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Lui & Lei

Matilde 02-08 - Debra e lo specchio


di Alex46
22.02.2019    |    1.819    |    0 9.6
"La tensione della vagina glielo restituisce, lei lo respinge dentro a stimolare il punto più sensibile..."
Dopo la benefica mazzata ricevuta con queste missive (scripta manent), Michele e io decidiamo di scrivere una lettera a Debra. Scrivere è importante, di questi tempi si scrive sempre meno. Ne farà quello che vorrà, però intanto potrà sapere quanto intensamente la pensiamo. Ciascuno per conto nostro buttiamo giù una trama di quello che vorremmo scriverle, poi una sera, a quattro mani, la scriviamo definitivamente.
Abbiamo deciso assieme di scegliere la forma della fantasia, senza rifarci in nessun punto a qualcosa di condiviso in passato.

«Debra si guarda allo specchio. Si esamina un po’ da destra, un po' da sinistra, protendendo il volto verso la superficie, quasi da appannarla con l’alito. Osserva seccata un’imperfezione vicino al labbro. Una piccola zona secca da ammorbidire con la crema. Ne prende un po’ e si spalma con il dito, poi inavvertitamente fa un movimento con le labbra e il sapore della crema le arriva amarognolo in bocca.
Si passa la matita verde sul bordo inferiore dell’occhio, la dove nascono le ciglia; poi è la volta di quella nera, per tracciare una sottile linea sulla palpebra. Su questa distribuisce la polvere impalpabile dell’'ombretto verde oro.
Dopo un controllo sui risultati, passa sulle ciglia il rimmel nero.
Alla fine si fa i complimenti da sola, per la scelta dei colori e per l’esecuzione del trucco.
Ma non è finita, adesso il rossetto. È indecisa su quello marrone, quello che contrasta maggiormente, oppure il rosso: ma alla fine preferisce il semplice lucidalabbra. Ora è perfetta, la forma imbronciata delle labbra risalta umida e luccicosa: e se dovesse sorridere, ecco i denti a farla da padroni.
Si toglie il fermacapelli che fino ad allora l’avevano aiutata a trattenerli, poi scuote la chioma con la testa appena rovesciata all’indietro: con due colpi di spazzola la capigliatura è pronta e può ricascare sulla pelle nuda delle spalle.
Di nuovo si guarda allo specchio, prova varie espressioni, quelle che sa essere le più ricorrenti, meraviglia, rabbia, curiosità. Osservando le sue espressioni coglie particolari sempre nuovi del suo viso, proprio come dovrebbe fare un uomo innamorato: scoprire ogni giorno una novità nella bellezza della propria donna.
Si allontana di qualche passo dal grande specchio. È nuda, l’essere vestita solo di reggicalze, calze e scarpe la emoziona. La collanina di corallo le cade verso l’incavo dei seni. Controlla la simmetria dei radi peli del pube. Ha lasciato solo una piccola striscia centrale, eliminando quelli ai lati.
La vagina deve essere una figa senza smettere d’essere vagina. Molto erotico. Lo sguardo risale lento lungo il ventre piatto, il seno non grande ma sodo, i capezzoli circondati da un ombra rosa.
Debra si bagna un dito di saliva e con quello li carezza leggermente fino a farli indurire. Così sono davvero in fuori, ora le tette sono tali senza smettere d’essere seno. Non male.
Ora torce un po’ il busto per guardarsi il sedere. Che è alto, sodo, orgoglioso e circondato dai laccetti. Il solco tra le natiche è profondo, sembra voglia essere la continuazione a tutti i costi delle due gambe, in modo che il sedere possa essere anche un vero culo.
Infine lo sguardo si abbassa sui tacchi. Anche loro vorrebbero essere la continuazione all’infinito delle gambe. Le scarpe sono eleganti, finemente erotiche come tutti gli oggetti belli ben indossati.
Con una mano Debra si accarezza le natiche. Insiste qualche secondo avvicinandosi piano al solco. Il respiro si fa un po' affannoso, perché si sta agitando. Si accarezza così piano che perfino i capelli rimangono immobili. L’unica apparenza di movimento è dato dalla luce cangiante che riflettono.
Ora piega leggermente il busto avanti, per fare in modo che il sedere sporga sempre più tondo. Il pizzo nero è un richiamo fortissimo, tra le cosce appare la lunga fessura. Un leggero turbamento.
Ora la vagina lei la chiama figa. La figa si fa sentire, la sente diventare più turgida. Si guarda minuziosa e approva quello che vede con orgoglio. La linea delle gambe inguainate nelle calze. Verso l'alto la fascia di nylon più scura, che anticipa lo splendore del pizzo che le racchiude la vita.
Adesso sono due le mani che aprono piano le natiche mentre si piega ancora in avanti. La figa non luccica ancora ma presto lo farà, di umori che faranno capolino. E sopra, un piccolo buco orlato di rosa che palpita.
Si avvicina allo specchio facendo due passi indietro, appoggia una mano sul ginocchio per sorreggersi in quella scomoda posizione piegata, e così riesce a distinguere ogni particolare del suo coordinato sessuale.
Ora sembra che una goccia di rugiada voglia apparire controluce. La raccoglie col dito e la porta alle labbra, assaporandone il gusto salato.
Con lo stesso dito, ora bagnato anche di saliva, apre le due labbra, a raccogliere altri umori, ma poi ingorda di nuove sensazioni spinge lo stesso dito più in alto, a bagnare il buchino che non può bagnarsi da solo. Preme leggermente, ma senza entrare.
La voglia di penetrarsi è forte, ma resiste. Però apre di più le gambe, come dovesse accogliere qualcosa.
Si alza di scatto, si guarda allo specchio irrequieta, perché ha bisogno di qualcosa dentro che la riempia.
Il deodorante può andar bene.
Avvicina la poltroncina allo specchio e si siede sul bordo. Il velluto le accarezza la pelle delle natiche. Solleva i capelli con una mano, lasciandoli cadere al di là dello schienale, poi finalmente può appoggiarsi allo schienale.
Si guarda, finalmente, le gambe aperte, tese. Le punte delle scarpe verso l’alto, i tacchi appoggiati sul pavimento, la figa umida.
Il deodorante non è grosso, ma è rigido: sarà lei che dovrà adattarsi per contenerlo. Spinge leggermente, e lui entra con facilità. È dentro, oscenamente riflesso nello specchio, una sconcia protuberanza che ancora di più sottolinea, in modo arrogante, la pretesa volgarità del gesto.
- Mi sto masturbando – pensa Debra – con un deodorante! E mi piace farlo. Sono da sola, ma non vorrei esserlo. Io mi amo, ma vorrei non essere sola a farlo.
Le sue dita perdono la presa, lei lo spinge più dentro. La tensione della vagina glielo restituisce, lei lo respinge dentro a stimolare il punto più sensibile. Bastano poche spinte.
Un orgasmo annunciato già dalle prime movenze allo specchio, un godere che l'avvolge e la sconvolge, tesa come un arco, senza smettere di guardarsi e di piacersi, dii ammirare le sue forme e la sua lussuria.
Dopo un po’ appoggia il deodorante lucido di umori sul mobile. Con gambe malferme si avvicina al letto e vi si lascia cadere. Non può vedersi ora, Debra, ma non è mai stata così bella.
Matilde e Michele».
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