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Gay & Bisex

Il Mentalista


di adad
07.01.2024    |    463    |    2 9.7
"A quel punto ne avevo abbastanza e stavo per alzarmi dalla sedia, per defilarmi, quando venne annunciato il numero di un giovane mentalista, cioè uno, a..."
Ero stato invitato ad una festa di divorzio da una mia collega d'ufficio... Eggià, perché anche qui da noi si va diffondendo questa moda: la festa di divorzio, triste corollario di un matrimonio fallito. Ma, dall'allegria che regnava in questa, era evidente a tutti che quel matrimonio era stato una versa fesseria. Non ho mai visti due persone più agli antipodi di quelle, la mia collega e suo marito, e infatti non ci era voluto molto per far scoppiare tutte le loro contraddizioni.
La separazione era stata rapida e consensuale: per fortuna, non c'erano figli di mezzo ed erano entrambi benestanti, per cui anche la divisione dei beni era stata indolore.
Confesso che quando seppi della separazione provai pena più per lui, che per lei, e fui tentato di avvicinarlo con discrezione e fargli un po' di corte. Non perché fossi a conoscenza di una qualche sua fluidità, come si dice oggi, ma perché era davvero un bell'uomo, con quel fisico asciutto, i capelli a spazzola e le tempie leggermente sale e pepe. tralascio il resto, perché non è lui l'oggetto del racconto... non di questo, per lo meno.
La festa si svolgeva in un locale alla moda e noi invitati eravamo disposti casualmente, cinque o sei per tavolo.
Io non conoscevo nessuno delle due coppie sedute al mio tavolo, per cui mi limitai a scambiare unicamente qualche parola di cortesia con questo o con quello. Tutto filò liscio, finché venne annunciato lo spettacolo che avrebbe dovuto essere il cluo della festa, per lo meno prima che si scatenassero le danze, momento in cui mi ero ripromesso di sgattaiolare via discretamente e tornarmene a casa.
Lo spettacolo, dunque.
Dapprima si esibirono un paio di cantanti, di cui non dico niente per amor di patria, ma che nell'euforia della serata vennero applauditi come celebrità; poi fu la volta di una giovane comica, che fece scompisciare i più con le solite battute trite e ritrite sulle scempiaggini, vere o presunte, dell'altra parte del genere umano.
A quel punto ne avevo abbastanza e stavo per alzarmi dalla sedia, per defilarmi, quando venne annunciato il numero di un giovane mentalista, cioè uno, a suo dire, capace di leggerti il pensiero.
"Per amor del cielo!", gemetti fra me w feci per alzarmi, fermandomi però col sedere a mezz'aria, perché quello che comparve sul palcoscenico improvvisato valse a sciogliermi le gambe e a farmi ricadere sulla sedia.
Sulla pedana era comparso infatti il giovane più affascinante che avessi mai visto. Non voglio dire che fosse bellissimo, che avesse questo o quello, ma solo che ai miei occhi apparve di un fascino irresistibile. Non riuscivo a staccare lo sguardo da lui: non molto alto, fisico armonioso, moro di capelli e volto un po' tondo, con due sottili baffetti.
Era in maniche di camicia, una camicia bianca, sbottonata al collo, indossata sotto un gilè nero e aderente, come neri e aderenti erano i suoi pantaloni. Un garofano rosso gli spuntava, incongruo come una macchia di sangue, da un taschino del gilè Cosa aveva di speciale, vi chiederete. Non lo so. Forse per tanti sarebbe stato un tipo comune, niente di che, ma per me era l'immagine stessa del sesso, del piacere, del desiderio, dell'appagamento totale.
Fece i soliti numeri con le carte e altro, poi scese fra il pubblico d si avvicinò ad una ragazza.
"Piacere di conoscerla, signorina.", disse con una voce morbida e sensuale, che mi diede i brividi, mentre allungava la mano a prendere quella di lei, che portò alle labbra.
"Chiuda gli occhi, - continuò, sempre tenendole la mano - e pensi intensamente a qualcosa che le sta a cuore."
Seguì qualche momento di silenzio, poi:
"Perché è così preoccupata per il suo ragazzo? - disse con un sorriso - Teme forse che qualcuna glielo porti via dove si trova?"
La ragazza avvampò, spalancando gli occhi.
"Io...", balbettò, facendosi tutta rossa.
L'applauso scrosciante del pubblico sembrò dissolvere l'imbarazzo suscitato da quelle parole, lasciandomi però col dubbio se la ragazza non intendesse in realtà protestare su una errata interpretazione del suo pensiero.
"E perché non si dica che mi rivolgo solo ad affascinanti signorine, - proseguì il mentalista, dirigendosi verso di me - chiediamo a questo signore, che nin sarà altrettanto affascinante - risatine fra il pubblico - ma avrà senz'altro qualcosa di interessante da proporci."
Mi prese la mano, tenendomi la punta delle dita fra le sue.
"Chiuda gli occhi, per favore, - mi disse, fissandomi con i suoi, che mi trapassarono l'anima - e pensi... No, non quello... la prego! - aggiunse colorandosi leggermente di rosso le guance - Ecco, bravo, pensi alle chiavi di casa, che sono nella tasca destra del suo cappotto.", concluse, accompagnando, se non precedendo il mio pensiero, che stava appunto andando in quella direzione.
"E' incredibile...", esclamai, tirando fuori il mazzo di chiavi dalla tasca del cappotto, ripiegato sulla sedia al mio fianco.
Ancora applausi scroscianti, mentre lui passava ad altri, riuscendo ogni volta a indovinare quello che l'interpellato stava pensando e abbattendo in questo modo il mio iniziale scetticismo. Oddio, è evidente che un trucco doveva pur esserci,
ma vai a vedere quale. In genere pensiamo che ci siano dei complici nascosti fra il pubblico, ma non lo ero certo io, eppure aveva indovinato quello a cui stavo pensando…Ma, soprattutto, cosa aveva voluto dire con quel "No, non quello, la prego", mentre stavo impudicamente pensando a cosa fosse raggomitolato nelle sue mutande? Davvero aveva intuito il mio desiderio?
Ad ogni modo, quella parentesi mi aveva fatto passare la voglia di andarmene, così rimasi per il resto della sua esibizione
senza mai staccargli gli occhi di dosso e pascendomi delle sue magnifiche forme, tanto che alla fine della serata ero eccitato come un grillo salterino.
Uscito dal locale in cui si era tenuta la festa, mi avviai per tornare a casa a piedi: avevo bisogno di smaltire tutto il bollore che mi era cresciuto dentro. Camminavo sovrappensiero, quando, attraversando il parco di fronte a casa mia:
"Dovresti stare più attento a pensare certe cose davanti a persone che non conosce: potrebbero reagire male.", mi sentii dire alle spalle.
Ebbi un sobbalzo, non tanto per la paura, quanto per quella voce morbida, leggermente rauca, adesso, che avevo riconosciuto all'istante. Mi guardai attorno e... lo vidi: sedeva su una panchina, nascosta nell'ombra di sicomoro, dove io stesso mi sedevo spesso a leggere, nei pomeriggi d'estate; il volto era illuminato dalla brace della sigaretta che stava fumando.
"Quali cose dovrei stare attento a pensare?", chiesi, mentre mi avvicinavo.
Lui rise a fior di labbra.
"Lo sai benissimo. Siedi, fammi compagnia. E' troppo presto per andare a dormire, non trovi?"
Mi sedetti vicino a lui. Ricordavo il suo profumo, un fresco sentore agrumato: adesso lo risentii e lo respirai con un piacere ancora più intenso.
"Lo fa pe me un profumiere di Parigi.", disse, in risposta alla mia inespressa domanda.
"Grazie. - esclamai - Ma tu riesci sempre a capire quello che uno pensa?"
"Sempre... e anche quello che non stai ancora pensando."
"Mi fai paura... Come facevi a sapere che sarei passato di qua?"
"Me lo hai detto tu, quando hai deciso di tornare a casa a piedi. La mia mente non ti ha mai abbandonato."
"E adesso?", mormorai con voce afona.
"Adesso?"
"Cosa leggi... nella mia mente..."
"Adesso sei agitato. - rispose lui - Sei una bomba che sta per esplodere. Hai voglia di succhiarmelo e sapere che lo so ti agita ancora di più, perché non sai come approcciarmi."
Era vero, ancora una volta. Sapere che lui era consapevole di ogni sfumatura del mio turbamento mi destabilizzava ancora di più.
"Dimmelo tu come devo approcciarti..." esalai.
Il mentalista scoppiò a ridere, ma era solo divertito, non mi stava prendendo in giro.
"L'unica è raccogliere tutto il tuo coraggio e vedere come reagisco."
Pensai di allungargli una mano in mezzo alle gambe.
"Coraggio... - mi esortò lui - il premio devi essere tu a guadagnartelo. Alla peggio, ti dico di no... ma devi correre il rischio."
Allora, gli poggiai una mano sulla coscia. Il tessuto liscio mi scottava sotto le dita. Lentamente, risalii con la mano verso l'alto e d'un tratto sfiorai col mignolo qualcosa di caldo: capii subito, e fu come un lampo accecante nella mente, che era la pelle morbida e vellutata del suo cazzo. Annaspai con le dita, finché riuscii ad afferrare la colonna nuda e pulsante.
Era riuscito a tirarselo fuori senza che me ne accorgessi. Lo strinsi spasmodicamente: era grosso, caldissimo... umidiccio di sudore.
"E' proprio come lo desideravi, - disse lui - grosso e duro... Ti sta aspettando... cosa aspetti? succhialo...", e mi pose una mano sulla nuca, forzandomi leggermente versi il suo inguine.
"Qui?", feci con un filo di voce, mentre mi avvicinavo e il suo profumo agrumato si mescolava all'odore del suo cazzo in calore, mandandomi del tutto fuori di testa.
"Certo, qui. So che ti eccita l'idea di essere visto con il mio cazzo in bocca, mentre me lo pompi..."
E' vero, mi eccitava ancora di più la possibilità di essere visto da qualche guardone; ma era anche il suo linguaggio a infervorarmi, quel linguaggio scurrile, così in contrasto con il suo aspetto raffinato. Chiusi gli occhi, mentre continuavo ad abbassarmi, finché sentii la superficie bagnata della cappella sfiorarmi le labbra, lasciandomene viscide di umori.
Me le leccai: quel sapore, quell'odore ormai sovrastante mi travolsero: spalancai la bocca e ingoiai per intero l'enorme glande bagnato.
"Bravo, zoccoletta, succhialo come sai fare tu... lo hai desiderato così tanto.... fallo godere."
Questa nenia lubrica mi penetrava nella mente e mi eccitava ancora di più. Mi persi a succhiare quel cazzo indescrivibile, mentre lui mi carezzava dolcemente i capelli. Oh, non so chi stesse godendo di più in quel momento, non lo so davvero... Ma mentre lui gemeva e si torceva sotto i colpi della mia lingua, io comincia a sentire una noce di piacere sbocciami fortissimo nel profondo delle palle e crescere sempre più intenso. Ebbi la sensazione che il mentalista avesse allungato la mano sul mio pacco e lo stesse sfiorando con una carezza sensuale. Lo carezzava e il mio piacere cresceva... Io succhiavo il suo cazzo, assaporavo i suoi umori densi e il mio piacere era sempre più forte, sempre più intenso sotto la sua carezza... sempre più incontenibile, finché mi travolse e con un urlo spalancai gli occhi, mentre la sborra mi infradiciava le mutande.
Rimasi a lungo stranito, ansimante, incapace di riscuotermi, di rendermi conto... Poi, con un movimento involontario della mano, tastai il lenzuolo al mio fianco! Balzai a sedere, guardandomi intorno con gli occhi sbarrati: era buio pesto nella mia camera, ma non ci volle molto a capire che avevo solo sognato, che era stato tutto un inganno della mia mente eccitata.
Il sudore e lo sperma mi si gelarono addosso: avevo solo sognato.... L'incontro sulla panchina... le sue parole... il suo cazzo. Avevo sognato tutto... Ma la festa?... No, la festa era vera, ci ero andato davvero. E anche il mentalista era stato vero... Come era vero che si era fermato da me e io lo avevo desiderato così intensamente. Ma davvero aveva capito? davvero mi aveva detto: "No, non quello, la prego"?
Cercai disperatamente di raccoglierei pochi frammenti di realtà, che mi vorticavano nella testa in quello tsunami di emozioni. Era successo davvero, mi aveva guardato negli occhi e aveva capito! O pure questo era solo frutto dei miei desideri esacerbati? Ricaddi sul letto, arreso all'impossibilità di dividere le trame del sogno da quelle della realtà. Ma, poi, era davvero così importante?
Accesi l'abat-jour sul comodino, per andare in bagno a lavarmi e fu allora che lo vidi, e la sua vista mi gelò il sangue: accanto a me, incongruo, come una macchia di sangue sul candore del lenzuolo, giaceva, schiacciato e strapazzato
giaceva il fiore scarlatto di un garofano.
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