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Lui & Lei

Matilde 02-03 - Una moglie sempre più esibizionista


di Alex46
14.02.2019    |    4.392    |    1 9.7
"Improvvisamente mi chiese, con uno sguardo per nulla rassicurante, se mi andava di uscire per una cenetta..."
Entro in casa, bagnata dalla pioggia che mi ha sorpresa, e subito scendo dai tacchi e tolgo i vestiti; pensavo di essere sola, ma entrando in bagno sento scorrere l’acqua della doccia...
Michele non mi sente arrivare e poco dopo sono già con lui sotto un’acqua quasi bollente; lui è visibilmente contento della mia sorpresa, mi stringe a sé visibilmente agitato spingendomi contro la parete, con il cazzo duro poggiato sopra la mia pancia, pulsante al contatto. L’acqua ci scorre addosso rovente, ma ho un brivido quando mi mette la mano in mezzo le gambe, mi costringe a toccarmi e a passarmi il dito dentro: l’altra mano me l’ha messa dietro il collo per fermarmi la testa.
Dopo un bacio pieno di fuoco usciamo dalla doccia e ancora bagnati mi porta sul letto, mi fa sdraiare, porta le ginocchia ai lati della mia testa e me lo infila in bocca, stringendo le mie mani nelle sue, fino in gola, sempre più veloce. I fiotti li ingoio, ma qualche goccia rimane ai lati della bocca. È stato tutto così rapido che non ho neppure avuto il tempo di toccarmi un po’.
Senza una parola si sdraia su di me, appoggiando la testa sul seno; sento che mi respira i capezzoli, mi alita sulla pancia, mi striscia all’indietro fino a lambirla con le labbra, esplora con la lingua: ho le mani sui suoi capelli, lo stringo forte, con il respiro sempre più pesante.
Ora mi tiene le gambe allargate e alza lo sguardo orgoglioso del suo lavoro, per lo stato di eccitazione in cui mi ha portata; fremo e gemo, quasi vorrei divincolarmi ma lui mi blocca il bacino. Sento arrivare una grande e meravigliosa contrazione.
Il telefono squilla ma nessuno dei due vuole a rispondere, esistiamo solo noi e la nostra passione.
Non ci vuole molto prima di sentire il cazzo ingrossarsi, strusciarsi sulla figa che ricomincia a eccitarsi; poi inizia a penetrarmi, lentamente, su e giù, movimenti che quasi mi tolgono il fiato. Quando lui sembra stia uscendo invece si scaglia dentro con forza, e una seconda e una terza e ancora una volta. D’improvviso esplodo di piacere, sono travolta da un’onda di piacere e di energia che mi fa esclamare, al posto delle solite dichiarazioni d’orgasmo, “Ti amo! Ti amo!” Ed è con grande gioia e senso di liberazione! Come quando si dice una grande verità.
Nello stesso momento anche lui si lascia andare, ed è davvero meraviglioso. Rimaniamo lì tranquilli per un po’ a farci delle carezzine affettuose, poi come animali capiamo di avere fame, che bisogna anche mangiare qualcosa.
Ci alziamo malvolentieri, ci buttiamo qualcosa addosso, poi andiamo in cucina a esplorare il frigo e i suoi avanzi. Riusciamo anche a rattoppare una cenetta decente, tra uno scherzo e l’altro. Divorato un piatto unico di risotto riscaldato e due pomodori affettati e conditi, bevuto qualche bicchiere del nostro cabernet, con un tono fintamente lagnoso gli chiedo: - Dai raccontami qualcosa d’altro! Ancora di quando tu e Debra eravate assieme e facevate gli esibizionisti...

«Una sera di fine luglio, assediati da un caldo umido e tormentoso, Debra e io ciondolavamo per casa in attesa che si facesse ora di cena. Improvvisamente mi chiese, con uno sguardo per nulla rassicurante, se mi andava di uscire per una cenetta.
Pensarmi fuori casa, con la speranza di un po’ di fresco, e rispondere affermativamente fu un tutt’uno.
- Allora mi preparo - disse dirigendosi alla stanza per cambiarsi. Io mi feci la barba e nel giro di un quarto d’ora ero pronto.
- Dai che si fa tardi - le gridai da una stanza all’altra, perché lei si attardava a fare chissà che nello spogliatoio. E sai che a me piace pensarla mentre...
- Arrivo, comincia a prendere la macchina - mi rispose.
- Va bene, amore - e così mi avviai giù per le scale al garage. Lei arrivò pochi minuti dopo: indossava una cortissima gonna bianca a portafoglio e una maglietta blu con una vistosa scollatura. Notai anche che sotto la maglietta non portava reggiseno e i capezzoli spuntavano prepotenti dal tessuto troppo leggero della maglietta. Pensai con piacere che quella mise era dedicata a me.
Dirigemmo l’auto verso ......., a una cinquantina di km da Milano, dove sapevamo di un ristorante consigliato da amici. Durante il tragitto, per gioco, cominciò a parlare di sesso, dapprima con innocenza, cose del tipo “come ti sembro stasera?” oppure “mi sembri un po’ stanco, fino a che non la smetterai di tirarti delle seghe tutto il giorno...”; poi più audace, riprendendo ancora la fantasia dell’essere mostrata, o spogliata, in pubblico, cosa che ormai sapeva eccitarmi moltissimo, di essere offerta ad altri per vederla fare sesso con qualcuno che non ero io.
- Questa sera ho voglia di più di un cazzo!
- Amore, sai che dipende solo da te... se solo tu lo vuoi ne puoi avere decine!
- Mmm, non ci credo, tu saresti il solito Otello e mi faresti delle menate...
- Ma no, no, ti sto dicendo la verità... lo sai che mi eccita, no?
Ad un certo punto, stendendosi leggermente sul sedile e cercando di allungare le gambe, mi chiese: - Ti piacerebbe che mi vedessero così? - e mentre lo diceva scostava con generosità le falde della minigonna facendo scoprire la figa, già allora quasi totalmente depilata.
- Allora ti piacerebbe o no? - insistette cominciando a carezzarsi il pube con lentezza.
- Certo che mi piacerebbe - risposi mentre lo sguardo saltava tra la strada e il suo monte di Venere, che lei protendeva sempre più verso l’alto. A gomiti così appoggiati, il sedere sollevato ben al di sopra del sedile, il bacino avrebbe potuto tranquillamente essere visto anche dai pedoni (che però non c’erano).
Superato un tratto di curve, allungai la mano per carezzarla anch’io: si era riappoggiata per stare più comoda e si stava bagnando in modo considerevole.
- Però tu dovresti solo guardare.
- Perché solo guardare?
- Perché sì, io godrei nel vedere che mi guardi.
- Non credo che avresti il coraggio di farlo – la provocai – queste cose non avvengono per calcolo, e potrebbero succedere solo se siamo coinvolti tutti...
- Ma certo che saresti coinvolto, però dovresti solo guardare... guardare come mi scopo un altro cazzo, guardare tua moglie che fa la troia con un altro uomo, che magari la fa godere di più...
Quest’ultima osservazione fu il colmo, era riuscita nel suo erotico intento di ferirmi, e quindi farmi acconsentire a guardare solamente.
Continuai con decisione quindi ad assecondarla nella fantasia e nella masturbazione, sai quanto adoro vederla stimolata ed eccitata: e poi volevo vedere fin dove si sarebbe spinta nella sua esibizione e soprattutto nella sua fantasia. Purtroppo, dopo poco tempo, entrammo nel centro abitato. Fu necessario interrompere.
Mentre entravamo nel locale notai che la gonna era leggermente trasparente e si vedeva che non aveva addosso slip.
La cena, breve e leggera, visto quello che si preparava, fu rapidamente consumata tra occhiate assassine e battute allusive; pagato il conto, ci avviammo verso la macchina.
- Potresti guidare tu e pagare il casellante, ma non solo con soldi - le dissi con un sorrisetto bastardo, convinto che imbarazzata mi avrebbe risposto di no.
- Cosa vuoi che faccia? Che la mostri all’omino del pedaggio?
- Non credo che ne saresti capace.
- Vedrai se ne sono capace.
Debra si mise al volante, io le indicavo la strada ma cercando di farla smarrire, cioè magari per perdersi un po’ nei campi. Ma lei non ci cascava e guidava diritto verso l’autostrada.
Giunti al casello, porgendo la Viacard che si era preparata sul cruscotto, si aprì platealmente la gonnellina, mettendo bene in vista quel che c’era sotto. Ci accorgemmo solo una frazione di secondo dopo che dietro al finestrino del casello non c’era un uomo, bensì un’impiegata!
Scoppiammo a ridere in modo irrefrenabile. Non ci fermavamo più, io la prendevo per il culo: - Ah, belle conquiste che fai! Ah, certo che quando ti ci metti...
- Zitto, stronzo, chi poteva immaginare una cazzata del genere! E poi era pure brutta...
Fu necessario fermarsi a un autogrill per fare carburante, così ne approfittammo per scambiarci ancora il volante.
Pagata la benzina, feci per ripartire, ma fatte poche decine di metri lei mi chiese di fermarmi. Tornammo un poco indietro, in quella zona poco illuminata e sempre piena di autotreni fermi.
La vidi infilare con decisione una mano tra le gambe e cominciare a toccarsi languidamente, questa volta con tutta l’intenzione morbosa di fare sul serio. Poco dopo, l’altra mano scostò la maglietta e mise in mostra una delle sue belle tette, nell’intento di accarezzarsi con metodo il capezzolo. Al ristorante mi aveva detto che era tutta la sera che i capezzoli le facevano male da tanto che erano duri. Sapeva che stava dando uno spettacolo cui nessuno poteva resistere.
Lo show continuò per qualche minuto, poi mi sussurrò di non riuscire ad aspettare.
- Ma non era questo che volevi, masturbarti in pubblico sperando di rimorchiare qualcuno? Adesso che ci sei, procedi...
Debra non aspettava altro: si spogliò completamente e si attaccò alla mia bocca avidamente, tenendosi stretta a me in un lungo bacio bagnato. Quindi mise le mani sui miei pantaloni e in un attimo liberò l’uccello, che ormai dall’inizio della serata faceva quasi male.
- Eri tu che volevo!
Si inginocchiò davanti e, con il sedere nudo verso il finestrino, cominciò a succhiarmelo con un movimento dolcissimo. Tu hai visto bene che tipo di pompini è capace di fare. La sua azione andò avanti per qualche minuto, tra affondate fino in gola o solo leccatine sulla cappella, poi si sdraiò sul sedile, che aveva in precedenza abbassato, dicendo: - Vieni ora, lo voglio tutto dentro.
Anch’io avevo perso ogni titubanza e, dopo qualche traffico per liberarmi dei pantaloni e dei boxer, mi sdraiai su di lei e la penetrai. La sentii inondata di umori, morbidissima.
Se c’è una cosa che non dimenticherò mai di lei, è quanto la sua figa fosse accogliente, delicata e nello stesso tempo eccitante e puttana. Non ti manca?

- Sì, mi manca tanto – rispondo – E poi?

Cominciammo a scopare e lei, tra un sospiro, un gridolino e un gemito, all’improvviso mi chiese: - Allora, quando mi trovi un altro per fare l’amore?
- Davvero lo vorresti?
- Sì, se tu mi stai a guardare – rispose, mentre i chiari segni di un orgasmo incipiente cominciavano ad alterarle i lineamenti del viso e il respiro.
Allora con una piccola acrobazia pigiai il pulsante per spalancare il finestrino dalla sua parte. – Vedremo – dissi - ora però grida forte, e fai sentire a tutto il mondo il piacere che stai godendo.
Non avevo neanche terminato di dirlo che un lungo, forte urlo strozzato le uscì dalla bocca, seguito poi da altri più deboli con lo stesso ritmo dei brividi che l’orgasmo le stava provocando. Mi sembrò di avvertire qualche movimento nelle immediate vicinanze, forse fu solo un’impressione. Ma in realtà non si vide nessuno. L’urlo di Debra si era perso nella notte di scarso traffico.
Lei si calmò, e io mi riportai sul sedile lato guida per rilassarmi un attimo. Naturalmente dopo aver richiuso il suo finestrino. Lei si mise seduta, si rivestì, si rassettò i lunghi capelli scuri e poi si stese di traverso sui due sedili, con la testa sulle mie gambe e le ginocchia piegate.
- Arrivano due tipi - dissi - copriti un po’ di più...
Lei, per tutta risposta, si mise di schiena e allargò le gambe, sollevandole. Portò anche la mano a giocherellare sulla figa.
- Voglio che mi vedano - disse - mi eccita l’idea di essere vista così.
- Sei pazza! – dissi, irrigidendomi un po’.
Non ero ancora venuto, ero ancora fortemente eccitato e segretamente mi sarebbe piaciuto mostrarla, bellissima, nella sua nudità al mondo esterno, ma non sapevo con chi avremmo avuto a che fare.
I due tipi si avvicinarono ancora, ora si potevano chiaramente udire le parole e le risate, e infine passarono vicinissimi alla nostra macchina. Ero pronto a tutto. Per un attimo, mentre passavano, ci fu silenzio; non più parole né risate.
Anche noi rimanemmo immobili, ma lei aveva le gambe e la figa scoperte, oscenamente aperta nella sua intimità. I due si allontanarono.
Ci mettemmo in ordine e riprendemmo la via del ritorno. Io non riuscivo a non pensare a quanto ero eccitato, a pericolo ormai trascorso. Ma mi dicevo anche che non era il caso di rifarlo».
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