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Matilde 03-23 - Il garage 1


di Alex46
19.04.2019    |    2.294    |    0 7.8
"Fa appoggiare Debra al pavimento con la mano sinistra (braccio teso), la gamba destra è completamente ripiegata e infilata tra le mie gambe diritte ma appena..."
Questo che segue è il racconto fedele del servizio fotografico che Michele ha voluto fare a me e Debra una sera. Lui era rientrato un po’ prima e si era affrettato a preparare in garage il set, proprio accanto alla sua macchina. Con la saracinesca chiusa rimaneva poco spazio ma alla fine doveva bastarci. Sistemati i faretti e il cavalletto, posizionata la Nikon, era tornato su in appartamento ad aspettarci.
Io arrivo per prima, Michele mi accoglie con un sorriso dei suoi, abbastanza furbetto da farmi capire subito che c’era sotto qualcosa, certamente di piacevole.
- Cos’hai in mente? – gli chiedo.
- Mah, se a voi va vorrei farvi un servizio fotografico, di quelli in piena regola...
- Qui, a casa?
- No, pensavo giù in garage.
- In garage? Sei sicuro che sia un’idea buona?
- Sì, auto e belle fighe sono sempre state una combinazione vincente... ora, la Passat non sarà un’auto dei sogni, ma fa ancora la sua bella figura. Ora, aspettiamo Debra, poi, se lei è d’accordo scendiamo giù. Ho già preparato tutto.
- Nel frattempo preparo qualcosa da bere. C’è ancora quel frizzantino di ieri sera?
- Sì, sì, io non ho bevuto niente questa sera.
In quella ecco entrare Debra, che non fa a tempo a posare la borsa e già le viene richiesto il suo parere sul servizio. Intanto io le porgo da bere.
- E come dobbiamo vestirci?
- Allora, io ho pensato così: Matilde quella microgonna di jeans con cernierino anteriore e le fibbiette sui fianchi; Debra i suoi hot pants jeans, quelli con la cerniera coperta e l’automatico.
- Sì, ho capito quali. E sopra?
- Matilde il suo reggiseno rosso con i fiorellini ricamati e tu, Debra... magari il tuo reggiseno di raso viola pallido...
- E come scarpe? – intervengo io.
- Vorrei per te quelle azzurre a sandalo, per Debra quelle color rosino. Non hanno un tacco spaventoso, non dovete essere da gara, dovete essere normali.
- Beh, normali è una parola grossa...
- Come ornamenti vorrei che solo Debra si mettesse la sua catenina d’oro in vita. Per il resto nient’altro. Ah, non dimenticate di prendere il vibratore rosso e quello azzurro...
- Ma perché, andiamo subito a prepararci?
- Sì, direi di sì...
- E non mangiamo niente?
- Ma no, è meglio che siamo tutti a digiuno... anzi facciamoci un altro frizzantino – scoppia a ridere Michele, conclusivo.
Dopo una mezz’oretta, fatte le abluzioni e indossato per filo e per segno quanto voleva Michele, siamo ormai al terzo frizzantino a testa e, finita la bottiglia, siamo pronte per scendere. Con l’ascensore andiamo direttamente al piano sotterraneo, ridendo sommessamente. Siamo tutti eccitati per ciò che stiamo per fare, Debra e io non abbiamo la minima idea di ciò che ha in testa Michele. Ma siamo pronte a dare il meglio, dopo questa giornatina di lavoro non certo riposante. Sotto la microgonna e gli hot pants non indossiamo nulla.
Chiusa alle nostre spalle la saracinesca, Michele ci fa appoggiare diritte davanti al muso della Passat: le nostre gambe nude sfiorano la targa. Poi chiede a Debra, che è alla mia sinistra, di appoggiarsi lievemente alla mia spalla, con la testa e una mano. Io sono invece con le braccia allungate e le mani appoggiate sulle mie cosce. A me chiede di sorridere appena, a Debra domanda un’espressione più seria, come di colei che farà la parte della seduttrice ed è già compresa nel ruolo. Siamo entrambe truccate solo leggermente, senza rossetto. La foto ci riprende dalle ginocchia in su.
L’immagine successiva richiede a Michele di allontanarsi di quel metro che gli è possibile, non prima di aver piazzato, in mezzo alle nostre gambe il secchio rosso pieno d’acqua insaponata e una spugna e uno straccetto per lavare l’auto. Ci riprende ancora nella stessa posizione, ma questa volta Debra è più decisamente appoggiata, le nostre figure sono visibili completamente. Io ho allontanato un po’ la gamba destra, appena appena, in modo da appoggiare sul pavimento solo la punta del sandalo azzurro; Debra per la sua posizione su di me è costretta ad appoggiare il sedere un po’ più di lato e a tenere il ginocchio e il piede sinistro un po’ rivolti all’interno.
La sua è una posizione molto sexy, ma d’altra parte Debra sembra essere nata apposta per incantarti. Però ancora il tono generale è quieto, sembra semplicemente che Debra si appoggi a me per poter stare anche lei nella fotografia.
- Matilde, prendi lo straccetto e bagnalo. Debra, prendi la spugna.
Subito dopo ci chiede di fronteggiarci, io devo strofinare lo straccetto sul petto di Debra, subito sotto il reggiseno. Mentre lo faccio, mi volto a guardare l’obiettivo, con un’espressione di leggero stupore per la reazione di Debra. La quale ha lo sguardo abbassato sulla mia mano, la osserva con ammirazione, come se si sentisse sollevata di non dovermi sedurre, felice che io l’abbia preceduta. È solo un gioco per me, sembra invece che per lei sia solo l’inizio. Anche quest’immagine ci riprende dalle ginocchia in su.
In quella seguente ancora Michele si riallontana, Debra mi risponde, a sua volta sfrega la spugna sopra il mio reggiseno, mentre io interrompo la mia azione di sfregamento e mi limito ad appoggiare lo straccetto sulla sua pancia, non in modo tale però da nasconderla.
I suoi hot pants sono più bassi della mia microgonna, che già non scherza, mettono in evidenza una pancia da sballo, protesa in avanti, offerta senza perdere nulla della sua forma perfetta, in linea con il bacino. Lei continua a guardarmi come prima, ma sembra più decisa a entrare in azione. Io punto sempre all’obiettivo, con la stessa espressione di prima, giocosa. Ma comincio a essere intrigata dalle attenzioni di Debra.
Ora abbiamo le mani insaponate, io m’appoggio lo straccetto alla pancia mentre Debra mi bacia, ci cerchiamo con le lingue mentre ci sfioriamo le labbra: lei mi appoggia una mano quasi completamente bianca sul lacciolo destro del mio reggiseno rosso. È il momento in cui cominciamo a dimenticare che siamo qui perché Michele ci sta fotografando: siamo ormai nell’ordine d’idee per cui noi siamo qui per fare l’amore assieme, e lo faremo con il gusto di esibirci, con il piacere di farlo per il nostro uomo. Ci togliamo i reggiseni, ma quest’azione non viene fotografata: è ovvia, Michele preferisce glissare e si limita a dirci di buttarli sui tergicristalli.
Nulla vieta però di continuare il nostro gioco erotico. Debra mi costringe a voltare la schiena all’obiettivo e di appoggiarmi con le mani (a braccia tese) sul cofano dell’auto. Sono quindi leggermente china in avanti a schiena nuda e la mia microgonna si solleva posteriormente in modo di mostrare a tutti il solco della figa. Ma lei non sembra curarsene, si limita a sfregare la mia schiena con la spugna, badando a non coinvolgere i capelli. È intenta, compresa, lo fa con amore e abilità.
Poi, dopo aver appoggiato la spugna sul cofano, si accuccia a gambe spalancate, i suoi hot pants sono tesi allo spasimo. Mi fa rialzare diritta, m’infila una gamba tra le mie, mentre io mi rivolgo all’obiettivo e mi accarezzo i capelli con il braccio sinistro ripiegato all’indietro. La mano destra accenna ad abbassare i miei hot pants: stessa cosa fa lei, con ambo le mani tende a sfilarmeli verso il basso. Anche lei guarda nell’obiettivo, con un’implicita sfida, come dire “volete vedere anche voi cosa faremo adesso? Pensate che io mi fermi perché voi mi osservate?”.
Michele non ha un gran bisogno di dirci cosa dobbiamo fare: una volta impostata la posa, siamo noi stesse a capire quando abbiamo raggiunto il massimo dell’espressività erotica. Al massimo Michele si limita a sottolineare, mentre scatta: - Sì, così, bene, bravissime... ecco, ferme così!
Ora però Michele ci vuole in una posa un po’ strana. Fa appoggiare Debra al pavimento con la mano sinistra (braccio teso), la gamba destra è completamente ripiegata e infilata tra le mie gambe diritte ma appena un po’ piegate. Il grosso del suo peso è dunque sulla mano e sulla punta del piede destro; la gamba sinistra è protesa in avanti, ma non distesa, praticamente a 90 gradi, ed è quella che per prima incontra l’obiettivo. Debra con la mano destra sta accarezzando il mio seno sinistro, a coppetta, e lo sta guardando con adorazione. I suoi seni, di tre quarti di fronte all’obiettivo, data la sua posizione del busto quasi orizzontale, sono un po’ schiacciati, ma dato che sono assai sodi sono ancora ben visibili e in rilievo. Io guardo lei, la mano sinistra sulla mia coscia sinistra, la mano destra sulla mia microgonna. Ma questa volta non per sfilarmela, bensì per accennare a sollevarne l’orlo. La guardo, e con il mio modo di pormi cerco di sedurla oltre ogni aspettativa.
Ormai siamo eccitate oltre luogo. Non vedo l’ora che Debra mi lecchi, mi sento bagnata. È il momento di togliersi tutto e di procedere in modo più hard.
Michele ci riprende con me ancora rivolta verso l’auto, le mani appoggiate sul cofano. La figa fuori, semicoperta dai capelli di Debra che è china su di me per abbassarmi la microgonna che ormai è quasi a terra e trattenuta solo più da una caviglia. Lei non è accucciata, è solo appena piegata, ha messo la mano destra all’interno della mia coscia destra, a dieci centimetri dalla figa, e con il busto si appoggia sul mio sedere. Io ho lo sguardo perso verso la stanza, lei sembra osservare il pavimento più che la microgonna. Nella protrusione del busto le si possono vedere bene i muscoli addominali, da ragazza sportiva qual è: il culo sembra volerle far scoppiare gli hot pants, ma non perché l’abbia troppo voluminoso. È solo il sesso che sembra farglielo esplodere.
Ora tocca a me. Debra è in piedi con il sedere e le mani sul cofano, io sono accucciata, completamente nuda sui tacchi, le gambe scosciate, la schiena all’obiettivo. Guardo la sua pancia da pochi centimetri di distanza, mentre l’aiuto a sfilarsi gli hot pants. Lei tiene la gamba sinistra appena sollevata, io glieli abbasso. Ma questo movimento le fa anche avvicinare la coscia all’inguine, del quale rimane visibile solo la sottile striscia di pelo, in una posizione che sembra di ultima resistenza di pudore mentre invece è solo sesso civettuolo. Debra ha gli occhi bassi, puntano il pavimento ma sembrano guardare ben più lontano, perché vedono l’ineluttabilità di ciò che sta per succedere. La catenina d’oro le circonda la pancia, l’anello di aggancio è a pochi centimetri dalla striscia di pelo. I capelli neri le coprono il seno destro.
Debra, senza quasi muoversi rispetto a prima, con la coscia sinistra ancora ben alzata a proteggere l’inguine, mi appoggia la mano sinistra sotto il mento, così da costringermi con dolcezza ad alzare il capo e a guardarla. Da parte mia sottolineo questo invito, da accucciata che sono, alzandomi appena e nel fare ciò sono costretta ad alzare i talloni dai sandali e ad afferrarmi lievemente al suo fianco sinistro. So bene quello che sto facendo, la posizione è studiata, Michele vuole esattamente quello: e, mentre eseguo, penso ai miei talloni sollevati e in qualche modo l’effetto di questo gesto sulla mia figa, invisibile. Perché sento questo languore al pube mentre mi concentro sui miei talloni alzati? Sembra domandarselo anche Debra, mentre con grazia mi solleva il mento.
Siamo tutti consci che ormai è finito il tempo dei giochini. Io mi sento la figa bagnata, nell’attesa spasmodica di una qualche azione. Debra approfitta che Michele stia facendo una modifica alle luci per sussurrarmi: - Adesso però mi lecchi, vero? Non ne posso più... di queste manfrine.
- Come vuoi che ti lecchi, amore?
- È lo stesso, basta che vada bene a lui. L’importante è che mi metti la lingua sulla figa al più presto, sono fradicia, ne ho una voglia tremenda.
Io le sorrido, non facendo certo mistero di quanto sia anch’io bisognosa di sesso con lei: però non muovo dito, in attesa di quello che dirà Michele.
Ma lui, sistemate le luci, ci fa muovere: - Se volete, potete vedere come siete venute nelle foto.
Tutti e tre ci disponiamo dietro al minuscolo display della digitale, Michele ci fa passare una per una le immagini. Debra mi accarezza un ginocchio, io mi accosto il più possibile a lei. Siamo nude, alte sui tacchi, ci sentiamo più fighe che mai. Il risultato fotografico è davvero eccellente, e il risultato erotico non può che essere quello di aumentare la nostra voglia, quasi palpabile a questo punto. E Michele continua a far finta di niente, tronfio dei nostri complimenti.
- Guarda, Michele, che qui serpeggia la rivolta... – azzardo.
- Che rivolta?
- Se non ci fai fare qualcosa di attivo, non so se possiamo continuare... – precisa Debra – magari sul più bello ti mandiamo a quel paese, te e le foto, e io e Matilde ci sbattiamo con quei cosi lì sul tavolino. Ma cosa hai oggi tra le gambe, un gatto morto? Possibile che non ti si sia rizzato neppure un po’ a vedere quelle foto?
Ormai lo sta provocando apertamente.
- Adesso voi farete quello che dico io, e basta. Tu, Debra, appoggiati al cofano e metti il ginocchio sinistro anche lui sopra. E tu, Matilde, accucciati davanti, a gambe spalancate. Con la sinistra devi appoggiarti alla sua natica, con la destra devi sfiorarti appena... ho detto appena, non così. Così ti stai masturbando, non voglio che lo fai ora.
- No, non mi stavo masturbando... mi davo solo un po’ di sollievo...
- Sì, sì, lo so che sollievo ti stavi dando – interviene Debra, senza neanche voltarsi.
Alla fine, anche a Michele sta bene come mi sfioro con le dita. In realtà è davvero solo un accenno.
- Ora alza la testa e accenna a leccarle la figa, ce l’hai lì proprio sopra di te... – mi comanda Michele – ma senza troppa foga, mi raccomando. Le devi far venire ancora più voglia, se può, e basta.
Io eseguo, nel farlo mi accorgo che le tette mi vanno avanti verso l’obiettivo. Ne sono orgogliosa. Mi sento fiera di essere così esposta, la mano con il dito non vuole coprire la figa, perché si trattiene a stento. La porzione di carne tra la figa e l’invisibile buchino del mio culetto è tesa all’eccesso, a causa dello scosciamento cui mi sottopongo. I muscoli dei polpacci, schiacciati dalle cosce, sono in bel rilievo, i capelli mi ricadono dietro la schiena mentre sto per svenire dall’eccitazione di avere finalmente la figa di Debra alla portata di labbra e di lingua.
Debra si lascia sfuggire un sospiro di eccitazione. Di sicuro con tutta se stessa è concentrata lì, su quella figa esposta che sto per leccarle.
- Dai, Matilde, fallo, ti prego!
- Sì, ora, fallo – concede Michele.
E a quest’ordine Debra non si tiene più, di sua iniziativa si alza la natica sinistra, scoprendo ancora di più la figa e quindi le sue parti più interne e rosate, la sua richiesta è muta ma non ammette disobbedienza. Devo leccare.
Anch’io le prendo le natiche, con le due mani, costringendomi quindi ad alzare le braccia, scoprire del tutto la mia, di figa, ma abbandonarla, anche, per leccare avidamente quella della mia amante.
Lei ora ha voltato la testa verso di me e mi guarda, come si guarda l’oggetto del desiderio, come si può guardare soltanto chi ti sta appagando, finalmente.
Non ci mette molto ad arrivare all’orgasmo, e non in modo silenzioso.
- Ah, vengo, godo... così, lecca ancora, sì, più dentro, dai.. aah, aaah!!
Speriamo che in questo momento nessuno debba prendere l’auto in garage, altrimenti...
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