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Gay & Bisex

Era una notte buia e tempestosa - 1


di adad
24.12.2018    |    8.951    |    1 8.9
"E lui lo sapeva e lo usava per dominarmi..."
‘’Era una notte buia e tempestosa; il vento ululava fra le cime degli alberi, curvandoli coi rami fino a terra…’’

“Di’, non avrai mica intenzione di scrivere un racconto, partendo da quella cretinata lì?”, mi fece Roberto, giungendomi silenziosamente alle spalle e dando un’occhiata al foglio che avevo davanti e sul quale mi accingevo a riversare il meglio della mia creatività artistica… e non solo quello, ovvio.
“Perché, no?”, feci io, per nulla turbato da quell’intrusione.
Per la cronaca, Roberto è il ragazzo che vive con me… il mio uomo, insomma!
“Ma dai, Sandro!... E’ un’espressione trita e ritrita… L’aveva tirata fuori coso, lì…”
“Snoopy”, feci io.
“Sì, il cagnetto di Linus… Me lo ricordo appollaiato sulla sua casetta, con la macchina da scrivere: Era una notte buia e tempestosa…”
Pur essendo relativamente giovane, 35 anni, una decina meno di me, Roberto ha fatto in tempo a vivere pure lui la grande stagione dei Peanuts.
“Ci abbiamo scherzato sopra in tutte le salse, da ragazzini. – continuò Roberto – Ricordo uno scemo di insegnante alle medie che ce la dava perfino come tema: Era una notte buia e tempestosa puntini, puntini puntini e adesso continuate voi… Dice che voleva verificare la nostra capacità creativa…”
“E voi creavate?”, gli chiesi.
“Ah, non lo so… a me faceva solo venire il latte ai ginocchi!”
Scoppiai a ridere e feci girare la mia poltroncina.
“E io ti faccio venire il latte ai ginocchi?”, gli chiesi teneramente, passandogli un braccio attorno alla vita.
Lo strinsi a me, premendo le labbra sul suo inguine.
“No, amore, - ridacchiò lui – tu me lo fai venire proprio lì… dove tieni la bocca!”
Era un gran porcellone il mio Roberto… e anch’io lo ero, per la verità, forse era per questo che la nostra sintonia non aveva conosciuto la minima incrinatura nei cinque anni della nostra relazione: ci amavamo e scopavamo con lo stesso fervore e la stessa passione della prima volta.
Beh, se devo essere sincero, io non lo ‘amavo’… lo adoravo! E lui lo sapeva e per questo mi tiranneggiava. Infatti, quando gli dissi:
“Adesso vai, tesoro, lasciami lavorare.”
“Di’, non ti faresti una poppatina?”, mi chiese lui.
Io feci il categorico:
“No, vai via, che devo lavorare!”
“Dai, Sandrino… - il suo tono era insinuante – Ho appena letto il tuo ultimo racconto…”
“Vattene, porco!”
“Ok, - fece lui, avviandosi verso la porta – il numero di Giancarlo è sulla rubrica, vero?”
Vipera! Giancarlo era un suo vecchio spasimante, la sua arma di ricatto ogni volta che gli rifiutavo qualcosa.
“Perché ti serve quel numero?”, chiesi, fingendomi indifferente.
“Così!”, modulò lui con aria innocente e si voltò a guardarmi dalla porta con un sorriso furbetto.
Ovviamente, mi arresi. Gli tesi le braccia.
“Vieni qui, maiale!”
Lui si avvicinò gongolante.
“Tanto, non gli avresti telefonato…”, mi spinse a dire il mio orgoglio.
“Cosa te lo fa credere?”
“Ti piace troppo come te lo succhio!”
Ed era vero. Adoravo il suo cazzo, sempre pronto a rispondere alle mie sollecitazioni, sempre pronto ad elargirmi i suoi doni preziosi… Roberto mi si fermò davanti.
“Ti è piaciuto il mio racconto?”, feci, giusto per non dargliela subito vinta buttandomi famelicamente sul suo pisellone.
“Controlla da te…”, rispose lui lascivamente, avvicinandosi a strusciarmi sulle labbra la dura protuberanza nei suoi pantaloni.
Cristo santo! Quel ragazzo era un concentrato di libidine che non mi faceva capire più niente! Feci per sganciargli la cintura dei pantaloni, ma lui allontanò con fermezza le mie mani e volle fare da sé. Se li sbottonò, quindi, abbassò la zip e si aprì le falde della patta.
Fissai ammaliato il triangolino candido dei suoi slip, avvertendo già il calore e il profumo di quello che vi si nascondeva sotto… e “Quello” era il sogno della mia vita: uno dei cazzi più belli, lasciatemelo dire, che possa mai capitare di vedere, non solo nella realtà di tutti i giorni, ma anche nelle riviste e nei filmati pornografici. Poggiai le labbra sul tessuto caldo e aspirai l’aroma conturbante che ne traspirava. Roberto aveva l’abitudine di darsi sempre sotto le ascelle e sui peli del pube qualche spruzzo di colonia, che mescolandosi all’odore della sua pelle, del suo sudore e, in questo caso, del cazzo, formava una fragranza particolare, che mi faceva semplicemente sciogliere le budella.
Annusare tale fragranza dai suoi slip e dalle sue magliette, che ne risultavano impregnati, era uno dei miei piaceri più strippanti in assoluto. E lui lo sapeva e lo usava per dominarmi.
Sempre tenendo lontane le mie mani, Roberto si calò i pantaloni a mezza coscia e tornò ad accostarsi con l’inguine alle mie labbra. A quel punto, non ressi più: lo agguantai per le chiappe e lo tenni fermo, mentre mi avventavo a mordere la lunga protuberanza carnosa che gli si allungava diagonalmente sotto gli slip.
Lui ridacchiò di gola, soddisfatto, e si lasciò adorare. E solo dopo che gli ebbi ridotto fradicio il davanti delle mutande, mi permise finalmente di tirar fuori il suo stupendo mangano… uno sleppo di oltre venti centimetri, con un diametro di sei, cilindrico e perfettamente bilanciato, con solo una leggera curvatura all’insù, ad accentuarne la linea snella ed elegante. Già solo a vederlo, te lo sentivi scorrere avanti e indietro nel buco del culo, e non desideravi altro!
Leccai l’orlo sfrangiato del prepuzio e ci feci scivolare sotto la lingua: era già abbondantemente bagnato. Allora tirai giù la spessa pelle carnosa, slinguando golosamente il roseo pomello a mano a mano che lo scoprivo: un’operazione, questa, che mandava Roberto altrettanto fuori di testa, come attestavano i suoi sospiri estatici. Una volta interamente sgusciato, ingoiai quel frutto gustoso e diedi inizio al banchetto.
Sbocchinare Roberto era un’esperienza totalizzante, una festa lecca-e-succhia per lingua e palato. Sembrava di avere in bocca una prugna levigata, matura e sugosa, da cui continuava a fuoriuscire nettare zuccherino. Con una mano tenevo stretta l’asta, perché non mi sfuggisse dalla bocca nella foga del pompino, con l’altro gli carezzavo i coglioni, che si andavano rattrappendo nella loro serica borsa. E lui si teneva forte alle mie spalle e muoveva leggermente il bacino, sospirando. Poi, d’un tratto, le palle gli si incordarono e lui si inarcò con un Ohhh, che gli veniva dal profondo dell’anima. Stava venendo. Allora gli serrai le labbra alla base del glande e attesi il fiotto liberatorio, che mi dilagò sulla lingua e mi riempì la cavità orale.
Ingoiai tutto e continuai a succhiare, finché non gli si fu smollato. Leccai poi con cura l’ultimo rivolo di sperma dal cannolone ormai molle e infine glielo rimisi nelle mutande.
“Per la miseria, - esclamai, guardandolo – questa è stata la madre di tutte le sborrate!”
Parlavo a fatica, avevo ancora la bocca impastata. Lui ridacchiò.
“Te l’ho detto che avevo letto il tuo racconto!”, e si richiuse i pantaloni.
“Non vedo l’ora di farti leggere questo, allora…”, dissi, alzandomi per abbracciarlo.
Ci baciammo: a lui piaceva baciarmi dopo che lo avevo succhiato, gli piaceva cercare i suoi sapori nella mia bocca.
“Mettici anche me nel tuo racconto…”, mi bisbigliò.
Chissà perché, l’idea mi inorridì: Roberto era mio, solo mio!
“Tu fai parte della realtà, tesoro…”, cominciai.
“Credo che…”, mi interruppe lui.
“Il numero di Giancarlo è sulla rubrica.”, tagliai corto.
Lui scoppiò a ridere.
“Stronzo! – fece – Adesso che sono appena venuto!”, e mi abbracciò forte.
“Vai, adesso, tesoro…”
“Sì, che devo finire quella cazzo di memoria per il tribunale.”
Roberto lavorava a quei tempi in uno studio legale che si occupava di perizie per il tribunale o roba del genere… non ci ho mai capito niente. Sulla porta si voltò e mi mandò un bacio.
“Mettimi nel tuo racconto…”, ripeté.
“Fuori!”, urlai e appallottolai un foglio, fingendo di lanciarglielo.
Ero pazzo di lui! Rimasto solo, mi risedetti al tavolo, presi la penna e tornai a fissare il foglio davanti a me.

‘’Era una notte buia e tempestosa, il vento ululava fra le cime degli alberi, curvandoli coi rami fino a terra…’’

In effetti, non era facile andare avanti, partendo da questa premessa. Mettimi nel tuo racconto… Gesù, ma cosa gli era saltato in mente a quel ragazzo?
No, mi ripetei, Roberto è soltanto mio e non voglio dividerlo con nessuno, neanche nelle fantasie di un racconto… figurarsi di un racconto porno!

‘’Era una notte buia e tempestosa…’’

E che cazzo vuoi che succeda in una notte buia e tempestosa? Sarà meglio cambiare idea di partenza… Mettimi nel tuo racconto…
D’un tratto, qualcosa mi germogliò nella mente… E che cazzo! perché no? I pensieri, fin’allora bloccati, presero a muoversi, dal cervello scorrendomi lungo il braccio fino alla penna , che vibrò come la bacchetta di un rabdomante… I personaggi cominciarono ad acquistare volto e presenza, cominciarono a prendere vita, ad agitarsi nella mia mente, ormai ansiosi di venire alla luce, di vivere la loro avventura straordinaria…. Cominciai a scrivere di getto…

''Era una notte buia e tempestosa, il vento ululava....''

(continua)
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