Prime Esperienze
Silenziosa come la Notte, Calda come Luna


26.05.2025 |
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"Io venni subito dopo, stringendole i fianchi, ansimando contro la sua pelle bollente..."
PrefazioneEra da settimane che andavo a casa di Luna con la scusa di aiutarla a studiare. I suoi genitori mi adoravano: dicevano che le facevo bene, che la rendevo più matura, più tranquilla.
Ma se solo avessero saputo cosa si muoveva sotto la superficie…
Luna aveva diciannove anni, ma nel modo in cui mi guardava — mordendosi appena il labbro o sfiorandosi la collana con dita lente e indecise — c’era qualcosa di più antico, più profondo.
Mi provocava senza saperlo… o forse lo sapeva eccome.
Quella sera era vestita in modo semplice: una canottiera bianca, senza reggiseno, e dei pantaloncini troppo corti per essere casuali.
In cucina c’era profumo di sugo, di cena calda. I suoi genitori erano in soggiorno, poco oltre il muro sottile, la TV accesa a basso volume. Ogni suono sarebbe stato sentito.
Lei mi passò una tazza, sorridendo. Ma negli occhi aveva quella fiamma. Quella promessa muta.
Mi si avvicinò. Non disse nulla. E io capii.
⸻
Prima notte: la cucina silenziosa
Eravamo soli in cucina. Ma non davvero soli.
Eppure bastò un passo, un tocco lieve della sua mano sulla mia coscia, per far crollare ogni freno.
— Hai freddo? — mi sussurrò.
Ma il suo ginocchio era già tra le mie gambe.
Le presi il polso e la feci voltare, premendola piano contro il mobile della cucina.
Lei emise un sospiro, sottile come un soffio. Poi si morse il polso per non gemere.
— Non fare rumore, Luna.
Lei annuì. Ma il suo corpo diceva tutt’altro: tremava d’attesa, si piegava, si apriva.
Sollevai la canottiera lentamente, accarezzando la curva calda della sua schiena. Niente reggiseno.
Le sue piccole gemme nude e tese spuntavano come segreti appena svelati. Le presi tra le dita, dolcemente prima, poi più forte.
Luna si inarcò. Il suo respiro diventava più rapido.
Con una mano scivolai dentro i pantaloncini, sotto l’elastico.
Era già bagnata. Calda come un sogno.
La sfiorai appena con le dita, come se volessi solo accertarmi che fosse vera.
— Ancora… — mi supplicò, a denti stretti.
Sorrisi. Le spinsi la testa sul tavolo, baciandole il collo.
— Zitta, piccola. C’è tuo padre a due stanze da qui.
Lei ansimò. Ma non si tirò indietro.
Mi chinai, abbassandole i pantaloncini fino alle cosce.
Il suo culetto nudo, sodo e tondo, si offrì a me senza pudore.
Lo accarezzai, lo pizzicai. Le diedi uno schiaffo leggero. Lei tremò.
Le passai la lingua lungo la piega, lenta, calda, bagnata.
Stava per esplodere.
La presi lì, piano all’inizio, poi più a fondo.
Ogni colpo era una sfida al silenzio. Lei si copriva la bocca con le mani, mentre io la possedevo, trattenendo i gemiti con i denti.
E poi, il climax: sentii il suo corpo vibrare, stringersi, mentre si lasciava andare, con un piccolo lamento che si perse tra i rumori della TV.
Io venni subito dopo, stringendole i fianchi, ansimando contro la sua pelle bollente.
Restammo così, per un minuto eterno.
Lei piegata, io sopra di lei, la cucina che odorava ancora di basilico e sudore.
Il suo respiro tremava come una foglia.
Poi si voltò, con le guance arrossate e gli occhi brillanti.
— Se solo sapessero cosa mi hai fatto, in questa cucina…
Le sorrisi. Le sistemai la maglietta, le baciai l’ombelico, la fronte.
— Domani… stessa ora? — sussurrò lei.
— Domani… sul tavolo.
E mentre uscivo dalla cucina, incrociai lo sguardo di sua madre, che si affacciava con due tazze in mano.
Mi sorrise, ingenua. Ignara.
Ma Luna, dietro di me, si leccava piano un dito.
⸻
Secondo incontro: come se non ci fosse un domani
Il giorno dopo tornai. Luna mi aspettava.
In cucina, vestita solo con una vestaglietta sottile, trasparente. Nulla sotto.
I capezzoli già duri, il sorriso già colpevole.
— Sono appena usciti per la spesa. Abbiamo… trenta minuti.
La presi subito. Le strappai la vestaglia.
La piegai sul tavolo.
La presi con forza, senza domande, senza parole.
La baciai ovunque. La mangiai con fame.
Lei gemeva come se stesse morendo di piacere.
Quando venne, si lasciò andare, gridando il mio nome.
E io venni con lei. Riempiendola.
Ci vestimmo appena in tempo.
Sua madre entrò con le borse della spesa.
— Avete studiato tanto, eh?
— Sì — disse Luna — oggi… ho imparato molto.
⸻
Conclusione: l’epilogo del corpo
L’ultima volta fu al mattino, nella sua camera.
Il sole filtrava. Lei mi salì addosso nuda, mi prese tra le gambe.
Mi fece suo.
Mi succhiò, mi cavalcò, mi baciò ovunque.
Le sue mani tremavano. Il suo corpo si muoveva con furia.
— Dentro. Tutto. Voglio sentirti colare da me tutto il giorno…
Ma
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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