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Fra Sodomizio - 1


di adad
02.07.2018    |    17.529    |    6 9.6
"Ma dove? Dove poteva scappare, che gli sbirri non lo raggiungessero? Un posto c’era… E fu così che senza neanche raccogliere le sue poche cose, i suoi pochi..."

Fra Sodomizio era un frate zoccolante, ma non nel senso che comunemente si intende che “va CON gli zoccoli”, bensì in quello più controverso che “va A zoccoli”. Perché fra le sue tante virtù, fra Sodomizio nascondeva il turpe vizio contro natura di giacere coi giovinotti.
Fra gli studiosi si discute da secoli se la parola che qualifica il turpe vizio contro natura, vale a dire “sodomia” sia derivata dal nostro allegro frate o viceversa se sia stato lui a derivare il nome dal vizio che offuscava la sua anima. Ma è una questione di lana caprina destinata a rimanere insoluta, un po’ come quella se sia nato prima l’uovo o la gallina, e in fondo non interessa a nessuno.
Quello che a noi interessa è che fin da piccolo il futuro fra Sodomizio aveva mostrato una notevole propensione per il lavoro dello spulciatore, infatti aveva sempre le mani sotto i vestiti dei compagni di gioco alla ricerca delle pulci.
Diventato adulto e appassionatosi sempre di più alla professione, Sodomizio, non ancora frate, aveva aperto una Spulciatoria per uomini: la divisione fra i sessi era infatti molto rigida a quei tempi.
Naturalmente, a frequentare la sua bottega erano soprattutto uomini giovani o poco più, che avendo frequenti contatti di un certo tipo, avevano bisogno di presentarsi lindi e profumati alle loro fidanzate, amanti o giovani mogli; e questo era un ulteriore motivo che spingeva Sodomizio a svolgere la sua attività con serietà e passione.
Ora, sappiamo tutti che, a differenza dei pidocchi, i quali amano i luoghi eccelsi e preferiscono annidarsi nella testa, le pulci amano i luoghi bui, le foreste umide, gli anfratti caldi e muschiosi, dove Sodomizio doveva rincorrerle, penetrando con le sue abili dita, esplorando in lungo e in largo gli ameni terreni di caccia. E così, il giovane cliente finiva, denudato e sbraghettato, sul lettino di Sodomizio, che iniziava subito la caccia alle perfide creature, afferrandole e schiacciandole fra le unghie dei pollici.
È chiaro che le pulci non avevano la minima intenzione di farsi sopprimere come delle idiote: correvano a nascondersi nel boschetto crespo del pube, o scendevano sotto lo scroto, per sparire nello spacco del culo, ma Sodomizio le scovava, dovunque si fossero celate, le catturava e le sopprimeva senza pietà. Qualcuna particolarmente intraprendente si azzardava perfino a inoltrarsi nel buio profondo della segreta intimità maschile: ma era subito denunciata dal leggero prurito che le sue zampine producevano sulla delicata mucosa e allora le dita di Sodomizio penetravano nella buia e stretta profondità a catturare l’infame e sopprimerla.
Tutto questo armeggiare e manipolare, non poteva non produrre qualche spiacevole effetto collaterale… cioè, “spiacevole” a seconda dei punti di vista… in pratica potevano verificarsi nel cliente imbarazzanti erezioni, mentre lo spulciatore gli frugava nel boschetto o sotto lo scroto o, peggio ancora, quando con due dita gli rovistava nel fondo dell’ano. Sodomizio era consapevole del disagio provato dal cliente, si scusava e cercava di porre rimedio all’inconveniente, umiliando addirittura la propria bocca: ingoiava la capocchia bavosa e pulsante del tarello e, mentre il cliente chiudeva gli occhi vergognoso e cercava di reprimere spasimi e gemiti inopportuni, se non addirittura peccaminosi, Sodomizio succhiava coscienziosamente, considerando suo dovere porre rimedio al danno provocato.
Ma quando la bocca gli si riempiva di caldo succo giovanile, Sodomizio non poteva reprimere un brivido e pensava, leccandosi le labbra: “Amo questo lavoro”.
Una volta capitò che una pulce indiscreta, nel tentativo di sfuggire alla caccia, era penetrata in profondità nella strettoia anale di un giovane, provocandogli un prurito irrefrenabile. Sodomizio cercò in tutti i modi di porvi rimedio: infilò due o tre dita nella viscida apertura, spingendole più a fondo possibile, ci sputò dentro, usò perfino una bacchetta lunga e flessibile, infilandone un buon tratto e scorrendola dentro e fuori. Ma niente: il prurito sembrava farsi sempre più mordente. Il cliente si torceva gemendo sul lettino da lavoro, Sodomizio lo fissava impotente, non sapeva più che fare. Forse, se fosse riuscito ad entrare nell’ano con qualcosa di più grosso… Ma doveva stare attento a non irritare ulteriormente la parte.
“Fate qualcosa, mastro Sodomizio… - gemette il giovane cliente in preda agli spasimi – non ce la faccio più! Questo prurito mi sta uccidendo… Uahiii… ohhhhh….”
“Bisognerebbe andare dentro con qualcosa di grosso e abbastanza lungo da raggiungere la parte dolente, messere, - fece lo spulciatore – e magari spalmarci un po’ di balsamo.”
“E cosa aspettate? Fatelo!”
“Non ho niente, che faccia alla bisogna…”, cercò di scusarsi lui.
“E allora, cercate, datevi da fare!”
Fu in quel momento che Sodomizio si accorse di avere a portata di mano uno strumento che più adatto non si può: lungo, grosso e rigido abbastanza da entrare senza inciampo in un buco stretto.
Allora si tolse in fretta e furia la braghetta, sfoderando un uccello di squisita fattura, salì sul lettino, dove il cliente stava già col sedere puntato in alto, e dicendo:
“Ecco, messere, adesso ci penso io.”, glielo puntò sull’apertura pulsante e spinse dentro con foga.
“Uahuuu!”, sguaiolò il malcapitato, sentendosi squarciare lo sfintere.
“State calmo, messere, ché adesso risolviamo tutto.”, ansimò Sodomizio, continuando a spingere, fino a strofinargli sulle natiche i peli crespi del pube.
L’altro se ne stava immobile, con gli occhi sbarrati e il volto paonazzo; un rauco gemito gli usciva dalla gola contratta.
“Adesso proviamo a grattare”, disse Sodomizio e cominciò a muoversi avanti e indietro.
“Sentite qualcosa? – chiese Sodomizio, continuando a pompare – provate un qualche giovamento?”
“Eh… sì… Ma fate piano, mastro Sodomizio, grattate più piano… Ecco, sì… Ah… adesso va meglio… Ah, che sollievo…”
Anche per il mastro spulciatore cominciava ad andare decisamente meglio, tanto che in breve raggiunse il traguardo e la sua sonda spalmò un’adeguata dose di balsamo sulla delicata mucosa, irritata dalla puntura della pulce.
“Come va, messere?”, chiese Sodomizio, sfilandolo e riponendoselo ancora grondante nella braghetta.
“Meglio… - disse l’altro con un filo di voce – voi siete un vero mago, mastro Sodomizio… un vero mago…”
“Il vostro balsamo è davvero miracoloso, - disse poi, tirandosi a sedere – me ne ricorderò, se mi dovesse ricapitare.”
“Bontà vostra! – rispose Sodomizio, porgendogli i panni da rivestirsi – Sono solo prodotti naturali quelli che uso.”
La fama di Sodomizio si accrebbe: non solo bravissimo spulciatore, ma anche eccelso guaritore. E la clientela aumentò, soprattutto quella che gli chiedeva del suo balsamo naturale, ottimo per gli imbarazzi e le costipazioni anali, al punto da ritrovarsi a somministrarlo anche tre o quattro volte al giorno… e non sempre a clienti diversi!
Finché un giorno capitò in città un viaggiatore e nella locanda in cui aveva preso alloggio venne a sapere dell’arte sia spulciatoria, sia medica del nostro Sodomizio.
Venutagliene curiosità, anche perché di pulci ne aveva accumulate parecchie durante il viaggio, chiese indicazioni e raggiunse la bottega.
Lo straniero apprezzò enormemente la bravura di Sodomizio nel liberarlo dagli importuni animaletti, e maggiormente apprezzò l’omaggio della casa, che lo spulciatore si affrettò ad offrirgli, allorché lo vide con il cazzo duro; ma quando gli chiese del suo portentoso balsamo anale e si vide rigirare a pancia in giù, qualcosa cominciò a non quadrare; e quando si ritrovò con l’uccello di Sodomizio puntato sul buco del culo, che premeva per entrare, quel qualcosa non quadrò più per niente.
“Ma che cazzo stai facendo? - esclamò, uscendogli da sotto con un guizzo – Non vorrai mica incularmi?”
“Ma è così che si fa, messere, - rispose stupito Sodomizio – è così che si applica il balsamo.”
Ma l’altro cominciò a inveire contro di lui, che era un farabutto, un imbroglione, che gliel’avrebbe fatta pagare, che lo avrebbe denunciato alla giustizia e lo avrebbe fatto impiccare!
Sodomizio cercò di farlo ragionare, gli disse che non c’era nessun imbroglio, che il balsamo era suo naturale, che mai nessuno dei suoi clienti si era lamentato…
Nulla valse a calmare lo straniero: rivestitosi in fretta, ripeté che sarebbe corso subito a denunciarlo e uscì sbattendo la porta, senza neanche pagargli la spulciatura.
Sodomizio ci rimase di sasso: a lui sembrava di non aver fatto niente di male, anzi, aveva fatto del bene a tanti, aveva spulciato tutti i giovani del paese, aveva guarito loro pruriti e bruciori e i suoi prezzi non erano neanche alti…
Che fare? Se quello lo denunciava veramente era finita per lui. C’era una sola cosa da fare: scappare. Ma dove? Dove poteva scappare, che gli sbirri non lo raggiungessero? Un posto c’era…
E fu così che senza neanche raccogliere le sue poche cose, i suoi pochi denari, il giovane fuggì, raggiunse di corsa il paese vicino e andò a bussare alla porta del convento di San Virginio, dove divenne fra Sodomizio.

(continua)
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