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Matilde 01-17 - Esagerazione


di Alex46
30.01.2019    |    2.307    |    0 9.6
"A quella vista, mi sento sempre più sicura di ciò che voglio fare: recitare di rubarle l’uomo..."
Per tutto il giorno non faccio che pensare a ciò che è successo ieri sera. Dagli accenni telefonici con loro capisco che la stessa cosa sta succedendo ai miei compagni. Quella mia idea di dominio è piaciuta? Non so, ma certo ci sorprendiamo a chiederci fin dove possiamo spingerci. Forse vogliamo conoscerci meglio, magari capire di quali altre «depravazioni» siamo ancora capaci.
Questa sera non saremo a casa assieme, pertanto nel tardo pomeriggio decido di scrivere una breve e-mail a entrambi, in cui do ordini precisi per domani sera. Lasciando naturalmente la libertà di accettare. Pochi minuti dopo ricevo due risposte che non danno luogo a equivoci.
Ho dato disposizione a Michele di legare Debra alla sedia, sia per le mani che per le caviglie. Il pensiero di trovarla a gambe leggermente aperte, di nuovo a mia disposizione, mi fa bagnare per tutte le ore che mi separano da quel momento. E sono sicura che anche per Debra è la stessa cosa. Sono sicura che le è piaciuto troppo, ieri sera.
La sera dopo dunque mi dirigo verso casa, senza una gran fretta. So che loro ci sono già entrambi, so che troverò le cose come avevo ordinato. Certo la tratterò senza violenza fisica, ma intanto smanetto tra le varie frequenze radio alla ricerca di qualcosa di decente. Questa sera voglio davvero dominarli entrambi.
Per cominciare avevo detto a Michele di decidere lui come vestirla. Trucco e capigliatura, no. Ma il vestiario doveva essere a cura di lui. Volevo che Debra sentisse fino in fondo quanto sarebbe stata esclusa da qualsiasi decisione, proprio come un oggetto.
Michele da suo marito è diventato il nostro uomo. Chiunque lo capirebbe, guardandoci. Io mi dedico a entrambi, perché li amo entrambi.
Quando facciamo l’amore assieme, sai quante volte glielo faccio diventare duro e poi lo dirigo nella figa umida di Debra, sai quante volte mi sono fatta fottere con lei che ci guarda e si masturba. Ma siamo sempre insieme, io, lei e Michele. Io da una parte e lei dall'altra, a volte allacciate sotto il suo sguardo. Una sfida continua, un gioco di cui non possiamo fare a meno.
Ciascuno di noi è il sale nella relazione con gli altri.
Debra non ha mai perso occasione per ribadire il suo non possesso su Michele. Uno di quegli accordi non scritti, che però non potrebbero essere più chiari.
Loro godono molto nel farsi guardare, e spesso finisce così: loro a scopare e io a guardare masturbandomi, o a baciarla raccogliendo con la bocca i suoi gemiti. Quando succede questo non mi pesa affatto, anzi ne sono felice.
Ma questa sera vorrei prendere io in mano la situazione, ho dentro di me questa voglia di dominare, una voglia che mi nasce tra le gambe e si spande piano ma forte. Mi piace il contrasto che provo dentro di me, tra il desiderio di vedermeli ai piedi e la tenerezza che provo nei loro confronti a tutte le ore del giorno. E il gioco deve sempre andare bene a tutti.
Quando entro in casa Michele mi saluta con un “Ciao, bellissima”.
- Ciao – rispondo, sicura di me.
- Sei stupenda stasera.
Mi bacia sulle labbra, come sempre.
- Anche tu, Michele, non scherzi. È pronta?
- Da un bel po'. Ed è anche impaziente.
La piccola marea di eccitazione mi assale varcando la soglia del soggiorno, sento la sua presenza silenziosa, una muta attesa, una grande tensione. La stanza è buia, ma secondo me è stato Michele a spegnere la luce non appena capito che stavo entrando. Premo l’interruttore con qualche esitazione.
È lì, legata alla sedia, come avevo ordinato. Indossa una sottoveste di seta e scarpe nere con i tacchi alti. Debra è di un sexy che fa quasi male. E poi è bendata (ma questo io non l’avevo chiesto).
Gli splendidi capelli scuri e lunghi le cadono sulle spalle, sciolti. Il trucco è leggerissimo, ma questo è normale: in genere non ci piacciono né i rossetti né i trucchi pesanti.
A quella vista, mi sento sempre più sicura di ciò che voglio fare: recitare di rubarle l’uomo. Me lo scoperò davanti ai suoi occhi, ma senza che lei possa intervenire, senza che possa dire beh. So però che per il tipo di relazione che abbiamo instaurato e per come credo di conoscerla, potrebbe essere una mossa azzardata. Ma è forse proprio quello che mi attira.
Michele starà al gioco fino in fondo, anche perché, da buon maschietto, non capirà del tutto le sfumature. Sarà preso solo dal giochino erotico, senza alcuna complicanza psicologica. Devo controllarmi però, la serata è ancora molto lunga.
Finora Debra è stata in silenzio, non mi ha neppure guardata. Mi avvicino alla sedia, le giro intorno facendo risuonare i passi con i miei tacchi.
- Ciao - mi saluta con un filo di voce.
Mi siedo a cavalcioni sulle sue gambe.
- Ciao – le sussurro sfiorandole le labbra.
Poi le infilo una mano sotto la sottoveste, a sfiorarle il seno, con leggerezza esploro la pelle delicata, le punte dei capezzoli, già dure. Ho voglia di strizzarli, come se mi facesse piacere farle del male. Ma lo accenno solo, facendole capire che potrei farlo.
Il suo respiro si fa più forte: niente dolore, solo paura del dolore. Le afferro i capelli e la costringo a rovesciare all’indietro la testa, non tanto, quello che basta a mostrarmi il collo e un seno che cerca di uscire dalla sottoveste. Le bacio il collo e sento il fremito che lei non controlla. Adoro la facilità con cui si eccita Debra.
Le levo la benda. Mi guarda con un incandescente misto di lussuria e timore. Guarda anche la mia gonna un po' sollevata per la posizione. Si intravedono i laccetti della guepière che trattengono le calze. La mia mise intima contrasta abbastanza con quella esterna, di colori pastello e tessuti leggeri.
Michele, dopo aver appoggiato sul tavolo un drink per me, si è messo comodo su una poltroncina vicino a noi, accennando un fischio di ammirazione. La guepière fa sempre il suo effetto. Per Debra, legata com’è, niente bibite.
Mi sforzo di stare calma e di procedere con ordine. Mi alzo e bevo un sorso del beverone. Poi mi chino davanti a lei.
Appoggio le mani all’interno delle sue ginocchia, i piedi sempre fissati alla gambe anteriori della sedia, poi le forzo fino a dove può aprirle. La sottoveste è costretta a risalire, rivelando una visione davvero eccitante. Si vede la solita bella figa, sormontata dalla strisciolina di pelo, leggermente lucida di eccitazione.
- Sta così, a gambe allargate.
Vado dietro alla sua schiena, le spingo la testa e il busto in avanti fino a farle inclinare la testa fra le ginocchia.
Le ammiro il culo, le natiche divaricate e leggermente sollevate: con le mani vado a spostare ulteriormente la carne morbida, fino a che il buchino si espone al mio sguardo. Michele non può vederlo, ma se lo immagina. È uno spettacolo, e io mi sto eccitando troppo.
- Resta chinata – le ordino – non devi vedere nulla.
È una posizione scomoda, ma questo è il bello. Una merce da analizzare. Mi avvicino a Michele.
- Spogliami - ordino - ma piano.
Lui comincia dalla gonna, slacciandola e facendola cadere per terra. Posso sentire la delusione e il senso d’impotenza di Debra palpitare, come fossero miei.
L'avevo eccitata guardandole la figa e il culo, scrutandola come se fosse stata un oggetto d’arredamento, per poi lasciarla lì, in una posizione da schiava.
La gonna e il golfino sono a terra. Li lancio con un piede proprio sotto al suo sguardo. So di essere davvero intrigante. Lo sguardo di Michele me ne dà la conferma. Alla guepière ho abbinato delle calze e delle mutandine lilla, davvero un gusto da troia.
- Cosa dici, le concediamo di guardare?
- Beh, forse è meglio... – mi risponde Michele.
Non chiedeva altro, Debra rialza la testa, guardandosi bene però dal riportare le gambe in posizione normale.
Allora mi siedo sulle ginocchia di Michele, abbracciandolo e carezzandogli il volto come se lei non ci fosse. Lui mi stringe i fianchi e me li accarezza.
Debra ci guarda, quasi imbronciata.
- Se vuoi puoi toccarti un po’ – le concedo, strusciando il volto su quello di Michele – stasera (interruzione per bacio) sarai (altra interruzione per slinguata) il nostro giocattolo.
- Matilde, sei fantastica, potrei venire già solo così – dice Michele.
Intanto Debra ha preso a toccarsi, così come le avevo suggerito, e ci guarda come trasognata. Secondo me comincia a capire quanto stronza io sia stasera nei suoi confronti. Il bacio con Michele continua, sempre più bagnato, sempre più coinvolgente. In più lui ormai mi palpa apertamente il sedere, si capisce che le sue mani vogliono farsi strada fino alla figa. Anche lui guarda sua moglie che si masturba in silenzio.
- Ragazze, siete fantastiche, potrei davvero venire solo a guardarvi così.
- Non ci provare - rispondo staccandomi a malavoglia da lui - non stasera.
- Cosa hai in mente?
- Non so. Ma voglio divertirmi. Ora alzati e spogliati, qua davanti a me.
Mi alzo e vado a sedermi sull’altra poltrona, guardandolo insistentemente mentre lui obbedisce, prima le calze, poi la camicia, infine i pantaloni e i boxer.
- Adesso passami quel vibratore.
Rapido, Michele mi porge l’oggetto, che io metto in bocca cercando d’insalivarlo il più possibile, poi glielo restituisco.
- Mettiglielo dentro, ma fallo guardando me negli occhi, non lei.
Debra muove il bacino in avanti quel tanto che basta da permettere a Michele un facile inserimento. Lui, continuando a guardarmi, s’inginocchia fra le sue gambe. La figa è lì, aperta e invitante e lui lentamente vi fa penetrare lo strumento.
La sentiamo respirare e gemere durante questa operazione, ma non le diamo il piacere di guardarla.
- Prendi l’altro – gli ordino.
- OK.
Mentre lo aspetto, vado a sostituire Michele e la penetro con il vibratore diverse volte. Poi lo accendo. Lo faccio entrare e uscire per un po', senza guardarla in faccia, solo osservando il bacino che ondeggia al ritmo del piacere. Poi le slego le caviglie e le ordino di chiudere le gambe.
- Tienilo stretto, perché se lo fai cadere non te lo raccoglierà nessuno.
Debra stringe la mascella, non è certo abituata a questo tono imperioso da parte mia. Preferisce trattenersi, la curiosità di vedere fin dove mi sarei spinta continua ad annullare ogni sua resistenza. E di certo il vibratore che le massaggia la figa la distrae quanto basta.
Tutti abbiamo qualche inclinazione masochista, per gioco tutto è lecito. Io non sono esperta, ma sento a pelle che i miei piccoli soprusi la stanno facendo impazzire, da una parte lei mi vorrebbe strozzare, dall’altra gode come difficilmente si può godere.
Avvicino ancora di più la poltrona alla sua, mi siedo, poi faccio sistemare Michele in piedi di fronte a me, in modo che lei possa vederci bene. Avvicino la bocca al suo cazzo durissimo. Sento il sapore familiare della sua sborrina, abbondante, generosa.
Poi guardo Debra negli occhi.
- Adesso glielo prendo in bocca. Qualcosa in contrario? - Domanda retorica, l'avrei fatto comunque.
Nessuna risposta, lei tiene gli occhi chiusi. Intanto il vibratore, quasi del tutto invisibile, spande nell'aria la sua unica nota soffocata.
- Accendile anche l'altro, e appoggiaglielo sul clitoride, ma guarda me, dopo – dico a Michele.
Mi sembra di vedere il cazzo drizzarsi ancora di più, stravolto da quelle continue richieste. Quando il secondo vibratore le si posa sul clitoride, a gambe semichiuse, Debra riapre gli occhi fino a spalancarli, il suo respiro diviene un ansimare concitato. Gli occhi di Michele invece sono sulla mia bocca che lo accoglie morbida, intanto con la mano continua a premerle lo strumento acceso addosso.
- Oh, cazzo, cazzo, come lo succhi bene!!
Butto un’occhiata verso Debra. Mi pare che l'orgasmo stia già per sopraffarla, respira sempre più forte. La sua situazione mi eccita all'inverosimile, sento di avere gli slip completamente fradici. Voglio che Michele non la guardi, così mi concentro ancor di più nelle pompate che gli do.
Poi Debra trattiene il fiato per un tempo che sembra lunghissimo, tendendosi tutta sulla sedia. Poi l'urlo, liberatorio. Prima basso, gutturale, poi sempre più forte, fino a dividersi in tante piccole urla all’inseguimento delle onde dell'orgasmo.
Nessuno di noi due la guarda per tutto il tempo. Lasciamo che venga da sola, come un animale abbandonato, come se non avesse nessuna importanza per noi. Per lei, che è sempre stata al centro dei nostri incontri, coccolata e viziata da mani e bocche, è durissimo, così duro da farla piangere e incazzarsi.
- Levatemi questi affari, stronzi!
Interrompo il pompino a Michele e mi chino di fronte a lei.
- Povera piccola, non hai goduto? - le chiedo mentre lentamente le estraggo il vibratore e lo sostituisco con due dita, che entrano senza sforzo.
- Sì, ma...
- Non sei il mio giocattolo tu questa sera? - dico spingendole dentro con forza - non vuoi vedere come mi sono eccitata, a saperti così legata e stimolata da due vibratori?
- Sì... ti prego.
Mi levo le mutande e gliele mostro. Sono fradice, il cazzo di Michele e tutta l’eccitazione del dominio le hanno intrise.
Gliele strofino sotto il naso, con forza, mentre continuo a stantuffarla con le dita.
- Senti l’odore della mia figa?
E subito dopo estraggo le dita e gliele metto in bocca, senza smettere di strofinarla con i miei slip fradici.
- Succhiati un po’ anche la tua di figa.
Michele si lascia sfuggire un gemito, non si capisce se d’insoddisfazione per il pompino interrotto o per la preoccupazione che il gioco precipiti.
- Avrei voglia di schiaffeggiarti le tette e poi anche la figa con questi slip fradici.
Lei geme spropositatamente, sembra goda più di cervello che di corpo. Apre le gambe un po' di più, in un invito pieno di fascino, ma riesco a trattenermi.
Guardarle la bocca aperta e ansimante, gli occhi sgranati, calati nella parte di questo giochetto non tanto innocuo. Dio, come è eccitante avere questo potere su di lei.
Riesco quasi a sentire su di me quel sottile dolore che avrei potuto infliggerle e mi piace pensarla con il clitoride indolenzito.
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