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Matilde 01-19 - Michele ed io


di Alex46
01.02.2019    |    2.131    |    0 9.7
"Tu non sai i pensieri che susciti con quel sorriso da quel muro..."
La sera dopo, puntuale come ne ero sicura, Michele mi viene a trovare.
Sono le nove e mezza quando mi suona al citofono. Gli dico di salire, la strada la sa.
Al telefono mi aveva detto: - Debra mi ha piantato... ci ha lasciati!
- Ma dove è andata?
- Da una sua amica, dice di volersi cercare un appartamentino. È fuori di testa, non riesco a capire...
Lui le aveva detto quanto era dispiaciuto per quello che era successo, ma Debra negava spiegazioni, e lui continuava a non capire nulla. - Ma perché ha fatto così? Non è da lei...
- Voi uomini non conoscerete mai abbastanza le donne... – gli ho risposto per stuzzicarlo e sdrammatizzare - io Debra la capisco, vedrai che prima o poi tornerà da noi.
Dentro di me sono ancora sicura che la cosa è transitoria.
Il fatto invece che Michele abbia accettato il mio invito è inequivocabilmente il segnale di voler continuare a stare con me, indipendentemente da un momentaneo dispiacere, sia pur grosso. In fin dei conti Michele sente che la colpa non è sua e se la reazione di Debra lo ha comunque coinvolto ciò non può scalfire le sue sicurezze.
So anche che posso prenderlo per il cazzo quanto e come voglio, perché lui è proprio preso di me. D’altra parte io stessa ho un grande bisogno di lui, e non sento di averlo rubato a nessuno. È un frutto che posso centellinarmi senza sentire alcun rimorso o colpa.
Così, quando gli ho aperto la porta, sono vestita come nella migliore tradizione, per dire che questo è proprio il taglio della serata: tacchi alti, figa sotto slip neri trasparenti, tette appena coperte da una specie di grembiule alto, trasparente e a frange, con uno sguardo assassino. Nel pomeriggio mi ero poi comprata un paio di calze autoreggenti, sentivo che volevo stupirlo, ma poi vi avevo rinunciato.
Non voglio discutere con lui e farmi delle menate. Prima si scopa, poi si parla eventualmente di Debra, se ne avrà ancora voglia. Se stiamo a perdere tempo in dubbi e domande, finisce l’incanto. Una bella scopata invece rimette le carte in gioco, si ricomincia daccapo, capendo alla perfezione che di attori ce n’è uno in meno, ma la scena è la stessa. Non vorrei passare per cinica, e soprattutto non vorrei che questo pensasse Michele: che a me di Debra non me ne freghi niente. Quella tornerà.
- Ciao! – gli sorrido – spero di piacerti, così. Il fatto è che, sapendo che arrivavi, non sono riuscita a vestirmi...
Qualche giorno prima avevo appeso in soggiorno una stampa che mi ero fatta fare da un laboratorio fotografico: un posterino che raffigurava Michele a torace nudo. L’avevo fotografato un giorno sulla spiaggia, lui era venuto assai bene e vederlo in foto a tutte le ore era un piacere che non mi volevo negare.
Ma lui non lo sapeva, e il vedersi appeso in bella vista gli fa indubbiamente piacere: e questo dopo lo shock iniziale per il come l’ho ricevuto in casa.
- Cosa vuoi da bere, amore?
- Dammi una birra, per favore; mi hai fatto venire già la gola secca. E poi non mi avevi detto di avermi esposto come un cantante o un attore...
- Tu sei più bello e ben più caro di un cantante o di un attore. Vuoi quindi che rinunci a vederti? Guardati, sei sorridente, sei bellissimo. Tu non sai i pensieri che susciti con quel sorriso da quel muro...
- Che pensieri? – fa lui, che ha già capito dove voglio andare a parare.
- Pensieri... da bambina un po’ sciocca, ma anche pensieri non troppo innocenti... capisci cosa voglio dire? – continuo a provocarlo, mentre torno con due birre e due bicchieri.
- Tu è tutto il giorno che sei in quella mise, o l’hai fatto apposta per me?
- Io, è da questa mattina... sono uscita così, sono andata in autobus, mi hanno anche palpato il culo...
- Dai, quando hai pensato di farti vedere da me così? Perché questo vuol dire che hai ben altro per la testa che parlare di Debra...
- Se vuoi possiamo parlare di Debra facendo l’amore...
- Beh, sei la solita Matilde, non ti si può resistere neanche un momento. Non si può mai fare un discorso serio. Debra tra l’altro è mia moglie!
- La colpa è tua, con quel sorriso lì – e riaccenno alla foto.
Michele mi guarda, con il bicchiere in mano, senza decidersi a bere; guarda il poster, poi ancora me, poi esclama convinto: - Quante volte ti sei masturbata su quella foto, Matilde?
- Mai, fino a ora, anche se avrei voluto farlo. Se vuoi posso farlo adesso, mentre mi guardi.
Michele non risponde, beve un lungo sorso di birra, si accomoda meglio sulla poltrona, poi socchiude leggermente gli occhi, facendomi capire che è pronto per lo show. Lo sapevo che ci sarebbe stato.
Anch’io bevo un po’ di birra, poi vado allo stereo e metto su un CD con musica funky. Raccolgo svelta il vibratore dal cassetto e lo appoggio sul divano. Mi tolgo gli slip trasparenti, torno a sedermi, appoggio i piedi con le scarpe sul tavolino, perciò quasi mi sdraio. Con gli occhi guardo il poster, poi osservo Michele che è proprio attento a ogni mia mossa.
L’ho già sedotto, per questa sera, ma io sono anche esibizionista e non posso non darmi questo grande piacere. Ho la figa spalancata sotto ai suoi occhi, a due metri di distanza, mi muovo appena al ritmo della musica, mi accarezzo la pancia e i fianchi, spostando solo di poco le gambe nude, cercando posture falsamente pudiche, facendo incontrare più volte le punte delle scarpe o sovrapponendo le ginocchia: anche inarcando le gambe, come farebbe una bambina.
Ma poi la mano trova inevitabilmente la figa, che era lì ad attendere da un po’, già bagnata a dovere, anche prima che arrivasse Michele. Mi ero toccata appena, tanto per lenire l’eccitazione di averlo finalmente solo per me. Segretamente non mi dispiace proprio quest’esclusiva, tanto sono sicura del ritorno di Debra a tempi brevi.
Mi tocco, mi strofino, mi seduco, mi porto nel mondo dello spettacolo che una donna sa dare al suo uomo; e dopo qualche minuto ansimo, mi contorco, respiro più forte e finalmente riguardo Michele, senza smettere di masturbarmi.
Mi arrovescio con la testa quasi per terra, le gambe aperte, le punte dei piedi sparate in alto. Praticamente li appoggio sulla spalliera, mentre il culo sta dove è normale che stia: solo che la figa è puntata verso l’alto, e le tette pendono in senso contrario. Ed allora afferro il vibratore, me lo introduco e me lo muovo dentro sempre più veloce, acceso.
- Vengo, Michele. Guarda, mi sto sfregando la figa per te con questo cazzetto finto, in attesa che tu ti tiri fuori dai pantaloni e mi faccia vedere come sai riempirmi di quel tuo cazzo. Vengo, amore... aah, aah, godo – e intanto mi affondo il vibratore che quasi scompare dentro, e ce lo tengo, menandolo quel che basta per farne vedere il fondo e poterlo tenere con due dita fradice.
- Brava, Matilde. Ti sei fatta la prima sborrata della sera, amore? Come al solito sei stata fantastica. Non ti preoccupare, ce ne saranno delle altre di sborrate. Ma adesso dimmi una cosa: perché fai tutto questo? Non ti sembra che Debra meriti almeno due parole, un po’ di rispetto per tutto quello che ci siamo detti assieme, e amore di qui e amore di là... e adesso come se niente fosse tu mi inviti a casa tua, mi ricevi seminuda come una troia e infine ti tiri una sega come se fosse la cosa da fare subito dopo un dispiacere come quello che abbiamo provato e stiamo provando...
- Amore, era proprio quello che volevo sentirti dire. Prima di tutto devi pensare a me come una gran troia, che si farebbe sbattere da chiunque, ma guarda caso ha scelto proprio te e non intende mollarti. Poi devi pensare a me come una troia lesbica, perché io in realtà continuo a pensare e a desiderare Debra...
- Sì, ma il poster suo non l’hai fatto fare e non l’hai appeso...
- Non farmi arrabbiare, Michele. Se ti dico che la penso e la desidero è vero. Solo che la mia reazione è diversa dalla tua, forse perché so dove ho sbagliato...
- E dove hai sbagliato? – mi chiede Michele cominciando a togliersi le scarpe.
- Ho sbagliato quando ho voluto umiliarla così tanto, ieri sera.
- Ma lei sembrava stare al gioco, sembrava proprio che le piacesse... – e intanto si toglie i calzini rimanendo a piedi nudi.
- Sì, ci stava, godeva come una maiala, godeva soprattutto di essere umiliata da me, perché ciascuno di noi ha la sua piccola parte di masochismo, basta che te la risveglino a puntino... Ma poi, alla fine, nel pieno dell’umiliazione, si è lasciata sfuggire che mi amava... me l’ha detto sottovoce.
- E questo non è vero? Quello non era solo un gioco? – incalza Michele, togliendosi i pantaloni e appoggiandoli al bracciolo della poltrona.
- Sì, ma a quel punto ha capito che, dopo essere stata trattata a quel modo, non poteva dirmi di amarmi: significava che soprattutto la sua parte masochista mi amava, e non era una bella scoperta quella... la reazione è stata immediata e mi ha odiato per averla costretta a realizzare quella che poteva essere una verità fino ad allora nascosta.
- E io che c’entro?
- Tu, non fare l’angioletto, tu. Tu facevi parte del gioco, lei non era solo umiliata da me, ma anche da te, anzi, da noi. Ecco perché poi ci ha rifiutati entrambi. Poverina, deve soffrire come una bestia.
- Per questo dico che occorre starle vicino, non possiamo lasciarla sola così – e intanto si cava via anche i boxer, curiosi perché a fiorellini. Ora è nudo e in piedi. Il cazzo gli pende tra le gambe, si vede che l’ho eccitato soprattutto di testa. C’è ancora qualcosa che lo trattiene, che gli impedisce di lasciarsi andare.
- Vieni qui – gli dico – avvicinati, voglio dirti una cosa nell’orecchio.
Lui si muove quei pochi passi, poi s’inginocchia accanto a me e si protende in modo da avvicinare l’orecchio alla mia bocca.
- Facciamo come se ci fosse anche lei – gli bisbiglio lentamente – fai finta che io sia lei. Cosa faresti adesso, con lei accanto?
- Le leccherei la figa...
- E allora fallo, e chiamami Debra. Voglio essere lei.
- Va bene, Debra... com’è che hai cambiato profumo? Com’è che in tutto questo tempo hai cambiato odore? Ti sei fatta scopare da chi per cambiare così odore? Sembri quasi un’altra...
E mentre mi dice queste cose si avvicina alla mia pancia e comincia a leccarla piano, scontrando appena la mia mano che è ancora là sopra e non si decide ad andarsene e a cedere il campo... Poi la alzo e la metto tra i suoi capelli, accarezzando la sua testa meravigliosa, invogliandolo sempre di più a spingersi un poco più basso, là dove so che tra poco esploderò in un orgasmo che si preannuncia ben violento. Con il bacino gli vado incontro, le mie gambe si avvinghiano sulla sua schiena, è strano il contatto della sua pelle nuda sulle mie autoreggenti. Il mio respiro si fa sempre più forte, anche la pancia va su e giù, mi sembra che la voglia si traduca in una respirazione erotica, come se l’esigenza di avere più ossigeno e più in fretta andasse di pari passo con il desiderio di avvicinargli sempre di più la figa alla faccia.
Alla fine ci arriva e a quel punto mi spingo con tutto il bacino verso questa lingua che non può parlare ma si muove con dolcezza e sapienza.
- Sì, amore, così. È così che volevo che tu facessi. Non sembri neppure un uomo, mi stai leccando come farebbe Matilde, lo stai facendo proprio bene, mi stai facendo morire...
Lui non smette neppure per un attimo di passarmi sul clitoride e slinguarmi leggero la fessura, senza mai andare a fondo. Ma sento che si eccita a essere paragonato a me, nella finzione di essere me che lecca Debra, che invece sono io. Allora continuo il gioco, io che posso parlare: - Dai, continua, Matilde. Sei il mio amore perfetto, vorrei che Michele ci vedesse mentre facciamo le troie assieme. Ho la figa che sta bollendo, amore. Ti amo, ti amo, ti amo, sìììì, mi fai godere, amore vengo, vengo, sto sborrando per te, dov’è Michele, amore? Sììììì, eccomi, aah, aah, ancora, ancora, ancora, sìììì, aah!
Sto urlando, a questo punto sto urlando, sto venendogli in faccia come una pazza, con le due mani gli premo la testa cercando di fare in modo che mi entri dentro con la lingua, anche il suo mento, non certo liscio come quello di Debra, vorrei che mi entrasse dentro. Poi mi riscuoto, mi divincolo, lo prendo per le mani lo faccio sedere sul divano e a quel punto mi siedo sopra il suo cazzo, dandogli la mia schiena. Mi entra come nel burro, da tanto che sono fradicia: comincio a cavalcarlo.
A questo punto è lui a parlare: - Dai, troia, beccati ‘sto cazzone! Hai voluto fare la troia finora, le hai pensate tutte le fantasie, eh... rimane il fatto che io sono il maschio Michele che vi vorrebbe scopare entrambe, che io sono il vostro uomo e che neanche tu puoi fare a meno di lei. Lo sai, vero? Dì di sì...
- Sì, sì, lo so...
- E allora, troia, cominciamo con te, poi insieme andremo a cercarla, le telefoneremo, la sfiniremo fino a che non tornerà da noi. Perché anche lei è troia fino in fondo, non può mollarci così, vero?
- Sì, Michele, non può – rispondo mentre sento un altro orgasmo, ancora più dal profondo, nascermi dentro – tra poco mi squasso con un’altra sborrata, Michele, e lei non c’è. E io sborro lo stesso, ma penso a lei. È terribile e meraviglioso, è come se ci tirassimo una sega senza di lei, una masturbazione a due perché lei è lontana... Noi stiamo facendo l’amore senza di lei ma in realtà lei è ancora qui...
- È nella mia testa, Matilde, e anche nella tua. Guarda che anch’io sto per venire, amore. Ora vengo, ora sborro.
E così dicendo aumenta dal basso i suoi colpi, con questo cazzo che in questa posizione è più storto del solito e io sento che mi si piega nella figa e sento anche che tra poco sborro con lui.
Dimeno le gambe in conseguenza al bacino, uno spettacolo forte, dovrei avere uno specchio per vedermi agitata sul cazzo che mi entra dentro, sexy, con queste meravigliose scarpe.
- Amore, eccomi...
- Eccomi anch’io...
E veniamo all’unisono, poi la cavalcata si attenua, siamo sudati fradici. Il cazzo esce prima del solito, data la posizione diversa in cui ho deciso di farmi scopare per questa volta.
Non possiamo rimanere così e ci sediamo sullo stesso divano, ma ciascuno appoggiato da una parte, nudi, sudati, ancora convulsi e ansimanti.
- Sei un gran pezzo di cazzo – gli dico, così tanto per dirgli quello che realmente penso.
- Solo cazzo e nient’altro? – fa lui, facendo il finto offeso.
- E io solo gran figa, non me lo dici sempre? Ho solo la figa che t’interessa? Ah, tu non mi vuoi più bene come una volta... – gli ribatto con un sorrisetto imbronciato.
- Ma no, cara, no, non sei solo figa, lo sai, te l’ho detto tante volte... Però quando fai la figa troia come hai fatto stasera ammetterai che posso pensare a poco d’altro...
- Beh, in effetti, mi arrabbierei anche... Di fronte a una figa spalancata e bagnata come la mia vorrei anche vedere che tu potessi pensare ad altro...
- Alla figa di Debra ci penso eccome...
- Quello fai bene a farlo, è solo bello che tu lo faccia. E del resto mi sembra d’averti fatto capire che la penso anch’io.
- Lo so, amore, l’ho capito. Il tuo essere sommamente troia non t’impedisce di amarci come meritiamo...
- E il tuo essere sommamente stronzo non t’impedisce di essere il più bel cazzo della mia vita e l’uomo più maledettamente intrigante che io abbia mai incontrato. E vorrei vedere che quell’altra troia non ti pensasse e non ci pensasse ancora!
- Beh, adesso ho sete. Cosa mi dai da bere, di fresco?
- Ho dell’aranciata, della coca, del succo di pompelmo. Se no, acqua minerale: birra, non so se ce n’è ancora. Ti andrebbe di telefonarle?
Michele non mi risponde, si alza, va al frigorifero e si serve da bere in un bicchiere, dopo avermi chiesto se desideravo anch’io qualcosa. Rispondo di no, facendogli capire che aspetto una risposta importante. Si risiede accanto a me, poi mi dice: - Dai, fai il numero.
Dopo sei squilli, ecco la voce tanto desiderata che risponde un “pronto” un po’ affannato.
- Ciao, sono Matilde. C’è qui anche Michele. Come va?
- Va benissimo, ma scusami in questo momento sto scopando... potevate trovare un momento migliore per rompermi i coglioni?
- Beh – balbetto io – scusaci, non volevamo...
- Siete due stronzi e vi prego di lasciarmi in pace.
Mi mette giù la cornetta e io rimango lì come un pesce lesso. Non posso fare altro che raccontare tutto a Michele. La sua sborra mi è uscita dalla figa e mi ha impiastricciato le calze, ma non me ne curo.
- Mi sembra che la stronza sia lei – dice alla fine del mio resoconto. Mi sa che dovremo lasciar passare un altro po’ di tempo prima di tentare un altro riavvicinamento.
- Mi ha fatto arrabbiare, e certamente era quello che voleva. Dai, usciamo, andiamo a prenderci qualcosa da qualche parte, così magari ci dimentichiamo di lei.
- Ma con chi sta scopando quella maledetta troia?
Vado a cambiarmi, mi metto normale e sportiva. Il resto della serata si svolge malinconicamente. Quasi ci ubriachiamo con due o tre drink, poi belli stonati torniamo a casa mia, dove ci ficchiamo a letto e ci addormentiamo quasi immediatamente.
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