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Matilde 04-05 - La rivincita di Debra


di Alex46
08.05.2019    |    1.770    |    0 4.9
"No, non ho intenzione di farlo (lo sta facendo)..."
Oggi è ancora tempo di mal di pancino, il mio, ma per fortuna questa volta un po’ meno doloroso. Sono comunque ugualmente knock out. È venerdì e allorché lo comunico la mattina, vedo negli occhi di Debra una luce maliziosa. “Vedrai che vuole fare come l’altra volta, vedrai che vuole prendersi la rivincita...”, mi dico.
E naturalmente non mi sbaglio.
In programma questo weekend c’è una gita, visto il bel tempo previsto. Andremo in Val di Mello, pare che mi faranno arrampicare sul granito, una roccia tutta diversa da quel calcare della Cresta Segantini.
- Ti piacerà – mi avevano detto – dormiremo in tenda, una bella canadese da quattro posti.
La valle è davvero bellissima, con dei colori proprio stupendi. Mi dicono che d’autunno è ancora più bella, per via degli alberi gialli e rossi.
Questa mattina, sabato, ci siamo alzati presto, hanno pensato a tutto loro, io mi ritrovo sulla strada per Lecco e per la Valtellina ancora piena di sonno. Sto un po’ meglio di ieri, ma sono ancora ben lontana dalla salute vera.
Nella mattinata facciamo una camminata di ben più di un’ora per guadagnare il posto più solitario possibile, dove nessuno sarebbe mai venuto a importunarci o a dirci che il campeggio lì non era permesso. Vedo tra l’altro radure splendide, angoli incantati accanto al torrente... ma non c’è nulla da fare, si va avanti. Del resto è quasi tutto in piano, perciò fatica davvero zero.
Finalmente, verso mezzogiorno, arriviamo al posticino, davvero incantevole, che Michele ricordava. Siamo distanti qualche centinaio di metri dal sentiero, dove la valle comincia a impennarsi, e qui non c’è proprio nessuno. Sistemiamo subito la tenda, dio com’è pesante, Michele l’ha portata sulle spalle senza neppure lamentarsi una volta. La vedo crescere sotto l’esperta sua regia, con l’aiuto di Debra, sotto un magnifico abete, ai margini ben appartati di una radura costeggiata dal torrente. Fa caldo, sembra estate, altro che fine aprile!
Dentro c’è odore di pulito, sono eccitata come poche volte da questa novità: e poi i materassini, e poi la trapuntina per coprirci tutti e tre assieme...
Dopo un breve spuntino con i panini preparati al mattino e l’acqua del torrente da bere, Michele decide di portarci alle vicine e cosiddette Placche dell’Oasi, lastronate di roccia liscissima ma vedo assai abbattuta. Mi viene da pensare che prendendo la rincorsa ci si potrebbe ritrovare in cima senza neppure arrampicare.
Ci leghiamo, inizia così la mia seconda lezione di roccia, in un posto così totalmente diverso. Qui è tutto molto rilassante, e sono volonterosa d’imparare il più possibile. Michele mi fa vedere come si arrampica “d’aderenza”, quindi estrae una sorpresa dallo zaino: un magnifico nuovo paio di scarpette d’arrampicata, comprate proprio per me e uguali a quelle di Debra, anche come numero. Mi dicono che “Five Ten”, il nostro Cinque e Dieci, è una marca americana, molto valida, che si richiama a una difficoltà di roccia, a un grado, appunto il Five Ten, che sarebbe più o meno il nostro “settimo”.
- Ma qui se arriviamo al terzo grado è tanto – mi rassicura Michele.
Le calzo, mi sono un po’ strettine, ma dicono che dev’essere così, basta che non abbia grandi dolori, la sensazione di pressione eccessiva con il tempo passerà.
Passiamo così qualche ora di sogno ad andare su e giù per queste rocce: è comodo, si sale legati, poi si scende nel bosco accanto, quindi si risale. Fa caldo, c’è una luce netta, Debra e io ci ritroviamo a scalare a seno nudo e in hot pants. Per ogni evenienza teniamo il top legato in vita, ma non c’è proprio nessuno in giro. Michele ci fa un mucchio di fotografie.
Verso le quattro del pomeriggio torniamo alla tenda, anche perché abbiamo molta sete e io sono un po’ stanca.
Non ho voglia di andare al torrente a lavarmi, ho paura che l’acqua sia troppo fredda. Così me ne sto da sola a guardare la radura e il bosco, con quelle grandi rocce che ci circondano, in attesa che Debra e Michele ritornino dal loro bagno.
Dopo un’assenza di non più di una ventina di minuti, eccoli di ritorno. Debra sta rincorrendo Michele, per via di non so quale gioco o scherzo, ma naturalmente senza successo. Lei mi si presenta davanti trafelata, i capelli bagnati, in mutandine (non da bagno) e una maglia di cotone a mezze maniche color arancione: è completamente fradicia.
- Quello stronzo mi ha buttata in acqua vestita... si può essere più cretini? È gelida, va bene lavarsi, ma fare il bagno non volevo. Ho cercato di buttarlo in acqua subito dopo, ma quello è peggio di un camoscio.
- In ogni caso, conciata così sei ancora più figa del solito – la blandisce Michele, sapendo quanto i complimenti abbiano il potere di addolcire gli iracondi.
- È vero, ha ragione, guarda i tuoi capezzoli come tendono quella povera maglina, sembri Jacqueline Bisset uscita dall’acqua.... – aggiungo io sorniona, tanto so già dove si va a parare tra poco.
- Sì, avete ragione. Sono proprio sexy. E mentre lo dice con le mani afferra i bordi della maglia e li solleva, così da mostrarci la pancia, quella sua meravigliosa pancina con quegli slippini fradici d’acqua e così bassi... e così bianchi e trasparenti da lasciar vedere il pelo, quel poco pelo che lei si tiene. Se c’è qualcuna portata per sedurre, Debra può essere la sua maestra. Ci guarda con aria di sfida, ha abbandonato quell’espressione da “se ti prendo ti ammazzo” e ne ha assunto un’altra, quella di chi si è improvvisamente ricordata di essere una figa da schianto.
Non si libera ancora delle scarpe da ginnastica, anche quelle comunque fradice, e s’inginocchia davanti a noi. Con una mano ci rivela i seni, con l’altra si esplora sotto gli slip. Ci guarda un po’ di traverso, una spogliarellista consumata che però non recita affatto le proprie voglie. In realtà accenna appena alla masturbazione, è ancora presto e prima deve sedurci ancora. Così si spoglia completamente e si siede davanti all’ingresso della tenda in posizione simile a quella del fiore del loto. Ma non c’è nulla di meditativo nel suo fare, c’è solo una figa spalancata che richiama sesso, due seni marmorei, due occhi che non ammettono fughe di nessuno. Debra non vuole fare prigionieri... e ancora si sfiora con le dita, chiudendo gli occhi e mormorando: - Non volete venire in tenda con me? Voglio masturbarmi davanti a voi.
Entriamo, e ci disponiamo abbracciati nell’abside, in modo da lasciare spazio alle sue evoluzioni. La tenda è all’ombra, dunque non c’è caldo, si sta bene. Debra può stare in piedi se si tiene al centro. Ci siamo tolti gli sneaker.
La prima cosa che fa è rimettersi gli hot pants, asciutti, senza slip, poi ci guarda pensierosa, tormentandosi l’orlo e i bottoni, quindi si mette a fare ginnastica, facendo dei piegamenti di busto in modo da toccare per terra con la punta delle mani e rivelarci il più possibile del suo sedere, così strategicamente situato alla sommità di un paio di gambe che, per essere giudicate snelle e slanciate, non hanno certo bisogno dei soliti tacchi.
È bello vedere che in questi piegamenti le sue tette rimangono ferme, non ballano su e giù se non un minimo. È una visione terrificante nella sua perfezione.
Dopo una decina di piegamenti, si gira verso di noi e si tira gli hot pants tra le gambe, sì da rivelare la figa e potersela toccare, sempre con il solito sguardo di sfida, poi si accuccia, allarga completamente le cosce, scosta ancora il sottile lembo degli hot pants e si accontenta di farcela vedere. Con l’altra mano si tormenta un capezzolo. Voi direte che è sempre lo stesso repertorio: sarà, ma bisogna provare per credere. Ogni volta per me lo spettacolo è sempre più affascinante.
Subito dopo si dispone per un altro esercizio: appoggia le mani, poi s’inarca sui piedi, accennando all’esercizio del ponte. In realtà lei non vuole eseguirlo, vuole semplicemente alzare e abbassare il bacino, come mimare un’offerta del proprio corpo a qualcuno. Perché pensare che un corpo si sta stirando è anche pensare che quel corpo ha voglia di fare l’amore. Sento anche che il suo respiro si fa più accelerato, e non è per la fatica fisica. Infatti un attimo dopo si libera degli hot pants, si sdraia sui materassini, la figa spalancata davanti a noi, un ginocchio sollevato e l’altro di lato a terra, poi si sditalina per qualche minuto, decisa a farsi venire, un po’ con il dito dentro e un po’ fuori.
L’orgasmo quando arriva è subitaneo, non sottolineato da urla o gemiti, anche per rispetto all’ambiente dove siamo. Si concede soltanto di alzare e abbassare il pube, nel sussulto dell’apice.
- Era tutto il giorno che volevo farlo... già arrampicando qualche volta mi toccavo, ma solo un poco. Michele, quando ti vedo muoverti sulla roccia, il mio bisogno di venire con te diventa spasmodico...
- Ma non mi sembra di capire che mi vuoi a godere con te – osserva Michele.
- Che c’entra, questo è un gioco... figurati se non ti voglio con me. Vi ricordate di quella sera, quando volevo masturbarmi a tutti i costi? Oggi non è così... voglio sempre godere, ma è il mio modo per ringraziarvi di essere con me. Confesso che stavolta mi sono preparata meglio: sono meglio disposta, più serena e ho l’ultimo spettacolino pronto per voi...
- Quindi solo quello della maglietta bagnata non era previsto... – la stuzzica Michele.
- Sta zitto, bastardo. E ringrazia che con quello spettacolino ti ho perdonato... Adesso però lasciatemi rimettere le scarpe... tanto non le appoggerò. Prendo le tue, Matilde, che sono asciutte.
Dopo essersele allacciate con cura, indossa il top che si era tolta durante il giorno, uno splendido top di cotone azzurro. Poi fruga nel suo zainetto alla ricerca del telefonino e lo depone accanto a sé. Infine ripiega due volte la giacca a vento unitamente al maglione e dispone il tutto come un cuscino vicino all’ingresso della tenda, di modo che noi, dall’abside, possiamo osservare quando si sdraia e quando ricomincia serenamente a masturbarsi piano, quasi pensando ad altro. Ha gli occhi chiusi e sembra concentrata su se stessa come fosse davvero sola. Poi ha un sobbalzo, così repentino da stupire anche noi, si precipita a rispondere a un telefonino che in realtà è silenzioso.
- Pronto! Ah, ciao amore! Dove sei? Ah, ho capito. Sapessi quanto desideravo che tu mi chiamassi... cosa sto facendo? Sono qui sdraiata in tenda, amore... lo sai che andavo con Matilde in Val di Mello... no, lei adesso non è qui, è a lavarsi al torrente. Sì, sono da sola... Sai, ho tanta voglia di te!
Sorride. Fa cenno di sì con la testa, sorride ancora, esplode in una sonora risata argentina.
- Ma piuttosto che chiedere con insistenza cosa stavo facendo, dimmi invece con CHI sei! E cosa stai facendo tu! No, dai, non è sempre così. No guarda, Matilde ha il mal di pancino, non ti ricordi? E allora come faccio? Ma sai che sei un bel tipo! Si può sapere dove sei? All’Hotel Concordia di Ginevra? E com’è? Sei da solo, vero? Ah, stai aspettando l’ora per uscire a cena con quei vostri clienti? E che cosa fai lì da solo?
Debra ascolta per un po’ in silenzio, poi improvvisamente la sua mano riprende a fare quello che faceva prima.
- Se vuoi saperlo, anch’io mi stavo masturbando, e pensavo a te, amore. Sembra che tu abbia davvero indovinato il momento... no, ora no (mente). No, adesso sono brava, tra poco arriva Matilde. No, non ho intenzione di farlo (lo sta facendo). Senti, questa non è una videochiamata, se ti dico che non lo sto facendo devi credermi (smette di toccarsi). Tu, piuttosto, come sei messo? Nudo sul letto? Hai delle riviste da guardare o ti accontenti della fantasia? Ti basta la mia voce! Eh, certo, la mia voce... ma davvero ti stai tirando una sega? Hai l’uccello duro pensando a me? Sììì? Bene, allora, te lo dico: adesso comincio anch’io. Sto facendo scivolare la manina, amore, sono anche già un po’ bagnata a parlare con te, e un po’ ancora da prima... Adesso che lo sto facendo vorrei che Matilde entrasse ora, proprio ora... Vorrei fare l’amore con te, caro, e invece mi devo accontentare... del mio dildo! Sì, ora che mi viene in mente forse l’ho portato con me... aspetta che lo cerco nello zaino!
E Debra si precipita a prenderselo. Certo che l’aveva, quello azzurro, se l’era portato apposta...
- Mi ami Michele? Dimmi che mi ami mentre ti masturbi quell’uccello a Ginevra. Sì, anch’io ti amo. Cosa sto facendo? Mi sto semplicemente infilzando il dildo nella figa, perché l’idea che tu ti sbatta nella tua cameretta solitaria mi riempie di voglia. Sì, voglio farlo con te al telefono, voglio sborrare assieme a te. Come va? Io sento già un caldo forte, sento che sto per arrivare, amore. Sì, me lo sto penetrando su e giù e ho la figa bella bagnata. Sì, è una scopata agevole, sì vorrei il tuo cazzo, sìììì. Cosa fai, dimmelo, stai per venire? Non ancora... beh allora ti aspetto. Vorrei almeno vederti... Dio, tra poco godo e tu che sei a centinaia di chilometri. Io vengo per te, amore, sono la tua donna che sborra per te, che si cava la sua essenza, la sua linfa per te. Lo capisci, questo? Vorrei che tu almeno potessi vedermi, la prossima volta mi regali il videotelefono... sììì, ora vengo, sono al limite, eccomi... e tu? Sììì? Ci sei, dai allora, forza sbattiti, ora. Ok, ok, ecco, godo amore, sìììììì, ahhhh, arghhh, anche tu.... che godi con me... fin dove è arrivato il tuo schizzo? Fino al soffitto? Bene, non c’è male... aahhh, che bello, amore. Sei stato stupendo. Io ho qui ancora tra le gambe questo coso e non penso che lo estrarrò, almeno finché non arriva Matilde... chissà che non le giri magari qualche idea buona... Sì, le do un bacino anche da parte tua. Dove, sulla figa? Va bene, non preoccuparti, sarà fatto. Sì, caso mai ci sentiamo più tardi!
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