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Lui & Lei

Matilde 06-08 - Chiamami quando sei in macchina!


di Alex46
05.08.2019    |    3.360    |    0 7.3
"- Allora chiamami quando sei in macchina! - Perché proprio quando sono in macchina? - Perché voglio fare un gioco con te..."
E sempre a proposito di episodi del genere, c’è stato un periodo in cui la mutua masturbazione tra Debra e Michele andava davvero forte nei primi tempi di matrimonio. Ci sono state tante volte, ovviamente non posso saperle tutte. Ma un fatto mi è stato raccontato e qui lo riferisco.
Non c’era verso quella sera, Debra era da alcune sue amiche e Michele era rimasto solo in casa. I due erano sposati da qualche mese.
- Amore, non ci riesco a lasciarle ora... - gli aveva detto - non posso mollarle così...
- Ti desidero un casino - gli aveva detto lui.
- Lo so, amore... ma non puoi aspettarmi? Più tardi arrivo, vedrai.
- Allora chiamami quando sei in macchina!
- Perché proprio quando sono in macchina?
- Perché voglio fare un gioco con te.
Lei si era chiesta che cosa avesse in mente Michele, il tono della sua voce era strano, lasciava pensare tante cose. Quello di idee ne aveva sempre tante, sul sesso poi era un vulcano. Forse anche quella volta si sarebbero divertiti.
Parlando con le amiche, sedute a un bar, Debra si era fatta almeno due drink e non riusciva a non pensare che cosa avrebbe dovuto succedere di lì a poco.
Finalmente venne il momento e lei poté fare ritorno alla sua auto, posteggiata non distante. Quando fu vicina estrasse il telefonino, pronta a chiamarlo. Mentre apriva l’auto con la chiave, si accorse che le tremavano le mani. Poi entrò, si sedette e, con il cuore che le batteva forte, digitò il numero per la chiamata veloce.
Mentre squillava, trasse un respiro profondo.
- Eccomi - disse alla sua risposta.
- Non dire nulla... era ora! Metti in moto e vieni verso casa. Poi, quando sei in via ****, gira a destra in quella vietta alberata e fermati appena puoi. Sai che lì non c’è molta luce... Poi, richiamami subito.
Michele aveva attaccato senza dire altro né aspettare risposta. Lei iniziò a guidare, non era distante dal luogo indicato: si trattava di una via effettivamente poco frequentata, con poche case e molte auto in sosta, quasi tutte però appartenenti a gente degli isolati vicini. Un posto comunque che non assicurava con matematica certezza di poter essere del tutto soli e non visti.
Debra lasciò il motore acceso, per sicurezza: aveva posteggiato in modo da poter ripartire come un fulmine, in caso di bisogno.
- Ci sei? - chiese lui, come risposta alla sua chiamata.
- Sì - ansimò lei, con una voce che sembrava un sussurro.
- Tira giù il sedile del tutto.
Era praticamente un ordine. Quando Michele faceva così, lei si scioglieva di voglia. Gli obbedì, agendo sulla leva, e si trovò praticamente supina.
- Sei bagnata, amore?
- Mmm, hmm - fece Debra, senza aggiungere altro.
- Mmm. OK. Tira giù la cerniera dei tuoi jeans.
Stavano ancora una volta andando al limite... ma Debra era così eccitata che fece come le era stato detto, anche se le mani continuavano a tremarle leggermente. Sentì una lieve sensazione di freddo alla pancia.
- Tòccati giusto sopra alle mutandine - le sussurrò lui.
Lei infilò una mano tra il denim e il cotoncino degli slip. Poteva sentire il caldo umido già attraverso il tessuto. Lasciò andare un lieve gemito, che non sfuggì a Michele.
- Ti senti bagnata? - La voce era profonda, calda: e lei entrava sempre di più dentro a quell’avventura, quasi incurante delle incognite.
- Strofinati, amore, fallo per me... accarezzati lentamente.
Debra lo stava già facendo. L’eccitazione di quella nuova esperienza le provocava una sensibilità incredibile al tocco: per non parlare del senso del proibito e del pericolo che qualcuno potesse capitare lì...
- Immagina che ci sia io ad accarezzarti. Sono proprio lì, ti sto toccando con una mano e tu ti senti così figa.
La mano di lei si muoveva piano ma decisa, avanti e indietro: Debra si perse nella voce di lui. Continuava a toccarsi, sentendo quanto era bagnata e aspettando la sua prossima richiesta.
- Tirati giù i jeans, sotto alle mutandine.
Il tono di Michele era assertivo, più di prima. Il comando la sorprese, ma la eccitò anche un casino. Appoggiò il cellulare solo quel tanto necessario da poter calarsi i pantaloni, fino a mezza gamba.
- OK - mormorò.
- Adesso infila la mano sotto le mutandine e bagnatela sulla figa.
- Mmmmmmm - fece lei.
- Pensa alla mia bocca appoggiata lì... ti sto respirando dentro mentre ti esploro con la lingua. Sento i tuoi liquidi e allora mi affondo sempre di più, ti allargo la figa con la lingua.
La voce era sempre più sexy e sempre più un sussurro. Quando Debra cominciò a far scivolare le dita direttamente sulla figa, sentì che un potente orgasmo si stava costruendo dentro di lei.
- Voglio che ti infili due dita dentro, ora.
- Mmmmmm...
- E con il pollice strofinati il clitoride.
Lei si toccò con il pollice e sentì alcuni brividi lungo la schiena. Lui continuava a dirle di scoparsi con le dita, mentre inesorabile lei si avvicinava sempre di più.
- Dai, infilati quelle dita, dai, così, fammi sentire che ti stai scopando con le tue dita...
Lei si stava letteralmente fottendo, con un movimento non ancora accelerato e che ancora badava con il pollice a non trascurare il bottoncino eretto. La sensazione di orgasmo era incombente e lei si lasciò andare ai gemiti che lo precedono.
- Vorrei avere il cazzo dentro, vorrei riempirti...
Debra stava per venire.
- Posso venire? - lo pregò - per favore...
- Sì, amore, puoi, fallo...
Lei si lasciò completamente, con gemiti fortissimi che Michele ascoltava godendo.
- Michele, godo... ora... godo... sìììììì, eccomi, ahhhhhh, godo... con te.... ahhhh... per te!
Con la mano aveva smesso di andare su e giù: si teneva coperto il sesso che dava gli ultimi spasimi.
Michele respirava forte nel telefonino, a sentire godere così sua moglie, soprattutto a sentire con che intensità lei gli trasmettesse un orgasmo così vocalizzato. Lei si abbandonò sfatta sul sedile reclinato, del tutto incurante di ciò che avrebbe potuto accadere fuori.
- Tu sei venuto? - furono le prime parole di Debra quando si riprese un po’.
- No, non ancora.
- Peccato.
- Tutto questo era solo per te - disse Michele rispondendo a ciò che Debra non aveva chiesto.
Lei aveva già ricominciato a sfregarsi, piano ma con determinazione, facilitata da una mano completamente fradicia.
- Adesso voglio che tu venga con me - gli disse - voglio sentirti venire mentre godo ancora.
Fu convincente.
- Sta lì - disse lui - ora mi sbottono la patta... sono pronto. Dio, com’è duro... sentissi come è duro!
- Sei pronto? - lo stuzzicò lei. E intanto, accarezzandosi il clitoride, pensava a cosa gli avrebbe detto per farlo schizzare subito.
- Sì, amore, sono pronto.
- Vorrei prenderlo in bocca e slinguarlo. Con una mano lo tengo e con la bocca ingoio tutta la testa... poi muovo le labbra.
Debra poteva sentire lui che cominciava ad ansimare e intanto si eccitava sempre di più al pensiero di lui che si stava pompando.
- Sì, in bocca, tutto ora, fino in gola. Me lo sento dentro...
I gemiti di Michele, che si avvicinava rapidamente all’esplosione, la facevano eccitare sempre di più, mandandola diritta verso un’altra conclusione. Ormai gemevano entrambi, chiamandosi per nome, pretendendo di essere vicini uno all’altra. Si stavano masturbando, erano distanti, ma era come se fossero davvero assieme.
- Ti sento, amore, ti sento...
- Anch’io ti sento...
- Stai venendo? Quanto ti manca? - gli chiese lei, sentendosi vicina al limite. E quell’orgasmo sembrava promettere anche meglio del primo.
- Mmmmm... sììì... eccomi...
- Oh, dio, sto... sto... - Debra non riusciva a dirlo, persa com’era a tremare sotto alle sue dita. Dalla pancia in giù era tutta un fuoco bagnato, sopra sentiva il cuore a mille.
- Dai vieni, vieni, ora, dai, assieme a me, ora... - la implorò lui.
Lei si diede due colpi furiosi al clitoride, urlò il nome di Michele.
- Ahhh... sto venendo... sto sborrando - ansimò lui.
Lei aprì la diga e così riuscirono a venire assieme, pensandosi a vicenda, ciascuno immaginando l’orgasmo dell’altro.
Ci volle qualche secondo prima che si riavessero: ciascuno sentiva il respiro dell’altro regolarizzarsi.
- Sei magnifica, amore. Tu sei splendida. E io ti amo alla follia.
Lei sorrise, e intanto si tirava su i pantaloni, sentendo subito il fradicio fresco delle mutandine.
- Anche tu sei fantastico - gli rispose - e non so spiegarti quanto ti amo e come riesci a farmi sentire. Penso che potresti farmi fare qualunque cosa...
- Vedremo - concluse lui - ora però vieni a casa... non tiriamo troppo la corda...
Ciò che ha fatto in modo che venisse alla luce l’episodio appena raccontato della vita dei due sposini è stato proprio questo brano di diario di Debra che ora voglio riportare integralmente: «Rientrata in casa dopo l’avventura del posteggio, Michele mi ha accolto con un grande abbraccio. Ma eravamo entrambi un po’ stanchi, e anche del tutto soddisfatti della nostra marachella. Così eravamo andati a dormire, abbracciati.
La mattina dopo lui deve alzarsi presto, io approfitto invece di qualche oretta in più di libertà.
Dopo il bacino di rito, sento il clang della porta, lui che esce, immagino mentre scende i gradini di corsa. Sta andando al lavoro e io invece poltrisco qui sotto le lenzuola, pensando ancora a ieri sera. Poi mi alzo, vado in bagno, torno sul letto, ancora in pigiama. Non riesco a liberarmi del pensiero di ieri sera, a tal punto che mi ritrovo a togliermi la giacca del pigiama e dolcemente accarezzarmi il seno. Ho gli occhi chiusi, mi sembra quasi di sentire un seno non mio sotto alle dita. Ed è un attimo che mi prendo in mano prima un capezzolo, poi l’altro, allo scopo di farli indurire, per sentire la loro vita.
Poi mi tolgo anche i pantaloni. Già respiro più forte, sono completamente nuda e le mani sono libere di toccare ciò che vogliono. Mi sdraio sul letto ancora caldo, dalla parte di Michele, allargo le gambe e le muovo al tocco delle mie dita. Ancora a occhi chiusi, mi perdo nel mondo che esiste sotto le mie mani. Mi accarezzo ora il seno ora le cosce, ma non dura a lungo perché presto una mano comincia a indugiare dalle parti del bacino, là dove la pelle è più morbida, là dove conserva una sottile striscia di pelo. Il pensiero di avere la figa ancora una volta esposta al desiderio delle mie mani mi fa impazzire. E così sento la prima gradevole sensazione di umido. In quella faccio entrare dolcemente un dito, facendo attenzione però a non sfiorare neppure il clitoride, così da far durare il più possibile quella meravigliosa voglia.
Con l’altra mano ancora mi tormento i capezzoli, poi inserisco un secondo dito, continuando il su e giù. È chiaro che mi sto masturbando, sono decisa a farlo, non mi può fermare nessuno. Michele è uscito, ho aspettato che lui uscisse: forse volevo questo momento solo per me.
Nessun senso di colpa, anzi. Lui sarà il primo a goderne, quando stasera glielo racconterò.
Anche la mano destra ora me la metto sulla figa: mentre la sinistra stantuffa le due dita, con la destra allargo le labbra e con il dorso del pollice mi accarezzo il bottoncino eretto. Vengo quasi subito, con una violenta sgroppata che mi fa sbalzare il culo dal letto.
Ma non sono ancora soddisfatta.
Lo sento che devo finirmi altrimenti. Mi alzo per prendere i miei giocattoli: la varietà è grande, quindi scelgo il dildo rosso, di dimensioni naturali, e un vibratore. Questo lo accendo subito: con Michele lo avevamo usato qualche giorno fa, dunque era ancora bello carico. Me lo passo con dolcezza sulle areole, stando attenta perché sono ancora un po’ sensibile dopo l’orgasmo di prima. Poi lo avvicino alla figa, anche qui stando attenta al clitoride. L’attrezzo si bagna immediatamente dei miei umori.
Mi viene da sorridere se penso a quale cura sto usando per il mio piacere. Come è diverso da ieri sera! In macchina mi sentivo una piccola eroina e per il cazzo e il piacere di Michele avrei fatto qualunque cosa. Qui, adesso invece, voglio il piacere mio, e lo voglio creandomelo io, per me stessa.
Con l’altra mano afferro il dildo, non ho certo bisogno di lubrificarlo, visto che entra al primo colpo, quasi ingoiato da una vagina così fradicia. Dopo qualche movimento rallento il passo, ponendo ogni cura a osservare questo cazzo finto, quasi riflettendo sul potere che quest’oggetto inanimato ha di farmi godere. Non pretendo sia il cazzo di Michele: è solo un cazzo finto e io mi sento tanto troia da sborrarci sopra. Questo sentirmi così piacevolmente degradata da quest’azione che molta gente vede e vive come squallida ha su di me l’effetto di eccitarmi a morte e di farmi indurire sempre di più il clitoride, che ora reclama attenzione. Così gli avvicino il vibratore, ma questa volta glielo appoggio sopra, poi lo sollevo, poi ancora lo appoggio: ogni volta che lo tocco sento che qualcosa si contrae dentro di me, un qualcosa che va ad abbracciare la sensazione di pieno che mi proviene dalla figa ingombra dell’intruso.
Mi lascio andare a un urlo soffocato quando la magia si compie e ancora mi dimentica di quel che mi circonda, persuasa che solo ogni centimetro cubo del mio corpo sia l’unica cosa che conta al mondo.
Le braccia distese accanto ai fianchi, godo il mio relax. Mi viene voglia di stare così tutto il giorno e di farmi trovare in questa posizione, ancora con i giocattoli abbandonati accanto. Ma non è possibile».
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