Prime Esperienze
Martina: Hacker del desiderio


07.05.2025 |
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"“Cazzo, sei brava, ” ansima, il corpo che trema..."
Martina, 23 anni, con capelli rossi che ricciolano come fiamme sulle spalle, è una studentessa di sceneggiatura alla Scuola del Cinema di Cinecittà, Roma. Il suo corpo snello, avvolto in abiti frivoli – top di seta senza reggiseno che lasciano intravedere i capezzoli rosei, gonne corte che danzano sulle cosce – attira sguardi che lei accoglie con un sorriso malizioso. La sua tesi sui film erotici italiani degli anni ’80 e ’90 – La Chiave, La Clinica della vergogna, L’Alcova, Così fan tutte, Patrika, Malabimba – l’ha immersa in un mondo di celluloide e trasgressione, ma è stato l’incontro clandestino con Luca, nella sala proiezioni di Cinecittà, a cambiare tutto. Quella notte, il fruscio della pellicola 35mm, il calore del suo cazzo enorme che le riempiva la bocca e la fica, l’orgasmo che le colava lungo le cosce: tutto ha acceso un fuoco che non si spegne. Luca, però, è un capitolo chiuso. Il suo fascino maturo appartiene all’archivio polveroso, e Martina vuole scrivere la sua storia da sola, senza coprotagonisti che la definiscano.Una sera, mentre naviga su un forum di cinefili, scopre il Hacker Porn Film Festival (HPFF), un evento underground al Trenta Formiche, un circolo Arci in Via del Mandrione 3, Roma. Dal 26 al 30 aprile 2025, con anteprime il 9 e 16, l’HPFF promette film queer, post-porn e kinky, sfidando norme di genere e cultura con il motto “No Gender No Border”. È un mondo che sembra chiamarla: l’eros come arte, provocazione, libertà. Martina decide di partecipare, presentando un montaggio di scene dai film della sua tesi: un collage di Salieri, Brass e D’Amato, con un commento che celebra il desiderio come atto politico. Compila il modulo di pre-adesione online e acquista la tessera Arci. La sera del 26 aprile, si prepara con cura: un top di seta nera, che accarezza i suoi piccoli seni, una gonna corta di pelle che si solleva a ogni passo, e stivaletti che risuonano sul selciato romano. I capelli rossi, sciolti, sono una cascata di fuoco. Roma, con i suoi vicoli illuminati dalla luna, pulsa di possibilità. Mentre cammina verso il Trenta Formiche, sente il cuore battere: non sa cosa troverà, ma sa che sarà un viaggio senza ritorno.
Il Trenta Formiche è un bunker underground, un ex magazzino con pareti di cemento grezzo e tende di velluto rosso che dividono gli spazi. All’ingresso, Martina consegna il biglietto e si immerge nell’atmosfera: l’aria odora di incenso, sudore e champagne, e la folla è un mosaico di registi tatuati, attori queer con piercing, critici con occhiali vintage, e spettatori che sembrano usciti da un film di Pasolini. Schermi improvvisati proiettano loop di corti: corpi che si intrecciano in rituali di aghi e speculum, alieni che scopano in universi surreali, frammenti di “Porn Wonders” e “No Gender No Border”. Martina si sente a casa, come se quel caos fosse un’estensione della sua mente. La sua presentazione è in programma nella sala principale, una stanza con file di sedie pieghevoli e un grande schermo. Parla con voce sicura, il microfono che amplifica il suo tono appassionato: “Salieri, Brass, D’Amato non erano solo provocatori. Usavano l’eros per liberare, per sfidare il potere. Il desiderio è politico.” Sullo schermo, il suo montaggio alterna scene di La Chiave – una donna che si spoglia lentamente, il suo sguardo che sfida la cinepresa – a La Clinica della vergogna, con una dottoressa che seduce un paziente in un gioco di potere. Il pubblico applaude, e Martina sente un brivido: non è solo approvazione, è connessione.
Una donna si avvicina. Sofia, 32 anni, ha capelli corti tinti di blu, un piercing al sopracciglio, e un sorriso che è pura provocazione. È la regista di “Corpi Affini”, un corto in concorso che esplora l’intimità tra corpi non binari. “Hai un occhio per il desiderio,” dice Sofia, la voce bassa, quasi un sussurro. “Vieni con me, c’è una proiezione che non puoi perderti.” Martina, attirata dal suo carisma, accetta. Sofia la guida verso una sala più piccola, dove proiettano Klappe di Jürgen Brüning, un film che mescola clip della sua carriera di produttore di cinema gay e post-porn, con scene di cruising, club berlinesi e ironia politica. La sala è intima, con cuscini sparsi sul pavimento e luci al neon che tingono tutto di rosa e viola. Martina si siede accanto a Sofia, le loro ginocchia che si sfiorano. Il film inizia: un uomo in un vicolo buio, il suo respiro visibile nell’aria fredda, si avvicina a un altro uomo. Le loro mani si toccano, lente, mentre la cinepresa indugia sui dettagli – un bottone slacciato, una goccia di sudore. Poi, la scena si sposta in un club, corpi sudati che si muovono al ritmo di una techno pulsante, bocche che si cercano. Martina sente il calore crescerle dentro, i capezzoli che premono contro la seta del top, la fica che si bagna sotto la gonna. Sofia le sfiora la mano, un contatto casuale che non lo è affatto. “Ti piace?” sussurra, gli occhi fissi nei suoi. Martina sorride, il cuore che batte forte. “Mi piace l’idea di non avere regole,” risponde, la voce roca.
Dopo Klappe, Sofia presenta Martina a Leo, un performer queer di 28 anni che ha partecipato a una performance dal vivo per “No Gender No Border”. Leo ha un corpo androgino, tatuaggi che si intrecciano come poesie, e occhi che sembrano vedere oltre. “Hai mai pensato di essere parte di un film, non solo di guardarlo?” chiede, la voce morbida ma carica di sfida. Martina, con il sangue che pulsa nelle vene, sorride. “Sto iniziando a pensarlo.” Leo propone di unirsi a una “live art session” in una sala privata, un evento serale dove i partecipanti creano una scena erotica improvvisata, ispirata ai corti del festival. Sofia annuisce, il suo sguardo un invito. Martina, spinta da un desiderio che non può più contenere, accetta. La sala privata è un angolo nascosto del Trenta Formiche, con specchi alle pareti, candele che proiettano ombre danzanti, e un letto al centro coperto di seta nera. Una decina di spettatori, seduti nell’ombra, osserva in silenzio, parte del rituale. Martina, Sofia e Leo si posizionano al centro, la musica elettronica che pulsa come un battito. “Immagina una scena di ‘Corpi Affini’,” sussurra Sofia, “dove i corpi si parlano senza parole.” Martina chiude gli occhi, pensando a una sequenza di L’Alcova: una donna che si abbandona, il suo corpo che diventa un linguaggio.
Sofia si avvicina, le sue mani che sfiorano il collo di Martina, lente, come se stessero tracciando una mappa. Martina geme piano, il suono inghiottito dalla musica. Il top di seta nera scivola sotto le dita di Sofia, rivelando i seni piccoli, i capezzoli rosei che si induriscono al contatto con l’aria. Sofia li accarezza, i pollici che disegnano cerchi, e Martina si inarca, il respiro corto. Leo si inginocchia davanti a lei, le mani che risalgono lungo le cosce, sotto la gonna di pelle. “Vuoi dirigere tu?” chiede Leo, la voce un sussurro caldo. Martina, con un sorriso malizioso, risponde: “Voglio tutto.” Leo solleva la gonna, le dita che trovano il pizzo nero delle mutandine, già umide. Le sfila lentamente, lasciandole cadere sul pavimento. Martina trema, le cosce che si aprono appena, invitando il tocco. Leo le bacia l’interno della coscia, il respiro caldo che la fa rabbrividire, mentre Sofia si china, prendendo un capezzolo in bocca. La lingua di Sofia vortica, succhiando con una fame che fa gemere Martina più forte. Il pubblico è un’ombra, ma la loro presenza amplifica ogni sensazione, come se Martina fosse la protagonista di un film di Salieri.
Leo si avvicina, la lingua che sfiora la sua fica, lenta, esplorando ogni piega. Martina urla piano, le mani che si aggrappano ai capelli di Leo, il corpo che si tende. Sofia le bacia le labbra, un bacio profondo, la lingua che danza con la sua, mentre Leo accelera, la lingua che trova il clitoride, succhiandolo con una precisione che la fa tremare. Il piacere monta, un’onda che si costruisce, e Martina sente l’orgasmo avvicinarsi. “Cazzo, non fermatevi,” ansima, la voce rotta. Leo infila un dito dentro di lei, poi due, muovendoli in un ritmo che si sincronizza con la lingua. Sofia le morde il collo, sussurrando: “Vieni per noi.” L’orgasmo la travolge come un’esplosione. Martina urla, il corpo che si inarca, la fica che si contrae attorno alle dita di Leo, un’onda di piacere che le cola lungo le cosce, bagnando la seta sotto di lei. Ogni muscolo si tende, poi si scioglie, il respiro che si spezza in gemiti, il mondo ridotto al calore del suo corpo, al tocco di Sofia e Leo. Il pubblico trattiene il respiro, ma Martina non lo sente: è persa, il piacere che la squassa come una tempesta, lasciandola tremante, la pelle che brilla di sudore.
Non è sazia. Martina si inginocchia, ricambiando il piacere. Le sue mani trovano la cintura dei pantaloni di Leo, slacciandola con dita tremanti. Leo è duro, il cazzo che pulsa sotto il suo tocco, non troppo grande ma perfetto, con una cappella liscia che invita la sua lingua. Martina lo prende in bocca, lenta, la lingua che vortica sulla cappella, il gusto salato che la eccita di nuovo. Sofia si posiziona dietro di lei, le mani che le accarezzano la fica, ancora sensibile, infilando un dito dentro, poi due. Martina geme attorno al cazzo di Leo, il ritmo che si fa frenetico. Leo le stringe i capelli, il respiro corto, ma si trattiene, lasciando che sia Martina a comandare. Sofia accelera, le dita che si muovono dentro di lei, trovando il punto che la fa tremare. Un secondo orgasmo la colpisce, più rapido ma altrettanto intenso. La fica si stringe attorno alle dita di Sofia, il piacere che la fa urlare, la bocca che si stacca da Leo con un gemito. Sofia ride piano, le labbra contro il suo orecchio. “Sei un fuoco, Martina.” La performance si conclude con un ultimo abbraccio, i loro corpi intrecciati, il pubblico che applaude piano, come un rituale. Martina si sente potente, come una diva di Così fan tutte, ma con una regia tutta sua.
Sofia invita Martina al suo loft a Testaccio, un appartamento con locandine di film queer, luci al neon e un letto coperto di lenzuola di seta. Lontane dal caos del Trenta Formiche, si ritrovano sole. Sofia versa due bicchieri di prosecco, ma i loro occhi non si lasciano mai. “Hai rubato la scena stasera,” dice Sofia, posando il bicchiere e avvicinandosi. Martina sorride, il top ancora slacciato, i seni esposti. “Voglio di più,” risponde, la voce un invito. Sofia la spinge contro il muro, le labbra che trovano le sue in un bacio feroce. Le loro lingue si intrecciano, un duello di desiderio. Sofia le strappa il top, lasciandolo cadere, e si china, prendendo un capezzolo in bocca. Succhia forte, mordicchiando appena, e Martina geme, le mani che si aggrappano alle spalle di Sofia. “Cazzo, sei brava,” ansima, il corpo che trema. Sofia sorride contro la sua pelle, le mani che slacciano la gonna, lasciandola nuda tranne per gli stivaletti.
Sofia la guida sul letto, spingendola sulla schiena. Le bacia il ventre, lenta, scendendo verso la fica. Martina è già bagnata, il clitoride gonfio, e quando la lingua di Sofia lo trova, urla, le cosce che si stringono attorno alla sua testa. Sofia è implacabile, la lingua che vortica, succhia, esplora, mentre infila due dita dentro di lei, curvandole per trovare il punto giusto. Martina si inarca, il piacere che monta come una tempesta. “Sofia, mmmmh, sto venendo,” geme, la voce spezzata. L’orgasmo la squassa, un’onda che la fa urlare, la fica che si contrae attorno alle dita di Sofia, il piacere che le cola lungo le cosce, bagnando le lenzuola. Ogni muscolo si tende, il corpo che trema, il respiro che si spezza in singhiozzi di piacere, la mente vuota tranne che per l’intensità di quel momento.
Sofia non si ferma. Si solleva, togliendosi i vestiti, il corpo snello e tatuato che brilla alla luce al neon. Si posiziona sopra Martina, le loro fiche che si sfiorano, un contatto che le fa gemere entrambe. Inizia a muoversi, un ritmo lento che si fa frenetico, i loro clitoridi che si strofinano, i gemiti che si mescolano. Martina le afferra i fianchi, guidandola, il piacere che monta di nuovo. “Vieni con me,” sussurra Sofia, la voce roca. L’orgasmo le colpisce insieme, un’esplosione che le fa urlare, i corpi che tremano, il piacere che le unisce in un momento di pura connessione. Martina sente la fica di Sofia contrarsi contro la sua, il calore che si mescola, i loro succhi che si fondono, un’onda che la travolge di nuovo, lasciandola senza fiato, il corpo che si scioglie sul letto.
Esauste, si accasciano, il respiro affannoso. Sofia accarezza i capelli di Martina, un gesto tenero che contrasta con l’intensità di prima. “Vuoi lavorare con me?” chiede, la voce calma. “Un corto per l’HPFF 2026. La tua sceneggiatura, la mia regia.” Martina, ancora persa nel post-orgasmo, sorride. “Solo se possiamo rifare questo,” risponde, e Sofia ride, un suono che scalda la stanza.
Martina torna al Trenta Formiche per il resto del festival, ogni proiezione un’aggiunta al suo fuoco interiore. Guarda “Porn Wonders”, con le sue metafore surreali di alieni e corpi fluidi, e “The Rhythm of Porn”, un montaggio che pulsa come un battito. Ogni corto è un invito a ripensare il desiderio, e Martina si sente sempre più libera. Leo la contatta, invitandola a un workshop al Pianeta Sonoro, “The Joy of Clamps”, un evento collaterale dell’HPFF che esplora il pain play in modo sicuro. Curiosa, Martina partecipa. La sala è piccola, con luci soffuse e un’atmosfera di fiducia. Un facilitatore spiega come usare le mollette, e Martina si offre volontaria. Le mollette pizzicano i suoi capezzoli, un dolore acuto che si trasforma in piacere, amplificato dal tocco leggero di Leo, che le accarezza la schiena. Quando una molletta viene rimossa, il sangue che torna è un’onda di calore, e Martina geme, la fica che si bagna senza essere toccata. Un piccolo orgasmo la sorprende, un lampo di piacere che la fa ridere, il corpo che vibra di una nuova scoperta.
Tornata alla Scuola del Cinema, Martina porta con sé l’energia dell’HPFF. Le proiezioni nell’archivio sono ora un rituale: ogni pellicola di Salieri o Brass è un dialogo con il suo desiderio. Inizia a scrivere la sceneggiatura per Sofia, ispirandosi a La Clinica della vergogna ma ribaltandola: la protagonista è una donna che domina il proprio piacere, senza vergogna. La scrittura è catartica, ogni parola un pezzo di sé. La sua tesi si trasforma: non è più solo un’analisi, ma un manifesto sull’eros come ribellione, eco del motto dell’HPFF: “Il porno è politico.” Quando la presenta a un professore, riceve elogi, ma anche un avvertimento: “Attenta, Martina. L’accademia non ama chi osa troppo.” Lei sorride, gli occhi verdi che brillano. Non le importa. Il festival le ha insegnato che i confini sono fatti per essere hackerati.
Martina sa chi è: una donna che scrive il proprio desiderio, frame dopo frame. Mentre monta una pellicola di La Chiave sul proiettore, sente il ronzio familiare, un suono che è diventato la sua colonna sonora. Sorride, sapendo che il prossimo festival, il prossimo film, la prossima scena, saranno suoi.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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