tradimenti
Clara ed il ragazzo senegalese


18.06.2025 |
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"Appoggiò il cazzo sul suo culo, ancora lubrificato dal gel e dalla mia sborra..."
La luce soffusa del nostro loft in Brera accendeva riflessi caldi sul parquet lucido, mescolandosi al profumo di lavanda che si diffondeva dal diffusore acceso da Clara. Era una sera di inizio giugno, l’aria tiepida di Milano scivolava dalla finestra socchiusa, portando il brusio lontano della città. Sopra casa nostra, nel bilocale di 60 metri quadri che avevamo affittato, viveva Sani, un ragazzo senegalese alto, con spalle larghe e una pelle scurissima che sembrava catturare ogni raggio di luce. Lo avevamo invitato per un drink, ufficialmente per definire i dettagli dell’affitto, ma il luccichio negli occhi di Clara suggeriva altro.Clara indossava un négligé nero trasparente, un velo che aderiva al suo corpo come una carezza, lasciando intravedere i capezzoli turgidi e la curva della sua fica. Non portava intimo, e ogni suo movimento faceva ondeggiare i seni liberi sotto il tessuto, un invito silenzioso. Gli zoccoletti con tacco a spillo ticchettavano sul parquet, un suono ritmico che mi faceva già battere il cuore. Quando il campanello suonò, lei mi lanciò un sorriso malizioso e sparì in bagno. “Fai finta che sia sotto la doccia,” sussurrò, chiudendo la porta.
Aprii e trovai Sani, in una camicia bianca aderente che scolpiva il suo torace e pantaloncini sportivi grigi che non nascondevano nulla. Il rigonfiamento evidente sotto il tessuto tradiva la sua virilità, un segno che mi fece deglutire. “Signore, buonasera,” disse, la voce profonda, l’italiano incerto ma cordiale. Essendo musulmano, non faceva apprezzamenti verbali sulle donne, ma i suoi occhi scuri, intensi, parlavano per lui. Gli strinsi la mano, la sua stretta calda, il profumo muschiato del suo dopobarba che riempiva l’aria.
Ci sedemmo sul divano, il suono del vino rosso che versavo nei bicchieri mescolato al ticchettio dell’orologio. Parlammo dell’affitto, delle spese, del quartiere. Sani, con un sorriso tranquillo, disse: “Signore, se pago tardi… un modo si trova, sì?” Il suo sguardo, fermo e sicuro, lasciò intendere che sapeva come saldare i debiti. Annuii, un brivido di eccitazione che mi correva lungo la schiena.
Poi Clara apparve, una visione. Uscì dal bagno, i capelli umidi sulle spalle, il négligé che scivolava sul suo corpo, i seni che si muovevano liberi, i capezzoli che premevano contro il tessuto. Ogni passo faceva oscillare le sue curve, e l’assenza di intimo era sfacciata, la sua fica appena accennata sotto il velo. Un profumo caldo, muschiato, di desiderio si diffuse nella stanza, un odore che sembrava urlare la sua eccitazione. Sani la fissò, il respiro che si fermava per un istante, il rigonfiamento nei pantaloncini che si fece più pronunciato. Non disse nulla, ma i suoi occhi, socchiusi, brillavano di un desiderio trattenuto. “Signora,” mormorò, un cenno rispettoso ma carico di tensione. Clara sorrise, sedendosi accanto a me, le cosce che sfioravano le mie, l’aria che si caricava di elettricità.
Sani, il nostro inquilino senegalese, era seduto di fronte a noi, il torace scolpito dalla camicia bianca aderente, i pantaloncini sportivi grigi che non nascondevano il rigonfiamento evidente della sua virilità. I suoi occhi scuri, intensi, si posavano su Clara con un desiderio trattenuto, ma il suo rispetto musulmano gli impediva parole esplicite. “Signore, signora,” disse con il suo italiano incerto, la voce profonda che vibrava nella stanza. Avevamo appena finito di parlare dell’affitto, il suo accenno a “trovare un modo” per saldare eventuali ritardi ancora sospeso nell’aria, un sottinteso che mi faceva accelerare il battito.
Clara era accanto a me, il négligé nero trasparente che aderiva al suo corpo, i seni liberi che si muovevano a ogni respiro, i capezzoli turgidi visibili sotto il tessuto sottile. Non portava intimo, e la sua fica depilata era appena accennata, un invito sfacciato. Gli zoccoletti con tacco a spillo ticchettavano quando spostava le gambe, un suono che riempiva il silenzio. Feci scivolare una mano sulla sua coscia, accarezzandola piano, la pelle calda e morbida sotto le mie dita. Risalii lentamente, fermandomi appena prima di rivelare la sua fica, il négligé che si sollevava quel tanto da lasciare intravedere la sua pelle liscia e invitante. Clara sospirò, un suono basso e sensuale, e aprì appena le gambe, il profumo caldo e muschiato del suo desiderio che si diffondeva nella stanza.
Mi chinai su di lei, sfiorandole il seno con le labbra attraverso il négligé. Il tessuto era così sottile che sentivo i suoi capezzoli indurirsi sotto il mio bacio delicato, un fremito che le attraversò il corpo. “Fulvio…” mormorò, la voce carica di eccitazione. “Sani, vuoi toccarle le cosce?” chiesi, la voce roca, gli occhi fissi su di lui. Sani esitò, il suo sguardo che passava da me a Clara, come se temesse di sbagliare. “Signore…” iniziò, ma Clara, con un sorriso malizioso, aprì di più le gambe, esponendo la sua fica bagnata e lucida sotto il négligé. Il suo odore, intenso e voglioso, saturava l’aria, un richiamo irresistibile. Sani si avvicinò, la sua mano grande e scura che si posava sulla coscia di Clara, muovendosi lenta, esitante. Le sue dita sfiorarono la pelle, risalendo fino a sfiorare le labbra della sua fica, umida e pronta. Clara emise un sospiro profondo, eccitato, il corpo che si inarcava sotto quel tocco. “Sani…” sussurrò, la voce un misto di piacere e sfida.
Sani mi guardò di nuovo, gli occhi pieni di una domanda silenziosa, le sue mani che quasi si fermavano. “Va bene, Sani,” lo rassicurai, il cuore che mi batteva forte. Clara, però, non aveva pazienza. Con un gesto audace, allungò la mano verso il rigonfiamento nei pantaloncini di Sani, sfiorandolo con le dita. “Cazzo, Sani…” mormorò, gli occhi che brillavano di lussuria. Gli abbassò i pantaloncini, rivelando un cazzo nero, lungo 22 centimetri, largo, duro come pietra, con vene pulsanti. Era enorme, un palo che sembrava irreale. Clara non perse tempo: si inginocchiò davanti a lui, lì nel salotto, e lo prese in bocca, leccandolo con avidità. La sua lingua scivolò lungo l’asta, fino alle palle, esplorando ogni centimetro con devozione, i suoni umidi che riempivano la stanza. Sani emise un gemito basso, il suo profumo maschile, muschiato e intenso, che si mescolava a quello di Clara.
Poi, tenendo quel cazzo enorme in mano come un trofeo, Clara si alzò, il négligé che scivolava appena, e con un sorriso malizioso lo guidò verso la camera da letto. “Vieni, Sani,” disse, i tacchi che ticchettavano sul parquet mentre lo trascinava verso il letto king-size. Il profumo di lei, caldo e voglioso, si intensificava a ogni passo. Si sdraiò sul letto, le gambe aperte, la fica lucida di eccitazione che brillava sotto la luce soffusa. Sani si posizionò tra le sue cosce, il cazzo che sfiorava le sue labbra. “Ti metto incinta, signora,” disse con un ghigno prendendola a pelle, la voce spezzata, e con un colpo deciso la penetrò. Clara urlò, il corpo che si inarcava, i succhi che colavano sul lenzuolo. Sani affondava con ritmo per minuti, ogni spinta che faceva tremare il letto, il suono bagnato dei loro corpi che sbattevano insieme, osceno e incalzante. Clara gemeva, le mani che stringevano le lenzuola, il piacere che le montava dentro. Quando Sani venne, scaricando una quantità enorme di sborra calda nella sua fica, Clara esplose in un orgasmo devastante, il primo della serata. Il suo corpo tremava, i succhi misti alla sborra che colavano sulle cosce, un urlo gutturale che le sfuggì dalla gola. “Cazzo, sì, sono una porca!” gridò, la voce rotta dal piacere.
Si chinò subito dopo, prendendo il cazzo di Sani in bocca, leccandolo con avidità, pulendo ogni traccia dei suoi succhi e della sborra. “Guardami, Fulvio, sono tutta sporca, una troia schifosa,” mormorò, ridendo, il viso lucido di eccitazione. Io mi slacciai i pantaloni, il cazzo duro, e iniziai a segarmi, ipnotizzato dalla scena, il cuore che mi esplodeva nel petto.
Clara mi guardò, gli occhi pieni di lussuria. “Fulvio, vieni qui,” ansimò, la voce spezzata dal piacere mentre Sani continuava a scoparla, le sue mani grandi che le stringevano i fianchi con forza. Il letto king-size cigolava sotto i loro movimenti, un ritmo selvaggio che riempiva la stanza di suoni osceni: il suono bagnato della sua fica che accoglieva ogni spinta, il respiro affannoso di Clara, il ticchettio dei suoi zoccoletti con tacco a spillo che pendevano ancora dai piedi. Mi avvicinai, il cazzo duro che pulsava nei pantaloni, il cuore che mi martellava nel petto. Clara mi afferrò per la camicia, tirandomi verso di lei, e con un gesto deciso mi guidò verso i suoi seni. “Toccamele,” ordinò, la voce un misto di comando e supplica. Le sue tette, sode e perfette, si muovevano sotto il négligé trasparente, i capezzoli turgidi che premevano contro il tessuto. Le strizzai con forza, pizzicandole i capezzoli, sentendo il suo corpo fremere sotto le mie dita. “Cazzo, Fulvio, sì!” gemette, inarcando la schiena mentre Sani affondava nella sua fica, ogni colpo che la faceva sobbalzare.
Il profumo di Clara, caldo e muschiato, saturava l’aria, mescolandosi al sentore maschile di Sani, un odore intenso di sudore e desiderio che mi mandava fuori di testa. Sani mi lanciava occhiate, il suo sguardo scuro che cercava la mia approvazione, come se volesse assicurarsi di non oltrepassare un confine. “Signore…” mormorò, l’italiano incerto, ma il suo cazzo, lungo 22 centimetri e duro come pietra, non lasciava dubbi sulla sua eccitazione. Clara, però, non aveva intenzione di rallentare. “Vi voglio entrambi,” disse, la voce roca, gli occhi che brillavano di una fame insaziabile. “Voglio sentirvi tutti e due dentro di me.”
Sani si sdraiò sul letto, il suo corpo possente che occupava lo spazio, il cazzo eretto come un palo nero che sfidava ogni immaginazione. Clara si alzò, il négligé che scivolava a terra, lasciandola nuda tranne per i tacchi. Con un movimento fluido, si impalò su di lui, la sua fica che accoglieva quel cazzo enorme con un suono bagnato, un gemito lungo e gutturale che le sfuggì dalle labbra. “Cazzo, Sani, sei enorme,” ansimò, iniziando a muoversi su e giù, le sue cosce che tremavano a ogni affondo. Il letto cigolava, i loro corpi che sbattevano insieme, il profumo della sua eccitazione che si intensificava, un odore caldo e voglioso che riempiva la stanza.
Io presi il gel dal comodino, il tubetto freddo tra le mani. Ne spalmai una generosa quantità sul mio cazzo, poi sulle dita, e mi posizionai dietro Clara. “Piano, Fulvio,” sussurrò, ma la sua voce tradiva un’eccitazione che sovrastava ogni timore. Con due dita, iniziai ad allenarle il culo, spingendo lentamente, sentendo la sua carne cedere sotto il mio tocco. Era stretta, ma il gel rendeva tutto più fluido, e Clara gemeva, un misto di dolore e piacere che le faceva inarcare la schiena. “Cazzo, mi state aprendo,” mormorò, il corpo che tremava mentre Sani continuava a scoparla nella fica, ogni spinta che la faceva sobbalzare. Infilai un dito, poi un altro, muovendoli piano, preparandola. Lei sospirava, i gemiti che si mescolavano al suono ritmico del letto e al respiro pesante di Sani.
Quando sentii che era pronta, appoggiai il cazzo sul suo buco. “Fulvio, fallo,” ansimò Clara, la voce spezzata. Entrai lentamente, il suo culo che mi avvolgeva, stretto e caldo, un calore che mi fece quasi svenire. Clara era dilatata, un misto di dolore e piacere sul suo viso. “Cazzo, mi fate a pezzi!” gridò, ma il suo corpo si muoveva contro di noi, assecondando i nostri ritmi. Sani sotto, io dietro, trovammo un ritmo scoordinato ma perfetto, i nostri cazzi che la riempivano completamente. Clara urlava, i suoi gemiti che si trasformavano in un lamento continuo, il secondo orgasmo che la travolse come un’onda. Il suo corpo tremava, i succhi che colavano dalla sua fica, mescolandosi alla sborra di Sani che già la riempiva. “Cazzo, sì, sono una porca!” gridò, la voce rotta, mentre uno schizzo caldo bagnava le cosce di Sani e le lenzuola.
Venimmo quasi nello stesso momento, io nel suo culo, Sani nella sua fica. Le nostre sborre si mescolavano dentro di lei, colando fuori in rivoli caldi che le scorrevano lungo le cosce. Clara si accasciò su Sani, il respiro corto, il corpo lucido di sudore. “Guardatemi, sono tutta sporca di sborra,” mormorò, ridendo, la voce carica di eccitazione. Si chinò, prendendo prima il cazzo di Sani in bocca, leccandolo con devozione, pulendo ogni traccia dei suoi succhi e della sborra. “Sono una troia,” disse, leccandosi le labbra, poi si voltò verso di me, prendendo il mio cazzo in bocca, la lingua che scivolava lungo l’asta, pulendo anche me. “Mi piace essere così porca,” aggiunse, gli occhi che brillavano di piacere. Andai in cucina a prendere una bevanda fresca per tutti. Quando tornai vidi Sani ancora eccitato che si segava guardano i buchi sfondati di mia moglie. Clara lo provocò dopo aver bevuto stuzzicandolo con il piede.
Sani, nuovamente eccitato, la girò a pecorina senza darle tregua. Appoggiò il cazzo sul suo culo, ancora lubrificato dal gel e dalla mia sborra. “Signora…” mormorò, cercando il mio sguardo. Annuii, e lui la inculò con un colpo deciso, il suo cazzo enorme che spariva dentro di lei. Clara sobbalzò, il terzo orgasmo che la colpì come un fulmine. “Cazzo, sì!” urlò, il corpo che tremava, i succhi che colavano dalle sue cosce, un altro schizzo che bagnava le lenzuola. Il suono dei loro corpi che sbattevano insieme era assordante, mescolato al profumo di sudore, sborra e desiderio che saturava la stanza. Sani pompava con forza, le sue mani che stringevano i fianchi di Clara, lasciandole segni rossi sulla pelle. Lei si abbandonava, la testa che ciondolava, i capelli umidi che le cadevano sul viso.
Quando Sani si tirò fuori dopo aver sborrato, Clara si voltò immediatamente, prendendo il suo cazzo in bocca. Lo leccò con passione, dalla punta alle palle, pulendo ogni traccia dei suoi succhi e della sborra. “Cazzo, Fulvio, guardami, sono una troia,” disse, ridendo, il viso lucido di sudore e sborra. Io mi segavo, ipnotizzato, il cazzo duro come pietra. Clara mi guardò, un sorriso malizioso. “Vieni qui,” disse, e mi tirò verso di lei. Mi sdraiai accanto a lei, e Sani, senza bisogno di parole, si posizionò di nuovo tra le sue gambe. La sua lingua trovò la fica di Clara, leccandola con una maestria che la fece gemere subito. Io mi misi sopra di lei, il cazzo vicino alla sua bocca. Clara lo prese, succhiando con una foga che non le avevo mai visto, e leccando le mie palle, la lingua che scivolava lungo l’asta, i suoni umidi che si mescolavano ai gemiti.
Sani leccava, succhiava, e Clara esplose in un quarto orgasmo, un getto caldo che schizzò sul viso di Sani, bagnandolo. “Cazzo, sì, sono una porca!” urlò, il corpo scosso da spasmi. Io non resistetti: le sborrai sulle tette, il liquido caldo che colava sui capezzoli, scivolando sulla sua pelle. Clara rise, leccandosi le labbra. “Guardami, Fulvio, sono tutta sporca di sborra, una troia,” disse, e si chinò per pulirmi il cazzo con la bocca, la lingua che lavorava con devozione. “Mi piace sentirmi così,” mormorò, la voce spezzata dal piacere.
Sani, ancora duro, la guardava con occhi che bruciavano. Clara, sdraiata a gambe aperte, il corpo lucido, lo invitò con un gesto. “Sani, montami,” disse, la voce un ordine. Lui la penetrò di nuovo nella fica, il suono bagnato che riempiva la stanza, il ritmo selvaggio che faceva tremare il letto. Io mi avvicinai, strizzandole le tette, pizzicandole i capezzoli. Clara raggiunse il quinto orgasmo, urlando, mentre Sani le scaricava dentro un’altra dose di sborra calda. “Ti metto incinta, signora,” ringhiò, e lei gemette, il corpo scosso da spasmi. Si chinò subito dopo, leccando il cazzo di Sani, pulendolo con passione. “Sono una troia, Fulvio, guardami,” disse, il viso e il corpo ricoperti di sborra, un sorriso soddisfatto sulle labbra.
Comincia a segarmi sulla sua faccia, la sua bocca, socchiusa, accoglieva ogni mio movimento, la lingua che sfiorava la punta del mio cazzo mentre gemeva, ancora scossa dagli orgasmi. Sani, sdraiato accanto a lei, il suo corpo possente e scuro intrecciato al suo, la teneva per i fianchi, il cazzo ancora semi-duro che pulsava contro la sua coscia. Venni con un gemito, la sborra che le colava sulle labbra, sul mento, mescolandosi al caos di liquidi che già la ricopriva. Clara rise, leccandosi le labbra, e prese in bocca il mio cazzo, pulendolo con devozione. “Cazzo, Fulvio, sono una porca,” mormorò, la voce spezzata, gli occhi che brillavano di una soddisfazione selvaggia.
Esausti, ci accasciammo sul letto king-size, i corpi nudi intrecciati in un groviglio di pelle calda e sudata. Clara era al centro, le sue curve morbide schiacciate contro il torace scolpito di Sani e il mio corpo più snello. La sua pelle era appiccicosa, ricoperta di sborra che le colava sul viso, sulle tette, lungo le cosce, un quadro di pura trasgressione. Le lenzuola erano zuppe, un misto di succhi e sborra che emanava un odore intenso, muschiato, che saturava la stanza. Clara, con un sorriso soddisfatto, prese in mano le palle di Sani, poi le mie, accarezzandole piano, come se stesse soppesando il suo trionfo. “Vi ho svuotati tutti e due,” disse, ridendo, la voce roca ma felice, le sue dita che giocavano con noi, un gesto intimo e possessivo.
Sani si alzò, il suo corpo nudo che si stagliava nella penombra, il cazzo ancora impressionante anche a riposo. Stava per dirigersi verso il bagno, ma Clara lo afferrò per un polso, tirandolo a sé con una forza che non mi aspettavo. “Signora…” iniziò lui, l’italiano incerto, ma lei lo zittì, premendo le labbra sulle sue in un bacio profondo, appassionato, da veri amanti. Le loro lingue si intrecciarono, un suono umido che rompeva il silenzio, e Clara gli sussurrò qualcosa all’orecchio, troppo piano perché potessi sentire. Sani annuì, un lampo di desiderio nei suoi occhi scuri, poi si allontanò verso il bagno, i suoi passi pesanti sul parquet.
Clara mi guardò, sdraiata sul letto, le gambe aperte, la fica lucida e piena di sborra. “Fulvio, vieni qui,” ordinò, la voce un misto di comando e lussuria. “Leccami, puliscimi da tutta questa sborra.” Obbedii, desideroso, inginocchiandomi tra le sue cosce. La sua fica era calda, bagnata, un lago di succhi e sborra che colava sulle lenzuola. La leccai con devozione, la lingua che esplorava ogni piega, il sapore salato e intenso che mi riempiva la bocca. Clara gemeva piano, le mani nei miei capelli, spingendomi più a fondo. “Cazzo, sì, Fulvio, puliscimi,” sussurrò, il corpo che tremava sotto il mio tocco.
Quando Sani tornò, era vestito: la camicia bianca aderente, i pantaloncini grigi che nascondevano a malapena il suo rigonfiamento. Io ero ancora tra le gambe di Clara, la lingua che lavorava sulla sua fica, il suono umido dei miei movimenti che si mescolava al suo respiro pesante. Clara alzò lo sguardo, fece cenno a Sani di avvicinarsi, e lo tirò a sé per un altro bacio, lento e profondo, le labbra che si sfioravano con una passione che mi fece indurire di nuovo. “Sani, ci vediamo presto,” disse, la voce dolce ma carica di promesse. Poi mi guardò, un sorriso malizioso. “Fulvio, accompagnalo alla porta.”
Mi alzai, il viso ancora bagnato dei suoi succhi, e accompagnai Sani all’ingresso. “Signore,” disse lui, un cenno rispettoso ma con un’ombra di complicità negli occhi. Chiusi la porta e tornai in camera. Clara si era infilata sotto le lenzuola sporche, il corpo esausto accoccolato in una curva morbida, i capelli sparsi sul cuscino. Mi lavai in bagno, il getto d’acqua fredda che mi riportava alla realtà, poi tornai a letto, scivolando accanto a lei. Clara, di spalle, la voce assonnata ma felice, mormorò: “Mi sento così porca e felice, grazie amore mio.” La sua mano cercò la mia sotto le lenzuola, un gesto tenero che contrastava con la selvaggia trasgressione di poche ore prima. Mi sdraiai accanto a lei, il profumo di sborra e sudore ancora nell’aria, il cuore che batteva piano. Sapevo che non sarebbe stata l’ultima volta, e quella certezza mi fece sorridere mentre scivolavo nel sonno.
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