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Matilde 01-15 - In autobus


di Alex46
25.01.2019    |    22.324    |    4 8.5
"Anch’io mi limito a muovere il bacino contro le dita, a schiacciare il clitoride con la punta delle dita, a lasciar scorrere la mano aperta avanti e indietro..."
Debra, visto il mio interesse per questi racconti di sua vita vissuta, continua.
«Nulla fu più come prima dopo la bellissima ed eccitantissima esperienza con la mia amica quel pomeriggio. Nessuno mi aveva punito per quello che avevo osato fare. Anni di educazione e di rispetto per alcune tradizioni di vita non dico cancellati, ma almeno messi provvisoriamente da parte, in attesa di verifica. L’essermi masturbata con Teresa aveva acceso in me una luce nuova, avevo toccato nuovi limiti di piacere che ritenevo irraggiungibili, immagini che a ripensarle mi facevano eccitare sempre di più.
Pur continuando a frequentare quello che allora era il mio fidanzatino, sentivo dentro di me che mi era piaciuta da matti quella parentesi pomeridiana e da allora ogni volta che mi toccavo e mi masturbavo fino all’orgasmo, quella era l´immagine che avevo davanti agli occhi. Il fidanzato era la norma, Teresa era il peccato.
Per le sensazioni che ne derivavano, non riuscivo a togliermi dalla mente la situazione in cui continuavo a immaginare d’essere. Le mani di Teresa che entravano delicate nei miei slip, io che facevo uguale, i sospiri sommessi, tra l’eccitazione e il timore di offendere l’altra.
Sì, continuavo a pensare quella situazione, perché solo al pensiero del suo gemito liberatorio mi eccitavo e m’inumidivo. A tal punto che a volte dovevo rinchiudermi da qualche parte per darmi sollievo. E, anche lì da sola, continuavo a pensare a quell’orgasmo così condiviso, così messo in comune.
Le immagini sui manifesti per strada, o sulle riviste, di una donna che anche lontanamente si richiamavano al suo piacere, ritratta da sola o in compagnia di un uomo, cominciarono a fissarsi nel mio immaginario come qualcosa di splendido, d’ineguagliabile. Imparai a capire che mi eccitava vedere una donna eccitarsi.
Naturalmente avevo un po’ paura. Stavo diventando lesbica? L’educazione in questo senso era ben forte. Ma non poi tanto, visto che comunque anche il mio ragazzo mi faceva eccitare, anche più di prima. Di base pensavo che l’amore doveva essere fatto con un uomo... tra donne si poteva però, con grande lussuria, condividere il piacere. Così non mi meravigliai che le mie masturbazioni spesso e volentieri avessero come fantasia quella di avere una figa calda e bagnata come la mia da vedere e da toccare.
Però una mattina successe qualcosa di davvero incredibile, che devo assolutamente raccontarti. Ogni volta che ci ripenso sento di eccitarmi, è un episodio davvero topico.
Quella mattina sembrava essere del tutto uguale alle altre. La sera precedente, prima di dormire, mi ero fatta l’abituale ditalino notturno prima di dormire. Mi ero svegliata con la voglia latente di un altro orgasmo, ma non c’era tempo. Dovevo prendere il solito autobus ed ero già in ritardo.
Anche se a volte il clitoride mi pulsava, non avevo mai ovviamente il tempo di masturbarmi la mattina prima di andare a scuola e così mi feci una doccia veloce lasciandomi addosso quella voglia di godere che sa di non poter essere soddisfatta.
Ricordo che al momento di vestirmi scelsi un perizoma nero e sottile, collant leggero e un vestito corto a fiori.
Dopo un caffè veloce ero già per strada appena in tempo per afferrare l’autobus. A Udine non c’era questo gran traffico, però ugualmente il viaggio durava circa un quarto d’ora. Appena ebbi il tempo di rilassarmi un momento, seduta accanto al finestrino, mi domandai cosa cavolo potevo aver sognato quella notte per ritrovarmi al mattino così scombussolata. Era come se, dopo quell’affanno, finalmente potendo rilassarmi, sentissi in che stato di bisogno erotico mi trovavo.
E mentre vivevo quell’eccitazione abbastanza fuori luogo, il mio sguardo era posato sul lato della strada che mi scorreva accanto. Era una bella giornata, d’inizio estate. Il sole caldo faceva risaltare il verde ancora giovane degli alberi e dell’erba: un paesaggio che conoscevo bene e cui volevo bene.
Ad un tratto l’autobus si fermò a uno di quei semafori che sembra che non finiscano mai. Nella pensilina era seduta una signora che avrà avuto circa 30 anni, molto bella, con i capelli lunghi e scuri che le scivolavano sulle spalle e una camicetta gialla molto scollata che lasciava facilmente indovinare un bel reggiseno nero che sorreggeva due belle tette.
La donna stava evidentemente aspettando un autobus diverso dal mio, infatti non si scompose quando altre persone salirono e scesero.
Con gli occhi andai a osservare più basso e vidi una minigonna di cotone nera che proteggeva il bordo di due collant autoreggenti.
Dopo uno sguardo alle scarpe, mi soffermai sulle gambe, che teneva accavallate, e ancora provai quella strana sensazione, un’incontrollabile voglia di sesso. Perché lei era bella, sembrava anche sicura di sé, potei pensarla così appagata da suscitare voglia negli altri.
Mi sorpresi ad accavallare le gambe anch’io, cercando di capire quanto fossi bagnata.
Poggiando una coscia sull’altra sentivo che il collant in mezzo alle gambe era bollente e percepivo con chiarezza un clitoride che quasi pulsava da tanto cercava di spingersi al di fuori delle mie piccole labbra.
Mi sentivo davvero speciale, mi eccitavo nello scoprirmi eccitata, dunque eccitante. Due gambe e una camicetta erano stati sufficienti a farmi infradiciare la figa e il perizoma.
Una frazione di secondo dopo la donna alzò la gamba appoggiata, e alternò la posizione, un po’ quello che fece Sharon Stone davanti ai poliziotti nella mitica scena di Basic Instict: nel breve movimento, le gambe le si divaricarono appena quel tanto che bastava per farmi vedere le cosce bianche oltre le autoreggenti e il nero del suo slip a coprirle la figa.
Fu solo un attimo, ma sentii un’ondata di calore salirmi dalle cosce che ormai stringevo sempre di più, le labbra della figa gonfie e bagnate e sopra di esse un clitoride che si contraeva alla pressione.
Fu solo un attimo, ma fu sconvolgente. Sembrava davvero un piccolo evento, davvero sproporzionato in confronto a quello che stavo provando. La signora mi era servita da catalizzatore, perché io ero già così. Combinazione aveva accavallato le gambe, ma se si fosse accarezzata delicatamente un braccio magari mi sarebbe successo lo stesso.
Mi guardai un po’ intorno e mi accorsi che l’autobus era molto meno vuoto di prima».

- Mi stai facendo arrapare, Debra – la interrompo.
Sento un vago fresco di sudore in fronte, accanto all’avvampare del viso: ma la voglia di toccarmi è così forte che senza pensarci più di tanto comincio a farlo.
Anche Debra lo sta facendo, senza smettere di raccontare.

«Fortunatamente nessuno si era seduto accanto a me; solo nella fila accanto avevano preso posto due ragazzi. Ritornai a gambe parallele e mi sistemai la borsa accanto al fianco, cercando di coprire coscia e bacino.
Con le gambe leggermente aperte cercavo di immaginare il profumo di quello slip, di sentire l’odore di quella figa che avevo fugacemente intravisto. Dall’espressione del suo volto cercai di dedurre cosa aveva fatto la notte, se aveva fatto l’amore o se magari si era masturbata pensando al suo uomo.
Poi il semaforo diventò verde e lei scomparve dalla mia vista.
Io ero ormai partita, dopo poco mi guardai in giro e lasciai che la mano si infilasse sotto il vestito, che avevo a metà coscia.
Passai le dita aperte tra le cosce e le strusciai sul collant appiccicoso, fino al perizoma.
Era grande il piacere che provavo, quello di sentirmi troia in mezzo ad altre persone (che fortunatamente non sembravano interessate a me): mi stavo accarezzando sotto il vestito».

Lascio che la mano si muova più a fondo sotto le cosce premendo con la punta delle dita nei punti che so mi faranno godere in breve tempo. Mi accorgo che voglio la sveltina, esattamente come Debra sull’autobus. Anch’io mi vedo quelle cosce bianche e quello slip nero e con gli occhi semichiusi guardo il vuoto al di fuori del finestrino lasciando che le dita facciano il resto.

«Con delicatezza ma con grande decisione spingevo le dita avanti e indietro sul collant come volessi sfondarlo ed entrarmi dentro la figa: non era ovviamente possibile, così mi limitavo ad accarezzarmi con forza premendo sempre più forte.
Sentivo l’odore dei miei umori, sentivo le dita bagnarsi, mi sembrava di andare in estasi.
Cercavo di allargare un po’ le gambe senza dare nell’occhio, ma più le divaricavo più la voglia di penetrarmi aumentava... e non potevo farlo».

Anch’io mi limito a muovere il bacino contro le dita, a schiacciare il clitoride con la punta delle dita, a lasciar scorrere la mano aperta avanti e indietro sul collant sentendo le mutandine fradice.
Debra ha accelerato il movimento, è persa nel suo ricordo e nel godere di questo momento.

«Mi sembrava di ammattire, ero conscia che stavo godendo in mezzo a una decina di persone e nessuno lo sapeva, davanti e dietro di me. Le dita circuivano il clitoride e, se non avessero trovato l’ostacolo del collant, avrebbero potuto entrare un bel po’ dentro la figa, che immaginavo beatamente aperta.
Stavo per darmi un orgasmo fantastico, e le limitazioni della buona convivenza civile invece che un ostacolo erano un motivo di goduria maggiore. Il famoso senso del proibito... mi limitavo a mordicchiarmi le labbra, dovevo contenere la mia voglia di gemere e di mugolare.
Sembrava che fossero passati anni dall’ultima volta che mi ero masturbata, ed era solo la sera prima.
Non mi fermavo, il mio cervello a quel punto voleva solo un orgasmo.
Mi rendevo conto dove fossi, ma ormai era troppo tardi e troppa era la voglia di godere lì, su quel sedile, davanti a tutti, per quella donna che neanche mi aveva vista ma della quale conoscevo la sua biancheria...
E spingendo ancora le dita, premendo il perizoma dentro la figa e stuzzicando il clitoride, mi sentii d’improvviso quasi mancare le forze».

Rinuncio alla mia masturbazione e vado a inginocchiarmi davanti a Debra, la quale presa dal suo racconto e dal suo sditalinarsi quasi non si accorge che ho avvicinato il viso alla sua figa che qui, contrariamente al racconto, era ben aperta e in vista.
Intanto non rinuncio a toccarmi a mia volta, per quanto l’interesse maggiore sia sempre lei, il suo racconto e il suo sesso.

«Mentre mi stavo rilassando tenevo la mano ancora aperta tra le cosce come se mi fosse d’improvviso importato di qualcuno che magari aveva capito cosa stavo facendo. Con la coda dell’occhio spiai i due ragazzi, ma quelli stavano perfino leggendo, forse ripassando qualche compito.
In fondo non mi importava poi più di tanto, avevo goduto e questa era la cosa importante, mi sentivo davvero orgogliosa per aver avuto quel coraggio su un mezzo pubblico.
Quel ditalino che mi sono fatta su quell’autobus mi ha tenuto compagnia per molte sere e molti giorni, direi quasi anni, e ancora oggi ogni volta che ci penso risento quella sensazione meravigliosa di sesso proibito...».

- Come ora? – non la lascio finire.
- Sì, come ora – mi risponde trasalendo per la mia vicinanza. Poi toglie la mano e mi attira a sé, spingendomi con discreta forza a leccarla per farla finita.
Non chiedo di meglio, non me ne frega un cazzo che lei questa mattina si sia ammazzata di seghe. Io ho avuto tutto il giorno il desiderio di succhiarle la figa e adesso perdio lo farò. E intanto mi sgrilletto come una pazza, perché voglio godere anch’io mentre lecco la figa alla mia donna.
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