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Lui & Lei

Matilde 03-18 - Fantasie da un campo base - 2


di Alex46
15.04.2019    |    862    |    0 8.7
"- Insomma, volevo mettermi da figa..."
continuazione della lettera
«Juhla, 27 agosto, ore 21
Cara Debra, immagino di essere a casa nostra, sono al computer e sto scrivendo una e-mail, l’ennesima della giornata, è sabato mattina e fuori piove. Sento qualche passo familiare poi ti vedo entrare. I piedi, a loro agio sul tappeto che attutisce, sono nudi ma avvolti dalle scarpe che abbiamo soprannominato “le inquietanti”. Caviglie, ginocchia e cosce abbronzate portano a un paio di shorts-jeans leggermente sfilacciati, inguinali, con un leggerissimo spacco sui fianchi. Li porti bassi, si vede bene l’ombelico sotto una canottierina colore arancio.
Hai i capelli arruffati, come ci piacciono, due occhi aguzzi, allegri e complici.
In mano hai un bicchiere e una lattina di 8,6 appena aperta e fredda. Avverto il tuo profumo quando non sei ancora a metà stanza, sorridi e mi versi la birra nel bicchiere. Me lo porgi. Io ti chiedo di bere prima tu, voglio vederti mentre fai questo con tutta la sensualità di cui sei avvolta e capace.
Ne vuoti la metà, poi mi porgi il bicchiere e mi osservi mentre bevo a mia volta, guardandoti negli occhi.
Sei lì in piedi davanti a me, ancora seduto, l’odore del tuo profumo mescolato a quello del tuo corpo è davvero forte. Con una mano che ti appoggio sulla schiena ti invito ad avvicinarti ancora e tu lo fai docilmente. Ti appoggio il naso sulla canottiera, proprio sotto al seno, e aspiro forte, inebriandomi di quell’odore così tuo e ricco di promesse. Muovo appena la testa e mi trovo a contatto con l’ombelico, con il naso alzo appena e sposto di poco l’orlo della canottiera.
- Sei una gran figa – ti dico, convinto e convincente. Poi comincio a leccarti a piccoli colpi di lingua quella zona di pancia che è scoperta, con invasioni rapide e leggere un po’ più in alto, dove due tette sono orgogliose d’esserci, dove due capezzoli stanno diventando sensibilmente più duri ogni volta che li sfioro. I capezzoli sono la porta di tutto il tuo essere sesso. Sei lì in piedi, a gambe appena divaricate, mi porgi la pancia perché io possa diventare sempre più ardito e non mi neghi i capezzoli perché le porte si possano spalancare.
- Sì, sono una gran figa, sono la tua figa che ha voglia di scoparti da questa mattina presto, da quando ti sei alzato da letto pensando che io dormissi. Invece ero sveglia, avevo appena fatto un sogno dove stavo facendo l’amore con te, con te che eri tanto amoroso... Allora ho lasciato che tu ti alzassi – Allora posso dormire un po’ – mi sono detta.
- E sei riuscita a dormire?
- No, ormai ero sveglia, ma sono rimasta lì a coccolarmi ancora. Poi mi sono alzata, ed è stato quando abbiamo fatto colazione assieme. Poi tu dovevi lavorare, e io ti ho lasciato fare. Sono andata in bagno, ho riempito la vasca e ci sono stata dentro mezzora. Poi sono uscita, mi sono asciugata, anche i capelli, poi incremata e profumata. Ho finito quando è squillato il telefono...
- Ah, sì. Mario!
- Ho pensato di lasciarti ancora un po’ stare, quindi sono tornata a sdraiarmi, ma riuscivo a pensare solo a te...
- Ma potevi venire qui...
- Ho preferito fare altre cosette, sai che di pasticci ne ho parecchi, poi mi sono vestita...
- Beh, vestita è una parola grossa.
- Insomma, volevo mettermi da figa. Mentre mi guardavo allo specchio, ho sentito che mi stavo eccitando, perché guardarmi dopo una mattinata in cui ho pensato solo a te può fare solo quell’effetto. Ho sbottonato appena davanti...
- Così? – e intanto ti prendo la mano e ti costringo a sbottonarti due o tre automatici degli shorts.
- Sì, così – sospiri tu.
- E poi cosa hai fatto?
- Poi ho fatto così – dici con un filo di voce, facendo sparire mezza mano nella patta e chiudendo gli occhi. S’indovina che hai messo un dito nella figa e lo muovi con decisione, ma anche delicatezza. Stai già respirando forte, senza più dire nulla, lasciando parlare solo un corpo eccitato e una figa ancora invisibile.
Io ti abbasso i pantaloncini (a fatica, sono stretti), mentre tu non smetti di masturbarti, anzi sei felice che ora io possa vedere la mano, con il dito nella fessura tutta bagnata da chissà quanto tempo. Ora la pancia è tutta fuori, la figa anche e tu ne sei orgogliosa.
Sei lì che godi a vedermi così compreso, mentre a gambe appena dischiuse ma assolutamente erette su quei tacchi che non proveranno mai misericordia per alcuno, ti passi e ti ripassi, quasi come un’onda che va e viene, il dito sulla figa intera.
Io non resisto e mi avvicino per leccare, ma non faccio a tempo ad abbassarmi che tu, con grande precipitazione, mi proclami il tuo orgasmo: - Vengo, Michele, vengo per te, mentre mi guardi che lo faccio per te. E prima è stato uguale, davanti allo specchio, ma con un piacere diverso: quello che dopo te lo avrei raccontato.
Allora, mentre mi dici queste cose bellissime, comincio a leccarti, proprio per poter gustare la tua sborra fresca, assieme a quella di prima.
Ma sono scomodo, quindi m’inginocchio davanti a te, mentre tu mandi avanti il bacino e indietro la schiena, in modo da venirmi incontro con la figa.
- Sì, dai, leccami così, dai ancora, ancora, che ti sborro in bocca, ancora che mi piace, mi fai morire con quella lingua, Michele. Sborro, ora, sborro, sì, cosìì, lecca ancora, dai, aah, aahh!
Non ti do tempo di riprenderti neppure un secondo, ancora con i pantaloni a mezza coscia, sei splendida e del tutto immorale. Non riesci a essere sguaiata neanche quando vuoi fare la troia, e in questo ci riesci bene di solito!
Ti faccio trottare verso la camera da letto. Lì giunti, anch’io mi tolgo tutto di dosso, ho un cazzo duro da concorso. Ti sbatto sul letto e ti penetro con una violenza che per noi è dolcezza, perché quando ci vuole ci vuole.
- Questo è per tutte le seghe che mi sono fatto quest’estate, questo è per tutte le masturbazioni che ti sei concessa, per quelle volte che l’abbiamo fatto assieme al telefono, per tutte quelle volte che ho desiderato scoparti e non potevo.
E mentre dico queste cose, quasi a denti stretti, ti fotto a grandi colpi, ti sfondo la figa con questo cazzo, che ti fa dimenticare tutti i surrogati di plastica con cui hai potuto godere da troia quest’estate. Avessi potuto avere a disposizione una figa di plastica ci avrei ficcato il cazzo dentro e avrei pensato alla tua, vera, bella e amorosa. Sono arrivato a pensare anche a questo, mentre mi masturbavo con il cazzo nudo nel saccopiuma e pensando che nulla era paragonabile a te.
Così spingo forte e ci dò dentro, fino a che non sento quella familiare sensazione per la quale tra poco tutto potrebbe essere finito. E allora aumento la velocità, senza quasi accorgermene, perché questa volta voglio solo fotterti e anche sborrarti dentro, come si fa con le troie. Perché sei del tutto mia e non devi averne il minimo dubbio.
Come un cammello sborro nella tua figa a pompa, mentre tu ti agiti e urli che stai venendo, che sono il tuo cazzo e che farai sempre la troia per me».
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