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Luca: Un desiderio Proibito Cap.3


di Membro VIP di Annunci69.it Efabilandia
02.05.2025    |    993    |    2 9.7
"I suoi capelli lunghi, bagnati, le aderivano alla schiena, le tette sode che brillavano sotto l’acqua, i capezzoli duri come chiodi..."
L’odore di gelsomino di mia sorella Sonia mi avvolgeva come una droga, un fuoco che non si spegneva mai. Io sono Luca, 19 anni, 1,75 m, magro, capelli castani incasinati, e un cazzo che viveva per lei. Sonia, 24 anni, alta 1,72 m, mora, con un viso da Monica Bellucci, occhi verdi che ti scopavano l’anima, e un corpo da modella che mi faceva impazzire: tette piccole ma sode, culo tondo, fica depilata che gocciolava desiderio. Dopo averla ricattata con le foto di lei che si faceva sbattere da zio Alberto, il fighetto di 39 anni con la Ducati Panigale rossa, e averla inculata fino a farla squirtare, il nostro legame era diventato un inferno di passione. Quella notte, dopo averla posseduta in ogni modo, Sonia mi aveva sussurrato di fare la doccia insieme, e il solo pensiero mi faceva pulsare il cazzo.
Il bagno era caldo, il vapore che saliva come una nebbia, l’odore di gelsomino di Sonia che si mescolava al profumo di sapone alla lavanda. Lei era nuda, il vestitino nero e il perizoma rosso abbandonati sul pavimento della mia stanza, i tacchi a spillo lasciati vicino al letto. I suoi capelli lunghi, bagnati, le aderivano alla schiena, le tette sode che brillavano sotto l’acqua, i capezzoli duri come chiodi. Io, nudo, il cazzo già duro, la guardavo, il cuore che mi esplodeva nel petto. “Vieni qui, sorellina,” dissi, la voce roca, tirandola sotto il getto caldo della doccia. L’acqua scorreva sui nostri corpi, un calore che amplificava ogni tocco, ogni respiro.
Le mie mani trovarono i suoi fianchi, accarezzandoli, scivolando sulla pelle bagnata, mentre lei, con un sorriso complice, mi prese il cazzo, massaggiandolo piano, le dita che si muovevano con una dolcezza perversa. “Cazzo, Luca, sei sempre duro,” sussurrò, la voce che tremava di desiderio. Le sue mani erano magia, il sapone che rendeva ogni carezza più fluida, il cazzo che pulsava sotto il suo tocco. Io, in risposta, le accarezzai la fica, le grandi labbra bagnate non solo dall’acqua, il clitoride duro che spuntava, implorando attenzione. “Sorellina, sei fradicia,” dissi, infilando un dito, il calore che mi faceva gemere. Ci toccavamo, i nostri corpi che si incastravano sotto l’acqua, il suono del getto che si mescolava ai nostri sospiri.
Mi abbassai, le labbra che trovavano il suo seno, baciando la pelle bagnata, succhiando i capezzoli duri, la lingua che danzava, il sapore dolce della sua pelle che mi ubriacava. Sonia gemeva, la mano che stringeva il mio cazzo più forte, l’altra che mi afferrava i capelli. “Cazzo, Luca, sì,” mormorò, il corpo che tremava sotto i miei baci. Succhiavo, mordicchiavo, l’acqua che mi colava sul viso, il suo profumo di gelsomino che mi mandava in estasi. “Sei la mia porca,” dissi, alzando gli occhi, e lei, con un sorriso, annuì, persa nel piacere.
Non resistette più. “Scopami, Luca,” sussurrò, girandosi, il culo tondo offerto sotto l’acqua, le mani appoggiate alle piastrelle. Il getto caldo le bagnava la schiena, scorrendo sulla sua fica, il clitoride che brillava sotto le gocce. Mi posizionai dietro di lei, il cazzo duro che premeva contro la sua fica, e con un affondo lento la penetrai, il calore stretto che mi avvolgeva, il cazzo che scivolava fino all’utero. Sonia urlò, un misto di passione e piacere, il corpo che si inarcava. “Cazzo, sì, dammelo tutto,” gemette, e io cominciai a pompare, colpi profondi che la facevano tremare, il suono bagnato della scopata che si mescolava al rumore dell’acqua. Ogni affondo era un’esplosione, il cazzo che la riempiva, l’utero che sembrava pulsare contro la mia cappella.
Presi il soffione della doccia, staccandolo dal supporto, e lo puntai sulla sua fica, il getto al massimo che colpiva il clitoride, un’onda di piacere che la fece urlare. “Cazzo, Luca, che fai?!” gridò, ma il suo corpo si muoveva contro di me, la fica che si contraeva attorno al mio cazzo. Pompavo senza sosta, il soffione che massaggiava il suo clitoride, l’acqua calda che amplificava ogni sensazione. Sonia esplose, il primo orgasmo che la scuoteva, uno squirt violento che si mescolava all’acqua, schizzi caldi che colavano sulle piastrelle, il suo urlo che echeggiava nel bagno. “Vengo, cazzo!” gridò, il corpo che tremava, la fica che mi stringeva, il clitoride che pulsava sotto il getto.
Non mi fermai. Continuai a scoparla, il cazzo che affondava, il soffione che non dava tregua. Un secondo orgasmo la colpì, ancora più forte, uno squirt che schizzava sul pavimento, il suo corpo che si inarcava, le gambe che cedevano. “Porca, sorellina,” ringhiai, e lei, persa, urlò: “Non smettere, cazzo!” Il getto sul clitoride, il mio cazzo che la devastava, l’acqua che ci avvolgeva: era troppo. Sentii il mio orgasmo montare, e sapendo che prendeva la pillola, non mi trattenni. “Vengo, sorellina,” ruggii, sborrandole dentro, fiotti caldi che le riempivano la fica, la sborra che si mescolava al suo squirt, il nostro piacere che esplodeva insieme. Sonia, scossa da un terzo orgasmo, urlò, il corpo che vibrava, la fica che pulsava attorno al mio cazzo, l’acqua che continuava a bagnarla.
Ci accasciammo sotto la doccia, l’acqua che scorreva ancora, i nostri corpi esausti ma vivi. Sonia mi baciò, un bacio lento, le lingue che si intrecciavano, il sapore di gelsomino e desiderio che ci univa. “Sei mio, Luca,” sussurrò, e io, accarezzandole il culo, annuii. “Sempre, sorellina.”
Nei giorni successivi, non potevamo smettere di toccarci. Sonia era diventata insaziabile, il cazzo di suo fratello era la sua droga. Spesso, di notte, sgattaiolava in camera mia, indossando solo una maglietta corta e un perizoma, e si inginocchiava accanto al letto, prendendomi il cazzo in mano. “Fammi vedere quanto sborri, porco,” sussurrava, e io, eccitato, mi segavo, venendo nei suoi perizomi puliti, il centro fradicio di sborra fresca. Lei, con un sorriso, li indossava, il tessuto bagnato che le aderiva alla fica, e usciva, sapendo che portava il mio odore con sé. Una volta, mi portò un perizoma bianco, implorandomi: “Riempilo, Luca, voglio sentirti tutto il giorno.” Venni come un animale, il suo sguardo che mi mandava in paradiso.
Anche io ero ossessionato. Quando restavamo soli, mi precipitavo da lei, baciandola con fame, leccandola tutta: la fica, il culo, i capezzoli. La scopavo ovunque, nel culo con lubrificante, nella fica fino a farla squirtare, sul divano, in cucina, contro il muro. Una volta, in camera sua, la inculai mentre indossava una gonna di pelle e un perizoma nero, il suo squirt che bagnava il pavimento, i gemiti soffocati per non farci scoprire. Ogni incontro era un’esplosione, il nostro desiderio che cresceva, il ricatto ormai un gioco di complicità.
Ma la mamma iniziò a sospettare. Notava i nostri sguardi, il fatto che volevamo sempre restare a casa, i panni sporchi di sborra che trovava nella lavatrice. Un pomeriggio, entrò in camera di Sonia, io ero in salotto, ignaro. Sonia, con una canotta bianca e un perizoma rosa, sobbalzò quando la mamma chiuse la porta. “Ciao, Sonia, scusa se ti rubo qualche minuto, ma volevo parlare con te da mamma a figlia,” disse, sedendosi sul letto. Sonia, nervosa, abbassò lo sguardo. “Ho visto che si è creato un bellissimo legame tra te e tuo fratello, e questo mi fa molto piacere. La vostra complicità si percepisce.”

Sonia arrossì violentemente, il viso che bruciava come se fosse stata colpita, le mani che si torcevano nervosamente sull’orlo della canotta bianca. Il perizoma rosa, già fradicio per i pensieri di Luca, sembrava stringerle la fica, un promemoria del suo desiderio proibito. “Mamma, è solo che… ci vogliamo bene, io e Luca,” balbettò, la voce tremula, cercando disperatamente di deviare il discorso, gli occhi verdi fissi sul pavimento per sfuggire allo sguardo penetrante della madre. Ma la mamma, seduta sul letto, non si lasciò distrarre. La sua voce era calma, ma carica di un’intensità che fece gelare il sangue a Sonia. “Sonia,” disse, facendo una pausa, il silenzio che pesava come un macigno, “vi ho visti. Vi ho visti baciarvi, tesoro… e non era un bacio da fratelli.”
Sonia si immobilizzò, il cuore che le martellava nel petto, un nodo in gola che le impediva di respirare. Avrebbe voluto sprofondare, sparire, cancellare quel momento. La vergogna la travolse, un’onda rovente che le scaldava il viso, ma sotto, più profonda, c’era una paura tagliente: cosa avrebbe fatto la mamma? “Io… non è… non è come pensi,” farfugliò, le parole che inciampavano, ma la mamma alzò una mano, un gesto gentile ma fermo, fermandola con un sorriso che era insieme dolce e complice. “Non c’è bisogno di giustificarti, Sonia,” disse, la voce che si abbassava, quasi un sussurro. “Non c’è nulla di sbagliato… nel volersi bene così.”
Sonia sbatté le palpebre, confusa, il cuore che rallentava ma la mente che vorticava. “Cosa… cosa vuoi dire?” chiese, la voce incerta, un misto di speranza e terrore. La mamma fece un’altra pausa, gli occhi castani che si velavano di un ricordo lontano, un sorriso malinconico sulle labbra. “Sai, tesoro,” iniziò, scegliendo le parole con cura, “quando ero giovane… anch’io ho amato qualcuno che non avrei dovuto. Mio fratello, Alberto.” La rivelazione colpì Sonia come un fulmine, gli occhi che si spalancavano, il respiro che si bloccava. “Zio Alberto?” sussurrò, incredula, il nome che le bruciava sulla lingua. La mamma annuì, il sorriso che si allargava, caldo e complice. “Sì, lui. È stata una storia… intensa, segreta, ma così bella. Non me ne pento mai.”
Sonia sentì il mondo crollarle addosso e ricostruirsi in un istante. La sorpresa la travolse, un turbine di emozioni: shock, sollievo, una strana eccitazione che le faceva pulsare la fica. “Ma… come…?” balbettò, incapace di formare una frase. La mamma si avvicinò, prendendole la mano, la pelle calda che la ancorava. “E poi c’è di più, Sonia,” continuò, la voce che tremava leggermente, come se stesse confessando un segreto custodito per anni. “Sapevo di te e Alberto. L’ho sempre saputo. Ti ho portata dal ginecologo a 16 anni, per la pillola, perché avevo visto come ti guardava… e la prima volta che vi siete presi, ero lì, nascosta dietro la porta della sua stanza. Vi ho guardati, tesoro, e non ho provato rabbia. Solo… comprensione.”
Sonia si sentì mancare, il cuore che batteva all’impazzata, la vergogna che si mescolava a un sollievo inaspettato, il corpo che tremava per l’intensità del momento. La mamma aveva visto tutto, aveva sempre saputo, e non la giudicava. “Mamma… tu…” iniziò, ma le parole le morirono in gola. La mamma la strinse in un abbraccio, il suo profumo di lavanda che la avvolgeva, un rifugio sicuro. “Non sei sola, Sonia,” sussurrò, accarezzandole i capelli. “Alberto veniva da me, dopo, a volte. Mi chiedeva di… pulirgli il cazzo, e io lo facevo, perché lo amavo. E amo te, tesoro. Non ti giudico per ciò che provi per Luca, o per Alberto.”
Le confessioni della mamma, crude e intime, accendevano in Sonia un fuoco che non poteva controllare. Il perizoma rosa era ormai zuppo, la fica che pulsava, l’eccitazione che si mescolava alla sorpresa, al sollievo di non essere sola in quel desiderio proibito. Abbracciò la mamma, stringendola forte, il viso affondato nella sua spalla, le lacrime che le pizzicavano gli occhi ma il corpo che vibrava di lussuria. La mamma, percependo il suo stato, non si ritrasse. Con un gesto di amore perverso, infilò una mano nei suoi slip, trovandola fradicia, le dita che accarezzavano il clitoride con una dolcezza esperta. “Non ti preoccupare, tesoro,” sussurrò, la voce calda, “a te ora ci pensa la mamma.” Sonia si abbandonò, le gambe aperte, il corpo che tremava mentre le dita della mamma la portavano al piacere, un orgasmo che esplodeva come una tempesta, il suo urlo soffocato contro la spalla materna, il corpo che vibrava, il liquido caldo che le bagnava le cosce. “Ti voglio bene, mamma,” gemette, e la mamma, sorridendo, la baciò sulla fronte. “Siamo una famiglia speciale,” disse, lasciandola con un segreto che le avrebbe cambiate per sempre.

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