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Lui & Lei

Matilde 02-02 - Esibizionismo di coppia


di Alex46
13.02.2019    |    6.990    |    0 8.4
"Io ho sempre saputo di vivere questa doppia natura, cioè essere innamorato di una donna e nello stesso tempo vivere con la fantasia il prestito di lei ad altri..."
E' da quando ero bambina che so di essere esibizionista, anche se nel tempo il significato di questa parola si è modificato. Oggi mi definisco esibizionista e ogni volta che qualcuno mi racconta episodi di quel genere mi ci appassiono e mi faccio coinvolgere. Con Michele ne parliamo spesso: le nostre fantasie hanno in genere un contenuto esibizionistico forte, e so che anche i due anni passati assieme dopo il loro matrimonio sono stati parecchio coloriti...
Una sera a letto Michele mi racconta questa storia, ancora di quando non ci conoscevamo.

«Con Debra abbiamo fatto cose incredibili, così strane anche per le nostre stesse manie di esibizione e voyeurismo. Vivendo assieme alla fine ci si accorge che non si conoscono mai a sufficienza i gusti e le fantasie dell’altro, che c’è sempre da imparare e scoprire, che c’è sempre spazio per farsi incantare dalle novità reciproche.
Io ho sempre saputo di vivere questa doppia natura, cioè essere innamorato di una donna e nello stesso tempo vivere con la fantasia il prestito di lei ad altri. Non credo sia per la solita insicurezza di cui tutti parlano, ma a ogni modo...
Con mia gradita sorpresa non fu difficile esprimere a Debra queste mie immagini interiori, notando ben presto che anche a lei questi giochetti e questi contrasti di realtà e finzione col tempo cominciavano a interessarla e quindi a piacerle.
Un venerdì sera, come facevamo spesso, decidemmo di uscire un po’ presto: si sentiva nell’aria che avevamo voglia di fare qualcosa di eccitante, di proibito.
In macchina ne parlammo e decidemmo di provocare qualcuno, uno qualunque, fino a fargli venire la voglia di scoparsi mia moglie: voglia condannata a non avere in realtà alcuna speranza, perché non avevamo alcuna intenzione di farlo davvero. Una voglia completamente asservita al nostro piacere.
E in ogni caso questo doveva succedere in un luogo pubblico, come un un pub, al cinema, e visto che stavamo andando a cena tanto valeva cominciare subito.
Decidemmo di andare al ...., un locale molto carino e soprattutto tranquillo. Lo conosci?
- No, non credo.
Non è mai molto affollato, in genere è frequentato da gente di un certo livello. Debra quella sera era vestita con un abito beige a maglia lungo fino alle caviglie e con i bottoni davanti: sai, di quelli che sta a te decidere quanti bottoni sbottonare e quanti no. Era semplicemente uno schianto, così alta, così orgogliosa di sé. La adoravo. Il vestito probabilmente l’hai anche visto nel suo armadio, se ce l’ha ancora.
- Non l’ho presente.
Naturalmente quella sera era molto sbottonato: in basso quanto bastava a coprire gli slip, mi ricordo che erano neri di pizzo, con autoreggenti molto velate, un paio di slip neri di pizzo classico; in alto copriva a malapena un reggiseno a balconcino di quelli che tengono le tette così strette da scoppiare.
Prima di sederci, venne un cameriere abbastanza giovane, simpatico ma un po’ impacciato e timido: forse non era molto che lavorava lì.
Debra mi guardò con un’occhiata, chiedendomi senza dire una parola se lui poteva essere la nostra vittima. Aggrottai la fronte, accennando che non avevo nulla in contrario. Lui ci fece accomodare, e quando tornò al nostro tavolo per le ordinazioni già Debra aveva aperto quel bottone in più da vedere il colore del reggiseno e a momenti anche modello e griffe...
Aveva in mano un taccuino e quando fu il turno di Debra lei lo fece avvicinare verso il menù per chiedere delle informazioni su una pietanza. Non c’era alcuna innocenza in quella decisione. Appena il giovane si abbassò verso Debra per leggere nel menù quello che lei gli indicava con il dito, non poté non vedere il bel panorama che quella porca di mia moglie aveva pronto per lui.
Io osservavo facendo finta di niente, ma la scollatura era davvero impressionante: se non fosse stato per i capezzoli, si poteva ben dire che le tette di Debra erano scoperte, esposte senza ritegno. Ricordo che guardò anche me di sottecchi per vedere se mi ero accorto di quello che stava accadendo.
Debra ordinò il suo primo, lo guardò con il suo sguardo più assassino, sì, lo conosci, quando fa gli occhioni sgranati e ti guarda un po’ dal basso in alto... poi gli disse che per il secondo avremmo ordinato dopo.
Tutto questo ci aveva già fatto agitare molto e io non vedevo l’ora di scoparmela. Dopo il primo passammo alla fase 2 del nostro gioco. Quando il cameriere passò per il secondo, dopo avere ordinato lei gli disse: - Sei carino... da quanto tempo lavori qui?
- Sei o sette mesi, signora – riuscì a balbettare il poveretto.
- Sei gentile... ti trovi bene?
- Sì, sì, abbastanza...
- Hai mai ricevuto delle proposte da qualcuna?
- Signora, non so se...
- Ah, non ascoltarla... – lo salvai io – lei è un casino curiosa!
Debra aveva le gambe accavallate, ma riuscì ugualmente a toccarmi il ginocchio con il piede. Ci veniva da ridere. Quando il cameriere scioccato se ne andò con le ordinazioni, passai la mano sotto al tavolo e la misi sul pube di Debra che a quel punto avrebbe voluto slacciarsi il vestito fino alla figa.
La cena proseguì regolare, tra l’altro avevamo parecchia fame. Dopo il dessert, Debra d’accordo con me andò in bagno, si tolse gli slip, li mise nella sua borsetta.
Poi chiamammo di nuovo il ragazzo per il conto e quando questo si presentò con lo scontrino, ansioso di vedere cosa sarebbe successo ancora, io misi i soldi nel piatto con un po’ di mancia.
Ci alzammo, Debra gli fece cenno di avvicinarsi e gli chiese di aprire bene la mano. Quello non capiva, imbarazzato. Presi gli slip dalla borsa, glieli porse di nascosto. Il ragazzo impallidì, mi guardò, vide che io non dicevo nulla ma mise subito gli slip in tasca.
Debra lo guardò e gli disse: - Se li annusi, dopo, sentirai il mio odore: ti penserò ancora stasera... e tu?
Quello stava sicuramente per impazzire, ma noi dopo averlo salutato uscimmo. Non ti dico poi quello che facemmo a casa».
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