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Matilde 01-06 - Cena e dopocena


di Alex46
15.01.2019    |    6.233    |    1 9.9
"Un po’ sospetto che sia venuta qui da me con idee ben precise, molto più precise di quelle che avevo io..."
Le parole di Debra hanno il potere di sconvolgermi. Ma chi è questa per venirmi a dire chi devo amare e chi no? Abbiamo appena fatto l’amore come pazze assieme e questa mi viene a parlare che non le basto o forse che sarei troppo per lei, che ci vuole un uomo. Un uomo? E chi, poi? Debra è più pazza di me... Intanto la guardo, ma mi sembra così sincera, così semplicemente implorante... Sento che non posso dirle di no, non ora almeno. E poi sono curiosa, a questo punto. Un po’ sospetto che sia venuta qui da me con idee ben precise, molto più precise di quelle che avevo io...
- Non so, Debra, non so che dirti. Un uomo... io credo che possiamo farne a meno, credo che sia solo una complicazione. Ma se tu senti così, rispetto i tuoi sentimenti. Io comunque non l’ho mai fatto, intendo dire in tre. Ci ho pensato, talvolta, la cosa potrebbe anche eccitarmi, ma non riesco a vedere una situazione reale...
- Io avrei l’uomo giusto...
- Tu?
- Sì, mio marito, Michele.
- Tu... sei... sposata? Ma perché non me lo hai detto prima... Sei sicura di esserne innamorata, di amarlo?
- Certo che lo sono. Ed è proprio perché lo amo che non voglio intavolare un doppio rapporto, con lui e con te.
- Ma tu veramente vorresti dividere con me tuo marito, vorresti farlo a tre... e poi cosa ti fa pensare che lui potrebbe piacermi o che io piaccia a lui...
- Senti, questo lo intuisco e basta. E poi anche lui lo vorrebbe. Abbiamo fatto molte fantasie in proposito. E tu saresti la donna giusta, per lui.
- Ma lui mi conosce?
- No, è solo una mia idea, dal primo momento che ti ho vista... lui non vi ha preso parte.
- Sì, e in più ti sei fatta anche Franco...
- Michele e io siamo di idee molto aperte a proposito di gelosia. Ho già raccontato a Michele di Franco. L’ho fatto per telefono e ho capito che si è eccitato, ma del resto lo sapevo già. Gli ho anche raccontato delle mie trame per condurti a noi. Non vedo l’ora di raccontargli cosa abbiamo fatto insieme tu e io. Ti dispiace, per caso?
- No, non mi dispiace, anzi il mio esibizionismo di fondo ne gode. Però a questo punto potremmo raccontarglielo in due, così almeno rompiamo il ghiaccio subito. Dove è Michele ora?
- A Milano a casa nostra, e aspetta una mia telefonata. Posso farla?
- Certo che puoi, amore.
Detto fatto, le porgo il telefono. Mentre lei compone il numero, io mi alzo e vado in bagno a rinfrescarmi e a mettermi qualcosa addosso. Alla fine mi trovo vestita come ero questa mattina, ma aspetto a mettermi le scarpe. Sono le 19.
Alla fine della telefonata Debra è raggiante: dice che Michele ci aspetta per un aperitivo e che poi andremo a cena assieme. – Bene – dico io – tutto come volevi tu...
Lei sorride, si alza e va in bagno. Sento scrosciare la doccia. Ne esce che sembra, se possibile, ancora più bella. Si è anche data un velo di trucco agli occhi e così è uno schianto.
Prima di uscire scelgo i tacchi più killer, un modello tipo “prendimi e subito” ma non volgari. Quando saliamo in auto, più d’uno si volta a guardarci, siamo davvero irresistibili, una più figa dell’altra, entrambe invitanti a una sera sexy, senza però esagerare nel look.
Michele era già al banco e nell’attesa si era scolato già un gin-martini. Non facciamo a tempo ad aprire bocca che già il barista ne fa altri tre.
Non male, il ragazzo! Alto, muscoloso ma senza costruzione da palestra, scuro di capelli ma con gli occhi azzurri. Un bel tipo, semplice e concreto. Le mani sono calme e belle, si muovono poco e a proposito. Mi affascina subito, forse anche perché per questa sera ci sono programmi eccitanti. Fa caldo nel locale, ma nessuno ci bada. Il caldo è parte integrante del sesso.
Le chiacchiere a tre s’infittiscono subito, non ho l’impressione che lui domandi senza aspettare la risposta. È curioso di sapere chi sono, cosa faccio. Lui è grafico in un ufficio di architetti, per quest’anno le ferie se le scorda. Ecco il perché di quelle mani, perfette, da disegnatore, sottili.
Ci beviamo dunque i gin-martini, piluccando qualche patatina e altri appetizer che il bar offre con generosità.
Quando ci alziamo, sento le gambe appena un po’ deboli, ma è una sensazione piacevole. Lui ha prenotato in un posto appena fuori Milano, quindi saliamo sulla sua Passat SW, Debra dietro, io davanti. Non siamo ancora usciti dalla città che Debra rompe gli indugi: - Michele, sai cosa abbiamo fatto Matilde e io tutto il pomeriggio?
- No. Dovrei saperlo? – risponde lui un po’ sornione.
- Ci siamo corteggiate, poi ci siamo baciate e leccate la figa per ore; poi ancora ci siamo masturbate a vicenda con i suoi dildo. Abbiamo goduto come pazze e alla fine io le ho detto che non riuscivo a stare senza di te. Cosa ne dici, amore?
Io intanto guardo avanti, pretendendo di osservare la strada. Non oso voltarmi verso di lui. La dolce aggressione verbale di Debra, esplicita, mi ha turbato nel profondo. Pensare che ora lui veda nella sua immaginazione quello che davvero abbiamo fatto mi eccita, sento che mi fa bagnare tra le cosce. Con ansia aspetto la sua risposta, che non tarda molto.
- Mmm – dice lui – era tanto che lo sognavamo... Avrei voluto esserci, magari solo vedervi. Il pensiero di due donne che fanno all’amore mi ha sempre eccitato un casino. E poi due come voi, che più fighe non si può...
Intanto Debra si è inchinata un po’ avanti e lo bacia sulla nuca. Gli sussurra: - Amore, questa sera puoi fare con noi quello che vuoi, e noi faremo tutto quello che desideri.
- È vero, Matilde?
Un tuffo al cuore. Non rispondo, mi limito a guardarlo, senza accorgermi che mi sto passando appena la lingua sulle labbra: mentre so benissimo che sto accavallando le gambe, la mini di jeans risale ancora, alla fine ho scoperta più di mezza coscia. L’atmosfera è già calda, forse surriscaldata: e siamo solo all’inizio. Debra aggiunge, sempre da dietro e sempre piano all’orecchio, ma in modo che senta anch’io, che lei vorrebbe già fargli un pompino prima di cena. – Vorrei prendertelo in bocca, amore, prima di entrare al ristorante – sono le sue esatte parole.
- E io ti vorrei succhiare quella figa che per tutto il giorno ha sborrato senza di me.
La cena nel giardino del ristorante, una bella pergola fortunatamente senza zanzare, è davvero piacevole. Debra cerca di far raccontare a Michele della sua passione per la montagna. Trasalgo, questo è l’uomo del mio destino... Però mi stupisco, non lo avrei detto un “montanaro”, e invece da quelle poche parole che dice, timoroso di annoiarmi, capisco che deve avercelo nel sangue. Io taccio, al mio riguardo. Non è la serata giusta per questi racconti e lui lo sa benissimo. E non mi sembra proprio che Debra sia appassionata delle stesse cose. Quindi il discorso dev’essere leggero, dare spazio a tutti e tre, ma la più zitta sono io. Non c’è tanta storia, se non per le battute esplicite che tra di loro si fanno più volte, da bravi complici. Io mi limito ad ascoltare, a spiare il loro comportamento affiatato, anche se questo mi eccita sempre di più. A mezza cena Debra riesce a mettermi di nascosto un dito tra le gambe, poi risale lentamente alla figa poco distante, riuscendo a toccare lo slippino bagnato: ma non insiste, e invece lo dice a Michele con improntitudine. Questo accusa il colpo, comincia a essere davvero eccitato, dopo tutti i complimenti amorosi che lei gli ha fatto.
Frutta, caffè e conto, poi via in automobile. Debra pretende che io salga dietro con lei, non gliene frega niente di far fare l’autista a Michele, anzi così lo provoca ancora di più. Mi tira giù la gonna, quasi mi strappa le mutandine e, complice il buio, mi mette la testa tra le gambe e comincia a leccarmi tutto il bagnato della sera. S’interrompe solo per dire: - Michele, le sto leccando la figa. Una figa che più bagnata non si poteva. Ed è qui che ti aspetta, aspetta solo te.
Io sento le dolci leccate di Debra e allargo le gambe nella speranza che Michele veda qualcosa nello specchietto retrovisore.
- Dai, faglielo. Leccale la figa. Anch’io ho il cazzo tutto bagnato e non vedo l’ora di arrivare. A casa di chi andiamo?
- A casa nostra – dice Debra, che adesso usa anche il dito per farmi venire al più presto.
- Dillo che stai venendo, Matilde, dillo forte. Dillo forte a questo bel cazzone che non vuoi altro che lui te lo sbatta dentro appena arrivati.
- Sì, è questo che voglio. E voglio che tu guardi e che ti masturbi a vedere il tuo Michele, tuo marito, che mi fotte. Intanto adesso comincio a sborrarti in faccia, troia. Ti piace che ti chiami così? Michele, ti piace avere una troia come moglie? Ecco, vengo, vengo, ti vengo in faccia. Michele, le sto sborrando in faccia alla tua troia di moglie... sì, sìì, aah, aah...
Siamo nei pressi dell’auto di Debra, posteggiata per andare al bar poche ore prima. Debra scende, un po’ scarmigliata. Attraverso il finestrino aperto bacia Michele, che si trova quindi in bocca un po’ dei miei umori di figa.
- Mi seguite?
Salgo davanti, vicino a Michele, che aspetta che Debra metta in moto la sua Yaris. Certo che mi sono riaggiustata la gonna, in qualche maniera, ma ora assomiglio più a una puttana raccolta per strada che a una donna normale, sia pure figa. Da un lato me ne vergogno, da un altro ne sono fiera. Uno spettacolo così Michele se lo ricorderà per un pezzo.
- Senti, a proposito della nostra seratina, sappi che appena in casa ti salto addosso.
- Anch’io non vedo l’ora, sono eccitato come poche altre volte. Non farai a tempo a entrare.
In ascensore ci guardiamo, poi ci baciamo tutti e tre, tenendoci abbracciati. La porta si apre con due scatti, mi avvolge un buon odore di casa tenuta bene: ma davvero non sono quasi neppure entrata che Michele mi trascina via, tirandomi per la camicetta, che poi mi toglie con mani frettolose. Se la mette un momento sotto il naso, aspira rumorosamente, mi spinge verso la camera da letto: mi mette lì in piedi vicino alla sponda, squadrandomi le tette, poi mi spinge giù, mi strappa di dosso la mini e le mutande, mi apre le gambe, che a questo punto si trovano appoggiate sul letto con ancora su le scarpe scandalose; mi guarda ancora un secondo, poi si tuffa in mezzo alla figa, leccando come un matto e portandomi in pochi attimi sulle soglie di un orgasmo.
- Spogliati anche tu – trovo la forza di dire.
Intanto Debra si fa notare; si è tolta i vestiti arrapanti che aveva, si è procurata il suo cazzo finto e ora se lo infila senza esitare, guardando con occhi trasognati il suo uomo che mi lecca. Io me lo godo per qualche minuto, poi mi riscuoto, gli sbottono la camicia e gli slaccio la cintura dei pantaloni. Lui ne esce con una mossa felina, poi si strappa via i boxer. Non faccio a tempo a vedere la sua erezione che già è dentro e spinge.
Sono lì, nuda a farmi sbattere da Michele, conosciuto poche ore prima, mentre la sua donna si masturba, ci guarda e ci incita.
- Dai, Michele, fottila come sei capace di fare tu, con quel cazzo che hai, meraviglioso. Falle vedere come mi fotti, come mi scopi. Così, guarda, sta per godere ancora, e questa volta non per due leccate ma per il tuo cazzo che non le sta facendo capire più niente. Io lo so cosa prova, lo so cosa si prova con un cazzo come il tuo dentro, per come ti muovi. E voglio che lo provi anche lei, perché io vi amo con tutta me stessa e voglio il meglio per lei. E per te, naturalmente. Voglio che tu la faccia godere, che le fai perdere gli orizzonti, come sai fare con me.
Michele intanto mi tromba in modo tale che già dopo pochi secondi ho perso ogni idea di tramontana. Ad ogni parola eccitante di Debra, lo sento devastarmi nei continui rigurgiti di un cazzo duro che è la prolunga del suo cervello eccitato.
Certo, lo so che non è il mio uomo, e so anche che sua moglie è lì a incitarlo, a fare il tifo per noi masturbandosi senza alcuna vergogna. Sento però di amarlo già, che mi sto facendo scopare perché lui mi piace proprio. Debra aveva ragione, sembra fatto per me. Sento il cazzo che mi entra fino in fondo, pochi sanno scopare così dolcemente ma anche con forza. Io lo assecondo, gli faccio sentire quanto sia per me dirompente averlo accolto: nello stesso tempo però cerco di non farlo più sensitivo di quello che è, vorrei che questa scopata durasse ore. Poi però arriva il momento in cui non vedo e non capisco più nulla. Comincio a godere in modo continuo, un orgasmo multiplo come da tempo non provavo, dopo un’intera giornata di venute senza risparmio. Mi sembra di essere una dea del sesso, una troia babilonica, l’amante perfetta. E intanto mormore parole sconnesse, mescolate ai rantoli dell’orgasmo, sospirando con una voce che non è più la mia.
Mi sento sua nel modo più totale, e quando lo sento accelerare in vista della sua sborrata, allora non controllo neanche più una figa che vuol prendere il sopravvento finale e vuol fare sborrare l’uomo come un cammello. Mi avvinghio, mordicchio, stringo le gambe sul suo culo, mi sembra di avere una figa che fa da pompa, e urlo, urlo selvaggiamente, incurante di tutto: - Debra, vengo ancora, questa volta con lui, vengo con tuo marito e tu sei qui a guardarmi e a masturbarti. Questo è tuo marito e mi sta chiavando... Vengo, vengo, ooh, sììì, sììì.
Mi riprendo dopo parecchi minuti. Michele ha ancora il cazzo dentro di me, fermo, immobile e distrutto. Debra è vicina alle mie orecchie e mi sussurra: - Nessuno di voi bastardi ha visto la goduta che mi sono fatta! In compenso ho visto voi, sembravate due animali. Quest’uomo è mio, Matilde, ma se vuoi è anche tuo. Vorrei che tu lo amassi come lo amo io. Non ha solo il cazzo splendido, vedrai, è anche un uomo di quelli veri. Io non saprei come fare senza di lui.
Michele guarda e ascolta, io non ho forze per rispondere nulla, ho appena fatto la scoperta più bella della mia vita e non so che dire del fatto che mi venga offerto Michele su un piatto d’oro.
(continua)
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