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Matilde 02-14 - Al ristorante da sole


di Alex46
04.03.2019    |    10.763    |    1 8.6
"E poi credo che abbia capito che noi ce la intendiamo..."
La sera seguente arriviamo all’ora convenuta nel posticino appartato che volevamo, riservato, nascosto quasi a quegli occhi indiscreti che avrebbero potuto distoglierci da noi.
Per così tanti mesi avevo desiderato fare una cena sola con Debra, anzi mi domandavo se mai ancora avrebbe potuto succedere.
Ieri abbiamo parlato tanto, ma oggi sentiamo di avere un’intera vita di cose da dirci, ciò che ci piace, ciò che ci è mancato, e finalmente eccoci insieme a varcare la soglia di quel ristorante che ci avrebbe messi l’una accanto all’altra per qualche ora, non su un letto o su un divano a fare l’amore, ma semplicemente felici d’essere assieme.
Lei vestita con una minigonna a mezza coscia nera e un maglioncino con il collare in finta pelliccia, oltre a un cappotto scuro che le copre le gambe fino ai polpacci, io in pantalone chiaro e giacca scura con una camicia bianca che risalta sul colore della giacca. Entrambe, scarpe con il tacco alto, come praticamente sempre.
Ci eravamo confessate a vicenda da quanto tanto tempo desideravamo quest’incontro, lo volevamo come una cosa davvero importante.
Il cameriere ci porta a un tavolo in un angolo di questo locale semivuoto e semibuio per l’atmosfera; io le cedo subito il posto al muro prima di accomodarmi sulla sedia accanto, come fossi il suo uomo.
Ordiniamo da mangiare, ma credo che in mente abbiamo tutto fuorché il cibo. Ci stiamo finalmente specchiando, da pari a pari, senza timore che una di noi voglia predominare sull’altra.
Il suo abbigliamento sexy (Debra sarebbe sexy anche in ciabatte), m’impedisce ogni distrazione, e mi sorprendo a cercare ogni parte di lei più nascosta, quasi a scansire ogni centimetro visibile della sua pelle extra maglioncino.
Nel mettersi a sedere si è leggermente sollevata la minigonna, che le è salita al di sopra della mezza coscia. Così, prima che lei riavvicini il tavolo, provo la stessa eccitazione che potrebbe avere un uomo.
Debra è stupenda, è come sempre l’avevo ricordata e anche più bella: ma l’importante è che sia calda, perché così la voglio questa sera, calda di affetto e di amore per me.
Dopo qualche minuto e qualche bicchiere di buon vino bianco arriviamo a parlare. Sono chiacchiere, di quelle che potrebbero annoiare un uomo, che però a noi piacciono tanto e spesso rivelano molto dello stato d’animo dell’interlocutore. Se la conversazione è disimpegnata, ci si lascia andare di più, almeno con le allusioni.
Nel proseguire della serata però ci guardiamo sempre più intense, rivedo negli occhi quei lampi di luce così suoi, mentre i miei a volte scappano a cercare la punta di un capezzolo o i brividi sulla pelle per una mia battuta, o perché anch’io credo di essere uno schianto.
- L’hai visto il cameriere?
- Sì, tu te lo faresti?
- No, non mi piace, ma non è neppure il tuo tipo. E poi credo che abbia capito che noi ce la intendiamo. Prima l’ho visto che parlottava con un collega, quasi si davano di gomito...
- Dici che è così evidente?
- Mah, dovrebbero essere un po’ tonti...
- E certo, noi per loro siamo due fighe lesbicone.
- Perché, non è forse vero?
- Sì, è vero, ma se ci fosse qui Michele quelli non riderebbero tanto.
- Probabilmente andranno in bagno a tirarsi una sega...
E a questa battuta ridiamo come matte, sempre più complici, sempre più sulla stessa frequenza.
La conversazione si sta facendo calda, i ricordi di quando stavamo assieme e il rievocare le nostre telefonate “hot” ci danno una carica speciale.
Assaggiamo un po’ svogliatamente un’insalatona. Posso intanto vedere dei movimenti che Debra fa sul sedile, come per cercare una posizione più comoda: che non sia un modo per alleviare l’eccitazione che provo anch’io e che m’impedisce di avere appetito?
Piano piano con il ginocchio sento il suo che non casualmente lei non ritira: né io né lei abbiamo intenzione di rimuoverlo... ci piace questo contatto, ci fa sentire più unite di quanto già siamo; poi avvicino la mano alla sua e gliela sfioro con le dita. Non si muove di un centimetro.
- Cosa provi?
- Indovina!
- Non dirmi che ti senti già bagnata...
Lei sorride dolcemente, non risponde ma mi lascia interpretare a piacimento quel sorriso. La mia mano intanto comincia a prendere confidenza con la sua, vicino non abbiamo nessuno, e scorro con le dita sui suoi polsi, quasi a cercare ogni più piccolo segno di piacere.
Adesso la sento rabbrividire a questa seduzione, gli occhi le si socchiudono. Continuo la carezza mentre sotto al tavolo sento il suo ginocchio oramai pressare continuamente il mio.
- Posso sentire quanto sei bagnata? – le chiedo nel momento in cui la vedo mordersi le labbra.
Annuisce, inspirando con forza.
Sotto al tavolo appoggio la mano sul suo ginocchio incollato al mio. Poi le tocco quel collant che avevo intravisto. Lascio scivolare le dita sulla coscia immaginando di accarezzare la pelle nuda, mentre lentamente lei divarica le gambe, con mia immediata e immensa eccitazione. Mi si scalda e mi si bagna la figa.
Mi avvicino un po’ di più al suo lato, altrimenti non potrei arrivare dove voglio. Risalgo piano fino al contatto con il collant diventa umido e caldo. Spingo un po’ più a fondo fino a sentirle l’inguine e in quel momento un impercettibile mugolio esce dalle sue labbra.
È caldissima. Divarica ancora un po’ le gambe mentre le mie dita ormai non si fermano più e continuano il cammino passando sopra lo slip coperto dal collant.
- Sei stupenda, mi fai impazzire – le dico. E lei, in un filo di voce: - Sarai tu a farmi impazzire se continui così.
Ho voglia di sentirla gemere anche se so che il luogo non lo permetterebbe, ma voglio che goda con la paura di essere sentita o vista, e soprattutto voglio che ripensi a questo momento ogni qualvolta avrà voglia di eccitarsi o di masturbarsi da sola.
Lei intanto con naturalezza si è abbassata collant e slip, in modo da permettermi esplorazioni più approfondite.
Le sento le labbra gonfie adesso, le sento pulsare d’eccitazione, muovo le dita in senso circolatorio. La sto masturbando, sì, la sto masturbando in un luogo pubblico.
I suoi mugolii sommessi aumentano, anche se soffocati, come il suo respiro che sta diventando pesante. Vorrei sentirla gemere e urlare.
Il suo bacino inizia a contrarsi, ormai ha le cosce quasi spalancate e io ho libero accesso alla figa che ormai è veramente fradicia.
So che sta cercando il piacere conclusivo, dimentica di tutto quello che la circonda, le onde dell’orgasmo la stanno catturando per portarla nel mondo del piacere assoluto proprio perché proibito.
Sento il piccolo bottoncino gonfio e duro e inizio a giocarci, a stringerlo tra due dita, a stuzzicarlo mentre lei diventa rossa in volto, in un impeto d’orgasmo irrefrenabile.
Continuo così per un po’, finché non mi sembra che stia per esplodermi tra le dita quel clitoride che tanto vorrei poter succhiare ma che devo accontentarmi appena di titillare e di schiacciare.
Adesso muove il pube avanti e indietro seguendo il ritmo delle mie dita che cercano le sue labbra spalancate dove immergersi senza indugiare. Lascio che un primo dito la penetri prima di sentirle le pareti vaginali completamente dilatate e bagnate. Poi provo a penetrarla con un secondo dito, ma nel momento in cui l’indice e il medio iniziano a masturbarla, lei muove il bacino ancora più rapidamente senza più ritegno, come a desiderare che qualcuno la veda, come impazzita.
- Vengo, Matilde, vengo... mi fai venire. Sei un amore a farmi questo, mi sento così figa in questo ristorante con te che mi sgrilletti...
Se qualcuno ascoltasse con attenzione sentirebbe le mie dita sciaguattare nella sua figa allagata. I suoi mugolii sono ormai veri e propri gemiti.
- Non ce la faccio più... sto per esplodere!
Siamo già andate abbastanza oltre in questo gioco, va bene essere esibizioniste, ma qui rischiamo la denuncia. Io, che ho conservato un minimo di lucidità, decido che è l’ora di finirla al più presto.
Anche la mia di figa sta per esplodere e nell’immediato non ci sarà nulla che mi sollevi un po’. Dunque ci do dentro, decisa a finirla. Aumento il ritmo e la spinta, seguendo i movimenti del suo pube che sento contrarsi a ogni penetrazione. Voglio farla godere come fossi un uomo.
In modo repentino la vedo portarsi la mano tra le gambe per spingere più forte la mia, intanto ansima più forte e mi serra la mano con le cosce.
Poi rimane così immobile per qualche attimo cercando di riprendere fiato per quello che, come poi mi dirà, è stato un orgasmo tra i più potenti ed esplosivi di quelli dovuti alla sola masturbazione. Ritirata la mano, mi porto alla bocca le dita piene di lei e del suo piacere, per succhiarle senza lasciare traccia.
È stata un’esperienza meravigliosa che poi in macchina ci ripromettiamo di ripetere un’altra volta, magari scambiandoci le parti.
Sto guidando con l’immagine di lei che gode davanti a me, impazzita di piacere per le mie dita, gemendo piano e contorcendosi sulla sedia.
- Eri fantastica, lì seduta a godere, non riesco ad allontanarmi da lì...
- Neanche io. Sto continuando a pensarci. E sai una cosa? Adesso lo rifaccio.
E detto fatto, su ancora la minigonna, giù il collant e gli slip per riprendere a masturbarsi.
- Sai perché ti amo così tanto? Perché è bello sentirsi troia per te.
- Dillo forte quando ti fai venire...
- Manca poco, sono ancora eccitata per prima. Ora mi faccio, di nuovo per te, poi a casa voglio scoparti fino all’esaurimento.
- Dai sgrillettati, amore, fallo tu da sola adesso. Io sto guidando, ma vorrei leccarti fino allo spasimo... – e intanto accendo la lucina interna per poterla vedere.
- Vengo, Matilde. Sììì, vengo sul mio dito, guardami... sono tutta qui nella figa, ho la testa che è una prolunga della figa, aahh, aahh!
Più tardi, a letto assieme, la prego di leccarmi. Non ho voglia di essere scopata con il vibratore, improvvisamente mi sono sentita un po’ stanca. Durante la serata avevo goduto con il cervello, probabilmente proprio come un uomo che vede la sua donna che si masturba davanti a lui. Volevo soltanto una leccatina veloce, tanto per dormire un sonno tranquillo. E Debra mi accontenta.
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