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Gay & Bisex

Luca e Marisa: Atto 2


di Membro VIP di Annunci69.it Efabilandia
09.05.2025    |    724    |    1 9.7
"Bravo solo a farsi umiliare e a prendere cazzi, ” disse, buttandola lì con un tono tra il confidenziale e il provocante, osservando la reazione del ragazzo..."
Era un mercoledì mattina di metà estate, il sole che incendiava la costiera sorrentina, il mare che scintillava come un gioiello sotto la villetta di Luca e Marisa. Marisa, 50 anni, si svegliò con un’energia elettrica, il ricordo della notte con Matteo e Davide ancora vivo sulla pelle. Quel giorno aveva deciso di ravvivare la routine con un nuovo gioco, un’idea che le frullava in testa mentre sorseggiava un caffè, il profumo dei limoni che entrava dalla finestra. “Luca, devo andare in ferramenta,” disse, la voce maliziosa, mentre lui, ancora in boxer, la guardava con un sorrisetto complice. “Non fare danni, amore,” rispose, sapendo che Marisa non tornava mai a mani vuote.
Marisa si preparò con cura, scegliendo un look che urlava provocazione. Un vestitino leggero, bianco, quasi trasparente sotto la luce del sole, corto abbastanza da mostrare le cosce sode, senza reggiseno né mutandine – un dettaglio che avrebbe sfruttato. I capelli biondi sciolti, un filo di rossetto rosso, tacchi bassi ma eleganti, e un profumo di vaniglia che stordiva. Prese la macchina, una spider rossa, e guidò fino a una ferramenta appena fuori Sorrento, un posto vecchio stile con scaffali polverosi e un’aria di autenticità.
Entrò, il campanello sopra la porta che tintinnava. Dietro il bancone c’era un ragazzo, non più di 22 anni, capelli castani spettinati, occhi verdi timidi ma curiosi, una maglietta aderente che lasciava intravedere un fisico asciutto, da nuotatore. Si chiamava Antonio, come diceva la targhetta sul petto. Marisa sorrise, avvicinandosi con passo lento, il seno che ondeggiava sotto il tessuto sottile. “Ciao, tesoro, sto cercando una serratura nuova per la porta di casa,” disse, la voce morbida, piegandosi leggermente sul bancone, il vestito che scivolava appena, lasciando intravedere un capezzolo per un istante, come per sbaglio. Antonio arrossì, gli occhi che guizzavano verso il seno prima di tornare al suo viso. “S-sì, certo, che tipo di serratura?” balbettò, cercando di mantenere la compostezza.
Marisa si divertiva. Si chinò per prendere la borsa, posata a terra, il vestito che si alzava quel tanto da mostrare il culo nudo, la fica appena visibile per un secondo. “Oops,” ridacchiò, rialzandosi lentamente, godendosi lo sguardo di Antonio, che ora aveva le guance in fiamme. “Non sono molto pratica, sai, e mio marito… beh, lui è un incapace. Bravo solo a farsi umiliare e a prendere cazzi,” disse, buttandola lì con un tono tra il confidenziale e il provocante, osservando la reazione del ragazzo. Antonio deglutì, visibilmente a disagio ma intrigato, il rigonfiamento nei jeans che non sfuggì all’occhio esperto di Marisa. “Ti faccio vedere un paio di modelli,” mormorò, girandosi per prendere una scatola da uno scaffale, il respiro un po’ corto.
Marisa continuò a giocare, sfiorandogli il braccio mentre lui le spiegava le differenze tra le serrature, ridendo alle sue battute timide, lasciando che il vestito scivolasse ancora un po’ quando si piegava. Alla fine, scelse una serratura cilindrica, pagandola con un sorriso. “Sai, Antonio, io e mio marito non siamo capaci di montarla. Perché non vieni tu a casa nostra? Magari oggi pomeriggio? Ti pago il disturbo,” disse, strizzandogli l’occhio. Antonio esitò, grattandosi la nuca. “Ecco, io… non sono molto esperto. Potrei venire con mio padre, lui è più bravo con queste cose.” Marisa nascose un ghigno. Due uomini? Ancora meglio. “Perfetto, porta pure tuo padre. Vi aspetto alle 16:00,” rispose, scrivendo l’indirizzo su un biglietto, la mano che sfiorava quella di lui.
Alle 16:00, il campanello suonò. Antonio era lì, con suo padre, Giovanni, un uomo sulla quarantina, robusto, capelli brizzolati, mani callose da lavoro manuale, occhi scuri che squadrarono Marisa con un misto di curiosità e diffidenza. Indossava una tuta da lavoro, macchiata di vernice, che non nascondeva un fisico ancora tonico. Marisa li accolse in un négligé di seta nera, trasparente, i capezzoli visibili, il pube appena coperto. “Entrate, ragazzi, che caldo oggi,” disse, ventilandosi con una mano, il seno che si alzava. Luca, in salotto, indossava solo un paio di pantaloncini attillati, un sorriso sornione. “Grazie per essere venuti,” disse, porgendo due birre fredde.
Antonio e Giovanni si misero al lavoro sulla porta d’ingresso, smontando la vecchia serratura. Marisa girava per casa, come se nulla fosse, il négligé che scivolava mentre portava loro dell’acqua, chinandosi per mostrare il seno, o sedendosi sul divano con le gambe accavallate, la fica nuda che lampeggiava per un istante. Giovanni cercava di concentrarsi, ma i suoi occhi tradivano interesse. Antonio, più nervoso, continuava a sbirciare, il cazzo che si induriva nei jeans. “Non vi distraiamo, vero?” chiese Marisa, ridendo, mentre si passava una mano tra i capelli, il négligé che si apriva sul fianco.
Finito il lavoro, Giovanni pulì le mani su uno straccio. “Fatto. Funziona perfettamente,” disse, la voce roca. Marisa si avvicinò, il corpo a pochi centimetri dal suo. “Siete stati bravissimi. Perché non entrate un attimo? Vi offriamo un drink, per ringraziarvi.” Antonio esitò, ma Giovanni, con un mezzo sorriso, annuì. “Va bene, un minuto.” Entrarono nel salotto, il mare che scintillava oltre la finestra, le candele accese nonostante fosse pomeriggio, l’aria carica di tensione.
Marisa non perse tempo. Si sedette sul divano, le gambe spalancate sotto il négligé, la fica in bella vista. “Sapete, io e Luca abbiamo un matrimonio… aperto,” disse, la voce mielosa, mentre Luca si avvicinava, posandole una mano sulla coscia. “Ci piace giocare, soprattutto con uomini veri.” Giovanni inarcò un sopracciglio, il cazzo che si gonfiava nella tuta. Antonio, seduto su una poltrona, sembrava ipnotizzato. “Che genere di giochi?” chiese Giovanni, la voce bassa, già dentro il gioco.
Marisa si alzò, il négligé che cadeva a terra, il corpo nudo illuminato dalla luce del sole. “Questo genere,” disse, inginocchiandosi davanti a Giovanni, le mani che gli slacciavano la tuta, liberando un cazzo spesso, già duro, la cappella lucida. “Cazzo, sei messo bene,” mormorò, leccandolo lentamente, la lingua che scivolava lungo l’asta. Antonio guardava, il respiro corto, il cazzo che premeva nei jeans. Luca, accanto, si spogliò, il perizoma rosso che cadeva, il cazzo mezzo duro. “Vieni, ragazzo,” disse ad Antonio, “non essere timido.”
Giovanni afferrò Marisa per i capelli, spingendo il cazzo nella sua bocca, un gemito che gli sfuggiva. “Brava, troia, succhialo,” ringhiò, scopandole la gola, la saliva che colava. Antonio, spinto dall’eccitazione, si avvicinò a Luca, che si mise a quattro zampe sul tappeto. “Scopami, ragazzo, sono il tuo buco,” disse Luca, il culo in offerta. Antonio, ormai perso, si abbassò i jeans, il cazzo giovane e duro che entrava nel culo di Luca con un affondo, facendolo urlare. “Cazzo, sì, spaccalo!” gridò Luca, il piacere che lo travolgeva.
Marisa, ancora in ginocchio, succhiava Giovanni con passione, le mani che gli massaggiavano le palle. “Voglio sentirti dentro,” disse, alzandosi e sedendosi sul divano, le gambe spalancate, la fica bagnata che luccicava. Giovanni non se lo fece ripetere, il cazzo che scivolava dentro di lei, un affondo profondo che la fece gemere, “Sì, cazzo, scopami!” Ogni colpo era un’esplosione, il seno che rimbalzava, gli occhi verdi che brillavano di lussuria. Antonio, dietro, scopava Luca con furia, il culo di Luca che si apriva, i gemiti che si mescolavano al rumore del mare.
Poi cambiarono. Giovanni prese Luca, mettendolo a pecorina accanto a Marisa, il cazzo che gli devastava il culo, “Prendilo, vecchio porco,” mentre Antonio si mise sopra Marisa, il cazzo giovane che le entrava nella fica, i suoi urli che riempivano la stanza. “Cazzo, ragazzo, sei un toro!” gridava Marisa, venendo, uno squirt che inzuppava il divano. Luca, sotto Giovanni, schizzava senza toccarsi, l’umiliazione di essere usato che lo mandava in estasi.
Il finale fu un caos di corpi. Marisa e Luca, uno accanto all’altra, a pecorina sul tappeto, Giovanni che scopava il culo di Luca, Antonio che si alternava tra la fica e il culo di Marisa. “Siete due puttane,” ringhiò Giovanni, schiaffeggiandoli, la sborra che li riempiva, fiotti caldi che colavano. Antonio, più timido ma ormai travolto, sborrò nella bocca di Marisa, il sapore che la faceva gemere.
Quando tutto finì, Giovanni e Antonio si rivestirono, un po’ imbarazzati ma soddisfatti. “Grazie per il… drink,” disse Giovanni, con un ghigno. Marisa, nuda, coperta di sborra, rise. “Tornate quando volete, la serratura potrebbe rompersi ancora.” Luca, accanto, annuì, il culo che bruciava, il cuore che batteva.
Sotto la doccia, dopo che se ne furono andati, Marisa abbracciò Luca, l’acqua che lavava via il piacere. “Ti è piaciuto, amore?” chiese, mordicchiandogli l’orecchio. “Cazzo, sì,” rispose lui, sapendo che il loro gioco era appena iniziato.

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