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Manuela e Lucia: Ombre e Stelle


di Membro VIP di Annunci69.it Efabilandia
03.06.2025    |    476    |    1 9.2
"Lucia sentì il cuore aprirsi, come se il peso di Giulia, del passato, si fosse dissolto in quel momento, lasciando spazio a qualcosa di nuovo, di vivo..."
Lucia si svegliò con il profumo di Manuela ancora sulla pelle, un’eco di vaniglia e calore che la fece chiudere gli occhi, come per trattenere la magia della notte appena trascorsa. La luce del mattino filtrava attraverso le tende, tingendo la stanza di un grigio morbido che sembrava avvolgerla in un abbraccio. Si voltò, sperando di trovare Manuela accanto a sé, ma il divano era vuoto, la coperta di lana grigia piegata con cura sul bracciolo. Sul tavolino, un biglietto scritto a mano: “Dovevo scappare per lavoro, ma ti penso. Ti chiamo dopo? M.” Lucia sorrise, sfiorando la carta con le dita, ma un’ombra di incertezza le strinse il petto. Era stata reale, quella notte? I loro corpi intrecciati, i baci che sapevano di tè e desiderio, l’orgasmo che l’aveva fatta tremare – tutto sembrava un sogno, troppo intenso per essere vero. E se fosse stato solo un momento destinato a svanire, come ciò che aveva creduto eterno con Giulia?
Si alzò, infilandosi una felpa oversize che le scivolava su una spalla, e preparò un caffè, lasciando che il gorgoglio della moka riempisse il silenzio dell’appartamento. Mentre sorseggiava la tazza bollente, i ricordi della notte tornarono come flash: le labbra di Manuela sul suo seno, la sua lingua che esplorava ogni piega del suo desiderio, il modo in cui si erano tenute strette, come se il mondo potesse dissolversi intorno a loro. Ma con quei ricordi arrivò anche la paura. Era troppo presto? Si era lasciata andare solo per riempire il vuoto lasciato da Giulia? Lucia si sentiva come una corda tesa, pronta a spezzarsi. Desiderava Manuela con un’intensità che le toglieva il fiato, immaginava di perdersi di nuovo in lei, ma una voce dentro di lei sussurrava dubbi. Non sei pronta. Non sei abbastanza. E se ti ferisse anche lei? La rottura con Giulia, lenta e logorante, l’aveva lasciata con cicatrici invisibili, un senso di inadeguatezza che si insinuava ogni volta che pensava al futuro. Si chiese se il piacere che aveva provato con Manuela fosse solo un’illusione, un fuoco che si sarebbe spento lasciandola più sola di prima.
Il telefono vibrò, interrompendo i suoi pensieri. Un messaggio di Giulia: “Dobbiamo parlare. Posso passare oggi pomeriggio? Ho ancora delle tue cose.” Lucia sentì il cuore sprofondare. Non voleva vederla, non ora, non dopo Manuela. Ma non poteva evitare l’inevitabile. Rispose con un “Ok, alle 16”, e passò la mattina a cercare di distrarsi, pulendo l’appartamento, rileggendo il biglietto di Manuela, chiedendosi cosa significasse quel “ti penso”. Ogni tanto, si fermava, sfiorandosi le labbra, come per ritrovare il sapore di Manuela, e il desiderio si mescolava alla paura, un groviglio che non riusciva a sciogliere.
Quando Giulia bussò alla porta, Lucia si era cambiata, indossando jeans aderenti e una camicia bianca, come per proteggersi con un’armatura di normalità. Giulia era la stessa di sempre: capelli biondi raccolti in una coda alta, occhi azzurri che sembravano vedere troppo, un profumo di gelsomino che Lucia conosceva fin troppo bene. Si sedettero al tavolo della cucina, una scatola di libri, magliette e un vecchio diario tra loro. “Non voglio litigare,” disse Giulia, la voce calma ma con una nota di tensione. “Ma credo che ci siamo lasciate troppo in fretta. Forse potremmo riprovarci.” Lucia la guardò, sorpresa, ma non sentì il calore che si aspettava. Le parole di Giulia erano un’eco di un passato che non le apparteneva più. Prima che potesse rispondere, Giulia si alzò, avvicinandosi. “Ti penso ancora, sai,” sussurrò, e con un gesto improvviso le posò una mano tra le gambe, sfiorando la sua fica attraverso i jeans.
Lucia si irrigidì, il cuore che batteva forte. “No, Giulia,” disse, la voce ferma, spingendo via la sua mano. Ma Giulia non si fermò. Le afferrò il seno, stringendolo con una possessività che fece scattare qualcosa in Lucia. “Basta!” gridò, alzandosi di scatto e allontanandosi. “Non puoi farlo. Non voglio questo. Vattene.” La sua voce tremava, ma era decisa. Giulia la guardò, ferita, ma non disse nulla. Raccolse la scatola e uscì, chiudendo la porta con un tonfo che echeggiò nella stanza. Lucia si lasciò cadere sul divano, le mani che tremavano, il respiro corto. Si sentiva violata, ma anche forte, come se avesse reclamato una parte di sé che Giulia non poteva più toccare.
Quel pomeriggio, Manuela chiamò, e la sua voce fu come un balsamo. “Ti va di scappare con me domani?” chiese, l’entusiasmo che trapelava da ogni parola. “C’è un posto fuori città, un lago circondato da colline. Potremmo fare un picnic, parlare, stare insieme.” Lucia esitò, la conversazione con Giulia ancora fresca nella mente, ma il desiderio di vedere Manuela era più forte. “Sì,” disse, sorridendo. “Mi va.”
La mattina dopo, Manuela passò a prenderla con una vecchia Fiat cabrio, il tetto abbassato e una playlist di jazz che riempiva l’aria di note calde. Indossava una gonna lunga a fiori e una canottiera bianca, i capelli mossi che danzavano nel vento, un sorriso che faceva quasi male guardarlo. Lucia, in shorts di jeans e una t-shirt nera, si sentì improvvisamente leggera, come se il peso del giorno prima fosse rimasto in città. Parlarono di tutto e di niente: i libri che amavano, i viaggi che sognavano, le piccole cose che le facevano ridere. Ma c’era una tensione sottostante, un desiderio che si accendeva ogni volta che le loro mani si sfioravano o i loro sguardi si incrociavano. Lucia si chiese se Manuela sentisse la stessa paura, lo stesso bisogno di lei, o se fosse solo un gioco, un momento destinato a finire.
Arrivarono al lago nel primo pomeriggio, un specchio d’acqua circondato da colline verdi e alberi che sussurravano nel vento. Stesero una coperta su un prato isolato, lontano dai pochi turisti, e mangiarono formaggio, olive e pane fresco, bevendo vino rosso da bicchieri di plastica. “Raccontami qualcosa di te che non so,” disse Manuela, sdraiandosi sulla coperta, gli occhi fissi su Lucia. Lucia esitò, poi confessò: “Ho paura di sbagliare di nuovo. Con Giulia, credevo fosse per sempre, e ora… non so se sono pronta per questo, per noi. Ieri è venuta a casa, ha cercato di toccarmi, e io l’ho cacciata, ma mi ha fatto capire quanto sono fragile.” Manuela si avvicinò, posando una mano sul suo viso. “Non devi essere pronta, Lucia. E non sei fragile, sei viva. Possiamo andare piano, scoprire insieme cosa siamo.”
Quelle parole sciolsero qualcosa dentro Lucia. Si sporse verso Manuela, baciandola, un bacio lento, profondo, che sapeva di vino e desiderio. Si sdraiarono sulla coperta, i loro corpi che si cercavano, le mani che sollevavano maglie e accarezzavano pelle calda. Manuela si tolse la canottiera, rivelando i seni nudi, e Lucia li sfiorò con le labbra, succhiando piano, sentendo i gemiti di Manuela che la incitavano. Le loro mani esploravano, trovando bottoni, cerniere, finché non rimasero nude, i corpi illuminati dal sole che filtrava tra gli alberi. Lucia si perse nel sapore della pelle di Manuela, baciandola ovunque, dal collo ai fianchi, mentre Manuela rispondeva, le sue dita che scivolavano tra le cosce di Lucia, trovando la sua fica già bagnata.
Manuela sorrise, frugando nella borsa accanto alla coperta. “Ho una sorpresa,” disse, tirando fuori un vibratore doppio, flessibile, progettato per essere condiviso. Lucia arrossì, ma il desiderio prese il sopravvento. Manuela lo accese, un ronzio basso che si mescolava al fruscio delle foglie, e lo posò tra di loro, guidandolo con delicatezza. Lo inserirono insieme, i loro corpi che si allineavano, le fiche che si stringevano intorno al vibratore, un piacere che le fece gemere all’unisono. Si mossero, i fianchi che trovavano un ritmo, il vibratore che amplificava ogni sensazione, portandole sempre più vicino al confine. Lucia sentì l’orgasmo avvicinarsi, ma Manuela lo trattenne, rallentando, giocando con il ritmo, finché non fu Lucia a implorare, “Ti prego.” L’orgasmo la travolse, un’esplosione che le fece urlare il nome di Manuela, il corpo che tremava, scosso da spasmi che sembravano non finire mai.
Ma Manuela non aveva finito. “Voglio tutto di te,” sussurrò, la voce roca di desiderio, gli occhi che brillavano di una fame che era insieme dolce e selvaggia. Posò una mano sulla fica di Lucia, ancora pulsante, e iniziò a esplorarla con le dita, muovendosi con una lentezza deliberata, accarezzando ogni piega, ogni punto che faceva tremare Lucia. “Fidati di me,” disse, e Lucia annuì, il respiro corto, il corpo che si apriva a lei. Manuela continuò, inserendo una terza, poi una quarta dito, preparandola con una dolcezza che trasformava il dolore in piacere. “Rilassati,” sussurrò, e quando la sua mano intera scivolò dentro, un fisting lento e attento, Lucia inarcò la schiena, un gemito che era metà piacere, metà stupore. “Sono tutta tua, aprimi,” disse Lucia, abbandonandosi completamente, il corpo che si arrendeva a quell’intensità. Manuela la baciò, un bacio profondo, disperato, mentre la sua mano si muoveva dentro di lei, un ritmo che era insieme invasione e liberazione. Lucia sentì un nuovo orgasmo crescere, più profondo, più devastante, e quando esplose, fu come se il mondo si dissolvesse, il suo corpo scosso da spasmi che la lasciavano senza fiato, le gambe che tremavano, la mente persa in un piacere che sembrava infinito.
Ancora tremante, Lucia si aggrappò a Manuela, le labbra che cercavano i suoi seni, succhiando e mordendo i capezzoli duri, un gesto che era fame e devozione. Il dolore eccitò Manuela, che gemette, il corpo che rispondeva con un fremito. Si alzò, posizionandosi a cavalcioni sulla faccia di Lucia, tenendo aperta la sua fica con le mani, il clitoride che sfiorava le sue labbra. “Non fermarti,” sussurrò, e Lucia obbedì, la lingua che si insinuava dentro di lei, succhiando ogni succo, ogni traccia del suo desiderio. Manuela si muoveva, i fianchi che danzavano, il piacere che cresceva con ogni tocco. “Lucia,” urlò, la voce spezzata, “non fermarti, ti prego!” Il suo orgasmo fu un’esplosione, un abbondante squirting che si riversò nella bocca di Lucia, che bevve tutto, assaporando il sapore dolce e salato, un dono che la faceva sentire completa. Manuela continuò a tremare, i gemiti che si trasformavano in sospiri, il corpo che si abbandonava, mentre Lucia la teneva stretta, la lingua che non smetteva di accarezzarla, prolungando il piacere fino all’ultima onda.
Sdraiate sotto il cielo, il sole che calava tingendo il lago di riflessi dorati, le loro mani si intrecciarono, un gesto che era più di un contatto, un sigillo d’amore. Le dita di Lucia trovarono il capezzolo duro di Manuela, sfiorandolo con una delicatezza che accendeva scintille di piacere residuo, mentre Manuela rispondeva, le sue mani che danzavano sul seno di Lucia, tracciando cerchi intorno ai suoi capezzoli, ancora sensibili, un tocco pieno di tenerezza e promessa. Si guardarono negli occhi, i loro sorrisi che parlavano di una connessione che andava oltre il piacere, un legame che stava nascendo, fragile ma potente.Le loro mani continuavano a sfiorarsi, i capezzoli che si cercavano, un dialogo silenzioso che parlava di futuro, di possibilità. Lucia sentì il cuore aprirsi, come se il peso di Giulia, del passato, si fosse dissolto in quel momento, lasciando spazio a qualcosa di nuovo, di vivo. Sdraiata accanto a Manuela, con il cielo che si scuriva sopra di loro, si sentì, per la prima volta dopo tanto tempo, a casa, non in un luogo, ma in un sentimento, in un amore che poteva crescere, libero e autentico.



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