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Matilde 07-25 - Il primo incontro di Debra e Michele (retro)


di Alex46
09.10.2019    |    669    |    0 6.0
"A Michele non rimaneva che fare due telefonate, e le fece..."
Sto realizzando che ormai il mio diario ha la consistenza di un libro... è nato come diario, ma ora è una vera storia. E ogni storia ha i suoi antecedenti, cui ogni tanto è necessario accennare, per orientare il lettore, o a volte per scavare nella storia stessa.
Qui racconterò con parole mie ciò ho saputo da loro al riguardo del giorno in cui si sono conosciuti. La vicenda deve essere andata proprio così, perché loro me l’hanno raccontata in separata sede e tutto coincideva, o quasi.
Michele aveva appena ricevuto un invito a cena: l'amico gli aveva telefonato con un tale entusiasmo che avrebbe impedito a chiunque di declinare. E quindi aveva promesso di essere puntuale la sera stessa con una bottiglia di porto.
Appena messa giù la cornetta era ritornato al suo lavoro. Ma non riusciva a concentrarsi più: in realtà stava realizzando che quell’invito proprio non gli faceva piacere. Avrebbe potuto dire di no, in fondo domani mattina doveva partire molto presto per il Pizzo Medel, c’era probabilmente un puntello per la serata e aveva bisogno di dormire almeno un poco. Non era per la compagnia, anzi. E non era neppure per il cibo, che sarebbe stato certamente ottimo e abbondante: una di quelle cene che richiedono una digestione a dir poco impegnativa, un incontro di fine stagione festeggiato al di là di ogni misura. Ma non erano appunto gli ecces¬si che lo spaventavano, bensì quella frase "... poi vi facciamo vedere le diapositive delle salite di quest'estate!"
E così si vedeva già, appesantito dalle portate e dai bicchieri, implorare nell'intimo che un improvviso black out interrompesse una lunga e raffinata tortura.
Tutto come previsto. Alle 21.00 Michele si presentò alla porta con un sorriso smagliante. Di corsa aveva preparato lo zaino per il domani (le ghette le porto o no?), di fretta aveva fatto due telefonate per rispondere ad altrettanti messaggini di ragazze, più sbrigativo del solito con la prima. Una raccomandazione alla seconda, la prescelta della serata, appuntamento a mezzanotte e trenta al solito bar.
"Cosa guardi alla televisione?"
"Assassinio sull'Eiger, non posso perdermi il grande Clint!"
Beata te, aveva pensato. Avrebbe preferito quel film, visto almeno tre volte, pur di non andare a soffrire.
Il sorriso della padrona di casa era ancora più splendente del suo. Forse era contenta di essere riuscita, come al solito, a confezionare una cena con i fiocchi; i bambini erano a dormire, altre due coppie di amici erano già arrivati. Aspettavano solo una ragazza, questa Debra si faceva un po’ aspettare.
Il padrone di casa faceva gli onori e presto furono assorbiti nelle chiacchiere di chi è un po' di tempo che non si vede. In un angolo troneggiava minaccioso il proiettore, perciò Michele evitava di guardare da quella parte. Mentre aspettavano la mitica Debra, cominciò a girare una bottiglia di prosecco fresco al punto giusto al quale certamente nessuno poteva dire di no.
La tavola era apparecchiata con gusto e cura, tutto era in ordine. Con il bicchiere in mano sprofondò in una comoda poltrona e cercò di rilassarsi. Nessuno fumava, per fortuna. L'atmosfera era aiutata da una buona musica, a volume discreto: sapeva che la loro selezione di compact disc era di suo completo gradimento. Era stata una giornata dura, aveva parecchia fame.
Dopo il prosciutto e melone, il padrone di casa decise di non aspettare e diede il via alla portata di meravigliosi pizzoccheri, unti solo un po' più del giusto, ma a porzioni da ciclopi.
E quando sulla tavola venne appoggiato il brasato fumante con contorno di patate Michele capì che era arrivato il momento, se voleva sopravvivere, di parlare di più e mangiare di meno. Ma, se aveva qualche preoccupazione, in genere aveva bisogno di tracannare più vino per essere più loquace. E a dire il vero quel barbaresco scaraffato andava giù che era un piacere.
L'amico in questo era assai sollecito: non faceva a tempo a svuotare il bicchiere che se lo ritrovava colmo a tre quarti. Forse voleva farsi perdonare per il bidone della ragazza mancata, per il numero dispari in cui si trovavano...
Parlavano tutti, sempre di più e sempre più forte, spesso si rideva e ci si prendeva in giro. Sapendo della torta di mele, evitò con cura di esagerare con i formaggi. Prima della frutta e del dolce, il padrone di casa si alzò per armeggiare con il proiettore. Fecero la loro funesta apparizione ben cinque caricatori da ottanta diapositive: soltanto l'ultimo aveva poche sedi vuote, alla fine. Silenziosamente scelse la poltrona più appartata, giustamente lontana dallo schermo. Se avesse bevuto ancora qualche bicchiere forse avrebbe perso la cognizione del tempo... Nel frastuono della compagnia si spensero le luci e incominciò la proiezione. Chi non sapeva cosa lo aspettava invitò a tacere chi invece continuava a sghignazzare apparentemente insensibile al richiamo all'ordine.
"Qui è quando... E qui siamo a... E questa è..."
"Fuoco, fuoco!"
"E qui siamo a..."
"E metti a fuoco quella baracca di proiettore!"
"Bella, questa! Guarda che luci... Stupenda!"
"Ma quello sono io!"
"E quella sono io!"
"Ma dove l'hai presa quella giacca a vento?"
"Beh, questa potevi evitare di farcela vedere! Siete proprio brutti!"
Erano solo all'inizio, pensò. In maggioranza le foto erano un po' sfocate, alcune sovraesposte, altre controsole facevano effetto notte.
"Ma questa con che pellicola l'hai fatta?" E giù una disquisizione infinita su film, obiettivi, filtri, mentre con sua grande preoccupazione la foto proiettata rimaneva sempre la stessa, immobile: anzi no, dopo un minuto per il calore si sfocava, e nessuno se ne accorgeva.
All'inizio del terzo caricatore aveva le palpebre che pesavano quintali, per distrarsi si buttò sulla torta di mele che si ero tenuto apposta per il primo momento critico; ma, quando si spensero di nuovo le luci per il quarto, neppure concentrandosi sul prossimo appuntamento, cui rischiava di arrivare anche in ritardo, riusciva a star sveglio. Per fortuna il suo grave silenzio non venne notato troppo, certo che se si metteva a russare non faceva bella figura...
Ed è così che di soprassalto si risvegliò, avevano riacceso la luce per caricare il quinto. Con un buon bicchiere di porto cercò di sciacquarsi la bocca e di riapparire vispo, passeggiando nervosamente per dare un occhio ai libri. Azzardò una battuta sul suo stato di ubbriachezza, sperando che anche altri si dichiarassero vinti, ma non succedette. Il quinto caricatore offrì foto diverse: infatti ora erano al mare con i bambini. Riuscì a reggere bene una ventina di foto, se non altro per i soggetti differenti. Alle mamme non pareva vero di rilanciare quella conversazione sui piccoli che avevano interrotta quando si erano alzati da tavola. Per merito loro la serata riacquistò grande energia, ma a metà caricatore Michele credette di non poter più reggere. Avrebbe dovuto alzarsi alle 4.00, ma prima andare a bere qualcosa con la tizia e prima delle 2.00 non se ne parlava neanche di dormire. Lo nauseava perfino il pensiero del caffè. Per fortuna non doveva guidare, si diceva. Però la giornata era prevista lunga, sicuramente fino al tramonto, tornare a valle con le pile frontali e arrivare a casa chissà a che ora. Il giorno dopo ancora sarebbe andato in ufficio in coma, non avrebbero neppure avuto il coraggio di chiedergli com’era andato il weekend...
Quel poco di applausi che quattro persone riuscivano a produrre lo risvegliò definitivamente. Era finita, anche lui si aggregò a battere le mani. In fondo, alcune foto erano proprio belle, specie quelle dei bambini. Avrebbe dovuto solo essere più selettivo e magari disporle secondo una logica non casuale...
In quella suonò il citofono, una sorpresa per tutti.
- Questa è Debra, vedrai – disse la padrona di casa – è tipico suo fare di queste cose...
Il citofono confermò l’ipotesi.
- Ma certo sali, cara!
Seguì un attimo di smarrimento, più che altro non sapevano se avesse già mangiato e cose del genere.
Poi finalmente comparve. Michele rimase impietrito sul divano e la guardò fissa mentre gli altri si presentavano. Lei sorrideva a tutti, ma a lui parve di cogliere che non vedeva l’ora di poterlo guardare... chissà forse i padroni di casa le avevano detto che lui era “libero” e che era un gran pezzo di figliolo...
Ma, a proposito di bei figlioli, Debra stava facendo il pieno di consenso. Era la classica ragazza che quando entrava in qualche posto si voltavano tutti a guardarla, più che altro per come lei riusciva a riempire lo spazio della sua presenza. Lei si stava scusando, senza esagerare, del bidone che aveva tirato: - Spero che vi siate divertiti... io ho avuto un impegno!
Chissà che impegno, pensò Michele che già si domandava come abbordarla.
Poi venne la presentazione, lui si alzò educatamente dalla poltrona. Ogni traccia di sonno era scomparsa.
- Piacere, Debra!
- Ma non potevi arrivare prima – sbottò Michele senza neanche rispondere “piacere, Michele”.
- Non ce l’ho proprio fatta... in ogni caso non posso esservi mancata...
- Questo lo dici tu – incalzò Michele – io sono stato da solo per tutta la sera – soggiunse a voce bassa e tu non ti sei persa niente...
- Erano noiose le diapositive?
- Erano... troppe!
- Beh, pazienza, me le faranno vedere un’altra volta!
- Ma tu adesso, quando esci di qui, cosa fai? – chiese Michele, ardito. Aveva stomaco, cuore e pancia in subbuglio, con problemi di respirazione. Per una donna così avrebbe rinunciato a qualunque cosa, avrebbe potuto mandare “affanculo” anche l’amico del giorno dopo...
- Se faccio qualcosa... stanotte? – rimbalzò Debra sorridendo in maniera irresistibile.
- Hai problemi se stiamo assieme? – le chiese Michele.
Debra sorrise e gli occhi le lampeggiavano di eccitazione, mentre gli altri si stavano già salutando.
“Fate qualcosa domani?
"Dai, facciamo qualcosa insieme! Le previsioni non sono male."
"La prossima volta venite da noi!"
Anche Debra e Michele uscirono. Combinazione avevano posteggiato le auto quasi accanto l’una all’altra. Stettero un po’ lì in piedi a parlottare e quando furono sicuri che tutti se ne erano andati, si baciarono.
A Michele non rimaneva che fare due telefonate, e le fece.

Fine Matilde 07
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