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Michela una vita da sottomessa Atto 10


20.06.2025 |
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"Mi si avvicina, i suoi tacchi che ticchettano sul pavimento, e mi bacia, la sua lingua che sprofonda nella mia bocca, un sapore acre e salato che riconosco subito: sperma, un cocktail di..."
Un anno è trascorso da quando sono diventata direttrice del personale, un anno in cui Daniela ha modellato il mio corpo e la mia anima, trasformandomi nella sua schiava perfetta. Ogni mattina, il rituale è un atto di devozione: infilo il plug anale da 10 cm, un mostro d’acciaio che vibra con un ronzio profondo, dilata il mio culo con un peso che mi strappa gemiti, un dolore che si intreccia a un piacere selvaggio, un battito che pulsa in sincronia con il mio cuore. Oggi entro nel mio ufficio, l’odore di carta fresca e caffè amaro che si mescola al mio muschio intimo, un aroma che urla la mia lussuria. Le pareti bianche catturano la luce del sole che filtra dalle veneziane, striature dorate che danzano sul parquet, il ticchettio dei miei tacchi da 12 cm che echeggia come un metronomo. Luciana, la mia collaboratrice e complice di Daniela, mi aspetta con un sorriso malizioso, il tubetto di crema a base di vaselina in mano, pronta a spalmarlo sul mio tatuaggio: la diavolessa nuda, un riflesso di Daniela, che si sdraia sul mio pube fino all’ombelico, la scritta “SLAVE” in nero carico che spicca, un marchio che mi rende fiera, un sigillo della mia schiavitù voluta, un trofeo che porto con orgoglio.Mi siedo sulla poltrona di pelle nera, il cuoio freddo che mi fa rabbrividire quando alzo la microgonna, una fascia di tessuto nero che copre a malapena il mio culo sodo, lasciando intravedere gli anelli d’acciaio alle grandi labbra che tintinnano a ogni movimento, il plug che vibra con un ronzio costante, un fastidio che mi dilata le chiappe e accende la mia fica. La canotta corta, scollata sotto le ascelle, è un velo di tessuto che lascia esplodere il mio seno prosperoso, i capezzoli forati che spingono contro la stoffa, gli anelli che brillano sotto la luce al neon, un’esibizione oscena che mi umilia ma mi eccita, la mia fica che gocciola al solo pensiero di essere vista. Allargo le gambe, il plug che vibra con un’intensità che mi fa gemere, un suono gutturale che sfugge dalle mie labbra, e dico a Luciana: “Sono pronta.” Lei si avvicina, i suoi occhi verdi che brillano di ammirazione e desiderio, l’odore di lavanda del suo profumo che si intreccia al mio muschio, un cocktail che mi stordisce. “Capa, sei irriconoscibile,” dice, la voce carica di stupore. “Daniela ti ha fatto diventare una troia perfetta. Il tuo culo è una caverna, la tua fica non si chiude più, è così larga, e questi anelli… e quel tatuaggio!”
Le sue dita afferrano gli anelli alle grandi labbra, tirandoli con decisione, un pizzicore acuto che mi trafigge, un dolore che si trasforma in un’onda di piacere, un gemito che mi sfugge: “A-ahhh!” Poi passa ai capezzoli, tirando gli anelli d’acciaio da 4 cm, un tormento che mi fa urlare: “Siiiiiii!” Il mio corpo trema, il plug che vibra amplifica ogni sensazione, la mia fica che schizza, un liquido caldo che cola lungo le cosce, un’umiliazione che mi devasta ma accende un fuoco dentro di me. Il tatuaggio pulsa sotto la mia pelle, la diavolessa che sembra guardarmi, un promemoria della mia Padrona, un orgoglio che mi fa gonfiare il petto. Sono una puttana sfondata, una schiava devota, e ogni anello, ogni vibrazione, ogni goccia di desiderio è un trofeo della mia trasformazione.
Un rumore improvviso alla porta ci interrompe: Daniela è lì, una visione di dominio, il suo profumo di sandalo che mi soffoca, i suoi occhi scuri che mi inchiodano. Indossa un tailleur nero che esalta le sue curve, il tessuto che fruscia a ogni movimento, un’aura che mi fa tremare. “Quando hai finito, ti aspetto nel mio ufficio,” dice, la voce decisa, un comando che mi fa pulsare. Luciana spalma la crema con rapidità, le sue dita fredde che accarezzano la diavolessa, un sollievo che calma la pelle infiammata, l’odore chimico della vaselina che si mescola al mio muschio. “La tua Padrona ti vuole,” sussurra, un sorriso complice sulle labbra. Mi alzo, il plug che vibra con un ronzio incessante, un fastidio che mi dilata il culo, la microgonna che si solleva, lasciando il tatuaggio visibile, gli anelli che tintinnano, un’orchestra di lussuria che accompagna ogni passo. Corro verso l’ufficio di Daniela, il cuore che martella, il pavimento che scricchiola sotto i tacchi, il mio corpo che pulsa di eccitazione e vergogna, fiera di essere sua, schiava del mio piacere, pronta a servire la mia Padrona.
L’ufficio di Daniela è un santuario di potere, un tempio dove la mia schiavitù si consacra ogni giorno. Le pareti di mogano luccicano sotto la luce soffusa delle lampade, riflettendo il rosso intenso delle tende che filtrano il sole, creando un’atmosfera di dominio che mi fa tremare. La scrivania imponente, di legno scuro, emana un odore di cuoio e inchiostro, un profumo che si mescola al sandalo di Daniela, un’aura che mi soffoca e mi eccita. Il plug anale da 10 cm vibra con un ronzio incessante, un peso che mi dilata il culo, un dolore che si intreccia a un piacere selvaggio, ogni vibrazione un promemoria della mia sottomissione. La microgonna nera, una fascia di tessuto che copre a malapena il mio culo sodo, si solleva a ogni passo, lasciando intravedere gli anelli d’acciaio alle grandi labbra che tintinnano, il tatuaggio “SLAVE” con la diavolessa nuda che pulsa sul pube, un marchio che mi rende fiera. La canotta corta, scollata sotto le ascelle, espone il mio seno prosperoso, i capezzoli forati che spingono contro il tessuto, gli anelli che brillano, un’esibizione oscena che mi umilia ma accende la mia fica.
Daniela è seduta sulla sua poltrona di pelle, lo stringivita nero che esalta le sue curve, una gonna corta che rivela la sua fica, l’odore di muschio che mi chiama come una sirena. “Devo urinare,” dice, la voce che vibra di comando, un ordine che mi fa pulsare. Mi infilo sotto la scrivania, il legno che scricchiola sotto le mie ginocchia, il plug che vibra, un ronzio che si mescola al battito del mio cuore. Avvicino la bocca alla sua fica, l’odore di muschio e desiderio che mi stordisce, un profumo che è il mio ossigeno. Lecco, la mia lingua che esplora ogni piega, un sapore dolce e salato che mi inebria, poi spalanco la bocca, pronta. Il suo piscio caldo mi riempie, un liquido amaro che mi brucia la gola, un’umiliazione che mi devasta. Bevo ogni goccia, il gulp che echeggia, il sapore acre che mi segna, ma la mia fica gocciola, un piacere perverso che mi consuma. Continuo a leccare, la lingua che sprofonda, e Daniela raggiunge l’orgasmo, un urlo che squarcia l’aria: “Siiiiiii!” Il suo liquido mi bagna il viso, un sapore che mi fa gemere, il mio corpo che trema, schiava del suo piacere, la mia fica che schizza, un orgasmo che mi lascia ansimante.
Un bussare improvviso mi fa sobbalzare. Alice, una stagista timida con capelli biondi e occhi azzurri, entra, il suo profumo di vaniglia che si scontra con l’odore di muschio e piscio. I suoi occhi si spalancano vedendo il mio culo sotto la scrivania, il plug che vibra, la gemma blu che lampeggia come un faro, un flash che tradisce la mia identità. Daniela, calma, chiede: “Cosa vuoi?” Alice, il viso rosso come le tende, balbetta: “Nulla,” e scappa, i suoi tacchi che ticchettano sul parquet. Daniela ride, un suono che mi trafigge: “Ti hanno riconosciuta, puttana. D’ora in poi, quando ti chiamo, ripeti quello che hai fatto oggi. Non sprecherò tempo per andare in bagno.” Il mio cuore salta, un’umiliazione che mi brucia, ma la mia fica pulsa, un orgasmo perverso che mi fa gemere: “Siiiiiii, Padrona!” Sono il suo bagno, una troia sfondata, e l’idea di essere usata così mi rende fiera, schiava del mio piacere.
Più tardi, mia sorella Sabrina, che ogni giorno mi chiama per umiliarmi, mi trascina nel suo bagno personale, un cubicolo sterile con piastrelle bianche che riflettono la luce al neon, l’odore di candeggina e sapone che mi brucia le narici. Il water è aperto, l’acqua tinta di giallo dal piscio di Sabrina, un odore acre che mi soffoca. Mi spinge in ginocchio, il freddo delle piastrelle che mi gela le gambe, e mi ordina: “Testa dentro, troia.” Obbedisco, il mio viso a pochi centimetri dall’acqua puzzolente, il piscio che mi brucia gli occhi, un degrado che mi umilia, ma la mia fica che gocciola, un piacere che mi tradisce. Sabrina mi alza la microgonna, il tessuto che fruscia, e sfila il plug, un pop umido che echeggia, un dolore che mi squarcia, il mio culo che si contrae, un vuoto che brama. Indossa uno strap-on, e ogni giorno sceglie un fallo diverso, ma oggi è il suo preferito: un fallo a forma di cazzo di cavallo, doppio e lungo, un mostro di silicone nero che brilla sotto la luce, l’odore di lattice che si mescola al piscio.
Mi incula, il fallo che mi devasta, un dolore che mi squarcia il culo, un urlo che mi strappa la gola: “Nooo, mi spacchi!” Ogni spinta è un tormento, il doppio fallo che mi dilata oltre ogni limite, le pareti del mio ano che si tendono, un fuoco che mi brucia. Ma il dolore si trasforma in piacere, un’onda selvaggia che mi travolge, la mia fica che schizza, un orgasmo che mi fa tremare: “Siiiiiii, spaccami il culo!” Sabrina accelera, il suono del lattice che sbatte contro le mie chiappe, un ritmo feroce che echeggia nel bagno, il suo respiro pesante che si mescola ai miei gemiti. La mia testa è ancora nel wc, l’odore del piscio che mi soffoca, un’umiliazione che mi devasta, ma il piacere è più forte, un’estasi che mi consuma. “Sei una vacca porca,” ringhia Sabrina, e il fallo mi porta a un altro orgasmo, un urlo che squarcia l’aria: “Vengoooo!” Il mio corpo si contorce, il sudore che mi cola lungo la schiena, il plug che vibra sul pavimento, un ronzio che accompagna i miei spasmi.
Sabrina ritira il fallo, un suono umido che echeggia, and reinfila il plug, un dolore che mi fa urlare: “Aaaah!” Il ronzio riprende, il mio culo sigillato, un peso che mi dilata, un piacere che mi tiene schiava. Mi tira fuori dal wc, il viso bagnato di piscio, l’odore che mi brucia le narici, e mi schiaffeggia, un pizzicore che mi eccita. “Torna al lavoro, puttana,” dice, e mi lascia lì, il mio corpo che pulsa, la microgonna che si alza, gli anelli che tintinnano, il tatuaggio che brilla, un orgoglio feroce che mi fa camminare a testa alta. Sono una schiava compiuta, ogni umiliazione un trofeo, ogni dolore un passo verso la mia perfezione per Daniela.
Torno al mio ufficio, l’odore di piscio che mi segue, il plug che vibra, ogni passo un’esplosione di godimento e vergogna. Luciana mi guarda, un sorriso complice, e continua a spalmare la crema sul tatuaggio, le sue dita che accarezzano la diavolessa, un sollievo che mi fa gemere. Il mio corpo è un’opera d’arte di lussuria, ogni anello, ogni buco sfondato un sigillo della mia devozione. Daniela mi aspetta, e io sono pronta, fiera di essere la sua troia, schiava del mio piacere, pronta a servire la mia Padrona in ogni modo.
Venti giorni sono passati, e oggi è il giorno in cui Giorgio ricontrollerà il mio tatuaggio, ripassandolo per renderlo ancora più vivido, un ulteriore passo nella mia presentazione in società come schiava perfetta di Daniela. Il mio corpo è un’opera d’arte di lussemia, ogni centimetro scolpito per il suo piacere, un tempio di piacere e dolore che porto con orgoglio. Indosso tacchi da 12 cm, il cuoio nero che scricchiola a ogni passo, calze nere da reggicalze allacciate allo stringivita che stringe la mia vita, una microgonna nera che è poco più di una fascia di tessuto, lasciando intravedere gli anelli d’acciaio alle grandi labbra che tintinnano e il plug anale da 10 cm che vibra con un ronzio incessante, un peso che mi dilata il culo, un dolore che si mescola a un piacere selvaggio. La canotta corta, scollata sotto le ascelle, espone la parte inferiore del mio seno prosperoso, i capezzoli forati che spingono contro il tessuto, gli anelli che brillano sotto la luce, il tatuaggio “SLAVE” con la diavolessa nuda che pulsa dal pube all’ombelico, un marchio che mi rende fiera, un sigillo della mia schiavitù voluta. L’odore di lavanda del mio cuscino si intreccia al mio muschio intimo, un aroma che urla la mia lussuria, il ronzio del plug che accompagna ogni movimento, ogni passo un’esplosione di godimento e vergogna.
Daniela chiama l’egiziano, il nostro autista fidato, e saliamo sul suo taxi, l’odore di sudore e benzina che mi brucia le narici, i sedili di cuoio consumati che scricchiolano sotto il mio culo nudo. Il plug vibra, un fastidio che mi dilata le chiappe, la microgonna che si solleva, gli anelli che tintinnano, il tatuaggio visibile. L’egiziano mi fissa nello specchietto, i suoi occhi scuri che brillano di desiderio, la sua mano che si tocca il pacco, un respiro pesante che echeggia nell’abitacolo. Daniela mi accarezza la coscia, le sue unghie che graffiano la pelle, un tintinnio degli anelli che mi fa gemere, la mia fica che gocciola, un liquido caldo che bagna il sedile, un’umiliazione che mi eccita, schiava del suo tocco. Il motore ruggisce, la città scorre fuori dai finestrini, palazzi grigi e luci al neon che danzano, un mondo che mi guarda e mi giudica, ma io sono fiera, una troia sfondata pronta a mostrare la mia devozione.
Arriviamo nello studio di Giorgio, un tempio di trasgressione: pareti di velluto nero che assorbono la luce soffusa, l’odore di disinfettante e cuoio che si mescola al mio muschio, una musica elettronica bassa che pulsa come il ronzio del plug. Giorgio e il suo assistente ci accolgono, i loro occhi famelici, ma c’è una novità: una donna, una puttana dal trucco pesante, rossetto rosso fuoco e ombretto blu elettrico, un vestito di lattice rosso che scricchiola a ogni movimento, l’odore di sperma e profumo scadente che mi stordisce. Mi si avvicina, i suoi tacchi che ticchettano sul pavimento, e mi bacia, la sua lingua che sprofonda nella mia bocca, un sapore acre e salato che riconosco subito: sperma, un cocktail di umiliazione che mi fa rabbrividire. La sua lingua invade, un gesto di dominio che mi sottomette, e io sento il peso della mia schiavitù, il cuore che martella, la mia fica che gocciola, un piacere perverso che mi consuma. Mi ritraggo, il viso in fiamme, il sapore dello sperma che mi brucia la gola, un’umiliazione che mi devasta, ma mi eccita, schiava del mio degrado.
La puttana mi guarda, i suoi occhi truccati che mi trafiggono, e nota il plug che vibra, la gemma blu che lampeggia tra le mie chiappe. “Guarda che buco,” sogghigna, la voce rauca, e si piega, afferrando il plug con decisione. Lo estrae, un pop umido che echeggia, un dolore acuto che mi squarcia, un urlo che mi sfugge: “Aaaah!” Il mio culo si contrae, un vuoto che brama, ma lei lo reinfila con forza, un tormento che mi fa tremare, le gambe che cedono, il ronzio che riprende. “Sei più puttana di me, troia,” dice, ridendo, un insulto che mi umilia, le lacrime che mi rigano il viso, ma la mia fica che schizza, un orgasmo che mi travolge, un gemito: “Siiiiiii!” La sua dominazione mi schiaccia, il suo trucco pesante che sembra deridermi, il lattice che scricchiola come una frusta, un’umiliazione che mi rende viva, il mio corpo che pulsa, schiava del mio piacere.
Daniela, compiaciuta, mi guarda con un sorriso sadico, il suo profumo di sandalo che mi soffoca. “Puliscila bene, puttana,” ordina, tirando fuori il telefono, la luce della videocamera che mi acceca. Giorgio alza la gonna della donna, il lattice che si solleva, rivelando un buco aperto, colante di sperma, un liquido biancastro che gocciola sul pavimento, l’odore acre che mi inonda le narici. Mi inginocchio, il freddo del pavimento che mi gela le ginocchia, e avvicino la bocca, il cuore che batte all’impazzata, un misto di vergogna e desiderio che mi consuma. Lecco, la mia lingua che pulisce ogni goccia, il sapore di sperma e muschio che mi brucia, un degrado che mi umilia, il mio stomaco che si ribella, ma la mia fica che pulsa, un piacere selvaggio che mi devasta. Ogni lappata è un atto di sottomissione, il suono umido che echeggia, il ronzio del plug che vibra, un’orchestra di lussuria che mi avvolge. La puttana geme, le sue mani che mi spingono la testa, un gesto che mi domina, un’umiliazione che mi fa gemere: “Siiiiiii!” Daniela filma, la sua voce che mi insulta: “Guarda che troia schifosa, succhi lo sperma come una vacca!” Le sue parole mi trafiggono, le lacrime che mi colano, ma il mio clitoride pulsa, un orgasmo che mi scuote, il mio corpo che trema, schiava del mio degrado.
Giorgio e l’assistente, eccitati, si menano i cazzi, i loro respiri pesanti che echeggiano, l’odore di sudore e maschio che si mescola allo sperma, un’energia selvaggia che mi stordisce. La puttana mi guarda, un sorriso crudele, e dice: “Non sei niente, solo una fica sfondata.” Le sue parole mi umiliano, un peso che mi schiaccia, ma il piacere è più forte, un fuoco che mi consuma, il tatuaggio che pulsa, un promemoria della mia identità. Finisco di leccare, il buco pulito, il sapore dello sperma che mi resta in gola, un’umiliazione che mi devasta, ma mi rende fiera, una troia compiuta per Daniela. Mi alzo, il plug che vibra, gli anelli che tintinnano, il mio corpo ricoperto di sudore e vergogna, ma il mio cuore che batte con orgoglio, pronta per il controllo del tatuaggio, schiava del mio piacere.
Giorgio mi fa sedere sulla poltrona di cuoio, il freddo che mi morde la pelle, un brivido che mi fa rabbrividire mentre il plug anale da 10 cm vibra con un ronzio incessante, un peso che mi dilata il culo, un dolore che si intreccia a un piacere selvaggio. Osservo Giorgio, il suo volto segnato da tatuaggi intricati: linee nere che si attorcigliano attorno agli zigomi, un serpente che striscia sopra il sopracciglio destro, gli occhi che sembrano ancora più duri sotto quell’inchiostro. Sul collo, un teschio ghignante mi fissa, le orbite vuote e inquietanti, i denti incisi con un dettaglio che mi fa rabbrividire, un simbolo di morte che sembra pulsare, vivo, come se potesse mordermi. Anche l’assistente è coperto di tatuaggi: un drago che si snoda sul suo avambraccio muscoloso, fiamme che gli lambiscono il polso, e sul petto, visibile attraverso la camicia aperta, un cuore trafitto da un pugnale, il sangue inchiostrato che cola in gocce rosse. I loro corpi sono mappe di violenza e arte, un contrasto che mi intimorisce ma mi eccita, il mio cuore che martella, la mia fica che gocciola, un liquido caldo che cola lungo le cosce.
L’odore di disinfettante e sperma mi soffoca, un cocktail che si mescola al mio muschio intimo e al sandalo di Daniela, un profumo che mi inebria e mi domina. La microgonna nera, una striscia di tessuto che copre a malapena il mio culo sodo, lascia intravedere gli anelli d’acciaio alle grandi labbra che tintinnano, il tatuaggio “SLAVE” con la diavolessa nuda che pulsa dal pube all’ombelico, un marchio che mi rende fiera, un sigillo della mia schiavitù voluta. La canotta corta, scollata sotto le ascelle, espone il mio seno prosperoso, i capezzoli forati che spingono contro il tessuto, gli anelli che brillano sotto le luci al neon, un’esibizione oscena che mi umilia ma accende la mia fica, un piacere perverso che mi consuma.
Giorgio controlla il tatuaggio, le sue dita callose che sfiorano la diavolessa, un sollievo che calma la pelle infiammata, ma anche un piacere che mi fa gemere, il ronzio del plug che amplifica ogni sensazione. Senza preavviso, infila la mano nella mia fica, un fisting feroce che mi strappa un urlo: “Nooo, mi spacchi!” Il plug nel culo intensifica ogni spinta, un dolore che mi squarcia, le pareti della mia fica che si tendono, un fuoco che mi brucia. Ma il piacere è più forte, un’onda selvaggia che mi travolge, la mia fica che schizza, un orgasmo che mi fa tremare: “Sto venendo!” Giorgio sorride, il teschio sul collo che sembra ghignare, il suo respiro pesante, l’odore di sudore e maschio che mi stordisce. Tiene la mia fica aperta, gli anelli legati a laccetti sulla poltrona, un’esposizione oscena che mi umilia, e ordina all’assistente: “Pisciale dentro.” L’assistente, il drago sul braccio che sembra muoversi, si avvicina, il suo cazzo duro, e un getto caldo di piscio mi riempie la fica, un liquido amaro che mi brucia, un’umiliazione che mi devasta, il sapore acre che mi sale in gola. Giorgio fa lo stesso, un altro getto che mi farcisce, la mia fica che gocciola, un piacere che mi consuma.
Toglie il plug, un pop umido che echeggia, un dolore acuto che mi fa urlare: “Aaaah!” Il mio culo si contrae, un vuoto che brama, ma lui lo reinfila con forza, ripetendo il gesto più volte, ogni inserimento un tormento che mi dilata, un gemito che mi sfugge: “Siiiiiii, sono bagnata!” Il ronzio riprende, un fastidio che mi devasta, ma mi eccita. Poi sfilato il plug, insieme all’assistente, mi fistano il culo a due mani, un’invasione brutale che mi squarcia, le loro dita che si aprono, un dolore che mi fa urlare: “Nooo, mi rompi!” Le pareti del mio ano si tendono, un fuoco che mi brucia, ma il piacere è un’esplosione, i miei occhi che si rovesciano, un’estasi che mi fa perdere i sensi, un orgasmo che mi scuote: “Vengoooo!” Il suono umido delle loro mani, il ronzio del plug ancora acceso sul tavolo, i miei gemiti che echeggiano, un’orchestra di lussuria. Mi spingono i cazzi in bocca, un sapore di sborra e piscio che mi inonda, e pulisco, la mia lingua che lavora, un altro orgasmo che mi fa urlare.
Daniela, compiaciuta, filma, il flash che mi acceca, la sua voce che mi insulta: “Troia schifosa, vacca che gode solo se sfondata!” Le sue parole mi trafiggono, le lacrime che colano, ma il mio clitoride pulsa quando Daniela mi infila nuovamente il plug nel culo prima di rifare il tatuaggio. Giorgio ripassa il tatuaggio, gli aghi che trafiggono, un dolore acuto sul pube, un fuoco che mi brucia, un urlo soffocato: “Aaaah!” La diavolessa si ravviva, la scritta “SLAVE” che spicca, un marchio eterno. La mia fica gocciola, Giorgio ride: “Sei proprio una porca.” Il suo commento mi umilia, ma accende un orgoglio feroce.
Il mio corpo è un relitto, devastato dal fisting, dal piscio, dal dolore e dal piacere, il plug che vibra, gli anelli che tintinnano, il tatuaggio che pulsa. Nello specchio, vedo una figura estranea: una troia sfondata, una schiava compiuta, marchiata nel fisico e nell’anima. Il mio culo è una caverna, dilatato dal plug e dai pugni, un abisso che non si chiude, le pareti slabbrate che non sentono nulla senza un fisting brutale. La mia fica è un vuoto, un buco aperto dagli anelli e dalle mani, incapace di accogliere un cazzo, di darmi il piacere di una donna normale. Nessun uomo potrebbe farmi godere, nessun corpo potrebbe riempire i miei buchi devastati. Non sono più una donna: sono una creatura di Daniela, una puttana che vive per essere fistata, umiliata, usata. Ogni orgasmo nasce dal degrado, dal dolore, dalla vergogna, un piacere che si accende solo quando sono insultata, quando il piscio mi riempie, quando le mani mi spaccano.
Il sapore di sborra e piscio mi resta in gola, l’odore del mio muschio che si mescola al disinfettante, un aroma che urla la mia lussuria. Le lacrime colano, testimonianza della mia trasformazione, del mio abbandono a Daniela. Ogni anello, ogni buco sfondato, ogni goccia di piscio è un trofeo. La mia consapevolezza è mutata: non cerco il piacere di una donna, non bramo l’amore di un uomo. Vivo per il tormento, per le mani che mi devastano, per gli insulti che mi definiscono. Daniela mi guarda, il suo sandalo che mi soffoca, e dice: “Sei pronta per la presentazione in società, troia.” Il mio cuore salta, paura ed eccitazione, ma soprattutto orgoglio: sono la sua schiava perfetta, ogni buco sfondato, ogni anello, ogni umiliazione un sigillo della mia devozione. Il tatuaggio brilla, la diavolessa che danza, un marchio che mi inchioda a questa vita. Mi inginocchio ai suoi piedi, il pavimento freddo che mi gela, il plug che vibra, e guardo Daniela, il mio mondo, pronta a brillare come la sua puttana perfetta, marchiata per sempre nell’anima, una troia che vive solo per essere usata.
#Damabiancaesib
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