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Matilde 04-07 - Il pericolo tra le cosce


di Alex46
13.05.2019    |    2.267    |    0 9.2
"Così lo chiamo, voglio sapere per quanto ne ha ancora..."
Il mattino della domenica piove ancora, pare che diluvi in tutta Italia. Michele ha dovuto fare un breve salto in ufficio, io me la godo crogiolandomi a letto. Mi chiama Debra, comunicandomi tra le altre cose d’essersi appena toccata e di essere venuta solo pensando cosa avrebbe fatto con noi questa sera. Chiede anche mie notizie.
- No, io dormicchiavo...
- Oh, scusami, amore.. e Michele?
- È in ufficio, tornerà per pranzo, ma magari andiamo fuori da qualche parte.
- Va bene, vi telefono più tardi, più o meno quando parto.
- Sta attenta però, guarda che ci sono nubifragi ovunque...
- Sì, sì, starò attenta. Ciao, amore, un bacio.
- Un bacio!
A questo punto devo alzarmi per la doverosa puntata in bagno. Ho tutto il tempo di prepararmi, di rimirarmi, di pensare ai miei amori, di vedere allo specchio quanto sono bella, di pensare a ieri e agli spettacolini erotici conditi da altrettanti orgasmi che avevo prodotto per Michele.
Ho anche modo, sorseggiando un buon caffè, di pensare per l’ennesima volta alla nostra situazione anomala, alle promesse che ci siamo fatti recentemente. Prima avevo il terrore che mi dicessero di andarmene via, ora ho meno paura di questo, ma sono un po’ ossessionata dal voler mettermi più in regola di quanto io stessa mi senta. Forse sono meno ribelle di una volta, l’ha ammesso perfino mia mamma l’altro giorno al telefono, quando cercava, senza riuscirci, di sapere qualcosa di più sul mio conto: ma è perché non sa cosa sta succedendo, lei crede che io abiti qui da sola, ho trovato sempre scuse per non farle vedere la casa, ma ormai tutto questo non può più reggere... Sicuramente s’immagina che io conviva con un uomo. Se sapesse...
Mi sto agitando, e non è giusto. Non voglio che Michele ritorni e mi veda inversa, e non parliamo di quando tornerà Debra.
In più la telefonatina di lei mi ha un po’ eccitata, oltre che sorpresa, e non voglio essere da meno.
Sono così carina che mi viene voglia, più che fare dell’autoerotismo, di fare dell’autoesibizionismo, almeno subito. Più che di godere ho voglia di vedermi godere.
Sono appena uscita da un magnifico bagno ristoratore, rigenerante direi. Ora sto frugando nei due guardaroba, alla ricerca di qualcosa a mettermi, qualcosa che mi faccia sentire figa al massimo senza sembrare volgare. Una camicia azzurra di Michele (sbottonata), una minigonna di cotonina nera, le mie scarpe preferite. Mi guardo allo specchio, in posa, con la fantasia mi vedo ancora sul set fotografico: ma questa volta il fotografo non c’è, e tutto questo è per il mio piacere. Mi apro di più la camicia, per adorarmi il seno, ma intanto mi guardo negli occhi, oggi di un azzurro particolarmente intenso e sottolineato dalla camicia. Provo varie posizioni, di fianco, di tre quarti, di fronte. Lo specchio mi rimanda sempre un’immagine che mi gratifica.
Mi appoggio sulla sedia che di solito usiamo per appoggiare i vestiti, mostrando il sedere allo specchio: mi volto per guardarmi ancora negli occhi, ma è soprattutto la figa che vedo, quella stessa figa che potrei più agevolmente guardarmi senza specchio... ma quello che voglio è soltanto sedurre me stessa.
Sulla stessa sedia ora mi siedo dopo essermi tolta la camicia: abbandono le braccia tra le gambe tenute strette. I talloni si alzano appena dal loro appoggio, staccandosi un po’ dal sandalo, vedo il gioco di muscolo del polpaccio, la gonna mi è salita parecchio in alto... Ora mi riappoggio alla sedia, ma questa volta con il busto quasi orizzontale, la testa assai in basso... ah, avessi i capelli più lunghi mi cadrebbero tutti di lato. Intravedo una fuga di schiena nuda ed entrambi i miei buchi completamente esposti: così messa, la minigonna è soltanto un ornamento erotico. La si vede più che altro ricascare sul davanti. Sto appoggiando solo un ginocchio alla sedia, vedo perciò la suola del sandalo proprio sotto la coscia. A proposito di coscia, noto che non ho neppure una virgola di cellulite. Beh, vorrei ben vedere, a 28 anni... Ora però non riesco a resistere e mi do una carezzina, con la scusa di scostare le labbra di sinistra. Appare la carne rosa, già un pochetto umida.
Mi sdraio sulla bianca stuoia pelosa che ha già visto decine di performance sessuali. Ne abbiamo due uguali e le laviamo più spesso che altre cose. Ho ancora addosso la minigonna. Mi sono piazzata davanti allo specchio e ho appoggiato il capo a un cuscino preso in soggiorno. Muovo le gambe, le alzo, le allargo, provo piacere già a toccarmi le caviglie, a sfiorarmi una coscia, un ginocchio. Trovo che la posizione più seducente è quella di guardarmi di sottecchi, un ginocchio alzato e l’altro appoggiato di lato a terra, entrambe le mani sulla pancia, vicine al sesso ma non proprio sopra, quasi a suggerire quello che succederà. Noto che il gluteo della gamba sollevata crea un solco appena accennato con la coscia, quasi a dire “questo è il culo, questa è la coscia”: una visione imperdibile, che cercherò di riprodurre quanto prima per i miei prossimi spettatori. Ho anche l’idea di appendere la camicia azzurra sul ginocchio, messa ovviamente in modo che copra solo la gamba sotto il ginocchio. Poi con la manina passo di sotto e mi accarezzo, con ciò nascondendo quell’abbozzo di solco così sexy.
Infine indulgo in un’ultima posizione di autoesibizionismo, sempre sul pavimento, schiena appoggiata alla sedia messa contro la vasca: mi sistemo tutta sul fianco destro, in modo che siano visibili soltanto le gambe unite e tenute a squadra. Quella superiore però la ripiego e me l’afferro con le mani all’altezza del sandalo. E così è visibile ancora una volta il sesso, la fessura assume una curva stupenda. Poi alzo leggermente la gamba, sì da aprire ulteriormente la visuale sulla cosa più importante di me. M’immagino pure che un assistente venga lì vicino e mi misuri con un esposimetro la luce riflessa della figa...
Subito dopo però faccio una smorfietta a me stessa e m’infilo un dito, perché la tensione è diventata insopportabile. Del resto, se fosse una vera seduta fotografica, ora me l’avrebbero chiesto, ora sarebbe stato il momento giusto per masturbarsi.
E così mi concedo questa lunga carezzina di dito, che va avanti qualche minuto prima che io goda a lungo, con qualche piccolo sussulto. Siamo io e la mia fighetta, la mia amica, la mia amante solitaria.
Subito dopo mi spoglio completamente nuda, anche di collana e orecchini, e torno in camera da letto. Sono più o meno le 11, mi sorprendo a desiderare che Michele non arrivi proprio adesso. Ho voglia di un’altra sega, ho la figa in fiamme, neppure vicina a essermi data, con il primo orgasmo, un po’ di quiete. Così guadagno il letto, ancora sfatto, vado dalla parte dove ha dormito Michele, prendo il suo cuscino e me lo metto tra le gambe, poi me lo sfrego lungamente su e giù, cercando di godere. Così però non ci riesco e allora mi sdraio e mi slungo, figa all’aria, e ricomincio a sditalinarmi, questa volta più in profondità, a tratti con due dita. La mano che s’infila passa da sotto la coscia, l’altra accarezza il clitoride. E con questa azione combinata ci vuole più solo poco per venire come una cavalla imbizzarrita. Era un po’ che non mi masturbavo così da sola, solo ed esclusivamente per il mio piacere: sì, perché adesso voglio godere, voglio proprio godere e mi riempio la bocca con questa parola, autoerotismo. Chi l’ha detto che la donna al mondo serve solo per la procreazione, poi serve solo per dare amore ai figli? Tutto vero, ma in questo momento lasciatemi dire che la donna è al mondo per godere. Io credo nel mio profondo che il godere della donna sia l’origine stessa dell’universo. Ciò che succede in una pancia femminile quando ha un orgasmo è l’essenza dell’umanità. Del resto senza quello, cosa ci sarebbe? Da dove verrebbe lo stimolo di sopravvivere a questo cazzo d’universo, per certi versi così mal riuscito?
Vogliamo parlare di religione, di spiritualità? Parliamone, ma solo tra persone che hanno sperimentato e vivono quotidianamente l’orgasmo. Le donne perché sono donne e gli uomini perché amano far godere le donne e le riempiono di seme.
Ne ho ancora voglia, devo avere un orgasmo di penetrazione proprio quando arriverà Michele. Così lo chiamo, voglio sapere per quanto ne ha ancora.
- Lo sai quello che sto facendo vero?
- Quante volte ti sei fatta, amore?
- Solo due, ma ne ho ancora voglia...
- Tu non hai una figa, tu tra le cosce tieni un pericolo...
- Allora, a che ora vieni?
- Mmm, non credo prima delle quattro!
- Nooo – rispondo io delusa –ma a quell’ora dovrebbe arrivare anche Debra...
- Sì, mi ha chiamato stamattina e mi ha detto che l’ora dovrebbe giusto essere quella.
- E allora sai che faccio? Salto il pranzo, che fa solo bene, mi metto buona buona a leggere, che fa solo bene, poi verso le quattro quando entri, precipitati per favore in camera da letto e mi troverai a sborrare sul mio dildo. Spero di farcela a resistere fino ad allora. Poi però mi devi saltare addosso...
- E Debra?
- Debra mi ha già detto che un aperitivino se l’è fatto questa mattina, sicuramente si toccherà almeno una volta in viaggio, magari senza venire, e arriverà qui infoiata. Dunque preparati, caro il mio campione!
Messo giù il telefono cerco di mantenere quello che ho promesso e, sorprendentemente, ci riesco. Sono fiera di me stessa e dopo i primi momenti di reale bisogno, trovo che si possa benissimo aspettare.
Ho tante cose da fare e da leggere. Potrei scrivere anche un po’ di questa mia vita. È molto che non mando avanti il diario.
Qualche minuto prima delle 16 però comincio ad agitarmi. Ho avuto un bel mettere a posto, fare ordine, pulire di fino il bagno, farmi una doccia, leggere per un’ora, scrivere per un’altra ora... alla fine il pensiero me lo ritrovavo sempre sulla solita cosa, accogliere Michele in quel modo.
Gli ultimi minuti sono davvero spasmodici. Sono nuda sul letto, che nel frattempo ho rifatto, cambiando le lenzuola. Sono sdraiata con calzate le scarpe, a fianco c’è il dildo più fedele, quello rosso. La testa adagiata sul cuscino, le braccia conserte sotto al seno, un ginocchio rialzato, faccio davvero fatica a trattenermi. Mi dico, su dai, una toccatina, cosa vuoi che sia, magari quello arriva in ritardo, lo sai com’è. Che te frega? Inizio a carezzarmi, poi smetto, quasi con stizza. No, voglio regalargli il massimo, voglio che la mia libidine lui la veda proprio tutta...
E intanto sto con l’orecchio teso, cercando di sentire il rumore dell’ascensore che sale al piano, cosa peraltro impossibile. Sono le quattro passate, perché non arriva quello stronzo? Perché ho sempre più bisogno di rilasciare un orgasmo, uno di quelli che si preannuncia da favola, visto quanto è stato rimandato?
Alla fine sento il rumore della porta che si apre, in un attimo m’infilo nella figa, che più vogliosa è impossibile, lo strumento rosso di piacere. Nella mia posizione sono sdraiata con la testa sul cuscino, entrambe le gambe a ginocchia alte e allargate, le due braccia che passano sotto le natiche e tengono in mano il dildo che va dentro e fuori. Guardo fissa la porta d’ingresso della camera, i rumori poco più in là però mi rivelano che non è Michele. È Debra, che è arrivata!
- Ciao! – la sento cinguettare.
- Ciao – le rispondo incapace di trattenere la mia masturbazione.
- Ma... che voce che hai... cosa succede? – e in quella s’affaccia alla porta e mi vede lì, sul letto, a gambe spalancate, uno sguardo sicuramente sconvolto.
- Matilde!
- Credevo fossi Michele – trovo modo di farfugliare – non mi avresti, aaah, dovuto chiamare prima di, ahhhh, partire da Tarvisio?
Debra mi osserva affascinata, la borsa ancora in mano. La vedo stupenda, la più stupenda autopilota d’Italia. Il viaggio è stato lungo...
- Sì, scusami, ti avevo detto così, ma poi non l’ho fatto...
- Bene – dico io – allora guardami, questo l’avevo preparato per Michele, ma ormai è per te...
- Quante te ne sei fatte oggi?
- Non tante, ahhh! Non tante, solo due, ma questa è quella che conta. Ne ho parlato con Michele, dovrebbe, ahh, mmmm, arrivare adesso!
- Non so se ce la farai a tenerti! – sogghigna Debra – quello può arrivare anche alle cinque, chi lo sa!
- Debra, sei pronta a una serata delle nostre? Mi sei mancata un casino, ahhh, dio che bello... non vuoi aiutarmi un po’?
- No, amore, preferisco che fai da sola, era programmato così. Se vuoi ti racconto che a momenti sborravo in macchina...
- Sì, dai, raccontami!
- Ero a Brescia, e non ne potevo più di toccarmi ogni tanto. Come vedi ho su la gonna, è facile toccarsi sotto e incontrare solo poca resistenza, ma c’era anche traffico, volevo stare attenta, volevo tenermi per voi, forse...
- E allora, ahhhhhh, perché stavi per venire?
- Perché a un certo punto mi è venuto in mente l’episodio di Giovanni, quando ci siamo incontrati in autostrada ed è stato sesso a prima vista. Sai che ogni volta che lo ricordo è una frustata di voglia? Sono fatta così, il proibito mi affascina... Ce l’ho messa tutta per trattenermi dall’infilarmi un dito alla faccia delle mutandine e godere!
- Beh, allora adesso guardami, perché sto venendo io, ORA! Eccomi, ahhhh! Ahhh! Per te, amore, per te! E per quel bastardo che sta sempre a lavorare, che poi chi lo sa se lavora, magari l’ufficio di domenica è l’unico posto dove può guardare le sue fighe e tirarsi delle seghe in santa pace, ecco, godo, così, cosììììì!
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