tradimenti
Benedetta: Antonio ha perso le chiavi


05.05.2025 |
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"Gemevo, il mix di dolore e piacere che mi faceva girare la testa, ma poi Antonio aumentò il ritmo, scopandomi il culo con forza, le sue mani che stringevano i miei fianchi..."
Mi chiamo Benedetta, ho 28 anni, e vivo ad Avellino, una città che sembra sospesa tra il verde delle colline irpine e i segreti che si nascondono dietro le sue facciate ordinate. Sono sposata con Antonio, un commercialista di 32 anni, un uomo che ho sempre amato per la sua calma, la sua dedizione, ma che, dopo cinque anni di matrimonio, aveva smesso di accendere in me quel fuoco che un tempo ci consumava. Lavoro come receptionist in un Centro Benessere appena fuori città, un luogo che è diventato il mio rifugio, ma anche il teatro di un desiderio che non potevo più ignorare. È lì che ho conosciuto Gerardo, il mio capo, un chiropratico di 48 anni, sposato, con occhi di marmo e mani che sanno risvegliare ogni parte di me. Il nostro tradimento, consumato in una mattina di primavera, ha aperto una porta che non potevo richiudere, ma non avrei mai immaginato che quella porta avrebbe portato a una scoperta ancora più sconvolgente, non solo di me stessa, ma di Antonio e del nostro matrimonio.Era un sabato mattina di fine maggio, il centro era tranquillo, con pochi appuntamenti. Ero sola alla reception, il profumo di lavanda e sandalo che aleggiava nell’aria, quando Antonio, mio marito, entrò senza preavviso. Aveva dimenticato le chiavi di casa e, sapendo che sarei stata al lavoro, era passato a prenderle. Non lo aspettavo, e il mio cuore fece un balzo quando lo vidi varcare la soglia, con il suo solito giubbotto di pelle e un’espressione distratta. “Benedetta?” chiamò, guardandosi intorno. Non risposi subito, perché ero nella sala massaggi, lontana dalla reception, e le stanze insonorizzate del centro inghiottivano ogni suono.
Non sentendo risposta, Antonio decise di fare un giro, i suoi passi che echeggiavano nel corridoio silenzioso. Fu allora che sentì la mia voce, un gemito soffocato che proveniva da una delle stanze. Non poteva sapere cosa stesse succedendo, ma la curiosità, o forse un presentimento, lo spinse a bussare alla porta della sala massaggi. Senza aspettare risposta, la aprì.
Quello che vide lo fece congelare. Ero in ginocchio, la camicetta sbottonata, i seni nudi che ondeggiavano, il grosso cazzo di Gerardo in bocca. Succhiavo con avidità, persa nel piacere, le mani che accarezzavano la sua asta, i suoi gemiti che riempivano la stanza. Quando la porta si aprì, alzai lo sguardo e incontrai gli occhi di Antonio. Il mondo si fermò. Il mio cuore si bloccò, il respiro mi si incastrò in gola. Gerardo, altrettanto sorpreso, si immobilizzò, il suo cazzo ancora tra le mie labbra. Per un istante, nessuno si mosse. Antonio ci fissava, il volto impenetrabile, gli occhi che sembravano scavare dentro di me. Poi, senza dire una parola, chiuse la porta e uscì.
Mi alzai di scatto, il sapore di Gerardo ancora in bocca, il panico che mi travolgeva. “Antonio!” gridai, correndo verso la reception, ma era già andato via. Presi il telefono e lo chiamai, una, due, dieci volte, ma non rispose. Ogni squillo senza risposta era un coltello nel petto. Passai il resto della giornata in uno stato di angoscia, il senso di colpa che mi soffocava, ma anche una strana eccitazione, come se il pericolo di essere stata scoperta avesse acceso qualcosa di nuovo in me. Gerardo cercò di parlarmi, ma lo tenni a distanza, troppo confusa per affrontare anche lui.
Tornai a casa la sera, il volto segnato dalla vergogna, pronta a confessare tutto, a implorare perdono, a prendermi ogni colpa. Entrai in casa con il cuore pesante, trovando Antonio seduto sul divano, lo sguardo fisso sul televisore spento. “Antonio,” iniziai, la voce tremula, ma lui alzò una mano, zittendomi con un’occhiata dura che mi fece rabbrividire. Non disse nulla, e il silenzio era più pesante di qualsiasi parola.
Dopo una cena tesa, in cui a malapena ci scambiammo uno sguardo, Antonio si alzò e andò in camera da letto. Io rassettai la cucina, cercando di calmare i nervi, ma ogni piatto che lavavo era un pretesto per rimandare il confronto. Quando finalmente lo raggiunsi, lo trovai sdraiato sul letto, le braccia dietro la testa, lo sguardo fisso al soffitto. Mi sedetti accanto a lui, il cuore che batteva all’impazzata. Lo abbracciai, posando la testa sul suo petto, cercando di coccolarlo, di sciogliere quel muro di gelo. “Antonio, ti prego, parliamo,” sussurrai, accarezzandogli il viso. Ma lui restava immobile, il suo silenzio una condanna.
Disperata, feci scivolare una mano sotto il suo pigiama, trovando il suo cazzo già duro, una scoperta che mi fece sobbalzare. Lo afferrai, accarezzandolo, poi mi abbassai, prendendolo in bocca. Succhiavo con forza, sperando che il mio tocco potesse spezzare il suo muro, ma Antonio rimaneva impassibile, il suo respiro regolare, come se non sentisse nulla. Mi fermai, le lacrime agli occhi, e lo guardai. “Perdonami, amore mio,” dissi, la voce rotta. “Ho sbagliato. Se pensi che sono una troia, hai ragione. Lo sono. Perdonami, ti giuro, righerò dritto.”
Antonio mi fissò, i suoi occhi scuri che sembravano perforarmi. Poi, senza preavviso, posò una mano sulla mia testa e la spinse verso il suo cazzo, duro e pulsante. “Succhialo,” disse, la voce bassa, carica di un’intensità che non gli avevo mai sentito. Percepii quel gesto come un segno di perdono, o almeno di accettazione, e mi gettai su di lui con una passione che non avevo mai provato. Succhiavo con foga, la lingua che danzava sulla sua asta, le mani che accarezzavano le sue palle, stringendole delicatamente, come se volessi dimostrargli che ero sua, tutta sua. Gemevo, il suono soffocato dal suo cazzo, e lui mi guardava, il volto teso, ma con un fuoco negli occhi che mi faceva tremare.
Poi, con un movimento rapido, mi sollevò la testa e mi fissò. “Mi sono eccitato da morire oggi,” disse, la voce roca. “Vederti succhiare il cazzo di un altro uomo… mi ha fatto impazzire. Mi piace vedere quanto sei troia.” Le sue parole mi colpirono come un fulmine, ma non erano un’accusa. Erano un invito, una porta che si apriva su un lato di lui che non conoscevo. Mi eccitai ancora di più, il calore tra le mie gambe che diventava insopportabile.
Antonio mi afferrò per i fianchi, strappandomi i leggings e le mutandine con una forza che mi fece gemere. Mi sdraiò sul letto, sollevandomi le gambe fino a piegarle sul mio petto, le ginocchia che quasi toccavano le spalle. Ero completamente esposta, la mia fica bagnata che pulsava sotto il suo sguardo. “Guardati, puttana,” ringhiò, il suo cazzo che sfiorava l’ingresso della mia fica. “Sei una zoccola, e lo sai.” Le sue parole, crude e degradanti, mi eccitavano in un modo che non potevo spiegare. “Sì,” ansimai, “sono una zoccola. Scopami, Antonio.”
Con una spinta violenta, entrò in me, il suo cazzo che mi riempiva completamente. Gridai, il piacere e il dolore che si mescolavano, mentre lui iniziava a scoparmi con una forza selvaggia, ogni spinta un’esplosione di sensazioni. “Prendilo tutto, troia,” grugniva, le mani che stringevano le mie cosce, tenendomi aperta. Mi scopava senza sosta, il letto che scricchiolava sotto di noi, i miei seni che rimbalzavano a ogni colpo. Il piacere cresceva, un’onda che mi travolgeva, e quando sentii il suo pollice premere sul mio clitoride, persi ogni controllo. “Sto venendo!” urlai, il mio corpo che si inarcava, l’orgasmo che mi squassava mentre le mie gambe tremavano, piegate sul petto, la mia fica che si contraeva intorno al suo cazzo.
Ma Antonio non si fermò. Mi girò, mettendomi a quattro zampe, il mio culo esposto davanti a lui. “Adesso ti faccio il culo, zoccola,” disse, ma la sua voce aveva una dolcezza inaspettata, come se volesse rassicurarmi. Sputò sulla mia apertura, lubrificandola, e iniziò a spingere lentamente, il suo cazzo che entrava con una delicatezza che contrastava con la furia di prima. Gemevo, il mix di dolore e piacere che mi faceva girare la testa, ma poi Antonio aumentò il ritmo, scopandomi il culo con forza, le sue mani che stringevano i miei fianchi. “Toccati, puttana,” ordinò, e io obbedii, le mie dita che sfregavano il clitoride, il piacere che cresceva di nuovo.
“Sono una zoccola, inculami!” urlai, persa nell’estasi, il mio corpo che si muoveva contro di lui, cercando ogni spinta. “Inculami più forte!” Antonio grugnì, il suo cazzo che affondava nel mio culo, e io sentivo l’orgasmo avvicinarsi, un’onda ancora più potente. “Sto venendo!” gridai di nuovo, il mio corpo che tremava, la mia fica che pulsava mentre un secondo orgasmo mi travolgeva, un’esplosione che mi fece urlare il suo nome. In quel momento, Antonio esplose, il suo cazzo che pulsava nel mio culo, riempiendolo di sborra calda, tanta, che sembrava non finire mai. Crollammo sul letto, ansimando, i nostri corpi intrecciati, il sudore che ci univa.
Restammo in silenzio per un momento, il respiro che tornava regolare. Poi Antonio mi guardò, un sorriso che non gli avevo mai visto. “Non è la fine, Benedetta,” disse, la voce bassa. “È solo l’inizio.” E capii che quel giorno, quel tradimento, quella scoperta, avevano aperto una nuova complicità tra noi, un mondo di possibilità che ci avrebbe portato lontano, in strade che non avremmo mai immaginato.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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