incesto
Isa: Sguardi Rubati Atto 2


14.05.2025 |
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"Isa era lì, nuda, piena, persa in un piacere che io potevo solo guardare, e ogni secondo mi trascinava più a fondo nel mio inferno personale..."
Bari, settembre 2003. La città pulsava ancora di un calore che non voleva cedere all’autunno. Dal balcone del nostro appartamento a Madonnella, il lungomare si accendeva di luci al neon, mentre i motorini rombavano, sfrecciando verso i bar che sparavano “Whenever, Wherever” di Shakira a tutto volume. L’odore di salsedine si mescolava al fumo delle pizzerie, e ogni sera sembrava un invito a perdersi. Io, Andrea, avevo vent’anni, un Nokia 3310 che vibrava per messaggi inutili, e un’ossessione che mi bruciava dentro come una febbre: mia madre, Isa. A 55 anni, era una donna che fermava il tempo. Alta un metro e settanta, snella, con un seno da quinta misura, tondo e sodo, che riempiva ogni camicia come se fosse un’arma. I suoi capelli mossi, tinti di un castano caldo, le cadevano sulle spalle, e il suo modo di muoversi – con gonne attillate e tacchi che ticchettavano sul pavimento – era puro magnetismo. Mi ricordava Kay Parker, la star dei film porno che avevo trovato in una scatola sotto il suo letto, con quello sguardo che prometteva peccati inconfessabili.Da quando mio padre se n’era andato, due anni prima, Isa era cambiata. La separazione l’aveva lasciata sola, vulnerabile, ma anche affamata, come se volesse riprendersi ogni istante che le era stato negato. La vedevo uscire la sera, con rossetto rosso e camicie semiaperte, e ogni volta mi chiedevo dove andasse, con chi. Ma non era solo curiosità. Era desiderio. Tutto era esploso quel pomeriggio in cucina, quando avevo spiato Marco, il mio amico con il piercing al sopracciglio e il ghigno da mascalzone, che la scopava sul tavolo. Ero nascosto fuori, dietro la finestra, e avevo visto tutto: il seno di Isa che ballava, i suoi gemiti che mi trafiggevano, il cazzo di Marco che la riempiva. Ero venuto due volte, il cuore che mi scoppiava, e da allora non riuscivo a pensare ad altro. Ogni volta che Isa passava per casa, con una gonna che le stringeva il culo o un top che lasciava intravedere il pizzo del reggiseno, il mio cazzo si induriva, e la mia testa si riempiva di immagini: lei che cavalcava, che urlava, che si arrendeva al piacere.
Non mi bastava più. Guardare quell’unico incontro era stato come assaggiare una droga: ora volevo di più, volevo spingerla oltre, vedere fino a dove poteva arrivare. Marco era la chiave. Dopo quella volta, era diventato un complice, anche se non lo dicevamo apertamente. Mi mandava messaggi come “Tua madre è una bomba, Andre’,” e ogni tanto accennava a dettagli che mi mandavano in tilt: una scopata in macchina dietro il porto, un pompino veloce in un parcheggio. Io lo ascoltavo, eccitato e geloso, ma più di tutto volevo orchestrare qualcosa di più grande. Una sera, al bar sotto casa, con una birra tiepida in mano, glielo dissi chiaro. “Voglio che torni da Isa,” sussurrai, la voce bassa per non farmi sentire. “Ma stavolta porta qualcuno. Qualcuno che la faccia impazzire.” Marco rise, il piercing che brillava sotto la luce al neon. “Cazzo, Andre’, sei più pervertito di me,” disse, ma i suoi occhi scintillavano. “Ho l’uomo giusto. Luca, un mio amico. Venticinque anni, un toro. Gli ho parlato di Isa, e credimi, vuole mangiarsela.” Annuii, il cuore che mi martellava nel petto. “Fallo venire a casa,” dissi. “Domani sera. Io mi occupo del resto.”
Tornai a casa con un piano che mi bruciava dentro. Isa era in salotto, sdraiata sul divano con un top scollato che lasciava intravedere il seno e un paio di jeans che le modellavano le cosce. Cantava piano una canzone di Laura Pausini che usciva dal lettore CD, ignara del fuoco che mi consumava. “Domani viene Marco,” le dissi, fingendo di sistemare il telecomando. “Porta un amico, vuole farci vedere dei CD nuovi.” Lei alzò un sopracciglio, un sorrisetto che mi fece tremare. “Va bene,” disse, e il suo tono aveva una nota di curiosità, come se sapesse che non era solo una visita innocente. La guardai mentre si alzava, la gonna che le scivolava sui fianchi, e dovetti distogliere lo sguardo per non tradirmi.
Quella notte, quando Isa dormiva, frugai nel suo cassetto. Sapevo cosa cercavo. Tra il corpetto hard e il corsetto rosso con i lacci, trovai un paio di mutandine di pizzo nero, usate, ancora calde del suo corpo. Le portai al naso, il cuore che mi scoppiava. L’odore era muschiato, dolce e salato, un misto di sudore e desiderio che mi fece girare la testa. Era lei, pura, proibita. Le strinsi in mano, immaginando il suo calore, il suo corpo nudo, e il mio cazzo si indurì all’istante. Le nascosi in camera mia, sapendo che le avrei usate, che quel profumo mi avrebbe mandato fuori di testa mentre guardavo. Scelsi il mio nascondiglio: la porta della sua camera, se lasciata socchiusa, mi avrebbe dato una vista perfetta sul letto, con lo specchio dell’armadio che rifletteva ogni angolo. Ero pronto a perdermi in lei, ancora una volta.
Il giorno dopo, Marco e Luca arrivarono alle otto di sera. Marco aveva una bottiglia di Primitivo e quel ghigno che diceva tutto. Luca era un colosso: alto, capelli corti, un tatuaggio che spuntava dalla maglietta aderente, con un’aria da predatore. Quando vide Isa, i suoi occhi si accesero come fari. Lei li accolse con una risata, indossando una camicia di seta che si tendeva sul seno, lasciando intravedere il pizzo nero del reggiseno, e una gonna di pelle che le stringeva i fianchi come una seconda pelle. “Ragazzi, che piacere,” disse, e il suo tono era caldo, quasi provocante, come se la solitudine l’avesse resa pronta a tutto. Ci sedemmo in salotto, con un CD di Eros Ramazzotti che girava nel lettore, la TV a tubo catodico che passava un vecchio episodio di Friends. Isa beveva vino, ridendo alle battute di Marco, mentre Luca le lanciava sguardi che non lasciavano dubbi. “Isa, sei uno spettacolo,” disse Luca, la voce roca, e lei arrossì, buttando indietro i capelli. Io fingevo di guardare lo schermo, ma il mio cuore batteva all’impazzata, il cazzo già duro nei jeans.
Dopo un po’, mi alzai, il piano che prendeva forma. “Vado a prendere una cosa in camera,” dissi, lasciando la porta del salotto socchiusa. Non andai lontano. Mi nascosi nel corridoio, il buio che mi avvolgeva, le mutandine di Isa strette in mano. Il loro profumo mi colpì di nuovo, dolce e proibito, come una droga che mi faceva tremare. Le portai al viso, inalando a fondo, e il desiderio mi travolse. Ogni gemito che immaginavo, ogni immagine di Isa nuda, mi mandava fuori di testa. Mi slacciai i jeans, avvolgendo il cazzo nel pizzo nero, la sensazione ruvida che mi faceva gemere piano. Marco e Luca non persero tempo. “Sei troppo sola, Isa,” disse Marco, sedendosi più vicino a lei sul divano. Luca le sfiorò il braccio, un tocco che sembrava bruciare. “Una donna come te è uno spreco,” aggiunse, e Isa rise, un riso nervoso ma eccitato. “Siete pericolosi,” mormorò, ma non si tirò indietro. Marco si sporse, le prese il viso, e la baciò, un bacio profondo che le strappò un gemito soffocato. Io, nascosto, strinsi le mutandine più forte, il cuore che mi esplodeva. Era iniziato.
Il corridoio era buio, un rifugio perfetto per il mio peccato. Mi accucciai nell’ombra, la porta socchiusa della camera di Isa che mi dava una vista diretta sul letto, con lo specchio dell’armadio che rifletteva ogni angolo come un quadro osceno. Le mutandine di pizzo nero di Isa erano strette nella mia mano, il loro odore muschiato che mi colpiva come un pugno: dolce, salato, un’essenza di lei che mi faceva tremare. Le portai al viso, inalando a fondo, e il desiderio mi travolse, un’onda che mi soffocava. Il mio cazzo era già duro, premuto contro i jeans, e quando lo liberai, avvolgendolo nel pizzo ruvido, gemetti piano, il cuore che mi martellava. Ogni immagine di Isa – il suo seno abbondante, la sua bocca, il suo corpo che si arrendeva – mi bruciava nella testa, ma non era più solo fantasia. Era reale, sporco, e stava accadendo proprio ora.
Nel salotto, Marco aveva preso il controllo. Il suo bacio era profondo, affamato, e Isa ricambiava con un gemito che mi trafisse. “Non dovremmo,” mormorò, ma la sua voce era debole, spezzata dal desiderio. Luca, seduto accanto, le sfiorava la coscia, la mano che scivolava sotto la gonna di pelle. “Sei troppo bella per stare sola, Isa,” disse, la voce roca, e lei rise, un suono nervoso ma eccitato. “Siete pericolosi,” rispose, ma non si tirò indietro. Marco le slacciò la camicia di seta, un bottone alla volta, lasciando uscire quel seno perfetto, tondo e sodo, i capezzoli duri sotto il pizzo nero del reggiseno. “Cazzo, guarda qua,” grugnì Luca, e le succhiò un capezzolo, facendola inarcare. Isa gemette, le mani che si aggrappavano ai capelli di Luca, mentre Marco le alzava la gonna, trovando le mutandine. “Sei bagnata,” disse, sfregandole la fica attraverso il tessuto, e lei, con un sorriso peccaminoso, sussurrò: “Colpa vostra.”
Io strinsi le mutandine più forte, il pizzo che mi graffiava la pelle del cazzo. Ogni gemito di Isa era un coltello, un misto di eccitazione e senso di colpa che mi squarciava. Immaginavo di essere io a toccarla, a sentirla tremare, ma la realtà era più intensa, perché era proibita. Marco le strappò le mutandine, lasciandola nuda dalla vita in giù, la fica lucida di desiderio. “Vieni qui,” disse, tirandola verso il divano. Isa si inginocchiò, gli occhi socchiusi, e Marco si sbottonò i jeans, tirando fuori il cazzo, già duro. “Succhialo,” ordinò, e lei obbedì, prendendolo in bocca con una fame che mi fece gemere. Le sue labbra scivolavano su di lui, lente e poi veloci, la lingua che leccava la punta, mentre Marco le afferrava i capelli, spingendo piano. “Cazzo, Isa, sei una troia,” grugnì, e lei sorrise, le labbra bagnate.
Luca non rimase a guardare. Si alzò, sbottonandosi i pantaloni, e tirò fuori il suo cazzo, più grosso, turgido. “Tocca a me,” disse, e Isa, senza esitare, passò a lui, succhiandolo con la stessa avidità. Alternava i due, un cazzo in bocca e l’altro in mano, i gemiti soffocati che mi mandavano fuori di testa. “Brava, così,” disse Luca, spingendole la testa, e lei gemeva, il seno che ondeggiava a ogni movimento. Io mi segavo lento, il pizzo delle mutandine che mi sfregava, il profumo di Isa che mi avvolgeva come una nebbia. Era lei, il suo calore, il suo desiderio, e ogni colpo della mia mano era un passo verso il baratro. Sentivo il senso di colpa, il peso di ciò che stavo facendo, ma era soffocato dall’eccitazione, da un desiderio che mi consumava.
Marco la fece alzare, spingendola sul divano. “Voglio sentirti,” disse, e le tolse il reggiseno, lasciando il seno nudo, perfetto. “Fammi una spagnola,” ordinò Luca, sedendosi accanto. Isa strinse le tette intorno al cazzo di Luca, muovendole su e giù, la pelle morbida che lo avvolgeva. “Cazzo, sì, continua,” gemette Luca, la punta del cazzo che ogni tanto le sfiorava le labbra. Lei leccava, succhiava, mentre Marco si inginocchiava tra le sue gambe, la lingua che scivolava sulla sua fica. “Sei fradicia,” grugnì, e Isa si inarcò, gemendo: “Cazzo, non ti fermare.” Io accelerai, il pizzo che mi bruciava la pelle, il desiderio che mi soffocava. Immaginavo il suo sapore, il suo calore, e il senso di colpa si mescolava all’eccitazione, rendendo tutto più intenso.
Dopo un po’, Marco si alzò, il cazzo pronto. “Ti scopo,” disse, e la penetrò, un colpo secco che la fece urlare. “Sì, cazzo, scopami la fica,” gemette Isa, spalancando le gambe. Luca, ancora eccitato, si spostò dietro. “Voglio il tuo culo,” disse, sputando sulla mano per lubrificare. Isa esitò, ma solo per un istante. “Fallo,” sussurrò, e Luca spinse, lento, entrando nel suo culo stretto. “Cazzo, è stretto,” grugnì, mentre Isa urlava, un misto di dolore e piacere. Io trattenni il fiato, il cazzo che pulsava nelle mutandine. Era iniziata la doppia penetrazione, i due che la riempivano, i loro colpi che si sincronizzavano. “Riempitemi,” urlò Isa, e i gemiti si fecero più forti, più disperati.
Il ritmo aumentava, Marco che la sbatteva nella fica, Luca che le scopava il culo. Isa si aggrappava al divano, il seno che ballava, il viso contorto dal piacere. “Sto venendo,” gridò, e il primo orgasmo la colpì come un’onda. Il suo corpo tremò, le cosce che stringevano Marco, il culo che si contraeva su Luca. Un grido animalesco le uscì dalla gola, il respiro rotto, mentre i due continuavano a scoparla, senza darle tregua. Io venni, sborrando nelle mutandine, il pizzo zuppo, ma continuai a segarmi, incapace di smettere. Il profumo di Isa, i suoi gemiti, il suo abbandono – era troppo. Mi sentivo sporco, sbagliato, ma il desiderio era più forte, un fuoco che mi consumava. Sapevo che non era finita, che stavano appena iniziando.
Il buio del corridoio era il mio mondo, un nascondiglio dove potevo essere tutto e niente. La porta socchiusa della camera di Isa mi dava una vista perfetta sul letto, con lo specchio che rifletteva ogni dettaglio come un film a luci rosse. Le mutandine di pizzo nero, zuppe della mia sborra, erano ancora avvolte intorno al mio cazzo, il loro odore muschiato che mi teneva incollato a lei, a quel profumo di desiderio e peccato che era Isa. Ogni gemito che usciva dalla sua bocca era un colpo al cuore, un misto di eccitazione e vergogna che mi squarciava. Non riuscivo a smettere di segarmi, il pizzo che mi graffiava la pelle, il mio respiro corto che si mescolava ai suoi ansiti. Isa era lì, nuda, piena, persa in un piacere che io potevo solo guardare, e ogni secondo mi trascinava più a fondo nel mio inferno personale.
Sul letto, Marco e Luca la stavano riempiendo, i loro cazzi che la scopavano in sincronia: Marco nella fica, Luca nel culo. La doppia penetrazione era brutale, i loro colpi che facevano tremare il materasso, i gemiti di Isa che si trasformavano in urla. “Cazzo, sì, riempitemi,” gridava, le mani che si aggrappavano alle lenzuola, il seno che ballava a ogni spinta. Marco le teneva i fianchi, sbattendola con una furia che la faceva inarcare, mentre Luca, dietro, le scopava il culo con colpi lenti ma profondi. “È stretto, cazzo,” grugnì, sputando di nuovo per lubrificare, e Isa gemette, un suono roco che mi fece pulsare il cazzo. Io accelerai, il pizzo delle mutandine che mi bruciava, immaginando il suo calore, il suo corpo che si arrendeva. Era sbagliata, sporca, ma non potevo smettere. Ogni suo grido era una coltellata, un promemoria di quanto la desiderassi, di quanto fossi intrappolato.
Isa iniziò a tremare, il corpo teso come una corda. “Sto venendo,” urlò, e il secondo orgasmo la colpì con una forza che sembrava spezzarla. Le cosce si strinsero intorno a Marco, il culo che si contraeva su Luca, un grido animalesco che riempì la stanza. Il suo seno ondeggiava, i capezzoli duri, il viso contorto in un misto di piacere e abbandono. “Cazzo, sì!” gemette, mentre i due continuavano a scoparla, senza darle tregua. Io venni di nuovo, sborrando nelle mutandine, il pizzo ormai fradicio, ma non mi fermai. Il profumo di Isa, dolce e salato, mi teneva inchiodato, e il senso di colpa si mescolava all’eccitazione, rendendo ogni colpo della mia mano più intenso. Immaginavo di essere io dentro di lei, di sentire il suo calore, ma la realtà era più forte, perché era vera, proibita, e mia.
Marco rallentò, tirandosi fuori con un sorriso. “Cambiamo,” disse, e Luca annuì, il cazzo ancora duro. Fecero girare Isa, mettendola a carponi sul letto. Luca si posizionò dietro, sputando sul cazzo prima di spingerlo di nuovo nel suo culo. “Ti inculo ancora,” grugnì, e Isa urlò, un misto di dolore e piacere, mentre lui la penetrava, lento all’inizio, poi più veloce. “Fammi una spagnola,” disse Marco, inginocchiandosi davanti a lei. Isa, con il culo pieno, strinse il seno intorno al cazzo di Marco, muovendole su e giù, la pelle morbida che lo avvolgeva come un guanto. “Cazzo, sì, così,” gemette Marco, la punta del cazzo che le sfiorava le labbra. Lei leccava, succhiava, la lingua che scivolava sulla cappella, mentre Luca la sbatteva nel culo, ogni colpo che la faceva gemere. “Scopami forte,” ansimò, e Luca obbedì, il letto che scricchiolava sotto la loro furia.
Io mi segavo, il pizzo delle mutandine che mi graffiava, il profumo di Isa che mi mandava fuori di testa. Ogni movimento delle sue tette, ogni gemito che le usciva dalla bocca, era un’immagine che mi bruciava dentro. Immaginavo di essere Marco, di sentire il suo seno intorno al mio cazzo, ma poi vedevo Luca, il suo cazzo che spariva nel culo di Isa, e il desiderio si trasformava in qualcosa di più oscuro, più disperato. Ero sporco, sbagliato, ma non potevo smettere. Venni di nuovo, sborrando sul pizzo, il respiro rotto, ma continuai, il cazzo ancora duro, il cuore che mi esplodeva. Isa era mia, anche se solo così, nascosta nell’ombra.
Dopo un po’, cambiarono di nuovo. Marco la fece sdraiare sulla schiena, spalancandole le gambe. “Ti scopo la fica,” disse, e la penetrò, un colpo profondo che la fece urlare. “Sì, cazzo, dammelo,” gemette Isa, le mani che si aggrappavano alle sue spalle. Luca si inginocchiò accanto, il cazzo puntato verso la sua faccia. “Lecca,” ordinò, e Isa, tra un gemito e l’altro, gli leccò le palle, la lingua che scivolava sulla pelle tesa, succhiando piano. “Cazzo, sei perfetta,” grugnì Luca, masturbandosi mentre lei lo lavorava. Marco la sbatteva con furia, ogni colpo che faceva tremare il letto, i gemiti di Isa che si mescolavano ai loro ansiti. “Sto venendo,” urlò, e il terzo orgasmo la travolse, più intenso degli altri. Il suo corpo si inarcò, le cosce che tremavano, un grido roco che sembrava strapparle l’anima. “Cazzo, sto sborrando!” gemette, collassando sul letto, il respiro spezzato.
Io ero al limite, il pizzo delle mutandine zuppo, il profumo di Isa che mi soffocava. Ogni suo orgasmo era un colpo, un promemoria di quanto la desiderassi, di quanto fossi intrappolato in quel gioco. Marco non rallentò. “Ti sborro nella fica,” grugnì, scopandola con una furia che sembrava infinita. “Riempimi,” urlò Isa, e lui venne, fiotti caldi che la riempirono, facendola gemere ancora. Luca, masturbandosi sopra di lei, si sporse. “Apri la bocca,” disse, e Isa obbedì, la lingua fuori. Lui sborrò, schizzi che le colarono sulle labbra, sul mento, che lei ingoiò con avidità, un ultimo gemito che le sfuggì. Io venni per l’ennesima volta, sborrando nelle mutandine, il corpo che tremava, il desiderio che mi consumava. Era troppo, troppo intenso, troppo sbagliato, ma non potevo smettere.
Il silenzio che seguì fu come un respiro trattenuto troppo a lungo. Sul letto, Isa era sdraiata, il corpo ancora tremante, la pelle lucida di sudore. Il seno, tondo e sodo, si alzava e abbassava con ogni respiro, e il rossetto rosso era sbavato, un segno del caos che aveva appena vissuto. Marco e Luca si stavano rivestendo, i loro sorrisi soddisfatti che brillavano nella penombra. Io, nascosto nel corridoio, avevo le mutandine di Isa ancora in mano, il pizzo fradicio della mia sborra, il loro odore muschiato che mi teneva legato a lei. Il mio cuore batteva forte, il desiderio che bruciava ancora, ma ora c’era qualcos’altro: un senso di vuoto, come se avessi toccato un confine che non potevo più ignorare.
Isa si alzò, infilandosi una vestaglia di seta che le scivolava sul corpo come una carezza. “Siete stati… intensi,” disse, con un sorriso che era metà seduzione, metà sfida. Marco rise, abbottonandosi la camicia. “Tu sei una bomba, Isa,” disse, e Luca annuì, avvicinandosi a lei. “Sai, dovresti venire con noi in un club privé che conosco,” propose, la voce bassa, carica di promesse. “Un posto discreto, a pochi chilometri da Bari. Stanze private, luci soffuse, gente che sa come divertirsi. Ti piacerebbe.” Isa lo guardò, gli occhi che brillavano di curiosità. “Forse,” disse, e quella parola mi fece tremare. Era un’apertura, un passo verso qualcosa di più grande, più pericoloso.
Tornai in camera mia, le mutandine macchiate nascoste sotto il cuscino. Quando rientrai in salotto, fingendo di essere stato al telefono, Isa era seduta sul divano, la vestaglia che lasciava intravedere il seno, il viso arrossato ma composto. Marco e Luca stavano andando via, le loro risate che echeggiavano nel corridoio. “Ci vediamo, Andre’,” disse Marco, con un occhiolino che mi fece ribollire il sangue. Io annuii, incapace di guardarlo negli occhi. Ma dentro di me, tutto bruciava. Avevo visto Isa arrendersi, il suo corpo pieno di due cazzi, i suoi gemiti che mi trafiggevano. Le mutandine, il loro odore, erano state una porta verso di lei, un modo per toccarla senza sfiorarla. Ma ora? Ora vedevo il cambiamento. Isa non era più solo la madre sola, vulnerabile. Era una donna che desiderava, che cercava, che si lasciava andare. E io ero intrappolato, eccitato e spaventato, incapace di smettere di guardarla. Sapevo che il club privé sarebbe stato il prossimo passo, che l’avrei vista con altri uomini, altri cazzi, altri gemiti. E io sarei stato lì, nell’ombra, con le sue mutandine in mano, a desiderarla fino a distruggermi.
[Racconto di fantasia da un racconto di un utente di A69]
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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