tradimenti
Amore senza limiti 4

01.07.2025 |
276 |
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"Era come se sapesse che qualsiasi parola, in quel momento, sarebbe stata troppo forte..."
CAPITOLO 4Restarono in silenzio ancora per qualche minuto.
Fu Anna a romperlo, guardando la porta del bar come se avesse appena ricordato che il mondo, là fuori, esisteva ancora.
— Non voglio ricominciare tutto da capo,
Affermò:
— Voglio ripartire da adesso.
— Da chi siamo ora.
Luca annuì.
Non servivano formule, né domande ma anche lui sapeva che non bastava essere presenti per dire di esserci.
— Non ti chiederò niente che non sia pronta a dare.
Rispose:
— Ma se resterai, io ci sarò con la parte che ha avuto paura, con quella che ha sbagliato e con quella che oggi, finalmente, ha imparato a restare.
Anna non sorrise, ma qualcosa nel suo sguardo si distese, come se si fosse tolta un peso che nemmeno sapeva di portare.
Si alzò.
Egli fece per seguirla ma ella posò una mano sulla sua, lieve.
— Vieni ma piano.
— Non abbiamo più fretta.
Uscirono insieme dal bar.
Lo stesso in cui una volta erano usciti da sconosciuti.
Lo stesso in cui, oggi, non erano più estranei a loro stessi.
Il patto era stato pronunciato o almeno, suggerito ma tra loro aleggiava ancora qualcosa di irrisolto, come una finestra lasciata socchiusa prima di una tempesta.
Anna abbassò lo sguardo:
— Tu lo sai, vero che la colpa non è solo tua?
Luca non rispose subito.
Quel “colpa” era un sasso con troppi spigoli.
— Io so solo di non aver capito in tempo e che adesso voglio comprendere, anche se mi farà male.
Anna lo fissò.
Gli occhi lucid, ma non per piangere:, per reggere il peso di ciò che stava per dire:
— Io ho smesso di parlarti molto prima che tu smettessi di ascoltarmi.
— Forse l’ho fatto apposta.
Una pausa, poi:
— Per vedere se mi avresti cercato lo stesso.
Luca chiuse gli occhi un secondo.
— Io ho fatto finta di non accorgermene per paura di quello che avrei trovato.
— Per paura che fossimo già finiti.
Il silenzio, stavolta, durò più a lungo.
Fu Anna a romperlo:
— Se ricominciamo, dobbiamo farlo in un modo che non abbiamo mai provato.
— Con la verità.
— Anche quando è scomoda.
— Anche quando graffia e fa male.
Luca annuì:
— Lo so.
— Questa è la prima volta che ci diciamo tutto proprio perché non c’è più niente da perdere.
Si guardarono e per un istante, quelò’amarezza condivisa fu la cosa più viva che li unisse.
Camminavano piano, fianco a fianco, con il bar alle spalle e nessuna meta precisa.
I passi erano cauti, come se ogni parola potesse ancora cambiare la loro destinazione.
Fu Anna a fermarsi.
Si voltò appena, lo guardò.
— Tu lo sai, vero, che io non sono cambiata?
Luca la fissò.
Anna abbassò appena lo sguardo ma la voce restò ferma.
— Credo sempre che l’amore non basti.
— Che non possa essere rifugio.
— Che non debba essere solo bisogno.
Una pausa, poi:
— È qualcosa che si sceglie gni giorno!
— Anche quando costa.
— Anche quando non consola ma resiste.
— Anche quando è pieno di imperfezioni.
— Anche quando è faticoso, sporco, quotidiano.
— Anche quando non ha niente di speciale.
— Anche quando non somiglia a nessuna favola.
Luca annuì ma era un assentire lento, ragionato.
— Io non ti sto domandado sogni.
Affermò:
— Ti sto solo chiedendo: possiamo ancora camminare insieme … o solo accanto?
Anna fece un mezzo sorriso, uno di quelli che non addolciscono ma riconoscono.
— Io ci sto ma non a cancellare il passato.
— Ci sto a costruire con quello che abbiamo adesso senza fingere che sia facile.
Si misero di nuovo in cammino.
Passo dopo passo, stavano riscrivendo il significato della parola amore.
Non come sentimento ma come modo di vivere.
Questo era il primo tempo finalmente condiviso dopo tanta attesa, eppure nulla sembrava nuovo.
Nulla, tranne quel dettaglio che entrambi fingevano di non notare.
Ogni tanto, le mani si sfioravano, per sbaglio o per istinto e ogni volta, nessuno dei due le ritraeva davvero.
Non era desiderio, almeno non solo.
Era un filo ancora teso, quel tipo di presenza che abita i silenzi e modifica il battito del cuore anche se fuori tutto tace.
Anna si fermò e fissò per un istante la punta della scarpa, come se cercasse un appoggio tra le righe del gesto.
Luca la osservò.
Non era una scena speciale. ma c’era qualcosa in quel gesto semplice, una familiarità che non si poteva disimparare.
— Senti anche tu?
Domandò piano.
Anna sollevò, lo guardò.
Non rispose subito ma non abbassò gli occhi.
— È come una cosa sospesa.
Rispose:
— Che non si vede ma c’è e resta anche adesso.
Luca annuì.
Era inutile definirla, inutile difenderla: quella cosa, quella presenza, quel nodo, quel battito era ancora tra loro.
Non li univa ma neppure permetteva che fossero liberi.
La città intorno si era fatta più viva, ma tra loro regnava ancora quel silenzio carico di realtà oggettive che premono per uscire.
Fu Luca a fermarsi stavolta.
Si voltò verso di lei.
La guardò con fermezza, non per sfidarla ma per offrirle la possibilità di scegliere.
Anna ...
Una pausa breve.
Bastava a spostare tutto il peso del tempo che li aveva attraversati.
Luca propose:
— Sposiamoci.
— Non per riparare ma perché adesso sarebbe l’unica cosa che non rappresenterebbe una fuga.
Anna restò immobile.
Non era sorpresa, come se quella possibilità l’avesse già valutata dentro di sé ma non osasse prenderla sul serio.
— Tu vuoi dimenticare tutto?
Domandò.
Luca scosse il capo, piano.
— No ma voglio che il passato non decida più per noi.
— Vuoi far finta che non sia mai successo?
Incalzò lei, più dura che incerta.
— No
Ripeté Luca:
— Voglio che quello che è successo ci porti qui dove possiamo non ricominciare ... ma continuare in un modo nuovo.
Silenzio.
Anna si avvicinò di un passo.
— Se mi chiedi di sposarti per dimenticare, la mia risposta è no ma se me lo domandi per portare tutto con noi, senza più lasciare nulla indietro...
Fece un mezzo sorriso.
— Allora potrei anche pensarci.
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Anna lo guardò.
Non parlava ma nei suoi occhi qualcosa si era mosso
Una variazione impercettibile, come il primo battito d’ali prima di un volo.
Luca restò immobile.
Non era in attesa di una risposta: non più.
Era come se sapesse che qualsiasi parola, in quel momento, sarebbe stata troppo forte.
Anna fece un passo indietro.
Non per allontanarsi: per vedere meglio.
— Tu sei davvero sicuro?
Domandò infine:
— Vuoi accettare tutto, anche quello che ci ha fatto allontanare?
Luca la guardò e dentro a quello sguardo c’era più di un sì.
Anna si voltò di lato, il profilo appena inclinato come se stesse ascoltando una voce interiore. , una che non udiva da tempo.
Poi tornò a fissarlo.
— Non ti rispondo adesso ma se domani mi troverai ancora qui … Allora saprai.
Sorrise; non per rassicurarlo, perché per la prima volta, il silenzio non era più un’assenza.
Era un tempo necessario.
Uno spazio che si apre solo quando la verità non ha fretta.
Si fermarono: lo scambio era finito ma non si erano ancora detti tutto.
Non finché ognuno non avesse lasciato cadere l’ultima difesa.
Fu Anna a parlare, non con esitazione ma con quella chiarezza che non consola: libera:
— Io non credo che l’amore debba salvarci, né che basti dirsi “sì” per far sparire ogni crepa.
— Penso che se scegliamo di stare insieme, dobbiamo farlo sapendo che ci porteremo dentro tutto: i dubbi ed i silenzi.
— Tutto quello che abbiamo fatto mancare ma anche quello che, nonostante tutto, è rimasto.
Luca la ascoltava, senza interromperla.
— Io non sono qui per tornare indietro.
— Sono qui se vuoi per camminarti accanto ma con due passi distinti che non si annullino, che non chiedano all’altro di sminuirsi.
Una pausa, quindi, più piano:
— Se voglio sposarti è perché non voglio più fingere che possiamo proteggerci da quello che siamo stati.
Luca fece un gesto minimo con la testa, uno di quelli che non dicono "ok", ma "ti vedo".
Per la prima volta da tanto tempo, non c’era più niente da aggiungere
Il resto doveva farlo il tempo … o forse no: forse sarebbe successo il giorno successivo
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— Lo sai che se ti dico sì, non saremo solo tu ed io, vero?
Luca sollevò lo sguardo.
Non era stupito, ma sentì quella frase posarsi con il peso giusto.
Anna parlava piano:
— Quando ci siamo conosciuti mi sono resa conto che un rapporto fisso era come una gabbia: una specie di camicia di forza che costringeva e restringeva le scelte.
— Logico e naturale scegliere un secondo uomo con cui fare l’amore.
— Non ti dicevo nulla perché sapevo che avresti sofferto ma quei rapporti “segreti” completavano la mia vera felicità.
— In questo periodo le cose si sono intensificate.
— Mi mancavi ma gli amanti erano sempre due alla volta, spesso tre.
— Mi sembra però fondamentale la presenza di uno: stasera forse non ci andrò a letto ma se dovesse capitare non voglio che per te sia una sorpresa.
— Io non riesco a concepire l’amore come una stanza chiusa: per me è completo solo se c’è spazio per qualcun altro.
— Qualcuno che non deve costringerti a scegliere tra l’uno o l’altro.
Una pausa:
Quindi, con una dolce fermezza:
— Se torniamo insieme, saremo sempre in tre.
Luca annuì lentamente; lo sapeva prima che lei lo dicesse.
Non era una condizione: era una forma di amore che non esclude nessuno.
Non disse “va bene”.
Non disse “hai ragione”
Disse solo:
— Non l’ho mai dimenticato.
— Nemmeno per un giorno.
Anna non sorrise ma si avvicinò abbastanza da cancellare il bisogno di altre parole.
Per un attimo, Luca restò in silenzio.
La risposta di Anna non lo aveva respinto. ma non gli aveva reso le cose più semplici.
Sapeva cosa voleva.
Lo sapeva fino a poco prima e ora... ora sentiva quella sicurezza vacillare.
Non era in forse su di lei: era dubbioso su se stesso.
La proposta gli era uscita di bocca con fermezza ma ora, sentiva le parole di Anna risuonargli dentro:
— “Se torniamo insieme, saremo sempre in tre”
Qualcosa si era deteriorato.
Non perché non fosse d’accordo ma perché capiva, per la prima volta, che amare davvero significasse smettere di controllare il partner.
Si sedette su una panchina.
Il sole aveva cominciato a calare, e la città era fatta di ombre lunghe.
Anna si sedette accanto a lui.
Non disse nulla.
Solo questo:
— Non voglio che tu mi dica sì se stai tentennando.
Luca la guardò:
— Non sto tentennando.
— Sto cercando di capire chi sono diventato davanti a te.
Per la prima volta, non ebbe più fretta di decidere.
Per un attimo, Luca restò in silenzio.
La risposta di Anna non lo aveva ferito ma nemmeno rassicurato.
Lo aveva spogliato semplicemente ed in modo imprevisto:.
Fino a un momento prima, credeva di sapere cosa volesse.
Ora sentiva quella sicurezza franare piano, come una verità costruita troppo in fretta.
— Torniamo tutti e tre?
Aveva proposto Anna.
Dentro quella frase c’era più amore di quanto si fosse concesso di immaginare ma anche una responsabilità che lo faceva barcollare.
Non perché non fosse d’accordo ma perché capiva cosa avrebbe comportato davvero: rinunciare a ogni forma di controllo travestita da protezione.
Si passò una mano sul viso.
Il gesto non era stanchezza: era resa.
Anna lo raggiunse.
Lo guardò.
— Non voglio che tu dica sì per dovere,
Gli sussurrò.
Lui abbassò lo sguardo e rispose, piano:
— Non sto decidendo: sto avendo coscienza di quello che non avevo ancora avuto il coraggio di ascoltare.
Finalmente, la voce interiore assomigliava a qualcosa di suo.
Camminava accanto ad Anna ma dentro accertiva un rumore sordo.
La mente parlava chiaro: “Non farlo”; “Non ti fidare”; “ Non rischiare un’altra volta”.
Le parole si rincorrevano come istruzioni di sicurezza dopo un incendio già spento.
Eppure il cuore, quello stesso cuore che aveva imparato a tacere per prudenza, ora non smetteva di battere con troppa convinzione.
Non era innamoramento: era riconoscimento.
Un sapere profondo, che non urlava “resta” ma sussurrava: “sei già rimasto.”
Si fermò.
Anna si voltò.
Luca prese fiato.
— La verità è che tutto in me dice che dovrei andarmene ma poi ti guardo e non so se sarebbe protezione … o fuga.
Anna non rispose.
Luca abbassò lo sguardo.
— Ho sempre pensato che amore fosse scegliere l’altro.
— Ora capisco che è anche smettere di proteggersi da ciò che l’altro ci risveglia.
Rimasero lì dov’erano in silenzio ma stavolta non c’era più lotta in lui.
C’era una resa che non umiliava.
Adesso lo sapeva.
Non era più una questione di scegliere o di decidere chi avrebbe avuto ragione.
Tutto si era ridotto a questo: riconoscere dove era davvero, chi era diventato, e cosa restava quando smetteva di fuggire da sé stesso.
Luca la guardava parlare, ferma e trasparente.
Ogni parola di lei lo avvicinava e, allo stesso tempo, gli mostrava quanto poteva ancora perderla.
Non era la paura di un no.
Era il terrore lieve ma lancinante che il suo sì arrivasse tardi, che lei avesse imparato a bastare a se stessa, proprio mentre lui imparava a riconoscerla.
Avrebbe voluto dirle “resta” ma anche quella parola gli sembrava eccessiva: troppo carica, troppo rischiosa, troppo simile a una richiesta che non aveva più il diritto di fare.
La guardò e in quello sguardo c’era già tutto quello che avrebbe voluto dirle senza parole, senza difese, senza condizioni.
Anna sfiorò la sua mano.
Solo un istante: come se volesse dire:
— Io ci sono.
Ma anche:
— Non per sempre.
— Non se vacilli ancora.
Luca, per la prima volta, capì davvero cosa significasse amare senza possedere.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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