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Lui & Lei

Matilde 02-01 - Domenica


di Alex46
12.02.2019    |    3.555    |    0 8.5
"Ma poi alla fine, con le dita sprofondate nella figa, vengo e nei sussulti lo vedo sopra di me, mentre mi fa sua e mi grida tutto il suo amore..."
La domenica da soli può essere una giornata interminabile. La si aspetta tutta la settimana ma può finire per rivelarsi di una noia mortale. Il nostro ritmo di vita è tale che non possiamo neppure concederci un po’ d’ozio senza annoiarci. Oppure non siamo capaci di stare da soli?
È da stamattina che cerco qualcosa che mi occupi il tempo e, soprattutto, la mente. Ma alla fine penso solo a lui, nient’altro che a lui. Così inizio a scrivere qualcosa con la tastiera.
Vedo le sue mani che mi cercano continuamente, che giocano con le mie voglie; vedo i suoi occhi che mi confermano di continuo l’amore che prova per me.
Oggi se ne è andato in montagna con gli amici, ieri siamo stati a passeggiare per il centro come due ragazzini innamorati, al loro primo incontro e senza un posto dove andare a pomiciare.
Invece siamo due amanti che nella testa hanno solo di voler rivivere ogni momento di quelle ore che passano assieme, che sentono il bisogno di fissare ogni secondo di questo amore folle, di questo rapporto iniziato a tre che oggi continua a due più forte che mai. Giusto il contrario di quello che succede normalmente...
Seduta sul divano sfoglio distratta una rivista, passando invece in rassegna i momenti più belli di ieri. Non penso all’amore di ieri sera, o al bacino di saluto di questa mattina che lui mi ha dato mentre praticamente dormivo...
Penso alle strade che abbiamo percorso mano nella mano, le vetrine davanti alle quali abbiamo fantasticato acquisti impossibili, specie quelle degli antiquari.
Penso al tavolino del bar, per l’aperitivo, dove cominciavo a confondere le risate con quella strana euforia che ti prende, l’allegria del sentirsi appartenenti all’altro.
Solo alla fine penso al divano di casa nostra dove finalmente abbiamo potuto escludere il mondo.
Mi rivedo Michele che chiude la porta, io sono già sdraiata sul divano e lui si avvicina dicendomi quanto sia bella, quanto mi desideri e con quanta magia.
Con sofferenza risento il sapore e il calore delle sue labbra, avverto ancora la voglia di stringerlo, di essere tra le sue braccia, di sentire il suo corpo schiacciarmi contro il divano, mentre le mani scoprono con quanta intensità mi desideri.
Rivivo appieno l’attesa di essere nuda sotto di lui, le mani che mi spogliano. Mi sento pronta, come lo ero ieri.
E allora socchiudo le gambe mentre la mano scivola sotto ai pantaloni aperti, ad accarezzare l’orlo degli slip, e poi più giù fino al clitoride che sento spingere contro il tessuto.
Intingo dolcemente un dito in questa figa bagnata, lo porto alle labbra pensando a come ha fatto lui quando, sfilati i miei slip, mi ha assaggiato, per poi ribaciarmi con ancora quel sapore sulle labbra.
Sto spasimando in una voglia che oggi non può ancora essere soddisfatta. Mi pizzico i capezzoli, quasi volessi punirmi per il desiderio irrefrenabile che sento crescere dentro di me. Mi pizzico forte fino a che la schiena si inarca, fino a che le gambe si divaricano aspettando di godere nel ricordo di ciò che è stato.
Mi tocco, lasciando che le dita navighino e scivolino dentro di me. Le sento scorrere sempre più forte, vedo le sue dita, lecco le mie.
Voglio venire, sto per venire, invece aspetto, in quella sofferenza dolce che è l’attesa dell’orgasmo. Lo fa anche Michele, quando mi porta così distante che non so neppure più come mi chiamo per poi rallentare e godere del mio stato di necessità. Lui aspetta sempre che gli chieda più volte di farmi godere, per farmi impazzire ancora di più.
Ma poi alla fine, con le dita sprofondate nella figa, vengo e nei sussulti lo vedo sopra di me, mentre mi fa sua e mi grida tutto il suo amore.
Fuori splende il sole, anche se fa freddo. L’inverno non è ancora arrivato, ma queste giornate così chiare hanno una loro vaghezza misteriosa, la dolcezza degli ultimi e splendenti colori dell’autunno. Dopo qualche minuto di immobilità luminosa e di silenzio squilla il telefonino. Stesa sul divano, il cuore mi batte forte.
- Sei tu... amore!
Cerco di trovare una posizione più comoda... come se lui mi fosse vicino. Che voce calda!
- Dove sei?
- Sono partito adesso da Lecco, ma forse ci sarà un po’ di coda...
Sento un gran voglia ricrescermi dentro... Vorrei giocare con lui. Con le mani riscivolo alla ricerca del piacere.
- Non correre, io ti sto aspettando... È andato tutto bene?
- Sì, benissimo. Saluti da Rino...
Gli parlo e il desiderio di toccarlo è forte. Vorrei averlo qui per poterlo baciare, per poterlo stringere tra le mie braccia.
Continuo a parlargli, a raccontargli come mi sono toccata poco fa.
- Poco prima che tu chiamassi lo stavo facendo...
- Cosa, amore?
- Mi stavo masturbando e pensavo a te, pensavo che tu fossi già qui...
La sua voce diventa roca e mi dice che anche la sua mano si sta muovendo. Gli piace che gli parlo, lo eccito.
- Sta attento, stai guidando... non fare lo scemo!
Continuo a toccarmi e sento il clitoride pulsarmi fra le dita.
I silenzi al telefono si fanno lunghi... godo della mia voglia di godere, e sento la sua.
- A che punto sei? Io non ce la faccio più!
- Anch’io, anch’io... - gli rispondo.
Tengo il telefonino con la testa reclinata sulla spalla. M’infilo due dita... sono completamente bagnata, con l’altra mano continuo a giocare con il clitoride. Il corpo s’inarca scosso da brividi.
- Ecco... sììì... sto godendo!
- Sì, amore... sì, dai, dai... - mi sussurra.
Prolungo il piacere... la mia voglia di lui. Porto il polso fra le gambe. Lo stringo fra le cosce, immagino sia il suo cazzo, mentre anche Michele sta godendo, mi muovo come se fosse in me.
- Matilde, mi sto sborrando nei pantaloni... e sto guidando... non sto andando veloce, però sono al volante... ora vengo, vengo, amore, per te!
Mi ritrovo quasi seduta... sudata... Fuori c’è il crepuscolo. Sento il liquido caldo affacciarsi e iniziare una lieve discesa giù per le cosce. Mi sembra di sentire il suo sperma, ma anche lui prigioniero delle mutande e dei pantaloni.
Riapro gli occhi, fuori non è ancora buio. Lo saluto dolcemente, poso il telefono e a occhi chiusi mi è dolce sapere che tra non molto sarà qua.
Anche Debra ci si mette a macinare i miei pensieri. Questo mio essere sdraiata, appagata, mi ricorda il bisogno fisico della loro presenza, di toccarli, di baciarli. Di godere del sorriso timido di lui, della risata di lei. Di stringergli le mani, come se bastasse così poco per non farli andare via o farli tornare.
Ci sono giorni in cui Debra mi manca come l’aria, in cui sembra che manchi un motivo per continuare. In cui ti chiedi perché una storia così bella debba essere così sofferta.
Questa solitudine, interrotta solo dalla telefonata di venti minuti fa, sembra studiata apposta per costringermi a pensare. Aspetto che passi il tempo, che venga domani.
E intanto scrivo il mio dolore e la mia gioia sulla tastiera, continuo a scrivere pensando che un giorno lei leggerà questo scritto, sapendo che parla di lei. Sono triste perché lei non c’è più, perché ci ha abbandonati.
Un messaggio in arrivo sul cellulare mi fa sobbalzare. Fosse Debra! Ma non può essere. Al povero Michele dovrò dirlo, non posso accoglierlo così triste senza una ragione. Solo così possiamo essere raggi di sole.
Sta arrivando, sta entrando in Milano... ho di nuovo voglia di accarezzarmi. Accendo la tele per distrarmi, Salvatore Sanzo diventa campione del mondo a Nimes, nel fioretto.
Mi stupisco di ritrovarmi con i capezzoli turgidi, mi risdraio sul divano, con un plaid addosso, ma completamente nuda, le mutandine per terra, da tempo lasciate cadere vicino agli orecchini.
E quando entra c’è solo lui, lui che si accorge subito di ciò che sto facendo, si china su di me e si gode ogni mio fremito di piacere.
Le sue mani frugano tra le mie gambe, si confondono con le mie dita che giocherellano con il clitoride, bagnato e pronto.
Sento la sua lingua entrare e uscire, bere il mio piacere del pomeriggio; osservo le mie dita ripetere lo stesso movimento. Divarico le gambe, godendo del momento che stiamo per regalarmi, la sua lingua che stuzzica una voglia crescente, e le mie dita che scompaiono dentro di me. Mi sforzo di non chiudere gli occhi, aumento il ritmo del balletto tra i brividi, poi la testa mi va tutta all’indietro, è il momento finale.
Vengo così, in pochi istanti, mentre mi lecca le dita fradice.
Penso a quando leggerà quanto ho scritto; a quando saprà ciò che ho fatto e faccio per lui. Penso e ripenso che valga davvero la pena di seguire il sentimento e non la ragione. Questa sera parleremo ancora di Debra.
Fuori intanto sono calate finalmente le ombre della notte.
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