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Lui & Lei

Le mutandine bianche di Jomari


di Membro VIP di Annunci69.it Angel1965
29.05.2025    |    12    |    0 6.0
"Poi prende il telefono, scatta un selfie: volto sporco, mutandine bagnate, sguardo di fuoco..."
Una storia in tre atti: dalla tentazione alla rovina

Atto I – Il Prequel: Come tutto è cominciato

Era venerdì. Riunione di redazione. Lei in piedi davanti a tutti: camicia avorio semiaperta, gonna nera attillata, tacchi lucidi. Parlava con autorevolezza, con la voce di chi comanda senza urlare. Ma io non ascoltavo. Guardavo solo le sue gambe, la curva dei fianchi, il taglio della camicetta. E sentivo l’erezione crescere.

Finita la riunione, Jomari mi lanciò un’occhiata diretta.
«Tu. Vieni con me.»

Mi portò in una stanzetta laterale, chiusa a chiave. Senza dire altro, si voltò e mi squadrò.

«Sai come si riconosce un uomo interessante? Da come guarda le mutandine di una donna senza toglierle.»

Sollevò la gonna lentamente.
Bianche. Aderenti. Umide.
«Queste… le hai notate, vero?»

Annuii, mentre il sangue mi batteva alle tempie.
Jomari si avvicinò, sfiorandomi le labbra con il respiro.
«Non le cambio da stamattina. Ho pensato a te tre volte. Una… mi sono venuta addosso.»

Poi prese la mia mano e la spinse tra le sue cosce.
«Tocca. Senti quanto sono bagnata.»

Le mutandine erano calde, fradicie. La sua figa pulsava sotto il tessuto. Senza staccare lo sguardo, se le sfilò.
«Non dire nulla. Annusale.»

Me le lanciò. Io obbedii.
Lei si sdraiò sulla scrivania, aprì le gambe, e mostrò un sex toy.
«Vuoi vedermi usarlo? O vuoi farlo tu? Dentro. Senza condom. Come si fa con le troie.»

Non dissi nulla. L’istinto prese il controllo. La presi dritta, come lei voleva: senza dolcezza, senza parole, solo colpi profondi. Jomari godeva da vera dannata. Mi sputava, mi tirava, si toccava.
«Vieni dentro, voglio sentirti colarmi giù per le cosce… voglio sentirmi piena.»

Quando venni, lo feci con rabbia, con bisogno. Lei si pulì con le dita, se le leccò.
Mi mise le mutandine in tasca.
«Tienile. Così ti ricordi di me mentre ti masturbi.»

Poi si rivestì. Professionale. Elegante. Incontaminata.
«Da oggi sei mio. E io sarò la rovina della tua vita sessuale.»



Atto II – La Sala 3

Due settimane dopo. Ore 18:00. Sala 3.

Jomari mi aspettava già seduta sulla scrivania. Addosso solo una camicetta sbottonata e un paio di mutandine bianche trasparenti, ancora più provocanti delle prime.
«Hai mai leccato una donna elegante mentre indossava la sua lingerie più bagnata?»

Mi inginocchiai. Lei mi prese per la cravatta e mi spinse contro di sé.

L’odore era inebriante, salato, intenso. Premevo il naso sul pizzo umido, la lingua che sfiorava appena.
«Così… più lento. Fai finta di pregare.»

Le sfilai le mutandine con devozione. Erano fradice. Le portò alla bocca e se le succhiò, leccandosi il proprio umore con voluttà.
«Ora fammi venire in bocca. Ma piano. Come se mi stessi bevendo.»

Le affondai la lingua. Le gambe mi chiudevano la testa, il suo corpo si contorceva. Si strinse i capezzoli, gemendo a voce piena.
«Sì… succhiala come se volessi divorarmi…»
E venne. Forte. Spalancata. Il sapore mi riempì la bocca, la gola.

Ma non era finita.
Si abbassò, mi spogliò e prese il mio cazzo in bocca con una fame animalesca.
«Voglio il tuo seme in faccia, subito.»

Non trattenni nulla. Lei non si spostò. Lo prese tutto, poi si pulì con le mutandine, ridendo.
«Domani… portami un altro paio. Rosa.»



Atto III – Il finale: Jomari si rivela

Venerdì seguente. Ore 17:02. Stanza 6.

Jomari è nuda. Solo un reggicalze. Tiene le mutandine rosa che le ho portato tra i denti.
«Voglio essere trattata come nessuno ha mai osato. Voglio essere la tua troia personale.»

Le lascia cadere. Si mette a quattro zampe sulla scrivania.
«Voglio sentirti rompere le mie viscere. Vieni a prenderti tutto.»

La penetro con violenza. Lei urla, si graffia, si schiaffeggia da sola il clitoride.
«Più forte! Fammi scoppiare!»

Le tiro i capelli, le infilo un dito nel culo. Lei geme, si apre, si arrende.
«Sì, vienimi in faccia! Voglio la tua sborra addosso!»

Quando mi giro, è già in ginocchio, bocca aperta, lingua fuori.
Vengo come un animale, le riempio il volto, il collo, le tette.
Lei se lo spalma addosso ridendo, si infila le mutandine rosa sulla figa ancora grondante, se le sistema lentamente.

Poi prende il telefono, scatta un selfie:
volto sporco, mutandine bagnate, sguardo di fuoco.
«Questa è solo per me. Per ricordarmi che sotto il tailleur… sono solo la tua troia da ufficio.»

E se ne va. Tacchi sul pavimento. Silenzio. Odore di sesso e rovina.
Io resto lì. Ancora nudo. Ancora tremante.

Da quel giorno, nessuna donna normale mi eccita più.
Solo Jomari.
Solo lei.
La mia rovina.
La mia dannazione.
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