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Matilde 03-21 - In Rosalba


di Alex46
18.04.2019    |    2.055    |    0 9.2
"Un brivido di freddo ci invita a tornare al calduccio del rifugio, dove ormai sono conclusi i preparativi per la nanna..."
L'acquisto della mia imbragatura sembra sia più che altro un pro-forma, Michele dice che potrebbe legarmi anche senza, ma anch’io voglio fare le cose come si deve. Posteggiata la Passat in un immane piazzale nei pressi di Desio, entriamo in questo grande magazzino, per nulla diverso da una “rinascente” di altri articoli. Qui è solo sport, Michele saluta almeno due o tre commessi, colgo occhiate di grande interesse nei ragazzotti che stanno servendo altri clienti.
In effetti, non siamo poco appariscenti. Debra e io non abbiamo bisogno di minigonne e tacchi alti per apparire. Siamo abituate a creare il pieno d’attenzione dovunque andiamo, anche da sole. Se siamo due, poi, spesso la tensione si può tagliare con il coltello. Ci siamo abituate, se non fosse più così probabilmente ci mancherebbe, questa cosa.
Oggi si può dire che siamo dimesse, le scarpine del tennis e neppure la pancia fuori.
Al commesso, cui Michele dà del tu, non pare vero di dover servire proprio me, e in breve scelta e acquisto sono fatte. Ora sono proprietaria di una bellissima “troll”, non mi ricordo ancora bene di che modello.
L’imbragatura, sarà una mia deformazione, ma ha una sua valenza sessuale. A parte il fatto che il commesso indugiava qualche secondo più del necessario nel farmela indossare, il suo posizionamento, il suo leggero movimento sulle cosce, sul culo, sull’inguine, la vaga frizione che si crea non sono senza importanza. Qualche volta Michele mi ha mostrato fotografie di ragazze che arrampicano: se sotto l’imbrago è un costume da bagno o anche un paio di shorts credo si possa parlare di eros nell’arrampicata.
Dopo una serie di tornanti in una bella pineta arriviamo al Pian dei Resinelli, di cui avevo già sentito parlare ma che non avevo mai visto. Un brutto grattacielo è l’unico neo in un posto davvero bello. Qui a 1300 metri non è ancora proprio primavera come in basso ma la neve se ne è andata e si vede già qualche filo d’erba nuovo in mezzo ad alcuni bucaneve sparsi. Michele s’inerpica con l’auto fino a un posteggio dove già sostano altri mezzi. Essendo le 11 di mattina, credo che siamo tra gli ultimi.
L’intenzione di Michele è quella di salire la cosiddetta “direttissima” un sentiero attrezzato con qualche catena e scaletta, sul quale però non è necessario legarsi.
I preparativi non sono lunghi, il tempo di mettersi le pedule e via. C’è un sole meraviglioso e una temperatura ideale. Presto devo togliermi il pile (se lo carica Michele) e rimango così in maglina, sotto la quale non ho niente: non siamo neppure usciti dall’ultimo boschetto, chissà come sarà dopo, ma per il momento non mi dispiace sudare un po’.
Di mano in mano che ci alziamo su un sentiero abbastanza ripido, il panorama si allarga sempre di più, anche se siamo solo su una dirupata costolona erbosa affacciata sul lago, su Lecco e sul Piano dei Resinelli.
Ma improvvisamente, senza che io me ne possa accorgere, siamo sotto a un salto di rocce: vedo che è stato attrezzato con alcune catene, però non mi sembra sia né così difficile né così pauroso.
Michele mi fa indossare l’imbragatura, poi mi sistema due cordini con annessi due moschettoni e mi spiega come salire in perfetta sicurezza “autossicurandomi”. Dopo i primi impacci riesco a farlo velocemente, inoltre non ho alcuna paura. Debra è davanti, sempre più camoscio, poi Michele che mi tiene d’occhio, poi io da buona ultima.
Il saltino di rocce abbattute porta in un canalone abbastanza incassato con rimasugli di neve: e quando vi siamo in mezzo francamente non riesco a capire come faremo a venirne fuori. Mi sembra tutto verticale e ostico. Comincio a sentire che l’ambiente è cambiato. Poi vedo una scaletta di metallo.
- Questo lo chiamano il “Caminetto Pagani” – m’informa Michele mentre con attenzione metto uno dopo l’altro il piede nelle orme di neve vecchia e dura.
Un soffio di aria gelida mi colpisce quando entriamo nell’ombra del caminetto, una zaffata per nulla rassicurante. Aspettiamo che Debra salga veloce, fino a che udiamo il suo richiamo. Poi Michele mi lascia la precedenza, in modo da starmi sotto.
È così premuroso... ma io non ho paura, appena afferrata la scaletta i brividi della zaffata mi passano, e salgo sicura.
- Brava! – mi dice Debra quando la raggiungo.
Proseguiamo per la “direttissima” e, da questo momento, l’ambiente diventa davvero selvaggio. È una continua sequenza di torri, guglie mozzafiato, un saliscendi per canali, saltini, cengette esposte: ogni tanto qualche macchia di neve.
Michele ci dice tutti i nomi di queste torri di roccia, la maggior parte ha nomi di donna, come Angelina, Costanza, Teresita, Cecilia, e altri ancora.
- Un giorno lo saliremo, quello – mi profetizza Michele indicandomi un curioso obelisco dalla vetta più larga che sotto – quello è il Fungo.
Non oso neppure pensare cosa dev’essere salire in quel vuoto spaventoso, così mi concentro su quello che stiamo facendo adesso. Proseguiamo di buon passo, ogni tanto incontriamo qualcuno che sta facendo la stessa cosa a ritroso, forse stanno già tornando. Ogni volta ci si saluta.
E finalmente arriviamo al mitico Colle Garibaldi, una specie di intaglio nelle rocce raggiunto con dei tornanti (c’è anche dell’erba), importante perché da qui mi è stata promessa l’assoluta vicinanza del Rifugio Rosalba, che in effetti scorgiamo a breve.
È là sotto, sembra piccolino, arroccato. Non vedo l’ora di arrivarci.
Michele ci bacia al Colle Garibaldi, poi ci tiene abbracciate.
- Sono felice che siate qui!
Non sono stanca, però sono contenta sia quasi finita. Ho voglia di bere qualcosa e di sedermi un po’ a prendere l’ultimo sole. Intorno c’è un discreto via-vai di gitanti, in genere che iniziano al discesa per il rientro a casa.
Mi sono messa sulla panca contro il muro, al sole e a ridosso. Sorseggio una limonata e non ho sentito neppure la necessità di cambiarmi, il sudore mi si è seccato addosso. In compenso il calore del tardo pomeriggio vorrebbe quasi che io mi scoprissi.
Qui è talmente bello che ciò che mi circonda diventa necessariamente la cosa più importante. Se qualcuno mi saluta io rispondo, riaprendo gli occhi e sorridendo: ma l’essere sola con me stessa in questo luogo è una pace, una tranquillità. Non penso che potrò mai rinunciarvi, ora che ho provato.
Penso anche un po’ a noi, anche se le mie paure qui le sento meno. Non mi dispiace che Debra e Michele siano dentro a chiacchierare con il custode: poi mi racconteranno. Io sto qui a scaldarmi sempre di più, un calore che mi parte dal corpo e va a diffondersi anche nella mente. E quando sento che il calore si sta appropriando anche della pancia capisco che è il momento di rientrare. Mancano pochi minuti al tramonto.
Decido di chiamare i miei due compagni per vedere assieme il sole che si corica. Nel cielo ci sono dei colori incredibili, che anche le rocce strapiombanti qui vicino riflettono.
- Davvero bello! – dice Debra.
- Memorabile – dico io.
Quando rientriamo, fervono già i preparativi per la cena. Di fatto noi siamo i soli tre ospiti, perciò il custode, Vasco, e il suo aiutante mangeranno con noi, naturalmente dopo averci chiesto se ci faceva piacere.
- Non capita tutti i giorni di far cena con due belle ragazze come voi – ci complimenta, naturalmente dopo aver guardato se anche sulle mie dita non ci fossero fedi di sorta.
La curiosità dei due sulla nostra situazione sentimentale è evidente, però del tutto dignitosa. La conversazione verte molto sulla montagna e sui problemi che hanno i rifugi, con questo turismo a piedi che “non decolla”.
È chiaro che chi parla più di tutti è Michele, ma anche noi non ci sentiamo per nulla sperse in questi argomenti che non padroneggiamo molto. Più volte ci viene chiesta un’opinione.
Il custode, finito di mangiare (primo, secondo e formaggi), ci propone un brindisi con un assaggio di varie grappe piuttosto che liquori officinali fatti in casa.
Dobbiamo stare attente noi due, se no questi ci ubriacano in poco tempo. Io mi limito a un genepì e a una ruta; Debra credo assaggi anche la grappa, ma lei, da buona friulana, è più abituata.
Alla fine ridiamo alla grande, non sono battute che posso ricordare, però simpatiche e gradevoli. Ci manca poco che dicano apertamente che siamo le due più fighe mai passate da qui.
Prima di andare a dormire usciamo dal rifugio per una boccata d’aria. La meravigliosa stellata scolpita nel buio del cielo contrasta piacevolmente con le luci della pianura e del lago. Siamo molto vicini alla “civiltà”, ma sembra d’esserne così fuori da non crederci. Non immaginavo potesse essere così stupendo, così intimamente catturante. In piedi, di fronte alla balaustra, Michele, Debra e io ci teniamo a braccetto.
- Grazie – non posso fare a meno di dire ai miei due compagni – grazie, mi avete fatto conoscere una cosa che non dimenticherò mai.
Un brivido di freddo ci invita a tornare al calduccio del rifugio, dove ormai sono conclusi i preparativi per la nanna. Il custode ha già apparecchiato per la colazione di domattina. Ci diamo la buonanotte, colgo uno sguardo di simpatica invidia negli occhi di Vasco. Sono così felice da non essere in grado di distinguere se sono anche eccitata dalla situazione per me nuova. Il bagno lascia un po’ a desiderare, ma capisco che non si può pretendere. Mi arrangio, limitando al minimo l’igiene.
Essendo i soli ospiti, Vasco ci ha sistemato in una camera a più letti, su nostra precisa richiesta. Appena entrati e chiusa la porta, Michele solleva due materassi e li appoggia vicini per terra, con ciò eliminando qualunque cigolio di branda e permettendoci anche di sistemarci vicini. Vasco ci ha procurato anche due lenzuola/sacco di cotone, Michele ha già il suo. Con amore, mentre noi ci togliamo i pantaloni, lui fa il letto e a me non rimane che infilarmi dentro con un sospiro di soddisfazione.
Non sono stanca, la camminata è stata piacevole anche se parecchio in salita. Sarà stato il passo regolare, ma non accuso alcuna stanchezza. Debra è frizzante come un grillo.
- Come state? – ci chiede Michele, che si è sdraiato in mezzo a noi dopo aver sistemato per bene la coperta e averne messa una vicino, in caso di freddo notturno.
- Bene – dico io – per essere la mia prima notte in rifugio, credo che dormirò come un ghiro.
- Io sto così bene che mi sto toccando... – sussurra Debra - visto che non si può fare altro. Oggi, quando salivamo assieme, eravate bellissimi e morivo dalla voglia di baciarvi e di farmi baciare.
- Ma tu sei malata... – ridacchio io – ma come cavolo fai ad averne voglia, in un posto come questo... io sono eccitata, ma lo sono per altre cose, tutto quello che non avevo mai visto.
- Perché è la prima volta, ma se ci pensi un secondo, vedi che non sono due cose in contrasto. Vanno ben d’accordo.
- Insomma, a Debra la figa le tira – conclude Michele – e pensare che lei ne abbia voglia eccita anche me. E tu, niente?
- Siete matti! – ma intanto appoggio un dito sul clitoride.
- Michele, mettimi un dito dentro, così senti quanto sono già bagnata... sì, così, ora muovilo, dai, fammi venire. Oh, sììì. Matilde, è bellissimo...
Io non rispondo, ma ormai mi sfrego anch’io. Michele se ne accorge e con la mano libera viene sulla mia pancia e poi pian piano s’impossessa del campo, che io gli cedo volentieri.
- Oggi seduta sulla panchina però c’è mancato poco... era così caldo! – confesso.
Michele ci sta masturbando con le dita, evitiamo il più possibile gemiti e sospiri, ma al momento chiave non resistiamo e ci sfuggono delle esclamazioni soffocate. Come al solito veniamo assieme, di gusto, sobbalzando sul bacino.
Subito dopo con la mano vado a cercare il cazzo di Michele ma lo trovo già in cura alle carezze di Debra. Senza dirci nulla scostiamo la coperta, il suo sacco lenzuolo e assieme andiamo a leccarlo, a turno lo ingoiamo, nell’incertezza di chi sarà la fortunata che si beccherà gli schizzi di sperma in bocca.
E alla fine è Debra a vincere: Michele le viene con il cazzo affondato fino in gola.
Tutto questo si è svolto nel buio assoluto, non c’è neppure la luna in questo periodo. Ci sembra di essere tre scolaretti alla prima esperienza di sesso.
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