tradimenti
Cornificatorenato 1

08.06.2025 |
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"Una donna colta era ammessa, purché rimanesse entro i confini della sua casa e delle convenzioni sociali..."
Lena aveva sempre avuto un talento naturale per le parole.La lingua era il suo rifugio, il suo strumento di espressione, il suo modo di decifrare il mondo.
A scuola, i suoi temi si distinguevano per profondità e lucidità.
Gli insegnanti notavano la sua capacità di andare oltre la superficie, di dare peso alle sfumature, di raccontare storie in cui ogni parola aveva un senso preciso.
Nell’ambiente in cui era cresciuta, tuttavia, questo talento non era visto come una possibile promessa di carriera.
Una donna colta era ammessa, purché rimanesse entro i confini della sua casa e delle convenzioni sociali.
Quando si iscrisse a lettere perciò fu un gesto naturale per lei, ma percepito come un lusso, un’attesa prima dell’inevitabile: il matrimonio.
All’ultimo anno di università conobbe Almaz.
Lui faceva parte dello stesso contesto sociale della sua famiglia quindi, agli occhi del padre-padrone rappresentava una scelta accettabile per il futuro della figlia.
Almaz era proprietario di un negozio, era indipendente ed era comunque moderno rispetto agli uomini della generazione precedente.
Era lieto di quella fidanzata acculturata che esibiva con orgoglio ad amici e conoscenti e, parlando con lei aveva raggiunto un facile compromesso: dopo il matrimonio avrebbe dovuto aiutarlo nella gestione del negozio, ma sarebbe stata libera di trovarsi un lavoro part-time confacente con la sua istruzione.
Il padre di Lena non aveva avuto dubbi a questo punto: Almaz era un vero buon partito; una vera perla rara.
Offriva una sistemazione sicura alla figlia ed era tanto moderno da concederle pure un lavoro esterno alla casa; sua figlia avrebbe quindi addirittura conosciuto il mondo
Così, con soddisfazione, la "cedette" in moglie.
Sin dai primi tempi dopo il matrimonio, Lena aveva raccolto indizi, silenziosi ma inequivocabili.
Capelli biondi sulla giacca di Almaz, quando lei era mora.
Tracce di rossetto su fazzoletti e sui colletti delle camicie.
Piccoli segreti che non erano neppure ben nascosti.
Aveva cercato consiglio in sua madre.
Non perché avesse bisogno di conferme, ma perché voleva sapere come si doveva comportare.
La donna non aveva esitato.
— Sono uomini.
— Sono fatti così.
— La cosa importante sarà che, quando avrete dei bambini, lui provveda a te e ai vostri figli.
— Questo è il matrimonio cui devono aspirare le donne.
Quindi Lena fece ciò che ci si aspettava da lei.
Puliva le macchie di rossetto, fingendo che fossero frutta ignorando tutta quella serie di indizi sempre più palese e la notte si coricava tranquilla accanto al marito.
Dentro di sé maturava però qualcosa di molto diverso dalla rassegnazione.
Almaz avrebbe potuti esserle infedele, ma non sarebbe mai diventato un “padrone” non glielo avrebbe concesso.
All’inizio, Lena si era convinta che lavorare accanto al marito nel negozio fosse parte del compromesso.
Un modo per tenere saldo il matrimonio era adattarsi al suo nuovo ruolo senza troppi scossoni.
Ma ben presto si accorse che il negozio non era solo un luogo di lavoro.
Era anche un terreno di caccia per Almaz.
Lo vedeva appartarsi con le clienti più carine riapparendo scarmigliato e con un “prezzo speciale” per la fortunata compratrice.
Oppure si appartava con commesse, sia sposate che fidanzate.
Sembrava proprio che tutte le dipendenti facessero parte di un suo harem privato.
Rideva con loro, le sfiorava con troppa naturalezza, sussurrava frasi che non erano quelle di un semplice datore di lavoro.
Lena sopportava ma, si sa, la curiosità è femmina: un giorno si decise: affrontò Maria appena tornata dal viaggio di nozze.
Attese che il marito riapparisse con la solita aria divenuta trasandata e cercò Maria.
La donna stava sistemando alcuni scatoloni.
Il suo volto era ancora ancora illuminato da quel velo di felicità chele donne portavano con sé dopo il viaggio di nozze.
— Maria posso parlarti da amica?
La voce di Lena era calma, ma dentro lei si muoveva un’agitazione sottile.
Maria le rivolse un sorriso distratto:
— Dimmi, signora.
Lena esitò per un istante, poi prese fiato.:
— So cosa hai appena combinato con mio marito
Istantaneamente la ragazza si irrigidì:
— Questo sarebbe il discorso da amica?
— Cosa vuole da me signora?
Lena sorrise complice:
— Non inalberarti per favore, non intendo farti alcun male, solo vorrei capire.
— Ti ho visto spesso col tuo Totò, date l’immagine della perfetta coppia innamorata.
— Tu rechi sul viso l’immagine della felicità che stai provando dopo averlo sposato.
— Mi sbaglio forse?
La ragazza la osservava attentamente e comprese che da Lena non le sarebbe mai giunto alcun male, quindi un po’ si sciolse,
— Ha indovinato signora: io e Totò siamo innamorati e felici.
— Stiamo pure progettando di avere un bambino per cui ho pure sospeso le pillole.
Lena sorrise:
— Bella notizia; ma allora perché ti sei accompagnata a mio marito?
— Sai che potresti restare ingravidata da lui invece che da Totò?
La ragazza assentì pensosa:
— Si signora, lo so questo rischio esiste.
— Tuttavia sin da quando sono stata assunta questo era nei patti col sig Almaz ed io ho conosciuto suo marito molto prima di lei.
— Lui ci insemina e noi facciamo di tutto per non restare incinte; nel caso capitasse dobbiamo avere un salvagente composto dal un marito oppure un fidanzato cui appioppare le prole
— Dopo le prime volte, ci si fa l’abitudine e questo vale per me come per tutte le altre ragazze che lavorano qui.
— Questo è un buon posto di lavoro, addirittura conteso da molte donne: ha solo questo piccolo neo ma ci si fa in fretta l’abitudine e lo si accetta volentieri dato che non è un sacrificio vero neppure per noi dipendenti.
— Suo marito è molto abile in questo senso e pagare questa piccola tassa non monetizzata è un vero piacere anche per noi.
— L’importante è che il nostro marito non ne venga a conoscenza: il resto è natura.
Il telefono squillò, interrompendo il silenzio opprimente del pomeriggio.
Lena sollevò la cornetta, sorpresa di udire all’altro capo una voce familiare.
— Lena! Sono il professor *******.
Un battito di cuore in più.
Il suo vecchio docente di letteratura, l’unico che avesse davvero creduto nel suo talento.
— Ti chiamo per un motivo importante.
— Ho parlato con il Direttore de “Il Quotidiano”, un mio caro amico e lui sta cercando una brava reporter.
Lena trattenne il respiro.
— Io ho subito pensato a te.
— Gli ho fornito i tuoi dati e credo tu sia perfetta per il ruolo.
— Se ti interessa, vai alla sede del giornale e domanda di lui.
— Ti riceverà anche senza appuntamento.
Un’opportunità.
La prima vera occasione di affermarsi fuori dal negozio di Almaz, fuori dal compromesso, fuori da tutto ciò che la soffocava.
— Che ne dici?
Lena guardò l’orologio, poi l’ambiente attorno a sé, quindi la sua vita.
Conosceva già la risposta.
Lena aveva atteso il momento giusto.
Non voleva farne una dichiarazione di guerra, ma nemmeno una richiesta di permesso.
Attese la sera, quando la casa era immersa nel silenzio, lontana dai rumori del negozio e dalle presenze ingombranti delle commesse.
Si mise davanti a lui, ferma, decisa.
— Ho ricevuto un’offerta di lavoro.
Almaz sollevò un sopracciglio, come se la notizia fosse del tutto irrilevante.
Lui non aveva bisogno di sapere altro per capire che, alla fine, tutto sarebbe rimasto tale e quale.
— Dal Direttore de”Il Quotidiano”.
— Vorrebbero farmi lavorare come reporter."
Silenzio.
Almaz la fissò per qualche istante, poi fece un sorriso lento, di quelli carichi di condiscendenza.
Di quelli che Lena aveva imparato a decifrare.
— Interessante.
— Tu vorresti lavorare per loro Lena?
— Sì.
— Va bene.
Lena trattenne il respiro.
Troppo facile.
Troppo immediato.
— Ovviamente, sarà da free lance.
Ecco.
Non una concessione, ma una gabbia dorata.
— In questo modo non trascurerai né il negozio, né la casa.
Aggiunse lui, con la sicurezza di chi stava definendo i confini di una libertà controllata.
— Dopotutto, hai già un tuo posto ben preciso qui.
La casa. Il negozio. Il suo mondo.
Almaz non lo diceva apertamente, ma lo lasciava sottintendere: il giornalismo poteva esistere solo come complemento al suo dominio.
Lena lo fissò.
Non discusse, non protestò.
Il gioco di Almaz era quello di farla apparire libera senza permetterle di esserlo davvero.
Sorrise.
Non perché fosse d’accordo, ma perché dentro di sé aveva già deciso di spingere ben oltre quel limite.
— Va bene, Almaz.
— Farò come dici.
Solo lei sapeva che la sua storia era appena cominciata.
Lena percorse il corridoio della sede del “Il Quotidiano”, consapevole che quel momento poteva cambiare tutto.
Varcò la soglia dell’ufficio del Direttore e trovò un uomo sulla cinquantina, ben vestito, con lo sguardo di chi aveva visto e sentito tutto nel mondo del giornalismo.
— Prego, si accomodi.
Lena sedette, cercando di nascondere il suo nervosismo.
— Il professor ******* mi ha parlato di lei, Lena
Esordì il Direttore, sfogliando qualche foglio sulla scrivania:
— Egli afferma che lei ha talento e volontà di emergere
— Farò del mio meglio.
Rispose Lena, cercando di trasmettere una sicurezza che non aveva.
Il Direttore annuì e la osservò con attenzione.
— Mi ha accennato che la sua situazione personale potrebbe porle qualche ostacolo …
Lena abbassò lo sguardo per un istante.
Il negozio, Almaz, le sue false concessioni le balzarono immediatamente alla mente
— Sì.
— Mio marito preferirebbe che lavorassi da free lance, senza trascurare il negozio."
Il Direttore sorrise, con l’aria di chi ne aveva sentite di tutti i colori.
— Non si preoccupi di questo.
— Ciò che conta è il lavoro che farà, non le limitazioni che qualcuno vorrebbe imporle.
Lena annuì.
Questa era la prima volta che qualcuno le parlava senza far pesare la sua condizione matrimoniale.
Poi il Direttore si mise comodo, come se avesse appena deciso qualcosa di importante.
— Lavorando con noi, avrà una base di 2.200 - 2.500 € al mese.
— Una cifra che le permetterà di vivere senza alcun bisogno di appoggiarsi ad altro."
Lena trattenne il respiro.
Numeri reali, indipendenza concreta.
— Ogni spesa sostenuta per le inchieste sarà interamente rimborsata: viaggi, materiali, qualunque cosa serva per ottenere i migliori risultati.
Indipendenza economica totale, la libertà di non dover giustificare nulla.
— Inoltre, gli articoli più rilevanti potrebbero garantirle premi extra.
— Qui, chi lavora bene viene valorizzato.
La sicurezza di una carriera meritocratica, lontana dalle ambiguità del negozio.
Il Direttore sorrise, lasciando che quelle parole prendessero forma nella mente di Lena.
— Per iniziare,
Aggiunse con un lampo di complicità negli occhi:
— Ho in serbo il suo primo incarico ed è un argomento delicato che farebbe gola a tanti colleghi: “Viaggio tra le corna maschili e femminili in Italia”.
— Normalmente sono i signori giornalisti che si contenderebbero un simile argomento come cani attorno ad un osso ma io voglio il parere di una donna, meglio ancora se neofita come le, che mi fornisca risultati genuini e non offuscati o gonfiati dall’esperienza.
— Cosa ne dice?
— Facciamo l’affare?
Silenzio.
Lena trattenne un sorriso.
Una sfida perfetta, quasi ironica.
— Che ne penso?
— Credo sia l’argomento giusto per iniziare.
A sera, nella loro casa, Lena mosse all’attacco.
— Stasera ho voglia di te.
Almaz sollevò lo sguardo, stupito dalla naturalezza con cui quelle parole gli erano arrivate.
Lena si avvicinò, lasciando che il suo tono fosse morbido, avvolgente, seducente.
— Sai, la mia inchiesta riguarda proprio questo: uomini che riescono a tradire mantenendo bel contempo soddisfatte e felici le mogli.
Almaz tentò di schernirsi:
— Ma che dici Lena?
— Io non ho mai …
Lena lo fece tacere con un bacio:
— Perché vuoi mentirmi Almaz?
— Da tempo so tutto.
— Me lo hanno rivelato quei capelli biondi sulle tue magliette della salute; quei segni di rossetto sui colletti delle tue camice, quegli svavi multicolori sui tuoi fazzoletti.
— Io rassettavo e ne ero orgogliosa: mio marito piaceva alle altre donna, aveva successo con loro e quelle avevano un bel donarsi; LUI ERA MIO!
— Loro riempivano di corba il capo dei lori mariti senza avere reali speranze che sarebbero appartenute unicamente a me.
La sorpresa di Almaz si tramutò in un sorriso soddisfatto.
Quella conversazione stava prendendo una piega perfetta.
— Chi meglio di me può aiutarti a capire?
Lena lo guardò con intensità, lasciando che fosse lui a percepire l’atmosfera.
— Stringimi!
— Raccontami tutto.
— Voglio capire davvero."
Almaz posò la mano sulla sua spalla, senza esitazioni.
Il contatto fisico rafforzò la convinzione di essere nel pieno controllo.
— Tu sai che c’è una logica, vero?
Lena annuì lentamente.
— Non è come pensano certi moralisti.
— C’è un ordine naturale in queste cose.
Le dita di Almaz si mossero lungo il corpo di Lena, mentre il suo ego si espandeva.
— Se una donna è sveglia, lo capisce senza opporsi proprio come fai tu.
Un lampo nei suoi occhi.
Lena stava giocando le sue carte in modo perfetto.
A quel punto, iniziò a parlare.
Senza filtri, senza esitazioni.
Lena ascoltava, lasciando che lui si perdesse completamente nel proprio racconto.
Le sue mani ancora su di leiì, il tono sempre più sicuro.
— Tu sai tutto, ma non hai mai fatto una tragedia di queste cose.
Almaz lo credeva davvero.
Lena non faceva nulla per dissuaderlo.
A quel punto iniziò a parlare.
Senza filtri, senza esitazioni.
Le imprese, le conquiste, il meccanismo perfetto in cui lui era protagonista.
Ora l’inchiesta aveva il suo primo testimone.
Egli neppure se ne era reso conto!
Lena lo ascoltava, avvolta nel tepore del loro letto, lasciando che lui si perdesse nel racconto.
— Sai qual è stata la mia prima vera conquista?
Almaz sorrise, gli occhi lucidi di compiacimento.
— Il matrimonio di ***** Il giorno stesso delle sue nozze.
Fece una pausa, lasciando che l’effetto di quelle parole si imprimessero nell’aria.
— C’era la sua sposa, fresca, radiosa.
— Bastò poco per farle capire che certe azioni non sono fatte per un solo uomo. E che qualcun altro può compierle infinitamente meglio.
Il sorriso si allargò.
— Il bello è che lui non ha mai sospettato nulla.
— Il giorno più felice della sua vita è stato anche quello in cui ha subito il suo primo tradimento.
Lena lo lasciava parlare, senza interromperlo, senza opporsi.
— Lì ho capito che il controllo è tutto.
— Le donne vogliono sentirsi desiderate, ed è facile farglielo capire senza che gli altri uomini se ne accorgano.
— Naturalmente con ***** ho avuto la mano leggera, dopo quel primo giorno non ho più toccato la sua donna, una specie di secondo dono di nozze, ma io non ne avevo più bisogno.
La sua mano scivolò lungo il corpo di Lena, mentre il tono diventava ancora più sicuro.
— Il negozio è la mia piccola oasi.
— Lì nulla accade per caso.
Un lampo d’orgoglio attraversò il suo volto:
— Le dipendenti sanno esattamente cosa debbono fare.
— C’è una struttura, ci sono, delle regole.
— Niente scenate, niente competizioni inutili.
— Ognuna ha il suo spazio, il suo momento e deve rispettarli."
— Io decido di questi spazi e di questi momenti, nessun altro.
— Tutte lo accettano, perché io offro loro più di un lavoro, più di un posto sicuro: offro loro la certezza di essere scelte da un vero uomo che farà loro generare dei veri uomini.
— Fin dal momento dell’assunzione sanno di dover tutte ricoprire il ruolo di seconda moglie e, se sono appena appena fidanzate sanno, in caso di incidenti, di doversi sposare celermente mantenendo, anche dopo le nozze, la mia preminenza rispetto ai loro mariti, cosa comunque valida anche per le dipendenti sposate.
Almaz si sporse appena verso Lena, il sorriso carico di soddisfazione.
— Tu avresti dovuto essere solo un'altra tra le mie conquiste, una storia da una botta e via.
Le dita sfiorarono la pelle di Lena, con la sicurezza di chi crede di aver sempre deciso ogni cosa.
— Invece ho conosciuto tuo padre.
— Ho visto in lui la mia stessa logica, gli stessi principi.
— Ho capito."
Uno sguardo intenso, carico della presunzione di aver scelto la compagna perfetta.
— Aveva cresciuto la figlia ideale per me.
— Il nostro matrimonio è stato la scelta giusta, soddisfacente sotto ogni aspetto.
Le mani di Almaz si mossero con sicurezza, come se in quel momento avesse suggellato la sua vittoria definitiva.
Il pavone aveva fatto la ruota.
Lena rimase immobile.
Non c’era sorpresa, solo consapevolezza.
Lasciò che Almaz si convincesse di aver definito ogni cosa, che l’equilibrio fosse perfetto e che ella restasse nel ruolo che lui aveva scritto per lei.
Solo una frase uscì dalle sue labbra, con un tono che non tradiva nulla, ma conteneva ogni verità nascosta.
— Di più. Voglio di più Almaz.
Almaz non tradiva per ribellione, né per noia.
Tradiva perché questo era ciò che lo definiva.
La fedeltà era un concetto fragile, una convenzione accettata senza troppa convinzione, come le regole di un gioco che si rispettano solo finché non intralciano il vero divertimento.
Non c’era senso di colpa nei suoi gesti.
Solo la curiosità di esplorare, di conoscere, di sfidare l’equilibrio instabile tra desiderio e controllo.
Ogni incontro era una scoperta, un modo per immergersi in nuove emozioni senza vincoli, senza il bisogno di spiegare o giustificare.
Era l’ebbrezza di qualcosa di nuovo, l’intrigo di un gioco mentale che iniziava sempre allo stesso modo, ma non si chiudeva mai con le stesse regole.
La stabilità non era il suo rifugio.
Era il suo confine da superare.
Almaz sfogliava il giornale con distrazione, senza aspettarsi nulla di interessante.
Le solite notizie, i soliti volti.
Poi il suo sguardo si fermò su una pubblicità a tutta pagina.
Una donna mozzafiato, lineamenti perfetti, corpo elegante e postura sicura.
Le braccia spalancate in un gesto accogliente, come se lo stesse aspettando.
Sotto, poche parole, dirette, senza ambiguità:
— Vieni da me.
Era solo una pubblicità, un annuncio di dubbio spessore.
Eppure, qualcosa lo intrigò.
Non perché avesse bisogno di un sito di incontri.
Non perché cercasse nuove avventure.
Ma perché in fondo, nuovi territori di caccia fanno sempre comodo.
Seguì il link indicato, senza aspettative, solo per vedere.
Forse poteva trarne qualche cosa di utile.
Lena fissava lo schermo del suo laptop, il cursore lampeggiava nel documento vuoto.
Era arrivato il momento di mettere nero su bianco quello che aveva scoperto finora.
Ella sapeva che Almaz si considerava un cacciatore.
Sapeva che il suo istinto lo portava sempre oltre i confini, sfidando l’equilibrio tra desiderio e controllo.
Ma questa volta, il territorio di caccia non l’aveva trovato da solo.
Lena lo aveva guidato lì, lo aveva spinto con astuzia, mettendo davanti ai suoi occhi il richiamo perfetto.
Non era stato il caso.
Non era stata una scelta spontanea.
Lena aveva agito con precisione.
Non era stato un semplice caso.
Aveva trovato il modo di infilarsi nel computer di Almaz, di seguirlo senza che lui sospettasse nulla.
I suoi movimenti, le sue ricerche, i suoi impulsi: tutto era sotto il suo controllo.
Non aveva bisogno di chiedere, non aveva bisogno di aspettare.
Osservava, guidava, manipolava.
Era lei a tracciare il sentiero, lu lo percorreva senza saperlo.
Lena sorrideva, sicura di sé.
Aveva creato il gioco perfetto.
Almaz, convinto di essere il cacciatore, non si rendeva conto di essere la preda.
Ora era seduto davanti al PC, intento a esplorare quel nuovo mondo, ma questa volta, la vera giocatrice era Lena.
CornificatoreNato comparve in cima alla schermata, un marchio audace, provocatorio.
Almaz osservò il layout del sito.
Profili sparsi, foto studiate, descrizioni spesso vaghe, piene di mezze verità e promesse mascherate.
Nessuno aveva un nome d’impatto come il suo e lui non era qui per perdersi nel flusso.
Doveva imporsi, doveva lasciare il segno.
Aprì la chat.
Un messaggio automatico gli dava il benvenuto, seguito da una serie di suggerimenti su come iniziare una conversazione.
"Evita domande scontate."
"Sii originale."
"Non essere troppo diretto."
Sorrise.
Regole inutili
Lui aveva già il suo approccio.
Non c’erano dubbi: le persone si sarebbero accorte di lui.
CONTINUA? ? ? ? 👍
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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