tradimenti
La notte di Gio, Marta e Chicco


21.04.2025 |
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"Chicco venne, scaricandole un getto di sborra in gola, un’esplosione che la faceva soffocare, il suono del suo grugnito che era un ruggito, il sapore che..."
Gio e Marta, una coppia affiatata di 42 e 40 anni, vivevano la loro passione con una libertà che li rendeva unici, nel cuore di Bergamo, una città che pulsava di vita e desiderio. Gio, 1,78, 80 kg, un uomo robusto con capelli brizzolati e occhi scuri che bruciavano di lussuria, amava vedere Marta, la sua donna, perdersi nel piacere. Marta, 40 anni, alta 1,65, 55 kg, era una visione: lunghi capelli castani che le cadevano sulla schiena, seni pieni, una quarta che sobbalzava a ogni movimento, un culo sodo che implorava di essere toccato, e una fica depilata, sempre bagnata, che pulsava al solo pensiero del sesso. Indossava spesso abiti provocanti, come il vestito nero di pizzo che aveva scelto un anno fa per un incontro che avrebbe cambiato tutto: un aperitivo con Chicco, un bull conosciuto su un sito, che li aveva portati a un’esplosione di lussuria.Era una sera di primavera, l’aria fresca di Bergamo che odorava di pini e asfalto, le luci della città alta che brillavano in lontananza. Gio e Marta avevano incontrato Chicco in un bar del centro, un locale affollato dove il profumo di prosecco e olive si mescolava al brusio della folla. Chicco, 35 anni, 1,85, 90 kg, era un toro: capelli corti, barba curata, e un’aura di dominio che faceva tremare Marta. Sotto i jeans, si intravedeva già il suo cazzo, un mostro che prometteva guai. Dopo qualche drink, la tensione era salita, il profumo di prosecco e sudore che si mescolava al gelsomino di Marta. “Andiamo da qualche parte,” aveva detto Chicco, la voce profonda che era un ordine, e i tre si erano diretti al parcheggio del bar, un angolo buio vicino alle mura venete, illuminato solo dai lampioni.
Nella macchina di Gio, una berlina nera, Marta si era seduta dietro con Chicco, il cuore che batteva, la fica già bagnata sotto il vestito di pizzo nero che le arrivava a metà coscia, autoreggenti nere che le stringevano le gambe, tacchi a spillo bianchi che brillavano. Chicco non aveva perso tempo: aveva abbassato i jeans, rivelando un cazzo mostruoso, 23 cm, spesso, con vene pulsanti, la cappella gonfia che odorava di maschio. “Cazzo, è enorme,” aveva sussurrato Marta, la voce tremante, e si era chinata, le labbra che si aprivano per accoglierlo, il suono del suo respiro che si spezzava. Lo pompava con fatica, la mandibola che le doleva per quanto doveva tenerla aperta, il sapore salato che le riempiva la bocca, mentre Chicco, con una mano nei suoi capelli, grugniva di piacere. Con l’altra mano, le lavorava la fica, le dita che scivolavano sotto il vestito, trovando il clitoride, il suono bagnato che echeggiava nell’auto, l’odore di sesso che saturava l’aria. Marta gemeva, il cazzo in gola, la fica che schizzava sotto le sue dita, e quando Chicco venne, le scaricò un getto di sborra in gola, un regalo per l’incontro conoscitivo, il sapore che la faceva quasi soffocare, il suono dei suoi gemiti che era puro piacere. Gio, dal sedile davanti, guardava nello specchietto, il cazzo duro nei pantaloni, l’eccitazione che lo consumava.
Uscendo dal parcheggio, Marta, con la voce roca e la mandibola dolorante, aveva detto a Gio: “Il suo cazzo è mostruoso, mi fa male la bocca… e la mia fica farà fatica a farlo entrare.” Quelle parole erano un fuoco per Gio, che già immaginava cosa sarebbe successo. Una settimana dopo, invitarono Chicco a casa loro, un appartamento moderno nel centro di Bergamo, con un grande divano di pelle nera, piante in vaso, un pavimento in parquet che brillava sotto le luci soffuse, e un specchio alto che rifletteva ogni movimento. Marta indossava lo stesso vestito nero di pizzo, corto, con un orlo di pizzo che danzava sulle cosce, autoreggenti nere, e tacchi bianchi che cliccavano sul parquet, il profumo di gelsomino che era una provocazione. Gio aveva preparato un aperitivo, il profumo di olive e prosecco che si mescolava all’aria, ma Chicco, conscio che il suo cazzone intimidiva Marta, si era messo subito comodo sul divano, i jeans abbassati, il cazzo già duro, un mostro che pulsava, l’odore di maschio che riempiva la stanza.
“Marta, preparalo,” aveva ordinato Gio, la voce rauca, mentre si allontanava per prendere il vassoio dell’aperitivo, la videocamera già pronta in mano. Marta si era inginocchiata davanti a Chicco, le mani che tremavano, il cuore che batteva, e aveva iniziato a pomparlo, le labbra che si aprivano con fatica, il suono della sua bocca che lo succhiava, il sapore salato che la ubriacava. Chicco, con un sorriso, le accarezzava i capelli, il suo grugnito che era un ruggito, mentre Gio filmava, il cazzo duro nei pantaloni, l’eccitazione che lo consumava. Quando il cazzo di Chicco fu pronto, duro come acciaio, lui prese il controllo. “Sali su, troia,” ringhiò, e Marta, con un gemito, si sollevò il vestito, rivelando la fica nuda, già bagnata, il pizzo che scivolava sulle cosce. Si posizionò sopra di lui, le gambe divaricate, e si impalò da sola, il cazzo che la penetrava, rompendole la fica, un dolore che si trasformava in piacere, il suono del suo urlo che echeggiava, l’odore di sesso che saturava l’aria. Gio zoomava con la videocamera, il cazzo di Chicco che spariva nella fica di Marta, la dilatazione che era oscena, il suono bagnato che era una sinfonia.
“Guardala, Gio, le sto sfondando la fica,” disse Chicco, guardandolo fiero, i suoi occhi che brillavano di dominio, mentre Marta urlava, il cazzo che le arrivava fino all’utero, ogni affondo un colpo che la devastava, il profumo del suo sudore che si mescolava al prosecco. La fica di Marta, inizialmente stretta, si allargò, adattandosi al mostro, e Chicco la fece cavalcare a lungo, le mani sui suoi fianchi, il suono dei loro corpi che sbattevano, il pizzo del vestito che sobbalzava, i seni che rimbalzavano sotto il tessuto. Marta gemeva, il clitoride che pulsava, il primo orgasmo che la travolgeva, lo squirt che schizzava sul cazzo di Chicco, un fiotto caldo che bagnava il divano, il suono del suo urlo che era estasi, il sapore del suo sudore sulla lingua. “Cazzo, mi stai distruggendo,” gridava, e Chicco, con un sorriso, continuava, ogni colpo più profondo, il cazzo che le piantava fino all’utero, il suono della sua fica che si apriva, l’odore di sesso che era un’ossessione.
Dopo un’ora di cavalcata, Marta era un lago di umori, la fica dilatata, il corpo tremante, il secondo orgasmo che la scuoteva, lo squirt che schizzava ancora, il divano ormai inzuppato, il suono dei suoi gemiti che si mescolava al respiro pesante di Chicco. Lui, senza muoversi dal divano, la afferrò per i capelli, tirandola verso il suo cazzo. “Apri la bocca, troia,” ringhiò, e Marta obbedì, le labbra doloranti che si aprivano, il cazzo che le riempiva la gola, il sapore salato che era un ricordo della prima volta. Chicco venne, scaricandole un getto di sborra in gola, un’esplosione che la faceva soffocare, il suono del suo grugnito che era un ruggito, il sapore che la consumava. Gio, con la videocamera, catturava ogni istante, il cazzo di Chicco che pulsava, la sborra che colava sul mento di Marta, l’immagine di sua moglie sfondata, il profumo di sesso che era ovunque.
Quando Chicco si alzò, il cazzo ancora gocciolante, guardò Gio con un sorriso. “Te l’ho rotta per bene,” disse, e Gio annuì, il cazzo duro, l’eccitazione che lo consumava. Marta, crollata sul divano, la fica dolorante, la gola piena di sborra, respirava a fatica, il pizzo del vestito che le aderiva alla pelle sudata, il profumo di gelsomino che si mescolava a quello di Chicco. “È stato… troppo,” sussurrò, la voce roca, ma i suoi occhi brillavano di lussuria, il corpo ancora tremante di piacere. Gio posò la videocamera, si avvicinò a lei, e la baciò, il sapore della sborra di Chicco ancora sulle sue labbra, il suono del loro bacio che era amore e depravazione. Quella notte, guardando il video, Gio e Marta rivissero ogni istante, il cazzo di Chicco che le rompeva la fica, la sborra in gola, il loro desiderio che non si spegneva mai, le luci di Bergamo che brillavano fuori dalla finestra.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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