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La confessione di Annalisa Cap. 3


di Membro VIP di Annunci69.it Efabilandia
02.05.2025    |    670    |    0 7.8
"Si posizionò sopra di lui, i leggings che le stringevano la fica, il perizoma nero fradicio che aderiva alle grandi labbra, il clitoride che pulsava..."
L’odore di sudore e lavanda che Annalisa portava a casa dalla palestra era diventato un’ossessione, un segnale che qualcosa stava cambiando, un fuoco che mi bruciava il petto. Io sono Ferdinando, 33 anni, impiegato tranquillo, con una dipendenza dalle storie della mia giovane moglie, Annalisa, 28 anni, guida turistica che catturava ogni sguardo: snella ma formosa, alta 1,65 m, capelli castani che cadevano in onde sulle spalle, occhi verdi che scintillavano di malizia, un culo sodo che faceva girare la testa, seno pieno che tendeva ogni top, capezzoli sempre duri che imploravano attenzione. Due anni dopo la sua vacanza in Spagna, dove si era lasciata andare con Michela e uno spagnolo di nome Juan, il nostro matrimonio era un gioco di confidenze erotiche, un intreccio di gelosia e desiderio che mi consumava. Le sue storie – Marco nel ripostiglio, la sauna in Spagna – accendevano in me un piacere perverso, il cazzo che si induriva al pensiero di lei desiderata, posseduta, persa in un piacere che non mi apparteneva.
Da qualche mese, Annalisa tornava dalla palestra con un’energia diversa, un’euforia che non riusciva a nascondere. I suoi occhi verdi brillavano di una luce maliziosa, i sorrisi che mi lanciava mentre si toglieva i leggings neri, l’odore di sudore misto a un muschio che tradiva eccitazione. Raccontava di Lorenzo, il personal trainer, 35 anni, alto, muscoloso, con mani forti che la “guidavano” durante gli esercizi, uno sguardo che la faceva arrossire. “È solo professionale,” diceva, ridendo, ma il modo in cui descriveva il suo corpo scolpito, i pantaloncini che non nascondevano il cazzo grosso, mi faceva sospettare. “Ti tocca più del necessario?” chiedevo, il cazzo duro nei pantaloni, la voce che tremava di gelosia e desiderio, e lei, mordendosi il labbro, rispondeva: “Forse un po’.” La gelosia mi stringeva lo stomaco, ma l’eccitazione era più forte, un fuoco che mi consumava, un bisogno di sapere che mi divorava.
Ogni sera, quando tornava, la osservavo: i leggings che le modellavano il culo, il top sportivo rosa inzuppato di sudore, i capelli castani raccolti in una coda alta, il piercing all’ombelico che brillava sotto la luce del salotto. La immaginavo in palestra, il culo che si piegava durante gli squat, le mani di Lorenzo sui suoi fianchi, il cazzo duro che premeva contro i pantaloncini, e il mio cazzo si induriva, un misto di rabbia e lussuria che mi faceva impazzire. Le chiedevo di raccontarmi, di dirmi cosa succedeva, ma lei rideva, evasiva, lasciando cadere dettagli che alimentavano il mio sospetto: “Lorenzo dice che ho un culo perfetto per gli squat,” oppure “Mi ha fatto provare un esercizio nuovo, mi ha toccato la schiena.” Ogni parola era un’esca, un gioco che mi eccitava e mi tormentava, un nodo che mi stringeva il petto.
Quella notte, dopo un bicchiere di vino rosso, i nostri corpi nudi sul divano, il suo seno pieno contro il mio petto, la sua pelle calda che odorava di lavanda e sudore, Annalisa si lasciò andare. “Vuoi sapere cosa è successo in palestra?” sussurrò, la voce roca, gli occhi verdi che brillavano di una promessa perversa. Il mio cuore martellava, il cazzo già duro che premeva contro la sua coscia. Annuii, la gola secca, e la sua confessione mi travolse, un racconto che mi fece venire solo a sentirlo, un’esplosione di lussuria che mi consumò.
Era un giovedì sera, la palestra di Udine quasi deserta, l’odore di cloro e sudore che aleggiava nelle sale pesi, il ronzio dei tapis roulant come un sottofondo lontano. Annalisa indossava leggings neri aderenti che le stringevano il culo, un top sportivo rosa che le modellava il seno, sneakers bianche, e un perizoma nero che si intravedeva quando si piegava, il tessuto fradicio di sudore che aderiva alla sua fica depilata. Aveva appena finito un allenamento intenso, il corpo madido, i capelli castani raccolti in una coda alta, il sudore che le colava tra i seni, quando Lorenzo, il personal trainer, le propose una sessione privata di stretching nella sala yoga. “Ti aiuto a sciogliere i muscoli,” disse, il sorriso che nascondeva un’intenzione, gli occhi castani che le accarezzavano il corpo, un calore che le faceva pulsare la fica. Lorenzo, 1,80 m, muscoloso, capelli neri corti, indossava una canotta grigia che metteva in mostra le braccia definite e pantaloncini neri che non nascondevano il cazzo, grosso anche a riposo, un rigonfiamento che Annalisa non poteva ignorare.
La sala yoga era un’oasi di calma, le luci soffuse che creavano ombre morbide, una traccia di musica elettronica downtempo che pulsava piano dagli altoparlanti, l’odore di legno e incenso che si mescolava al sudore. Erano soli, la porta socchiusa, il silenzio della palestra che amplificava ogni respiro. Lorenzo la guidava negli esercizi, la voce bassa e calma, ma carica di tensione. “Fai un affondo, Annalisa,” diceva, le mani sui suoi fianchi, le dita che sfioravano il culo, un tocco che le mandava scariche elettriche lungo la schiena. Poi passarono agli squat, e la tensione esplose. “Proviamo un esercizio diverso,” disse Lorenzo, il sorriso che si allargava, un lampo di malizia negli occhi. Si sedette a terra, le gambe aperte, il cazzo che si induriva sotto i pantaloncini, visibile come una promessa. “Squat sopra di me, per lavorare sull’equilibrio,” ordinò, la voce roca, e Annalisa, rossa in viso, esitò, il cuore che martellava, ma l’eccitazione la travolse.
Si posizionò sopra di lui, i leggings che le stringevano la fica, il perizoma nero fradicio che aderiva alle grandi labbra, il clitoride che pulsava. Iniziò a scendere, lenta, i muscoli delle cosce che tremavano, e le mani di Lorenzo, ferme sui suoi fianchi, scivolarono più in basso, le dita che sfioravano l’interno delle cosce, accarezzando la fica attraverso il tessuto, un tocco che le fece sfuggire un gemito. “Cazzo, Lorenzo,” sussurrò, la voce spezzata, mentre lui, con un ghigno, premeva le dita contro il clitoride, strofinando piano, il calore che la consumava. Ogni squat era un’agonia di desiderio, la fica che sfregava contro le sue dita, il cazzo di Lorenzo che si induriva sotto i pantaloncini, il rigonfiamento che premeva contro il suo culo quando scendeva più in basso. “Brava, più giù,” ringhiava, le dita che scivolavano sotto i leggings, sfiorando il perizoma, il tessuto bagnato che tradiva la sua eccitazione. Annalisa, fradicia, gemeva, il sudore che le colava lungo la schiena, l’odore muschiato della sua fica che saturava l’aria, il clitoride che pulsava sotto le dita di Lorenzo, un piacere che montava.
“Sei bagnata, porca,” sussurrò Lorenzo, e senza preavviso si tolse i pantaloncini, il cazzo grosso che svettava, duro, lungo, con vene pulsanti, la punta bagnata di pre-sperma che brillava sotto la luce soffusa. “Continua,” ordinò, e Annalisa, persa, lasciò che le spostasse i leggings e il perizoma, il tessuto strappato che cadeva, la fica nuda che gocciolava. Riprese gli squat, il cazzo di Lorenzo che sfiorava le grandi labbra, ogni discesa un’esplosione di piacere, il calore che la riempiva. Scese più in basso, e il cazzo entrò, lento, la fica che lo avvolgeva, un gemito che le sfuggì mentre lo prendeva tutto, il cazzo che la spaccava, ogni squat un affondo profondo, la carne che sbatteva, il suono bagnato che si mescolava alla musica. “Cazzo, sì!” urlò, le cosce che tremavano, il clitoride che sfregava contro il pube di Lorenzo, il primo orgasmo che esplodeva, uno squirt violento che inzuppava il pavimento, schizzi caldi che colavano sulle cosce di Lorenzo, il suo urlo che si spezzava, il corpo che vibrava, le mani che si aggrappavano alle sue spalle.
Non si fermarono. Lorenzo, eccitato, si alzò, togliendosi la canotta, il petto scolpito che brillava di sudore, l’odore muschiato che saturava l’aria. “Tocca a me,” disse, sedendosi su una panca, il cazzo duro che pulsava, la punta lucida di pre-sperma. “Usa i piedi,” ordinò, la voce roca, e Annalisa, il cuore che martellava, si tolse le sneakers, i piedi nudi che sfioravano il cazzo. Le dita dei piedi, smaltate di rosso, accarezzavano l’asta, scivolando sulla cappella, il calore che le scottava, il pre-sperma che le bagnava la pelle. Si dedicava con passione, i piedi che lavoravano la cappella, strofinando la punta, il pre-sperma che luccicava, un filo appiccicoso che le colava tra le dita. Lorenzo gemeva, le mani che stringevano la panca, il cazzo che pulsava, il suono bagnato che echeggiava nella sala. “Cazzo, Annalisa, sei una troia,” ringhiò, e lei, eccitata, accelerava, i piedi che massaggiavano con precisione, la cappella che si gonfiava, il pre-sperma che colava, un piacere che la consumava. Contenta del luccichio del pre-sperma, si chinò, leccando il cazzo con passione, la lingua che scivolava sulla cappella, il sapore salato e muschiato che le riempiva la bocca, la gola che si allargava, il rossetto che si mescolava alla saliva, i gemiti di Lorenzo che echeggiavano, le mani nei suoi capelli che la guidavano.
Lorenzo la fece sdraiare sulla panca piana, le gambe alzate e spinte indietro, le caviglie vicino alle orecchie, la fica nuda esposta, gocciolante, il clitoride gonfio che pulsava. Entrò in lei, il cazzo che affondava fino all’utero, ogni colpo che la devastava, la fica che lo stringeva, il suono bagnato che si mescolava ai gemiti. “Cazzo, sfondami!” urlò Annalisa, le cosce che tremavano, il clitoride che pulsava sotto le sue dita, il secondo orgasmo che montava, un’esplosione da vera troia. Il cazzo di Lorenzo la spaccava, ogni affondo un colpo brutale, la fica che si contraeva, il piacere che la consumava, un’onda che non si fermava. “Cazzo, sì, vengo!” gridò, il corpo che si inarcava, uno squirt violento che schizzava sul pavimento, schizzi caldi che colavano sulla panca, il suo urlo che si spezzava, le gambe che tremavano, le unghie che graffiavano il legno, il cuore che esplodeva, un piacere che la marchiava, il godimento che la trasformava in una troia persa nel desiderio.
“Voglio il tuo culo,” ringhiò Lorenzo, lubrificando il buco stretto con il gel dalla sua borsa, l’odore chimico che si mescolava al muschio. La girò, il culo offerto, e spinse, il cazzo che la penetrava, un dolore bruciante che si trasformava in piacere, il buco che si allargava, ogni colpo che la devastava. “Cazzo, sei stretta!” urlò, le mani che le stringevano i fianchi, il cazzo che affondava, la carne che bruciava. Annalisa, persa, si toccava il clitoride, il terzo orgasmo che esplodeva, uno squirt che inzuppava il pavimento, un lago di liquido caldo che si allargava sotto di lei, il suo urlo che echeggiava, il corpo che tremava, le gambe che cedevano. Ogni penetrazione era un’agonia di piacere, il cazzo che la spaccava, il buco che si contraeva, il godimento che la consumava.
Lorenzo, al limite, la fece inginocchiare, il cazzo che pulsava, e sborrò sul suo seno, fiotti caldi che le colavano sui capezzoli, l’odore salato che saturava l’aria, schizzi che brillavano sotto la luce soffusa. “Cazzo, Annalisa,” ansimò, il corpo che tremava, la sborra che le colava sul petto, il seno pieno che brillava. Annalisa, ansimando, si toccava, spargendo la sborra sulla pelle, i gemiti che si spegnevano, il cuore che martellava, un piacere che la marchiava.
Era tornata a casa quella notte, il top rosa che odorava di sudore e sborra, i leggings strappati nascosti nella borsa, il seno ancora appiccicoso appoggiato al mio petto sul divano. “È successo solo questa volta,” disse, ma il suo sorriso tradiva il piacere, il desiderio di avermi fatto eccitare. “Annusa,” sussurrò, spingendo in basso la mia testa, il seno pieno che brillava, l’odore salato della sborra di Lorenzo che mi colpì come un pugno, poi spinse più giù affinche sentissi il sapore del cazzo di Lorenzo presente nella sua fica. “Non mi sono lavata apposta, Ferdinando,” ripeté, tenendo le cosce aperte.
Il cazzo mi esplose nei pantaloni, la gelosia che si trasformava in lussuria. La spinsi sul divano, strappandole i vestiti, il cazzo che affondava nella sua fica, ogni colpo che la faceva urlare, la carne che sbatteva, il suono bagnato che echeggiava. “Cazzo, Ferdinando, scopami!” gridò, le cosce che tremavano, il clitoride che pulsava, uno squirt che mi inzuppava, il suo urlo che si spezzava. Esplosi, sborrando nella sua fica, fiotti caldi che la riempivano, il suo orgasmo che la scuoteva, un lago di liquido che colava sul divano, i nostri gemiti che si mescolavano, un piacere che ci univa, un segreto che ci consumava.



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