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Luca: Un desiderio Proibito Cap.2


di Membro VIP di Annunci69.it Efabilandia
02.05.2025    |    1.746    |    2 9.8
"Restammo lì, abbracciati, i nostri corpi nudi che si incastravano perfettamente, il calore della sua pelle che mi scaldava l’anima..."
L’odore di gelsomino di mia sorella Sonia mi perseguitava, un veleno dolce che mi teneva sveglio la notte, il cazzo duro solo a pensarci. Io sono Luca, 19 anni, 1,75 m, magro, capelli castani sempre incasinati, e una voglia matta di possedere Sonia, la mia ossessione. Lei, 24 anni, alta 1,72 m, mora, con un viso da Monica Bellucci, labbra carnose e occhi verdi che ti scopavano l’anima. Il suo corpo da modella, scolpito da palestra e passerelle, era un’arma letale: tette piccole ma sode, capezzoli sempre duri, culo tondo, fica depilata che immaginavo stretta e bagnata. Due settimane fa l’avevo ricattata, usando foto di lei che si faceva sbattere da zio Alberto, il fighetto di 39 anni che girava con una Ducati Panigale rossa. L’avevo fatta succhiare e scopare, ma non mi bastava. Quel buco stretto del suo culo, sfiorato con un dito, era il mio prossimo trofeo.
Era un sabato sera, la casa vuota, i nostri genitori a una cena di lavoro. L’aria era densa di tensione, come se il destino sapesse che quella notte avrei preso ciò che volevo. Sonia era in salotto, sdraiata sul divano, un bicchiere di vino rosso in mano. Indossava un vestitino nero aderente, corto fino a metà coscia, che le fasciava il corpo come una seconda pelle, senza reggiseno, i capezzoli duri che premevano contro il tessuto. Sotto, un perizoma di pizzo rosso, visibile quando accavallava le gambe, e tacchi a spillo che scintillavano sotto la luce del lampadario. Il suo profumo di gelsomino, muschiato e inebriante, riempiva la stanza, mescolandosi all’odore di vino e cera dei mobili.
Mi avvicinai, il cellulare in mano, un sorrisetto sul viso. “Sonia, dobbiamo parlare,” dissi, sedendomi accanto a lei. Lei alzò gli occhi, il verde delle sue iridi che brillava di sfida. “Che cazzo vuoi ancora, Luca?” sibilò, ma il suo tono era meno ostile, quasi rassegnato. Mostrai il cellulare, una foto di lei contro il muro, la fica piena del cazzo di Alberto, il viso stravolto dal piacere. “Non ti stanchi di fare la porca con lo zio? Stasera voglio qualcosa di più, sorellina,” dissi, la voce bassa, il cazzo già duro nei jeans. Lei posò il bicchiere, il respiro corto. “Sei un porco schifoso,” disse, ma non si alzò, le sue cosce che si stringevano, un segno che la eccitava.
“Stasera, sorellina, quel culo è mio,” dissi, mettendole una mano sulla coscia, il calore della sua pelle che mi bruciava le dita. “O queste foto finiscono da mamma, papà, e la zia. Scegli.” Sonia mi fissò, gli occhi pieni di rabbia, ma anche di un desiderio che non poteva nascondere. “Cazzo, Luca, sei malato,” mormorò, ma si alzò, il vestitino che le saliva sui fianchi, mostrando il perizoma rosso. “Andiamo in camera tua,” disse, la voce roca, e io la seguii, il cuore che mi martellava nel petto, l’odore di gelsomino che mi guidava come un faro.
Nella mia stanza, chiuse la porta, il clic della serratura che echeggiava come un verdetto. “Fammi vedere quanto sei porca, sorellina,” dissi, abbassandomi i jeans e gli slip, il cazzo duro che svettava, pulsante. Sonia si inginocchiò senza protestare, i tacchi che ticchettavano sul parquet, il suo viso a pochi centimetri dal mio cazzo. “Sei un bastardo,” mormorò, ma prese il cazzo in mano, accarezzandolo, la pelle calda che mi faceva gemere. “Succhia, porca,” ordinai, spingendole la testa, e lei, con un gemito di resa, dischiuse le labbra, avvolgendomi in un calore bagnato che mi mandò in paradiso. Succhiava con esperienza, la lingua che danzava sulla cappella, il sapore del mio pre-sperma che le riempiva la bocca. “Cazzo, sì, accarezzami le palle, sorellina,” grugnii, e lei, obbediente, massaggiò le mie palle, il tocco che mi faceva tremare.
La guardavo, i capelli lunghi che le coprivano il viso, e li spostai per vedere meglio. Succhiava come una professionista, la bocca che si stringeva, il suono bagnato che riempiva la stanza. “Porca, sei nata per questo,” gemetti, spingendo i fianchi, il cazzo che le toccava la gola. Dopo pochi minuti, sentii l’orgasmo montare, ma non volevo venire così. La tirai su, alzandole il vestitino, il perizoma rosso fradicio. “Cazzo, sei bagnata come una cagna, sorellina,” dissi, strappandoglielo via. La spinsi sul letto, a pancia in giù, il culo perfetto esposto, un altare che implorava di essere profanato.
“Luca, no, cazzo, non il culo,” implorò, ma il suo tono era debole, il desiderio che la tradiva. Presi una bottiglia di lubrificante dal comodino – l’avevo comprata apposta – e ne versai un filo sul suo buco stretto, massaggiandolo con le dita. “Rilassati, sorellina,” dissi, infilando un dito, il calore che mi faceva indurire ancora di più. Sonia gemette, un misto di dolore e piacere, il corpo che tremava. Aggiunsi un secondo dito, allargandola, il suo culo che si contraeva, i gemiti che si trasformavano in sospiri. “Cazzo, sei stretta,” dissi, e lei, con la voce rotta, mormorò: “Porco, fai piano.”
Mi posizionai dietro di lei, il cazzo lubrificato che premeva contro il suo buco. “Prendilo, porca,” ringhiai, spingendo piano, la cappella che entrava con fatica, il suo culo che si apriva a malapena. Sonia urlò, le mani che stringevano le lenzuola, il corpo che si irrigidiva. “Cazzo, fa male!” gridò, ma io continuai, lento ma deciso, il cazzo che scivolava dentro, centimetro dopo centimetro, il calore stretto che mi faceva impazzire. Proprio in quel momento, un bussare alla porta mi fece gelare. “Luca, Sonia, tutto a posto?” chiese la voce di mamma, preoccupata. Sonia sgranò gli occhi, il panico sul viso, ma io, con il cazzo mezzo dentro il suo culo, risposi calmo: “Sì, mamma, tutto a posto, sto mostrando una cosa a Sonia, poi veniamo di là.” Un attimo di silenzio, poi i passi di mamma si allontanarono. “Cazzo, sei pazzo,” sussurrò Sonia, ma il suo culo si rilassò, un invito a continuare.
Ripresi, pompando lento, il cazzo che scivolava più facilmente, il lubrificante che rendeva ogni affondo un piacere. “Cazzo, Luca, mi sfondi,” gemette, ma il suo culo si muoveva contro di me, un segno che le piaceva. Accelerai, colpi profondi che la facevano urlare, il suono della carne che sbatteva, i suoi gemiti che si trasformavano in sospiri. Sonia, con una mano, si toccava la fica, le dita che scivolavano sul clitoride, e dopo pochi minuti esplose, il primo orgasmo che la scuoteva. “Vengo, cazzo!” urlò, uno squirt violento che schizzava sul letto, il liquido caldo che bagnava le lenzuola, il suo corpo che tremava, il culo che si contraeva attorno al mio cazzo, mandandomi in estasi. “Porca, sorellina,” ringhiai, pompando più forte, il suo squirt che mi eccitava da morire.
Non mi fermai. La girai sulla schiena, le gambe al cielo, il culo ancora aperto. Versai altro lubrificante, infilando il cazzo di nuovo, un affondo deciso che la fece urlare. “Cazzo, sì, scopami il culo,” gemette, ormai persa, la sua fica che gocciolava. Leccai i suoi capezzoli, duri come chiodi, mentre pompavo, il suono bagnato che si mescolava ai suoi gemiti. Si toccava la fica, le dita che entravano e uscivano, e dopo pochi minuti venne di nuovo, un secondo orgasmo ancora più intenso. “Porco, sto venendo!” urlò, uno squirt che mi bagnava il petto, schizzi caldi che colavano sul letto, il suo corpo che vibrava, la fica che pulsava, il culo che mi stringeva il cazzo come una morsa. “Cazzo, sei una fontana, sorellina,” dissi, il cazzo che pulsava, ma tenni duro.
La volevo ancora. La misi a pecorina, il culo in alto, e la inculai di nuovo, colpi violenti che la facevano urlare. “Prendilo tutto, porca,” ringhiai, schiaffeggiandole il culo, il suono che echeggiava nella stanza. Sonia, con le dita nella fica, gemeva come una cagna, il corpo che si muoveva contro di me. “Cazzo, mi piace,” ammise, la voce rotta, e il terzo orgasmo la colpì, uno squirt che schizzava sul pavimento, il suo urlo che si spezzava, il corpo che tremava come una foglia, la fica che gocciolava, il culo che si contraeva attorno al mio cazzo. “Sorellina, mi fai morire,” gemetti, e tirai fuori il cazzo, sborrandole sul culo, fiotti caldi che le dipingevano la pelle, colando sul suo buco aperto.
Ma non era finita. La girai, sdraiandola sul letto, e mi misi sopra di lei, il viso tra le sue cosce. “Ora ti faccio venire ancora, porca,” dissi, leccando la sua fica, le grandi labbra bagnate, il sapore muschiato che mi ubriacava. Succhiavo il clitoride, duro e gonfio, la lingua che danzava, mentre Sonia gemeva, le cosce che si stringevano attorno alla mia testa. “Cazzo, Luca, sì,” urlava, guidandomi, “lecca forte!” La portai al quarto orgasmo, uno squirt che mi inondava il viso, schizzi caldi che mi colavano sul mento, il suo corpo che si inarcava, il clitoride che pulsava, i gemiti che si trasformavano in un urlo soffocato. Continuai, leccando anche il suo culo, la lingua che entrava nel buco ancora aperto, il sapore del lubrificante e della sua pelle che mi mandava in estasi.
Sonia, persa, mi prese il cazzo in bocca, iniziando un 69 che mi fece vedere le stelle. Succhiava come una dannata, la gola che mi accoglieva, le palle che le sbattevano sul viso, mentre io leccavo la sua fica, il clitoride che tremava sotto la mia lingua. Venimmo insieme, io sborrandole in gola, lei squirtando di nuovo, il quinto orgasmo che la lasciava tremante, il corpo madido di sudore, la fica che gocciolava, il sapore muschiato che mi riempiva la bocca.
Ci accasciammo sul letto, l’odore di sborra, squirt e gelsomino che impregnava l’aria. I nostri corpi erano esausti, la stanza un caos di lenzuola bagnate e desiderio. Sonia, con il respiro ancora corto, mi guardò, i suoi occhi verdi che brillavano di una luce nuova, non più di sfida, ma di qualcosa di più profondo. “Luca,” sussurrò, la voce dolce, quasi fragile, “non smettere di darmi questo… dammelo sempre, ti prego.” Le sue parole mi colpirono, un misto di lussuria e tenerezza che mi fece tremare. “Sorellina,” risposi, accarezzandole il viso, “sei mia, e non smetterò mai.” Mi avvicinai, le nostre labbra si sfiorarono, e poi ci baciammo, un bacio profondo, lento, le lingue che si intrecciavano come in una danza, il sapore di sborra e squirt che si mescolava, un patto sigillato nel piacere.
Le sue mani scesero sul mio cazzo, esausto ma ancora sensibile, massaggiandolo piano, mentre le mie dita trovavano la sua fica, bagnata e pulsante, accarezzandola con dolcezza. Ci toccavamo, i nostri corpi ancora caldi, i respiri che si mescolavano, il profumo di gelsomino che ci avvolgeva come un manto. “Ti voglio ancora,” mormorò Sonia, le sue labbra contro le mie, “ogni giorno, ogni notte.” Annuii, il cuore che batteva forte, non più solo per il ricatto, ma per una passione che ci aveva travolti. “Sempre, sorellina,” promisi, la mia mano che scivolava sul suo culo, ancora sporco di sborra, il suo corpo che si stringeva al mio.
Restammo lì, abbracciati, i nostri corpi nudi che si incastravano perfettamente, il calore della sua pelle che mi scaldava l’anima. La guardavo, i capelli lunghi sparsi sul cuscino, il viso arrossato, e capii che non era più solo mia sorella, ma qualcosa di più, una complice, un’amante, un fuoco che non si sarebbe mai spento. “Andiamo a fare la doccia,” sussurrò Sonia, un sorriso malizioso sulle labbra, “insieme.” Risi, il cazzo che si risvegliava al solo pensiero, ma quella era un’altra storia, un altro capitolo della nostra passione proibita che ci avrebbe portati a condividere mille avventure, in quella casa e oltre.

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