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Matilde 08-24 - Fino al parto e oltre


di Alex46
13.11.2019    |    6.077    |    0 9.7
"Poi, sì, il fratellone mi ha abbracciato, mi ha detto di essere felice di diventare zio, che io sono la sua sorella migliore e che alla fine è sempre più..."

A fine maggio entriamo nell’ottavo mese, Michele ci dice di aver sempre notato che le donne incinte hanno uno sguardo particolare, uno sguardo “bovino”, e che noi non facciamo eccezione! Non so se prenderlo per un complimento...
In effetti, comunque, la nostra attesa è serena, siamo pronte: a me fa impressione non sentirmi mai sola, perché lui scalcia e si muove un casino. Sono piena d’amore, stracolma. Io avrò gli occhi da mucca ma anche Michele mi guarda con una tale dolcezza da farmi dimenticare che questa è un’attesa. Pure Debra è totalmente presa, Debra la decisionista, la volitiva, l’energica... una mamma alla fine anche lei. Sono curiosa, spesso mi sorprendo a pensare che cosa sta fabbricando, cerco d’immaginarmi l’esserino che si cova dentro, perché quel bambino lo sento anche un po’ mio, come se avessi contribuito anch’io a farlo, e biologicamente intendo.

Il trasloco è fissato per metà giugno e si svolge regolare. Michele ha voluto che non fossimo neppure in zona e, d’accordo con i suoi, ha fatto in modo che ci portassero al mare. Non si è fidato della nostra promessa di non agitarci, ha voluto a tutti i costi che ci togliessimo di circolazione. Così Davide e Maria ci hanno coccolato per ben tre giorni in un alberghetto di Finale Ligure. Ci hanno riempite di attenzioni in modo tale da provare quasi imbarazzo. Michele ci relaziona più volte sull’andamento e noi, pur godendoci questa vacanza dorata, non vediamo l’ora di andare a mettere il becco nella casa, nella disposizione dei mobili, soprattutto vedere la cucina comprata su misura, sorvegliare gli ultimi ritocchi ai lavori in corso. Quando facciamo ritorno a casa nella lussuosa Audi guidata da Davide non è per raggiungere la vecchia, bensì la nuova. Michele ci attende sulla porta e ci fa entrare assieme. È sera, e ci sono candeline accese ovunque... Questa è casa nostra, a dispetto del disordine e degli scatoloni ancora in giro. Davide e Maria hanno preferito non entrare, hanno preferito discretamente che il momento fosse solo nostro.
Ma le emozioni non sono certo finite, ora siamo in attesa del grande incontro di sabato sera, quello che sancirà definitivamente la fine della nostra “clandestinità”. Già pochi giorni dopo lo scazzo con mia madre io avevo a lungo parlato con Aldo. Lui si era accorto che in casa era successo qualcosa, ma non capiva e non voleva chiedere. È da sempre che pensa che io sia una matta simpatica, dunque almeno in apparenza non è svenuto quando gli ho raccontato l’essenzialità delle vicende in corso. Poi, sì, il fratellone mi ha abbracciato, mi ha detto di essere felice di diventare zio, che io sono la sua sorella migliore e che alla fine è sempre più fiero di me.
- Posso parlarne con Lauretta?
- Certo che puoi!
- Speriamo la prenda bene...
- Dipende da te, Aldo, da come gliela presenti questa storia.
- Lei è intelligente, aperta... però non abbiamo mai parlato di questo genere di cose, chi se lo aspettava?
- Ma, a proposito... Non per sapere i fatti vostri, ma voi proprio non avete programmi?
- Mmmm, se ne sta parlando...
- Chi ne parla, tu o lei?
- Ma, a me sembra di essere io... però con voi donne non si sa mai, uno crede di condurre un gioco e invece è esattamente il contrario...
Aldo non è stato utile all’evoluzione del problema con la mamma in modo diretto, ma credo che in fin dei conti la sua reazione positiva è servita. Quando mia madre ha cominciato a realizzare di essere sola nel suo atteggiamento, in quel momento ha svoltato la boa, e un pensiero oggi e un’emozione domani alla fine ha accettato la figlia. Prima del trasloco era venuta a trovarmi (ero solo io in casa) e c’era stato un grande abbraccio con pianto liberatorio. Ha voluto quindi sapere tutto, di come ci stavamo organizzando, di come mi sentivo. E infine ha proposto un incontro, proprio quello di sabato prossimo.
Il catering per 10 persone funziona egregiamente, abbiamo apparecchiato in giardino. La prima ad arrivare è stata Adele, da Tarvisio, ancora nel primo pomeriggio. Davide e Maria erano andati alla stazione a prenderla e si erano offerti di ospitarla per la notte.
All’ora dell’aperitivo arrivano tutti e tre, poi, alla spicciolata, ecco anche Aldo e Lauretta ciascuno da casa propria. E infine ecco i miei, i più attesi, i più vezzeggiati. Vedo lo stringersi di mani, vedo i sorrisi che da circostanza diventano in fretta naturali, sento i discorsi che perdono rapidamente ogni accento di rigida formalità. Ovviamente ogni accenno alla stranezza della nostra situazione è solo sfumato, ma va bene così, i problemi di questo genere non si risolvono con fredde analisi e brutali andate al punto. Aiutano di più l’ironia, lo scherzarci intorno, qualche piccolo doppio senso. Debra e io siamo splendide, abbiamo voluto tanto che questo incontro ci fosse e si svolgesse nella felicità: che vivesse della medesima serena attesa cui siamo da un po’ abituate. Per mostrare con orgoglio come abbiamo speso quelli che erano anche i loro soldi, dai mobili nuovi (compresi un tavolo e un armadio antichi) ai corredini per i piccoli in arrivo. Il più fantastico è Michele... Si è accorto subito da segni impercettibili di piacere a mia madre e con una faccia tosta da consumato corteggiatore la colma di attenzioni e di fini messaggi, senza mai esagerare ma neppure interrompere la continuità dell’assedio. Se non lo conoscessi, se non sapessi che lui è così, potrei pensare a un attore consumato, anche se questa sera non si supererà la soglia del “lei”. E nello stesso tempo Michele non dimentica Adele. Questa, brillante come è, non ha certo bisogno che qualcuno la protegga, e il solo fatto che lei debba giocare da sola l’avvicina agli altri senza che debba essere fatto alcuno sforzo da nessuno.
Michele trova terreno ancora più fertile con Chiara quando si mette a prendere in giro le mie piccole debolezze, come ho voluto intervenire in casa in piccole cose maniacali pur avendo apprezzato e lodato il suo lavoro di tre giorni.
- Ma come, adesso è diventata ordinata? Quando era da noi, camera sua era una cosa impossibile... - racconta mia mamma.
- Non è vero – protesto io – non credetele, sono tutte calunnie...
- Perfino Aldo era più ordinato di te!
- Aldo era ordinato? – si meraviglia Lauretta. Che bella ragazza che è... la vedo davvero adatta a mio fratello. Ha un sorriso stupendo e due occhi assai luminosi. Mi sorprendo a pensarli sposati e circondati da marmocchi.
- Signora, ci penserà il piccolo a far piazza pulita delle piccole manie di Matilde – scherza ancora Michele con mia madre – Lei ne sa qualcosa, no?
- Ho lottato con lei da sempre e non ho mai avuto soddisfazione... - si lamenta lei cercando uno sguardo di approvazione almeno in papà. Il quale sorride ma si guarda bene dall’intervenire.
- Dio, quanto si vede che lei è così fiera di sua figlia – la complimenta Michele con uno sguardo che avrebbe sedotto una pietra.
- Sul fatto che Matilde abbia buon gusto non ho mai obiettato nulla.
- Non poteva che essere così, signora Chiara!
E questo scambio di battute è carico di significati, lo intuiamo tutti in una frazione di secondo. C’è rispetto, simpatia. E, sul buon gusto: chi di noi non ha pensato, immagine istantanea e incisiva, che mia mamma si potesse riferire anche alla scelta fondamentale fatta da sua figlia, alle persone da amare?

Trascorrono i giorni e così le ultime settimane. L’aria condizionata ci aiuta a non soffrire troppo il caldo di giugno e luglio, anche perché francamente né Debra né io abbiamo voglia di fare weekend in giro. Le nascite sono stimate per la fine di luglio, il 29 precisamente. Abbiamo stabilito di partorire alla Mangiagalli. Il nostro ginecologo ci visita a distanza di un giorno: e mentre per Debra è tutto regolare, il bambino si è girato giusto, per me c’è la piccola sorpresa che è ancora in posizione podalica. Viene così ventilata la possibilità di un taglio cesareo al posto di un parto naturale.
Non so perché, ma ho la fortuna di non preoccuparmi eccessivamente. E infatti, al successivo e ultimo controllo, anche il mio decide di fare il bravo. Ne sono sollevata, molto più di quanto mi andrebbe di ammettere.
Ormai è scommessa su a chi toccherà per prima, Michele si augura solo di non affrontare una situazione di imbarazzante contemporaneità d’eventi.
I nonni milanesi sono iperagitati tutti e quattro, mentre Adele è pronta a prendere il treno di ora in ora.
E il momento tanto atteso arriva prima per me. Alle nove di sera del 28 luglio Michele ci carica entrambe e ci porta in clinica. Debra non ha voluto stare ad aspettare, anche perché, scherziamo, dovessero pure a lei rompersi le acque, almeno sarebbe a destinazione già da subito!
Sono molto tranquilla, quel poco di agitazione lo attribuisco alla voglia che ho di vedere cosa ho ospitato e costruito per tutti questi mesi. Effettivamente non sto più nella pelle... chiedo a Michele e a Debra di stare in disparte. Michele non può stare fermo e misura la stanza a grandi passi ripetuti, così mi ha raccontato poi Debra. Il travaglio, gli incoraggiamenti, le esortazioni a spingere, perdo la nozione del tempo, un sogno che attraverso non poco dolore crea una realtà di tre chili scarsi... Tutta l’equipe sapeva che in caso di maschio i primi strilli erano di Davide... E così è, mi dicono che Davide sta bene, che tutto è andato magnificamente. E io ho appena la forza di capire che mamma lo sono diventata davvero, sfinita, priva di energie. D’ora in poi non sarò mai più da sola, una certezza che mi colpisce per la sua elementare assenza di alternative.
Davide è bellissimo, mi dicono tutti il giorno dopo, e lo penso anch’io quando mi si aggrappa al seno con una foga che ho visto solo in suo padre... Ha i nostri occhi azzurri... Nel giro di poche ore arrivano Aldo e i quattro nonni. E, alle tre del pomeriggio, ecco anche Adele. Dio, che piacere che mi fa! Sono ancora abbastanza esausta, ma per Adele ho un sorriso speciale.
- Sono arrivata di corsa... tanto tra poco toccherà a Debra - lei si schermisce.

Siamo appena rientrati a casa, con tanto di vagoncino culla, ed ecco che Debra accusa i primi sintomi. Sono le nove di sera del 30 luglio, che giornate, ragazzi! Michele la carica in auto assieme ad Adele e via ancora una volta alla clinica! Mio malgrado devo rimanere qui, anche se non da sola perché mia mamma si è catapultata ad assistermi nella mia prima notte casalinga con Davide.
La nascita è alle due di notte, lo vengo a sapere proprio mentre Davide fa la sua poppata. È quindi mia mamma che risponde al telefonino. Dopo pochi secondi, sorridendo mi dice: - È arrivata Monica.
E io sento che ora, proprio in questo preciso momento, tutto si è davvero compiuto.

Infatti, siamo praticamente alla fine della storia che ho voluto raccontare. Ora è l’inizio di qualcosa davvero nuovo, qualcosa che forse meriterà di essere raccontato, oppure no. È passato un mese di poppate, sorrisini, dormite angeliche e risvegli nel cuore della notte. Un mese di pannolini, di sguardi complici con Debra, di ammirazione, di felicità, di Michele felice come un bambino. Un mese in cui ci siamo ricostruite, in cui gradualmente abbiamo ripreso anche a essere donne. E voglio concludere questo mio lungo racconto così come l’avevo incominciato, cioè con la descrizione fedele di come io, guardandomi allo specchio, abbia improvvisamente ripreso a desiderarmi e, di conseguenza, a desiderare.
Debra e io siamo sole in casa, i bambini dormono entrambi, sento improvvisa la voglia di essere quella che ero prima, di curare me stessa con le stesse attenzioni che avevo una volta. Essere mamma è l’occupazione più importante, ma sento che non posso e non devo dimenticare me stessa. E appena il mio corpo me ne dà il segnale, non esito.
Ora sono completamente nuda nel mio bagno, a porta aperta. Mi osservo il seno, ben più voluminoso del solito; ma poi l’attenzione si posiziona sul ventre, non ancora così piatto come un tempo, ma sulla via di diventarlo, e sulla figa, che mi si presenta ben diversa. Da mesi non me la depilavo, l’equipe del parto ha fatto il resto. E ora siamo al pelo biondiccio ma selvaggio.
Dal mobiletto vado a estrarre il mio vibratore preferito. Quanto tempo fa! Lo accendo, lo passo tra i peli alla ricerca del clitoride, ritorna quella meravigliosa sensazione del sentirsi bagnata e pronta, sono scossa da una serie di piacevoli tremiti, mentre a gambe allargate inizio a penetrarmi davanti allo specchio gigante.
E così, in questa posizione, chiamo Debra.
- Puoi venire un attimo su?
- Arrivo subito – sento rispondere da sotto.
Poi mi riassorbo nel mio piacere, a tal punto da trasalire un poco quando Debra fa capolino dalla porta. C’incontriamo con gli occhi tramite lo specchio, lei è salita a piedi nudi, in shorts e camicetta annodata. Si spoglia in tre secondi, poi si avvicina per abbracciarmi da dietro.
- Come sei bella, Matilde... ho ripreso a desiderarti come non mai!
Faccio per voltarmi, per baciarla, ma lei mi esorta a non fermarmi. Si posiziona accanto a me, allarga anche lei le gambe e comincia ad accarezzarsi la figa pelosa con un dito, senza riuscire a trattenere già da subito un primo gemito.
A quella vista mi va il sangue alla testa e accelero i movimenti del vibratore. Ci masturbiamo assieme e davanti allo specchio, io guardo lei e lei guarda me. Abbiamo i capezzoli durissimi. Poi, come recitassimo un copione, ci mettiamo a 69 sul tappeto di pelo, io la lecco, lei mi lecca e mi muove il vibratore dentro, fino a che entrambe veniamo rumorosamente, rapite dall’odore ritrovato del nostro sesso.
Mi divincolo, mi metto sopra di lei, le vado a succhiare un capezzolo, mentre con le dita cerco di penetrarla e di farla godere ancora. Lei mi lascia fare, mi lascia entrare nelle sue pareti bagnate ma allo stesso tempo mi stuzzica il clitoride con due dita.
Il mio secondo orgasmo sta montando e respiro con affanno: decido di usare su di lei il vibratore che per un po’ è stato lì abbandonato. La penetro e più glielo muovo dentro più lei amorosamente mi stimola il bottoncino. E così veniamo per la seconda volta, assieme, mormorandoci i rispettivi nomi.
- Debra....
- Matilde...
- Forse è il caso che ci depiliamo di nuovo – dico io, dopo qualche minuto di relax, baciandola.
- Sì, ma è meglio andare dall’estetista, questa volta. Mi sembra che siamo casi critici... Se vuoi prenoto anche per te, domani.
- Vuoi dire che stasera ci facciamo vedere così, da Michele?
- Perché no? Ti vergogni? Sarà la volta del “chiù pelo pe tutti”!
- Va bene, prenota anche per me, magari due ore dopo di te.
- Matilde... ti amo!
- Anch’io ti amo, Debrina... e tanto!
- Ben tornata alla nostra vita sessuale...
- Toglimi una curiosità... tu l’avevi già fatto?
- Ieri, amore. Soltanto ieri. Mi sono accarezzata con le dita, e mi sembrava un secolo...
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