tradimenti
Ultimo atto 7

24.05.2025 |
378 |
5
"La sala parto era illuminata da una luce fredda, bianca, quasi irreale..."
Capitolo 7Sara
Aldo fissava l’orizzonte dal ponte del traghetto, il vento gli sfiorava il viso, portando con sé l’odore salmastro del mare.
Le onde si inseguivano, tranquille, indifferenti ai turbamenti che gli agitavano il cuore.
Sapeva che tornare a Livorno significava accettare ciò che io avevo scelto, ciò che lui stesso, in un moto di razionale rassegnazione, aveva deciso di accogliere.
Eppure, era possibile che la gelosia non fosse con lui?
Un’ombra silenziosa, in agguato tra i pensieri, pronta a farsi sentire nei momenti di solitudine come avveniva a me quando lo immaginavo con un’altra donna?
Certo egli si darebbe sforzato di vedere oltre quel tormento, di considerare la situazione con lucidità.
Il nostro legame andava oltre la presenza fisica, oltre le convenzioni.
Era amore, e l’amore, se vero, deve sopravvivere a qualsiasi prova.
Dora si sistemò sulla poltrona con un sorriso soddisfatto, lo sguardo fisso su sua figlia.
— Sai, Sara, ormai la strada è segnata.
— Hai fatto ciò che dovevi fare, e ora devi assicurarti che Elio faccia lo stesso.
— Un matrimonio è l’unico passo logico.
La fissai senza rispondere, le mani conserte, il volto impassibile.
— Pensa a tuo figlio,
Continuò Dora, con quel tono dolcemente persuasivo che aveva sempre usato per convincermi.
— Non vuoi che abbia un padre riconosciuto, un nome degno?
Inspirai lentamente.
Dora parlava come se tutto fosse scontato: come se bastasse la sua volontà per determinare il futuro di chiunque.
— La famiglia è tutto, Sara.
— Devi fare di tutto perché Elio capisca che questa è la sua responsabilità.
— Il matrimonio sistemerebbe tutto.
Le parole scorrevano, sicure, implacabili.
Dora non sapeva, non poteva sapere, che io avevo già scelto il mio percorso, ben lontano dalle sue aspettative.
Aldo
Livorno si avvicinava, le luci del porto brillavano in lontananza.
Era tempo di tornare, di affrontare quella realtà che avevo accettato senza forse poterla davvero comprendere.
Strinsi la ringhiera del traghetto, sentii il freddo del metallo sotto le mie dita.
Il mare era calmo, ma dentro di me tutto era tempesta.
Avevo sempre creduto di poter decidere ogni cosa nella mia vita, di averne il controllo.
Ora mi accorgevo che quel controllo mi stava scivolando tra le dita, ed io non potevo farci nulla.
Sara aveva scelto.
Io avevo permesso che scegliesse, che definisse il mio ruolo senza darmi possibilità di oppormi.
Perché l’avevo fatto?
Perché avevo accettato tutto senza ribellarmi?
Forse perché, anche nel tormento della gelosia, sapevo che non potevo cambiarla, che l’amore che provo per lei mi aveva reso inerme, paziente e contemporaneamente fortissimo.
Le luci di Livorno si avvicinavano.
Il ritorno era definitivo, senza possibilità di riscrivere qualche cosa.
Non mi restava che andare avanti e affrontare ciò che sarebbe successo.
Ritornai a Livorno come chi torna dal campo di combattimento, sapendo che la battaglia è persa ma è incapace di arrendersi del tutto.
Forse era l’ultima resistenza, l’ultimo disperato tentativo di fermare ciò che ormai sembrava inevitabile.
Camminai per le strade della città, le stesse di sempre, ma questa volta avevano un peso diverso.
Ogni angolo sembrava una trincea, ogni volto un testimone inconsapevole di ciò che mi stava sfuggendo dalle mani.
Potevo ancora ribaltare il destino, trovare un varco nella certezza che si stava chiudendo su di me?
Forse era solo un’illusione.
Forse stavo cercando di aggrapparmi a qualcosa che non esisteva più.
Eppure, ero qui, quindi il disastro non era ancora definitivo.
Mi accorsi che ogni passo verso la fuga mi portava più vicino al baratro.
Sarebbe stato così facile andarsene, chiudere gli occhi e lasciarmi tutto alle spalle.
Ma una parte di me sapeva che, se lo avessi fatto, avrei perso tutto ciò che avevo costruito.
Non sarebbe restato nulla, solo il vuoto lasciato da una scelta codarda.
La mia reputazione, la mia identità, tutto sarebbe stato inghiottito dalla vergogna.
Che uomo sarei stato se fossi fuggito?
Restai fermo; istinto e ragione in conflitto dentro di me.
Potevo ancora salvarmi, potevo ancora trovare una via che mi avesse lasciato integro.
Ma quale prezzo avrei dovuto pagare per restare fedele a ciò che sono?
Ho combattuto, ho cercato di resistere, di trovare un modo per sfuggire.
Ma ora era chiaro: il gioco era concluso.
Non avevo scelta.
Se mi fossi rifiutato, se mi fossi ostinato a oppormi, avrei distrutto tutto ciò che restava della mia dignità.
Perdere la faccia con me stesso sarebbe stato peggio di qualsiasi sconfitta subita.
Livorno mi accolse con la sua indifferenza e le sue strade abituate a testimoni silenziosi di drammi che si consumano nell’ombra.
Il mio non era diverso.
Forse un tempo avevo creduto di poter decidere, di avere un peso nelle cose.
Ora vedevo che la mia unica vera libertà stava nell’ accettare.
Non potevo semplicemente dire di sì.
Non potevo limitarmi a chinare il capo e accettare tutto senza condizioni.
Mi ero ritrovato di fronte alla trattativa, ancora sconvolto da tutto ciò che Sara aveva fatto.
L’idea di piegarmi definitivamente mi era intollerabile, eppure sapevo di non avere scelta.
Misurai le parole, analizzai ogni dettaglio di ciò che mi veniva richiesto.
Volevo fosse chiaro che questa non era una resa, ma un compromesso.
Erano passati mesi.
Il tempo era scivolato via, costruendo un equilibrio fragile, fatto di silenzi accettati e di regole non dette.
Ora Sara era a Livorno, a casa nostra.
Il parto era vicino e il suo arrivo cancellò ogni traccia di gelosia in me.
Tutto ciò che avevo provato prima sembrava lontano, irrilevante.
La gioia di poterla abbracciare ed accarezzare mi ripagò di tutto.
Pur grossa e gonfia Sara si muoveva tra le stanze con una naturalezza che non lasciava adito a dubbi.
Per lei questo era il posto giusto dove stare.
Io la osservai, cercando di capire se nel suo cuore conservasse ancora un frammento di esitazione ma ella sembrava avere già accettato tutto, senza ombre né ripensamenti.
Le si ruppero le acque e la accompagnai all’ospedale.
La sala parto era illuminata da una luce fredda, bianca, quasi irreale.
Gli infermieri si muovevano rapidamente, ognuno concentrato nel proprio compito, il ritmo frenetico di chi sapeva che ogni secondo poteva fare la differenza.
Il medico era lì, sicuro di sé, con gesti misurati e una voce che non lasciava spazio al dubbio
Sara era distesa su un letto con le gambe ben divaricate ed i piedi rialzati sugli appositi appoggi.
Era nuda dalla pancia in giù ma le gambe erano celate alla vista da un telo che consentiva solo all’ostetrico di controllare il necessario.
— La dilatazione ora è completa ora: spinga, Sara, non abbia timori!
Ella stringeva i denti, la fronte bagnata di sudore, gli occhi socchiusi in uno sforzo che sembrava disumano.
Il dolore la attraversava, violento e totalizzante, ma non c’era esitazione in lei.
Come al solito era decisa, pronta a superare ogni limite.
La sua mano strinse la mia, il contatto forte, disperato:
— Non lasciarmi!
Io ero lì, senza parole, impotente davanti a qualcosa che non potevo né alleviare né comprendere fino in fondo.
Solo potevo essere il suo sostegno, il suo punto fermo in quel frangente.
Un ultimo grido, un ultimo spasmo, e poi il silenzio.
Un attimo sospeso,infinito.
Finché il pianto di una vita nuova non riempì la stanza.
Narratore
Elio era passato a trovare Dora, cominciava ad avvertire la mancanza di Sara e delle sue pretese risarcitorie che tanto gli erano gradite.
Dora lo accolse festosamente e gli offri un caffè che si sedettero a sorbire in soggiorno,, casualmente proprio di fianco al telefono.
Aveva appena portato la tazzina alle labbra quando il telefono squillò, e in un istante l’aria nella casa di Dora si fece elettrica.
Ella afferrò la cornetta con mani tremanti.
— Pronto?...
— Sì?...
— È fatta!
La sua voce vibrava d’emozione. quando riferì ad Elio:
— È un maschio!
— Si chiamerà Giulio.
Elio spalancò gli occhi, come se per un attimo non avesse compreso.
Poi la verità lo colpì in pieno con la forza di un maglio.
Un figlio.
Un maschio!
Un’ondata di gioia lo travolse, la felicità gli esplose nel petto così forte che per un attimo si sentì persino mancare.
— Sara mi ha fatto un maschio!
Ripeté con incredulità, mentre un sorriso enorme si apriva sul suo volto.
Senza pensarci, si girò verso Dora e la strinse in un abbraccio spontaneo e forte.
Rideva, quasi incredulo, travolto da un’emozione che non riusciva a contenere.
Dora ricambiò l’abbraccio con la stessa intensità, ma nei suoi occhi brillava anche un altro tipo di decisione.
Questo era il momento perfetto.
Si staccò da lui giusto quel tanto che bastava per guardarlo dritto negli occhi e, con un sorriso furbo, colse l’attimo:
— E ora, Elio?
— Un figlio... la nostra Sara ti ha donato un figlio.
— E tu?
— Lei è sempre a casa tua di notte e sono certo che non hai fatto il birichino con lei solo quella prima volta in questa casa, tant’è vero che la hai messa incinta.
— Hai sempre rifiutato di sposarla, ma direi che questo è il momento perfetto per rimediare.
Elio, ancora nel vortice della felicità, vacillò.
La sua mente, colma di euforia, inciampò nella sorpresa.
Non se l’aspettava.
Un figlio... e ora questa proposta, così diretta, così inevitabile.
I suoi pensieri si accavallarono, un misto di gioia, confusione e la strana consapevolezza che forse, sì, era davvero il momento giusto.
Dora lo fissava con un sorriso implacabile,e proseguì:
— Ad una donna una famiglia è indispensabile, le garantisce sicurezza e protezione; ma ancor più ad un bambino che ha un bisogno fisico di vedere come il legame tra i genitori sia saldo ed indistruttibile,
— Giulietto poi avrà bisogno di un papà a tempo pieno e tu non temere, sei adattissimo a quello scopo
Elio la guardò col cuore ancora in gola, e capì che non c’era più via di fuga.
D’altronde, la felicità stava tracimando e non avrebbe avuto senso fermarla.
— Sì. Hai ragione, Dora
CONTINUA 👍
Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore.
Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Commenti per Ultimo atto 7:
