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Il testimone dello sposo


di adad
02.01.2020    |    20.167    |    16 9.6
"“Benissimo, – rispose Filippo, voltandosi verso di lui – grazie a te: il tuo esercizio di rilassamento ha funzionato davvero..."
Erano ancora le otto del mattino e mancavano diverse ore alla cerimonia, ma Filippo su aggirava per la stanza più agitato che mai. Il vestito da sposo, con tutti gli annessi e connessi era pronto sul divanetto da un lato della stanza. Si era alzato da poco, e si sentiva tutto rintronato. Saranno anche stati i postumi dell’addio al celibato, ma c’era anche qualcos’altro a roderlo dentro.
Stava per sposarsi. Non che avesse cambiato idea, tutt’altro: amava Margherita ed era convinto del passo che stava per fare., ma…
Si sedette sul letto ancora sfatto, poggiò i gomiti sui ginocchi e si prese la testa fra le mani. Se la sentiva pulsare dolorosamente.
Un leggero bussare alla porta lo distolse dai suoi pensieri.
“Sì?”, fece.
L’uscio si socchiuse e un Armando sorridente fece capolino dallo spiraglio.
“Ehi, - disse – Buongiorno.”, ma si fece subito serio, all’espressione rabbuiata dell’amico, seduto ancora in mutande sul letto sfatto.
“Che ti succede?”, chiese preoccupato, facendosi avanti e chiudendo con cura la porta, quasi ad evitare che qualcuno fuori potesse sentire.
Armando era il suo testimone di nozze; abitava poco lontano ed era venuto ad assicurarsi che fosse tutto a posto.
“Non lo so, - rispose Filippo, alzandosi e riprendendo il suo avanti e indietro per la stanza – mi sento agitato.”
“Beh, è comprensibile, stai per sposarti!”
Filippo non rispose, seguitò a fare avanti e indietro, torcendosi le mani.
“Di’ un po’: non sarai mica pentito?”, chiese Armando con tono preoccupato.
“No”
“Quindi non hai intenzione di fare come nei film, che scappi via e lasci la sposa all’altare.”, disse in tono scherzoso.
“Ma che cazzo ti salta in mente!”, sbottò urtato Filippo.
“Calma, scherzavo. È che… e fermati un momento, ché mi fai girare la testa!”
Filippo si fermò tornando a sedersi pesantemente sul letto. Il pacco risaltava voluminoso nei suoi slip stazzonati.
“Che ti succede?”, gli chiese Armando, sedendoglisi accanto e passandogli familiarmente un braccio sulle spalle.
Del resto, erano amici da una vita, abituati a non nascondersi niente… o quasi.
Filippo fece spallucce, ma non si tolse di dosso il braccio dell’amico.
“Non lo so…”, mormorò.
“Non è che sono i postumi della sbornia? Magari se prendi un’aspirina…”
“Ma se non ho bevuto per niente, ieri sera: lo hai visto, mi sono trattenuto. Appena un paio di drink… Sono stato io a riportarti a casa con la macchina, lo hai dimenticato?”
“Comunque, devi rimetterti in sesto per la cerimonia, che mancano… – e guardò l’orologio al suo polso – Cazzo! mancano solo un paio d’ore.”
“Sì, lo so…”
“Dai, vai a farti la doccia, io ti aspetto qui. Poi ci vestiamo e andiamo in chiesa. Dai…”, e cercò di spingerlo ad alzarsi.
Ma Filippo non si mosse.
“Ok, so io quello che ti ci vuole.”, disse Armando e si alzò, ponendosi in ginocchio davanti all’amico.
“Che cazzo stai facendo?”, esclamò Filippo, mentre l’altro gli afferrava lateralmente gli slip, infilava dentro la mano e gli cavava fuori tutto l’ambaradam, coglioni e cazzo.
“Sei troppo teso e ti aspetta una giornata quanto mai pesante: devi scaricarti.”, gli spiegò Armando, afferrandogli il pisello molle e cominciando a manipolarglielo con mano esperta.
“Smettila, sei impazzito?”, fece Filippo, afferrandolo per il polso e cercando di allontanarlo.
“Sta calmo. – resistette Armando - Mio fratello quando si è sposato stava come te, e poi si è calmato ed è andato tutto benissimo.”
Intanto il cazzo di Filippo aveva cominciato a lievitare, assumendo via via dimensioni imponenti.
“Accidenti, che sberla!”, fece il giovane in tono ammirato, impugnandolo adesso a tutta mano e incrementando il saliscendi.
“Ma che, sei pure frocio adesso?”, esclamò Filippo allibito.
“Naaa… - rispose Armando – so come funziona: è qui che lo stress si accumula – e con la mano libera gli soppesò lo scroto, strappandogli un brivido – una volta che ti sarai scaricato, andrà tutto bene, vedrai.”
“Ma mi stai facendo una sega!...”
“E allora? Gli amici esistono per questo… Del resto, non faresti lo stesso per me?”
“Non lo so… - mormorò Filippo con un sospiro – ma non chiedermi di farti da testimone di nozze…”
Armando scoppiò a ridere di cuore, e in quel momento una sgorgata di sugo cristallino, più copiosa delle altre, gli colò lungo il dorso della mano. Al che, rallentando la velocità di vogata, si accostò e la leccò a tutta lingua.
“Non male.”, mormorò come fra sé.
“Ma che schifo!”, esclamò Filippo con tono disgustato.
“Cosa?”
“Ma hai leccato…”
“E allora? Tu non bevi forse le uova crude al mattino?”
“Che c’entra’”
“E’ sempre sperma di gallo...”, concluse Filippo, riprendendo di lena il suo lavoro.
Filippo si era ormai rassegnato alla piacevolezza dell’operazione e, rinunciando del tutto a contrastarlo o a farlo smettere, si adagiò all’indietro, poggiandosi sui gomiti. Si sentiva già più rilassato: che avesse ragione lui? Intanto la goduria cominciava a friccicargli lungo tutta l’asta del cazzo e brividi sempre più intensi e sempre più frequenti lo percorrevano in tutto il corpo.
L’assoluta assurdità della situazione, il sospetto di qualche particolare macchinazione dell’amico non lo sfiorò neppure per un istante: stava succedendo
e basta.
Armando, dal canto suo, quando lo vide rilassato, che chiudeva gli occhi e rovesciava la testa all’indietro, fece un ghigno soddisfatto, poi si chinò e senza nessuna soluzione di continuità prese in bocca la cappella, iniziando subito a succhiarla golosamente, mentre la mano continuava infaticabile a saliscendere lungo l’asta.
Anche se si accorse del cambio di passo, Filippo non si mosse, né disse niente: continuò a godersi quel magnifico esercizio di rilassamento, mugolando a bocca chiusa, roteando piano il bacino e respirando sempre più pesantemente, via via che l’orgasmo maturava dentro di lui. Con l’avvicinarsi del momento cruciale, le emissioni preorgasmiche si fecero più corpose e Armando se le gustava, mulinando la lingua attorno alla cappella sbavata.
Non era la prima volta che praticava questo esercizio di rilassamento, per cui sapeva il fatto suo, sapeva come muoversi e quali punti stimolare. Ricordava quando era successo a lui che doveva dare un esame all’università ed era talmente agitato da sembrare un istrice in crisi di astinenza, e un amico gli aveva praticato il trattamento. Beh, aveva fatto l’esame tranquillo e rilassato e aveva preso trenta e lode: da allora non aveva mai mancato di aiutare altri in difficoltà, come adesso Filippo, appunto.
È così che si fa tra amici, ci si aiuta l’uno con l’altro e non si va tanto per il sottile. È così che si misura la vera amicizia.
Certo, col tempo aveva superato quel po’ di ripulsa iniziale, gli era venuto sempre più naturale; ultimamente si era accorto perfino che quasi gli piaceva, o per lo meno lo praticava sempre più volentieri. Qualcuno potrebbe malignare che stava passando all’altra sponda, ma lui non aveva dubbi sul fatto di essere normale, che gli piaceva la figa: era solo un favore ad un amico quello che faceva… e nessuno se ne era mai lamentato.
Intanto, l’azione congiunta della bocca degustante sulla cappella e della mano saliscendente sul gambo del pisello cominciò a produrre i suoi effetti, spingendo Filippo sempre più vicino al punto di non ritorno. Quando, scosso dai brividi e dal tremito profondo, Filippo realizzò che il liquido nelle cavità scrotali premeva con forza per uscire, minacciando una strage:
“Oh… vengo… vengo…”, riuscì a sospirare.
Ora, tutti ci saremmo aspettati che Armando si tirasse indietro, che si deboccasse dal pomello del cavicchio e si portasse a debita distanza, onde non essere investito dallo spruzzo imminente… Ce lo saremmo aspettati, certo... ma credo che Armando ci avrebbe sorpreso tutti, perché non solo non si mosse, ma addirittura continuò con maggior foga sia il succhiaggio che il manuale segamento.
Il risultato fu che dopo una scossa alquanto violenta, accompagnato da un gemito strozzato, si ritrovò la bocca piena di liquido denso e viscoso, che lui si affrettò a ingoiare, mentre continuava con la medesima foga a succhiare e segare. Finché:
“Oh… basta, basta, ti prego, - lo supplicò Filippo,scosso da brividi e tremori ancora più violenti – basta, mi fai morire…”, e gli pose una mano sulla testa, costringendolo a fermarsi.
Armando si riscosse con aria stranita, si tolse dalla bocca l’uccello ormai molle e svuotato di Filippo e gli sorrise.
“Pfuih… - fece quello, esausto, abbandonandosi del tutto sul letto – che storia…”
Filippo si rialzò e gli si sedette accanto.
“Va meglio?”, gli chiese premurosamente, biascicando un po’, per via della lingua ancora impastata di sborra.
“Altroché!...”
“Dai, allora: fatti la doccia e vestiti, ché si è fatto tardi. Ci vediamo in chiesa.”, disse Armando alzandosi e battendogli un colpetto sulla coscia.
“Non dimenticare gli anelli…”, gli raccomandò Filippo con voce ancora fievole.
“Non preoccuparti.”
E uscì, lasciandolo disteso sul letto e con le vergogne spompate in bella mostra.

Un paio di ore dopo, Filippo e Armando si trovarono davanti alla chiesa tutti lindi e acchittati, pronti per la cerimonia. Lo sposo era raggiante nel suo abito scuro, che ne metteva ancora più in risalto la bellezza del volto.
“Come va?”, chiese Armando, mentre si dirigevano verso l’altare in attesa dell’arrivo della sposa.
“Benissimo, – rispose Filippo, voltandosi verso di lui – grazie a te: il tuo esercizio di rilassamento ha funzionato davvero.”
“Ne sono felice. Quando…”
“Stavo per chiedertelo, - lo anticipò Filippo – devo fare dei colloqui di lavoro abbastanza importanti, quando rientro dal viaggio di nozze, e già mi agito solo a pensarci, non è che…”
“Volentieri, non preoccuparti. - lo rassicurò l’amico, stringendogli il braccio – Per te ci sono sempre, lo sai.”
In quel momento, l’organista attaccò la Marcia nuziale ed entrambi si volsero per accogliere la sposa, che avanzava solenne e commossa al braccio di suo padre.
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