tradimenti
Ultimo atto 5

21.05.2025 |
244 |
5
"Le parole di Sara, che un tempo erano piene di entusiasmo, si erano fatte più caute..."
Capitolo 5Aldo
Le settimane trascorrevano e io non riuscivo a capire cosa stesse trattenendo Sara.
Ogni volta che cercavo di affrontare la questione, ogni volta che tentavo di darle un motivo concreto per venire a Livorno, lei sembrava sul punto di accettare … e poi tornava indietro.
Sempre con quelle risposte vaghe, sempre con quei silenzi che mi lasciavano inquieto.
Ormai era chiaro: qualcosa la teneva prigioniera sull’isola.
E quel qualcosa aveva un nome preciso.
Dora.
Non avevo mai avuto un buon rapporto con mia suocera.
Fin dal primo giorno, aveva guardato il nostro matrimonio con occhi critici, quasi diffidenti, ma solo ora iniziavo a capire quanto fosse profondo il suo potere su Sara.
Non era solo un’influenza materna.
Era manipolazione.
Un’opera lenta, sottile, costruita nel tempo, fatta di parole che insinuavano dubbi, di gesti che rafforzavano la paura, di silenzi che pesavano più di mille discorsi.
— Se vai via, mi lasci sola.
— A Livorno Aldo avrà il suo locale. E tu cosa avrai?
— Ti sei mai domandata se questa sia davvero la vita che desideri?
Sara, pur amandomi, non riusciva a sottrarsi a quell’ombra che la teneva ancorata all’isola.
Io mi rendevo conto che non stavo semplicemente lottando contro la distanza.
Stavo lottando contro anni di controllo e di paura.
Il problema era che lei ancora non lo vedeva ed io non sapevo come aprirle gli occhi
Da tempo ormai mi tormentava la sensazione che qualcosa o qualcuno tenesse Sara legata all’isola.
Non era solo la distanza, non era solo l’indecisione.
Era qualcosa di più profondo: più insidioso.
Le parole di Sara, che un tempo erano piene di entusiasmo, si erano fatte più caute.
Esprimevano, come sempre, amore ma, ogni volta che accennavo al futuro, alla nostra enoteca ed al giorno in cui finalmente saremmo stati di nuovo insieme, avvertivo nella sua voce un’invisibile esitazione.
Un’ombra che non avevo mai percepito prima.
Dora!
Mia suocera aveva sempre avuto un’opinione chiara sul nostro matrimonio, anche se raramente l’aveva espressa direttamente.
Non era mai stata apertamente ostile, ma le sue frasi erano sottili, calibrate per insinuare dubbi.
Non attaccava, suggeriva.
Non vietava, seminava incertezze.
— Aldo ha tutto laggiù, la sua enoteca, il suo sogno.
— Ma tu, Sara, cosa hai?
— Non ti pesa lasciare tutto qui?
— La tua casa, la tua vita?
— Sei sicura che questa sia davvero la felicità?
— Il matrimonio non ti sembra una gabbia dorata?
E Sara, anche se mi amava, anche se voleva raggiungermi, aveva iniziato a sentirsi intrappolata tra i suoi desideri e le paure che qualcuno aveva instillato in lei giorno dopo giorno, parola dopo parola.
Il problema era che lei non lo vedeva, ma io sì.
Era ora di fare qualcosa.
Dora non parlava mai in modo diretto.
Le sue parole si insinuavano nei pensieri di Sara senza imporsi, come se fossero riflessioni spontanee, nate dalla sua stessa mente.
— Sei sicura che questa sia la vita che desideri?
Le aveva domandato una sera, mentre piegava con calma il bucato.
Sara non aveva risposto.
Quel dubbio, posto con tanta naturalezza, le era rimasto appiccicato addosso.
Giorno dopo giorno, Dora continuava a coltivare quell’idea.
Non le diceva che io non ero l’uomo giusto per lei, non mi screditava apertamente.
Ogni volta che Sara parlava di me, di Livorno, della nostra enoteca, sua madre sorrideva con quel risolino appena accennato, quello che non era né incoraggiante né rassicurante.
— Hai pensato a tutto ciò che lascerai?
L’ aveva interpellata un’altra volta.
Io ero un buon marito.
Sara mi amava.
Eppure, quelle domande lasciavano tracce sottili nella sua mente.
Perché sì, era felice con me … ma era davvero libera?
Dora non aveva bisogno di risposte dirette.
Le bastava aver impiantato il seme: aveva questa abilità: esso sarebbe germogliato nel momento in cui lei l’avrebbe deciso.
Sara
Mi guardo allo specchio e cerco di riconoscermi.
I capelli perfettamente raccolti, il trucco discreto, il sorriso educato.
Tutto è in ordine, come sempre.
La moglie ideale.
La compagna impeccabile.
Eppure, ogni giorno, quella versione di me mi sembra sempre più distante.
Mia madre mi ha insegnato che la stabilità è sicurezza, che l’amore è devozione, che un matrimonio felice significa sacrificare parte di sé per qualcosa di più grande.
Per tanto tempo, ho creduto in quella verità.
Ma ora ne avverto il peso.
Aldo mi ama, ne sono certa.
Eppure, nel suo amore c’è anche aspettativa.
C’è un ruolo da ricoprire, una persona da essere.
Quel “noi” che deve sempre venire prima dell’“io”.
Infine c’è Elio.
Con lui tutto è diverso.
Libero.
Spontaneo.
Animalesco.
Nessuna routine, nessuna promessa da mantenere, nessuna immagine da proteggere.
Solo la vita da godere, senza regole da rispettare.
La tentazione è sottile, insinuante.
Non è ancora una decisione, non è ancora un tradimento.
Ma ogni volta che penso a Elio, ogni volta che mi lascio sfiorare dall’idea di un’esistenza senza vincoli, sento che il confine si fa sempre più labile.
E un giorno, forse, quel confine scomparirà del tutto.
Mia madre non ha mai detto apertamente che dovrei lasciare Aldo.
Non ne ha bisogno.
Le sue parole lavorano in silenzio, scavano dentro di me, prendono forma nei momenti di quiete, quando resto sola con i miei pensieri.
— Non hai mai vissuto davvero per te stessa.
Mi ha detto, un giorno, mentre preparavamo il pranzo.
Io ho sorriso, come sempre, ma dentro di me qualcosa ha tremato.
Elio è entrato nella mia vita senza chiedere permesso, senza preoccuparsi di quello che ero prima.
Con lui non esistono doveri, aspettative, il peso di essere sempre all’altezza.
— Con lui puoi essere chi vuoi!
Ha aggiunto mia madre, con quel tono sottile che non ammette repliche.
Mi ha guardato.
Aspettava che lo capissi da sola.
E io l’ho capito.
Elio rappresenta un’idea, una possibilità.
Una vita che non ho mai avuto il coraggio di desiderare davvero.
Aldo mi ama.
Ma forse quello non basta più.
Aldo non sbaglia mai.
O almeno, così ho sempre creduto.
Ma quel giorno qualcosa si è incrinato.
Non è stato un grande evento, nulla di eclatante.
Solo una parola, scivolata via troppo velocemente, troppo pesante per essere ignorata.
— Sara, non complicare le cose.
Avevo parlato di una mia idea per la nostra enoteca, qualcosa di nuovo, qualcosa che mi entusiasmasse.
Lui l’aveva liquidata con una frase, come se fosse un capriccio, una distrazione.
— Non complicare le cose!
Ho sorriso, ho fatto finta di nulla.
Ma dentro di me, qualcosa ha cominciato a muoversi.
E quella sera, quando l’ho raccontato a mia madre, il suo sguardo era già pronto per accogliermi.
— Vedi?
Ha detto piano come se sapesse da sempre ciò che sarebbe successo.
Come se aspettasse solo che io aprissi gli occhi.
Io gli occhi li avevo aperti davvero: ora tutto era chiaro nella mia mente:
— Mamma sono in ritardo.
Mia madre sa quando colpire.
Aspetta il momento giusto, il momento in cui sono più fragile, più esposta; non esitò un momento:
— Devi pensare al bambino.
Quella frase mi attraversava.
Mi guardò mentre lo dicevo, con la stessa calma di sempre, come se fosse una verità che ho sempre saputo ma che ho solo tardato a comprendere.
— Devi capire, Sara, che crescerà in un ambiente sano solo se tu sarai libera.
Libera.
La parola pesava, si incastrava tra tutti i miei dubbi, tra le mie paure, tra quella voragine che si è aperta da quando Aldo mi ha detto che complicavo le cose.
Mi parlava di sacrifici, di donne che vivevano per gli altri fino a perdersi.
Di future madri che dovevano essere forti, che dovevano scegliere il meglio, non per sé stesse ma per chi stava arrivando.
— Elio potrà darti questo.
E ora non era più solo un'idea.
Ora era una possibilità reale.
Aldo non era un uomo impulsivo.
Non alzava mai la voce, non perdeva il controllo.
Ma se avesse scoperto tutto?
Questa domanda mi tormentava unitamente alla consapevolezza che prima o poi sarebbe successo.
Aldo aveva costruito la nostra vita con pazienza e con dedizione.
Credeva in noi, nella nostra casa, nella nostra enoteca.
Credeva in me.
Se avesse scoperto che lo tradivo, che dentro di me qualcosa si era spezzato, sarebbe crollato tutto.
L’avrebbe accettato?
No.
Aldo non era un uomo da arrendersi.
Allora cosa avrebbe fatto?
Avrei potuto prevedere la sua reazione?
Mia madre non sembrava avere dubbi.
— Gli uomini che pensano di avere tutto sotto controllo sono quelli che, quando perdono qualcosa, distruggono tutto il resto.
Mi aveva detto una sera, mentre versava del vino nel bicchiere.
Il peso di quelle parole si insinuò dentro di me, scavando tra le certezze che mi erano rimaste.
E se avesse avuto ragione?
Se Aldo avesse scoperto tutto, sarebbe rimasto l’uomo che conoscevo?
O la sua rabbia avrebbe spazzato via ciò che avevamo costruito?
La telefonata con Aldo arrivò nel pomeriggio, mentre ero ancora immersa nei miei pensieri.
— Stai bene?
Mi domandò, con quella voce che cercava sempre di essere rassicurante, anche quando qualcosa lo turbava.
Annuii, anche se lui non poteva vedermi.
— Sì, certo.
Ma la mia voce tradì la mia esitazione.
Ci fu un attimo di silenzio.
Aldo non era uomo da insistere al momento, preferiva lasciarmi spazio.
— Pensavo di fare un salto all’Elba: solo per qualche giorno.
Il mio cuore perse un battito.
— Ah… quando?
— Domani: lascio l’enoteca a Marta, quella ragazza è un vero tesoro , non vedo l’ora che la conosca anche tu.
— Visto che ho di chi fidarmi, mi prendo qualche giorno di riposo e questa volta non accetterò scuse: ti riporterò a casa con me.
— A domani!
La mia mente si mosse frenetica.
Aldo non aveva sospetti, ne ero sicura, ma la sua presenza qui, in questo momento,, avrebbe complicato tutto.
— Sarà bello vederti.
Risposi senza accorgermi che la comunicazione era già stata tolta.
Quando riattaccai, sentii il peso della sua decisione calarmi addosso.
Aldo sarebbe stato qui.
Io dovevo essere pronta.
Dopo mesi di telefonate e attese silenziose, finalmente Aldo sarebbe tornato all’Isola d’Elba.
Lo immaginavo sul traghetto, perso nei suoi pensieri, forse immerso nella bellezza del mare che si stendeva all’infinito davanti a lui.
CONTINUA ??????
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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