante che io ritenevo bonazzo ma mai sono riuscito a farmi scopare. L’ estate scorsa, come ogni estate, nella mia città siciliana si tenne ogni giovedì un piccolo mercatino dove diversi ambulanti, stranieri e non, vengono ad esporre la loro merce. Girando tra le bancarelle, un giorno notailui. Un omone di colore alto quasi due metri, con i capelli rasati, due labbra carnose e un sorriso disarmante e soprattutto bianco. Indossava, per sopportare meglio il caldo, un jeans e una canotta dalla quale fuoriuscivano due spalle possenti che terminavano in due manoni grosse e forti. Notando il suo enorme gonfiore attraverso i jeans, mi avvicinai alla sua bancarella e gli chiesi quanto costasse un orologio.
“12 euro”, mi disse l’ omone
Preso da un’ irresistibile voglia di fare del bene e soprattutto di fargli racimolare un po’ di denaro affinché arrivasse a fine giornata, pagai l’ orologio senza concordarmi sul prezzo. Passandogli i 12 Euro, le mie dita toccarono le sue e augurandomi buona giornata, mi sorrise con il suo sorriso candido e una vampata di calore mi pervase tutto. Indossai subito l’ orologio così da avere, addosso a me, qualcosa che lui avesse toccato. Durante la settimana, non riuscivo a togliermelo di mente. 5 giorni su 7 lo sognavo di notte mentre mi toccava dappertutto con le sue enormi manone. Il mercoledì sera lo sognai di nuovo e questa volta, a differenza delle altre che mi svegliavo non appena nel mio sogno mi abbassa i pantaloni, facemmo l’ amore. Mi svegliai la mattina seguente con un senso di fastidio nel mio buchetto e le mutandine sporche da una polluzione notturna. Mi alzai, mi lavai, feci colazione e uscii andando al mercato. Al solito posto c’era lui. Questa volta indossava ancora una canotta ma aveva un pantaloncino di quelli larghi che mettevano in mostra due gambe che sembravano due tronchi d’ albero e indossava un paio di scarpe da tennis senza calzini (Mi fanno impazzire gli uomini che indossano pantaloncini e scarpe da tennis senza calzini).
Mi avvicinai alla sua bancarella.
“Ciao”, mi disse
“Ciao”, gli risposi “D’ ho un’ occhiata”
Lui alzò le mani come dire “fai come vuoi” e vidi i palmi delle sue mani completamente rosa. Che differenza di colore tra il dorso e il palmo. Scelsi la roba più costosa che aveva, un totem di legno di 35 Euro, e lo pagai mettendo fine a tutti i miei risparmi.
“Cosa te ne fai tu di un totem?”
“Aaah…lo regalerò a mia zia. A lei piacciono molto. Tra un po’ sarà il suo compleanno”
Era una bugia. Volevo che continuasse a guadagnare sempre di più e poco mi interessava se quel totem non mi serviva proprio o se sarei andato a rubare pur di continuare a comprare roba da lui.
“Me lo puoi conservare in disparte? Vorrei fare un altro giro e questo totem mi impedirà nei movimenti”
“Certo”
Si avvicinò a me e prese il totem. Nel farlo questa volta mi toccò tutta la mano e io ebbi un attimo di smarrimento così il totem cadde a terra rompendosi.
“Maledizione”, dissi “E ora cosa regalerò alla zia?”
“Se vuoi ne ho un altro simile”
“E quanto costa?”
“Gratis. Gratis.”
“Gratis? No, non posso accettare”
“Su vieni”
Andammo dietro al suo furgoncino, lo aprì e salì sopra. Io mi abbassai per tirarmi su i calzettoni ma nel farlo, il mio jeans a vita bassa si era abbassato mettendo in mostra l’ elastico delle mie mutande e forse anche l’ inizio della spaccatura che divide le chiappe. Quando mi alzai e mi girai, trovai lui, in piedi dentro al furgoncino che mi guardava il culo ma subito distolse lo sguardo anche se io notai che quella vista, gli aveva fatto svegliare il suo totem di carne. Ecco perché voleva darmene un altro gratis. Gli interessavo. Scese dal furgoncino e mi porse il totem ma io gli dissi di conservarlo lui. In realtà non volevo che mi toccasse di nuovo le mani e io facessi cadere di nuovo il totem. Mi allontanai da lui ma come una calamita non facevo altro che fissarlo anche mentre continuavo a camminare. Poco distante dalla sua bancarella, c’era un muretto e mi sedetti li’ sopra. Nel mio piccolo zaino che uso come se fosse una borsetta da donna, porto sempre con me un block-notes perché mi piace disegnare.
Disegnavo orizzonti marini illuminati da un tramonto, oppure paesaggi innevati ma questa volta mi ritrovai a disegnare lui. Il mio omone. Lo disegnai per tutta la grandezza del block-notes poi, in un’ altra pagina, disegnai anche il suo cazzo già scappellato e una mano, la mia, che lo stringeva forte. Per placare i bollenti spiriti, decisi di allontanarmi da lui e andai a prendere qualcosa di caldo ma quando ritornai davanti al muretto, lui non c’era più.
“Cazzo se ne’ andato. E’ il totem? 35 Euro buttati al vento”
Evidentemente aveva dimenticato che il totem me lo aveva regalato anche perché ne aveva solo due pezzi e già venderne uno per lui era una grande cosa.
Tornato a casa, decisi che la prossima volta gli avrei offerto da bere per sapere qualcosa in più su di lui. Passò un’ altra settimana e di nuovo arrivò giovedì. Andai di nuovo al mercato e lo vidi tra la folla alla sua bancarella e non appena la visuale migliorò, mi venne quasi un infarto. Indossava una maglietta bianca ed era un po’ sudato così la maglietta adirava al suo addome e ai suoi pettorali color ebano.
“Ciao, compri qualcosa?”
“Mi dispiace ma non ho più un euro. La settimana scorsa ho dimenticato il totem”
“Ah si, e’ di la’. Vieni che te lo do”
“Cosa mi dai?”, fu la risposta che in un attimo attraversò il mio cervellino.
Andammo dietro al furgoncino e lui prese il totem e me lo porse. Mi feci forza e, anche se ci siamo toccati ancora le mani, il totem non cadde a terra.
“Grazie per avermelo conservato”
“Di niente”, mi disse dandomi una pacca sulla spalla e passandomi leggermente sulla guancia la sua manona vellutata prima di andarsene dai suoi clienti. Portai il totem a casa e uscii di nuovo andando di nuovo da lui. Alla sua bancarella non c’era nessuno e lui, seduto su un gradino del suo furgoncino, si sollevò la maglietta e si asciugò il sudore dalla fronte mettendo in mostra la tartaruga più scolpita che io ebbi mai visto.
“Vuoi qualcosa da bere?”
“Oh ciao. Si, grazie. Aspetta ti do i soldi. Un panino con salsiccia e una birra”, mi disse mentre mi passava 10 euro.
Mi avvicinai alla bancarella del ristoratore e ordinai quanto udito e poi mi balenò in mente un’ idea. Non avendo avuto modo di poterlo conoscere presi in seria, ma anche un po’ imprudente, considerazione l’ idea di invitarlo a casa mia. Così gli scrissi un biglietto:
“Ci vediamo domenica alle 16.00 a via delle Mimose. I miei saranno fuori”
Avvolsi il biglietto nel resto dei soldi e glielo diedi insieme al panino e alla birra. Mi invitò a restare li’ con lui ma io mi rifiutai e scappai. Poco distante mi fermai e vidi che stava contando i soldi e poi trovò il biglietto, lo lesse e se lo mise in tasca.
“E’ fatta”, pensai e tornai aspettando che arrivasse la domenica pomeriggio giorno che i miei dedicavano al bingo. Mi feci una doccia veloce e anche un clistere. I miei uscirono intorno alle 15.45 ma la paura che potessero tornare indietro avendo dimenticato qualcosa era tanta.
Il mio orologio segnava le 15.57 quando sentii suonare il campanello. Con il cuore in gola andai ad aprire la porta e mi ritrovai davanti lui che indossava una camicia di jeans e un jeans celeste.
“Mi stavi aspettando?”
“S…si. Entra”
Lo fece entrare controllando bene che nessuno dei vicini mi avesse visto.
“Scusa se ti ho scritto quel messaggio”
“Ma scherzi? Era la cosa più bella che mi sia mai potuta capitare da quando sono in città”, mi disse sorridendomi. Lo feci accomodare sul divano e lui mi prese la mano e me la portò sulla sua patta. Era molto gonfia.
“Cosa stai aspettando? Scarta il tuo regalo”
Abbassai la lampo, gli spostai i boxer e spuntò un cazzo di tutto rispetto. Sul mio block-notes lo avevo disegnato 16cm (perché questa era la lunghezza del foglio), ma invece li superava abbondantemente. Erano almeno altri 8cm in più.
“Io mi chiamo Mohammed e tu?”
“Camillo”
“Ah. Ti hanno mai incitato?” si riferì alla parola dialettale Sucamillo (succhiamelo). Non me lo feci ripetere una seconda volta e me lo infilai in bocca.
“Ah, hai una bella bocca grande e calda. Oh, si, continua così”
Lo succhiavo, lo leccavo, gli titillavo il buchino del glande con la lingua tra i suoi spasmi e il suo godimento. Poi mi fece staccare, si alzò e si abbassò pantaloni e boxer schiaffandomelo di nuovo in gola. Lo leccavo come se fosse un calippo e in più gli leccavo anche le palle oppure me le infilavo in bocca.
“Sei un vero esperto”
“Veramente questa e’ la mia prima volta”
“Ma non dire sciocchezze”
“E’ la verità”
“Allora sono felice. Prendi questa nerchia” e me lo schiaffò di nuovo in bocca. Mi prese per i capelli e iniziò a muovere regolarmente la mia testa fino a quando mi premette con la faccia contro il suo pube facendomi ingoiare tutto il suo cazzo che quando lo tolse, era pieno di pre-sperma che colava per terra sul tappeto e anche sui miei pantaloni.
“Andiamo di la’”
Mi alzai dal divano e lo condussi in camera mia. Mohammed mi girò e mi bacio con la lingua, una lingua vellutata. In più potevo sentire il puzzicchio del pizzetto che si era fatto crescere negli ultimi giorni. Continuando a baciarmi, mi tolse la maglia mentre io mi toglievo i pantaloni. Sentii le sue mani percorrere la mia schiena e aggrapparsi al mio sedere come se fosse una maniglia antipanico. Poi infilò le sue mani nelle mie mutandine e iniziò a titillarmi il buchino. Riflessi allo specchio sembriamo molti strani sia per la stazza, lui un omone grande e grosso che doveva piegarsi un po’ in avanti per baciarmi e io un ragazzino quasi esile, e sia per la differenza di colore, sembravamo un Ringo.
Toccai quel bronzo di Riace nero che avevo davanti. Lo toccai da sopra la maglietta e poi gliela feci togliere. Aveva due pettorali che sembravano non finire mai e io li leccai e li succhiai mentre lui gemette di piacere. Scesi fino al suo cazzo ma non prima di avergli leccato a pieno la sua tartaruga così dura che si ci poteva grattugiare sopra il formaggio. Presi per un po’ il suo cazzo di nuovo in bocca ma lui mi alzò, mi strappò via le mutandine e mi buttò sul letto. Avanzava verso di me e mi camminava sopra come se fosse una pantera nera e poi mi girò e mi divise le chiappe con le sue dita. Sputò sul mio buchino e iniziò a insalivarlo perbene. La sua lingua sembrava un lenzuolo e non si limitava a preparare il mio buchetto ma mi leccava anche le chiappe e ogni tanto mi dava dei piccoli morsetti. Poi, con una leggera pressione, mi fece mettere a 90° e sentii la sua cappella bollente poggiarsi al mio buchino.
“Ti prego, fai piano. Anche se e’ largo non l’ ho mai preso”
“Tranquillo, lascia fare a me. Sentirai solo piacere”
Avvicinò ancora la sua cappella al mio buchino e iniziò a spingere. Faceva male ma con un’ enorme respiro tutto passò. Spinse ancora ma fece ancora più male.
“Basta ti prego fa male”
“Prima mi fai venire qua e poi rinunci? Rilassati”
Spinse ancora e con dolore la sua cappella entrò nel mio foro anale.
“Ecco hai visto? Sta cominciando ad entrare.”
Continuava a spingere e una spinta un po’ troppo decisa mi fece cadere con la faccia sul letto e lui così mi entrò tutto dentro in un solo colpo. Emisi un urlo straziante mentre lui era fermo dentro di me e sentivo le sue palle attaccate alle mie natiche. Mi sentivo pieno del cazzo di Mohammed.
“Ora respira che si comincia”
Respirai affannosamente mentre lui iniziò a spingere avanti e indietro. Dopo poco il dolore lasciò il posto al piacere.
“Visto che ti piace?”
“Oh si continua così. Fammelo sentire tutto. Spingi più forte”
“Sei davvero assatanato eh?”
Spinse con vigore come se dovesse entrare tutto dentro di me. Sia il cazzo, sia le palle, sia lui stesso.
“Che bel culo che hai. Sei proprio tappato. Quando cerco di uscire e’ come se il mio cazzo ti tirasse via l’ intestino”
“Oh, si fallo ancora”
Iniziò ad accarezzarmi la schiena, mi strinse le chiappe e mi diede dei piccoli schiaffetti su di esse con le sue enorme manoni. Poi si abbassò tutto sulla mia schiena e mi abbracciò. Sentivo il suo respiro ansimante sul collo. Mi faceva impazzire. Mi baciò sul collo e mi leccò le orecchie. Ero in paradiso. Intanto mi dava dei colpi ancora più forti.
Mi trapanò per un bel quarto d’ora fino a quando si staccò da me e sentii un “flop”.
“Ti ho stappato. Sembri una bottiglia di champagne”
Mi girò, mi si mise sopra e mi mise il cazzo in bocca. Mi violò la bocca senza opporre resistenza. Con due dita mi aprì la bocca mentre ancora me la scopava. Poi me lo sfilò di bocca e iniziò a menarselo. Sentivo che la sua enorme mano, nello scorrere su e giu’ sul suo enorme cazzo, mi provocava delle piccole folate di vento in faccia. Erano rilassanti e rinfrescanti visto il caldo che faceva. Mohammed emise dei grugniti animaleschi e in un attimo eruttò 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8 schizzi di sborra che mi finirono in faccia: sulla bocca, sugli occhi, sui capelli. Si accasciò vicino a me stremato.
“Non ho mai conosciuto nessuno come te in vita mia”
E così dicendo passò un dito sulle mie labbra e me lo infilò in bocca facendomi assaggiare la sua sborra.
“Dici davvero?”
“Si e ne ho conosciuto parecchi qui in Italia”
“Da dove vieni?”
“Sudan. Ho passato una vita di merda perché nel mio Paese essere gay e avere una relazione omosessuale ti può portare alla pena di morte”
“Per fortuna siamo in Italia. Possiamo vederci ancora se vuoi. Io mi sono trovato bene con te e tu con me”
“Quanti anni hai?”
“15”
“15? Te ne davo 18. Sembri più grande. Oh no…”, disse alzandosi dal letto e iniziando a raccogliere i suoi vestiti “…non solo ho fatto sesso con un ragazzo ma ho commesso anche violenza sessuale su minore”
“Nessuno deve saperlo. E poi tu quanti anni hai?”
“33, sono sposato e ho 4figli”
“E allora? Non c’e’ niente di male”
“No mi dispiace…”, continuò iniziando a vestirsi “…non si può”
Si sistemò alla bene meglio e scappò via. Io mi alzai e, arrabbiato, controllai se, mentre se ne andava, avesse rubato qualcosa. Non rubò nulla. Era un gentiluomo e con il suo ricordo e il suo sperma sul viso, mi veci una doccia.
Passarono 4giorni e arrivò di nuovo giovedì e lo vidi ancora la’ con la sua bancarella. Lo salutai ma lui fece finta di nulla e così decisi di appostarmi e seguirlo fino alla sua baracca. Ma questa e’ un’ altra storia…

QUESTA E’ UNA STORIA ASSOLUTAMENTE INVENTATA DA ME E NON COPIATA DA ALTRI SITI. NON SONO UNO SCRITTORE PROFESSIONISTA QUINDI NON BADATE MOLTO GLI EVENTUALI ERRORI.
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