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Il pomeriggio di un fauno - 3


di adad
09.01.2019    |    5.140    |    8 9.6
"”, disse e cominciò a slinguarglielo, mugolando..."
“E adesso sentiamo il sapore.”, disse e cominciò a slinguarglielo, mugolando.
Lo leccò e lo sondò in profondità con la sua lingua calda e pastosa, spingendo il giovane a una nuova furibonda erezione.
“Uhm! - mugugnò l'uomo alla fine – Un po' amarognolo, ma molto gradevole...”
Si spostò, quindi, dietro il caporale, gli allargò le chiappe levigate e ghignò, vedendo il suo orifizio spappolato: era stato lui a ridurglielo così a furia di chiavate! Glielo leccò con amore e con passione.
“Buono, - disse poi – buono e tenero come sempre.”
Tornò a giocare con i due culi, lisciandoli e sgrillettandoli, guardando ora l'uno ora l'altro, come se non riuscisse a prendere una decisione.
“Non riesco proprio a decidere qual è il più buono! - esclamò infatti – Mi sa proprio che dovrò incularvi tutti e due per stabilirlo. - e rivolto al sottomesso – Non ti dispiace se parto da lui, vero caporale?”
“No, sergente!”, rispose il frocetto.
Qualcosa disse allora a Marcello che i due non erano solo amici, ma anche legati in un qualche gioco di ruolo, in cui il sergente ricopriva una posizione dominante: evidentemente, venivano nel bosco per attirare altri merli nella loro rete. Chissà perché, questa constatazione gli provocò un ulteriore brivido di eccitazione.
Il sergente si rialzò, si tolse anche i jeans e si lisciò voluttuosamente il cazzo per portarselo alla giusta consistenza; poi tornò a posizionarglisi dietro: gli aprì le natiche e gli sputò nel buco del culo, spingendoci dentro col dito la saliva per lubrificarglielo. Infine, gli appoggiò l'enorme cappella sul pertugio e spinse con forza. Marcello si sentì quasi lacerare lo sfintere e si dimenò, cercando di divincolarsi, ma l'altro lo agguantò per le spalle e lo tenne bloccato a terra, mentre continuava implacabile e spingere.
La grossa mazza si fece strada un millimetro dopo l'altro nel condotto straziato di Marcello che, inchiodato com'era saldamente a terra dalla presa erculea dell'uomo, poteva solo gridare e dimenare il sedere, se non altro col risultato di rendere più agevole quella penetrazione. Ma il dolore era lancinante: è ben vero che non era più vergine da un pezzo, ma non gli era mai capitato una nerchia massiccia come quella!
Finalmente, l'obiettivo fu raggiunto e l'ariete arrestò la sua avanzata. Marcello era adesso del tutto immobilizzato: davanti, dalla presa dell'uomo sulle sue spalle; e dietro, dall'enorme corno che lo impalava: poteva solo ciondolare la testa e guaire, mentre l'altro assaporava ancora una volta il suo trionfo.
Il sergente si mosse per cominciare la cavalcata, ma fulmineo Marcello allungò indietro il braccio e lo agguantò per il fianco.
“No... - gemette – Aspetta un momento, per favore...”
“D'accordo, - accondiscese l'altro, piegandosi e passandogli le braccia sotto il torace per stringerlo a sé – Lo so che non hai mai preso un cazzo come il mio...”
Il dolore per l'enorme presenza prese a scemare e il giovane roteò leggermente il bacino.
“Sì... - mormorò l'altro – Sistematelo bene.”
E dopo un po', sentendosi allentare la morsa dello sfintere alla base del cazzo, prese a muoversi lentamente avanti e indietro. All'inizio, Marcello ebbe la sensazione che ogni volta, uscendo, quella zeppa mastodontica si portasse dietro pure il budello; ma poi lo scorrimento si fece più agevole e come prima era stato straziante il dolore, così ora cominciava a farsi stupefacente il piacere.
L'uomo lo teneva saldamente abbrancato al petto e lo montava con foga ora taurina.
“Stai godendo, vero?”, gli chiese, pizzicandogli i capezzoli.
“Sì...”, mormorò il giovane e la fitta di dolore lo fece rabbrividire.
L'altro continuò a cavalcarlo, finché inaspettatamente venne fuori con uno strappo e si spostò dietro il frocetto, reggendoselo in mano.
“Adesso tocca a te!”, grugnì e quello si spalancò subito le natiche con le mani.
Il sergente glielo infilò con un colpo solo, facendolo torcere. Marcello si sentì improvvisamente “vuoto” e volse la testa a fissare incredulo quello che stava avvenendo al suo fianco. La vista dello stallone che inculava gagliardamente il frocetto lo fece rabbrividire e, senza rendersene conto, si toccò il buco frollo del culo, infilandoci dentro mezza mano, per il bisogno che aveva di sentirsi nuovamente riempito.
Poi, l'uomo si staccò dall'amico e gli fu di nuovo addosso. Marcello accolse con un grato senso di piacere quel poderoso montone che stavolta lo impalò di colpo e riprese immediatamente a trapanarlo con tutta la sua maschia potenza.
Lo stallone andò avanti per un pezzo, alternandosi a inculare ora l'uno, ora l'altro, e fu proprio mentre era addosso a lui che lo colse l'orgasmo. D'un tratto, Marcello si sentì quasi stritolare nella stretta dell'uomo, che gettò indietro la testa e prese a ringhiare, mentre i suoi affondi si facevano più violenti e scomposti. Il frocetto al suo fianco si volse a guardare con gli occhi pieni di rammarico, ma dovette accettare la decisione del suo superiore di sborrare nel culo di un altro.
Poi, quello diede un ultimo affondo violento e si bloccò, premendogli forte sul culo con il bacino, e Marcello avvertì distintamente le ondate di sperma che si rincorrevano nella grossa vena pulsante e gli si riversavano nel culo.
Ansimante e stordito, l’uomo lo stringeva a sé convulsamente e le ondate si succedevano alle ondate. Fu una sborrata interminabile e Marcello se ne sentiva fibrillare il buco del culo. Poi la tensione cominciò a diminuire: dal che, il giovane arguì che l'altro stava perdendo l'erezione e gli dispiacque che avesse già finito. Il sergente uscì e gli allargò le natiche per controllare la sua opera. Lui cercò di contrarre lo sfintere per impedire alla sborra di scolare fuori, ma il muscolo era talmente sfranto, che rispose solo in parte e un rivoletto viscoso gli colò lungo lo scroto penzolante.
“Vieni qui, - disse allora l'uomo al frocetto – puliscigli il culo!”
E quello corse ad accosciarglisi dietro, gli allargò le natiche con le mani tremanti e prese a lappare golosamente il liquido viscoso che gli colava fuori dal buco ancora sfibrato. Marcello ebbe un momento di imbarazzato stupore e tentò di contrarre il muscolo per arrestare lo sversamento; ma poi, notando come il frocetto continuava a leccare imperterrito, mugolando di piacere e addirittura tentando di forzare con la lingua la sua resistenza, allentò beatamente lo sfintere e lasciò che scolasse tutto fuori, dove veniva prontamente slinguato e degustato.
Il sergente stette a guardare un momento l'inizio dell'operazione, poi con un grugnito soddisfatto si portò davanti a Marcello e gli accostò l'uccello moscio alle labbra:
“Tu puliscimi questo!”, gli ordinò.
Il giovane ebbe un momento di ripulsa, ma poi spalancò la bocca e ingoiò il bigolone sbavato di sborra e muco anale, scoprendosi per nulla disgustato dagli umori collosi che andava assaporando. Il risultato fu che il cazzo dell'uomo tornò ben presto in vita, risvegliando libidini non ancora appagate.
“Fottilo, caporale! - ordinò allora all'altro – Forza, inculalo pure tu!”
Quello non se lo fece dire due volte: appoggiò la punta del nerchio sul pertugio che aveva appena finito di slinguare e diede un affondo deciso. Marcello sguaiolò, sbavando sul cazzo dell'uomo, ma in realtà sentì appena il corpo intrusore, tanto i suoi muscoli erano ancora slargati. Il caporale si sentì sprofondare in quella figa molle e bagnata, che gli avvolse l'uccello in un abbraccio tremolante, e cominciò subito a pompare a pieno ritmo, sotto lo sguardo compiaciuto del suo sergente.
Era talmente infervorato, che non ci mise molto a venire: dopo neanche un paio di minuti, infatti, si contrasse tutto e urlò, scaricandogli nel ventre la sua seconda copiosa sborrata. Ma nell'istante stesso in cui lui gli si abbandonava esausto e ansimante sul dorso, il sergente saltò in piedi, lo scostò con uno spintone, poi afferrò Marcello per i fianchi, gli sollevò il bacino all'altezza del suo cazzo e lo penetrò con un colpo secco.
Marcello si ritrovò praticamente piegato in due, con le gambe che gli tremolavano, tenuto su unicamente dalla forte presa dell'uomo e dal sostegno del suo palo piantato saldamente dentro di lui. Ma il suo equilibrio era comunque troppo instabile sotto i violenti affondi dell'inculatore, che per non sbilanciarsi era costretto a irrigidirsi, puntellandosi con le gambe e gettando il corpo all'indietro, cosa che lo impacciava nei movimenti, oltre a costargli sforzi non indifferenti.
“Succhiagli il cazzo!”, ordinò allora all'amico, che stava appena riprendendo fiato.
Il caporale si affrettò a inginocchiarsi davanti a Marcello, che poté così puntellarsi sulle sue spalle, permettendo all'uomo di cavalcarlo con la dovuta scioltezza. Nonostante fosse ormai aperto fino all'inverosimile, il giovane sentiva il cazzo che lo stava chiavando, sentiva l'enorme mazza carnosa che gli scorreva dentro e fuori dal culo, sentiva tutta la potenza del maschio che lo stava possedendo; l'afrore coinvolgente del suo corpo sudato quasi lo stordiva. Si volse a guardarlo da sopra la spalla e l'espressione di selvaggia libidine che gli lesse negli occhi lo fece rabbrividire.
Intanto, il pompino che l'esperta bocca del frocetto gli stava praticando, cominciò a far sentire i suoi effetti: chiavato dietro da un possente stallone e contemporaneamente succhiato davanti da un abile pompinaro, ce n'era d'avanzo per far perdere il controllo a chiunque. E Marcello infatti lo perse: cominciò a sguaiolare e dimenarsi con foga via via crescente, a mano a mano che l'orgasmo cresceva dentro di lui. Poi le palle gli si incordarono, il cazzo gli si irrigidì.
“Vengo! - urlò – Vengo, bastardo pompinaro!”
E venne e gli sembrò di sborrare anche dal culo! Guizzando come una serpe impazzita, il suo cazzo riempì la bocca del caporale, che ingoiò freneticamente quel sugo denso e dolciastro, arrivando a spremergli con forza i coglioni contratti perché uscisse tutto.
Poi anche per l'uomo giunse il momento: gettò indietro la testa e con un lungo ululato piantò con forza l'uccello nel culo di Marcello, riaffermando il suo travolgente diritto di possesso. Tutto il suo essere fu scosso da spasmi violenti, mentre fiotti corposi gli si riversavano fuori dalla canna, provocando ad ogni scarica anche nel giovane brividi voluttuosi, che quasi lo fecero sborrare un'altra volta.
Finito che ebbe, il sergente estrasse il cazzo ancora duro e rimase a guardare la voragine infiammata che tremolava nello sforzo di richiudersi.
“Adesso sì che puoi dire per davvero che un uomo ti ha scopato!”, ghignò, lasciandolo andare.
Senza più sostegno, Marcello si afflosciò a terra, gemendo di un piacere che in qualche modo gli si perpetuava in tutto il corpo. I due si rivestirono, scherzando fra loro e poi se ne andarono, l'uno col braccio sulle spalle dell'altro, rivolgendogli solo un distratto cenno di saluto e un arrivederci alla prossima.
Rimasto solo, Marcello si distese supino sull'erba fresca e chiuse gli occhi. Si sentiva spossato, il cazzo smunto e il culo indolenzito, ma anche intimamente soddisfatto e appagato. Si lasciò andare al piacevole languore che lo stava invadendo, che lo avvolgeva e lo risucchiava come in una fitta nebbia...
Poi qualcosa lo riscosse, la sensazione di qualcuno al suo fianco.
“Che ci fa in questo posto un culo solo soletto?”, disse una voce profonda, mentre una mano glielo carezzava lascivamente e si insinuava nello spacco ancora fradicio di umori.
Marcello girò appena la testa.
“Sta aspettando un cazzo che se lo scopi...”, mormorò lui con voce molle, ammirando il nuovo arrivato,un giovanottone massiccio e decisamente arrapato, che gli si era accosciato a lato, col grosso nerchio brunito già svettante fuori dalla patta sbottonata dei pantaloni.
“E allora l'attesa è finita, dolcezza...”, disse quello, sondandogli con due dita il buco frollo e scivoloso.
“Ne hai già presi parecchi, eh?”, ghignò lo sconosciuto.
“Sì...”, ronfò Marcello, allargando le gambe e sollevando leggermente il bacino.
L'altro colse il messaggio e non perse tempo in chiacchiere: gli si posizionò dietro, calandosi solo i pantaloni sotto le chiappe, e glielo puntò deciso all'obiettivo.
“Oh!...”sospirò Marcello, sentendosi nuovamente guizzare un serpentone voglioso nell'intimo budello.
“Oh!...”, sospirò lo sconosciuto, sentendosi come avvolgere l'uccello da un morsa infuocata che lo risucchiava inesorabilmente.
“Oh!...”, sospirarono entrambi, mentre la cavalcata iniziava e proseguiva focosa, con il cazzo dell'uomo che saettava veloce e sicuro avanti e indietro, sciaguattando nei liquidi che già impantanavano il culo di Marcello e tracimavano fuori ad ogni affondo, inzuppandogli i peli.
E alla fine venne anche lui, scaricandogli con un urlo belluino un ulteriore litrata di sborra nella pancia.
“Wow! Che meraviglia di culo!”, esclamò il giovanottone, venendo fuori e dandogli una pacca affettuosa sulla natica.
Dopo di che, si risistemò nei pantaloni il cazzo ancora mezzo duro e se ne andò.
Rimasto solo, Marcello si rialzò faticosamente in piedi, cercò in giro le sue mutande e se le rimise, incurante degli umori che gli colavano fuori dal buco del culo. Gli piaceva sentirsele addosso bagnate, che si asciugavano piano piano, incrostandoglisi alla pelle: era l'ultima libidine che si riservava sempre per concludere degnamente un pomeriggio nel bosco. Finito di vestirsi, stette un momento immobile, la testa china, a recuperare le forze: si sentiva esausto. Poi fece un profondo respiro, si gettò su una spalla lo zainetto vuoto e, zufolando un fantasioso motivetto, si avviò per ritornare a casa.

Fine
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