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Gay & Bisex

Noblesse oblige


di adad
26.06.2019    |    7.780    |    7 8.4
"Ho già detto che sono un datore di lavoro moderno, non mi piace stare sulle mie, mi piace dialogare con la servitù, trasmettergli i miei valori e apprendere..."
Mi chiamo Ersilio von Strudel, barone di Melacotta.
Un tempo la mia famiglia, una delle più antiche d’Europa, possedeva anche il feudo di Uvapassita, ma il mio bisnonno Caterino dovette alienarlo, per far fronte agli sperperi di quella troia di sua moglie Elzevira, la famosa Elzevira Calzetti von Strudel, che si mangiò l’intero patrimonio giocando a scopone con i suoi amanti, gente di basso volgo, oltretutto, vista la sua passione per i facchini e i mozzi di stalla.
Qualcuno penserà che ce l’ho con lei. Beh, è vero perché con lei è cominciata la rovina della nostra famiglia, che ormai solo il titolo ci è rimasto e sono costretto a vivere in questo mini appartamento di due camere e cucina, in periferia, quando ai bei tempi vivevamo in un palazzo di centodieci stanze, venticinque cessi, dieci sale da bagno, cucine, stalle, soffitte, cantine ecc. ecc. ecc. Nel nostro villino da caccia, a Braciolata, avevamo un parco di dieci ettari… mentre adesso sono costretto a coltivare il basilico su un balconcino di due metri quadrati!
Degli antichi fasti, dei blasoni che ornavano le gallerie del nostro palazzo, dei dipinti della quadreria, capolavori da Rubens a Caravaggio al sommo David, non è rimasto più niente: tutto svenduto per pagare i debiti: nulla mi è rimasto. L’ultima cosa che ho venduto è il palazzo di città ad una società che poi l’ha demolito per farci un ipermercato con parcheggio silos, che sarebbero quei grattacieli con le macchine parcheggiate al ventesimo piano. Dove è vissuta la Storia, adesso vendono zucchine e pannoloni! Col ricavato ci ho comprato questo miniappartamento e con quello che rimane ci tiro avanti come posso… ma sempre con eleganza e dignità, come è nel dna dei baroni Von Strudel.
Eh sì, la mia era una famiglia che frequentava i Grandi della terra: pensate che un mio lontano bisnonno combatté al fianco del Buglione nella Prima Crociata… Il poveretto fu sbudellato da un infedele sotto le mura di Gerusalemme, ma per fortuna aveva lasciato a casa la moglie con cinque o sei bambini, le fonti non sono certe, così la famiglia non si è estinta e poté proseguire il suo percorso sempre più radioso… beh, fino alla mia bisnonna Elzevira, che non solo si è mangiata tutto in cazzi, ma che dei cazzi mi ha trasmesso pure la passione!
Eh, sì, tanto vale dirvelo subito, prima che lo scopriate da soli: io sono un fervente ammiratore dell’amore virile! Se potessi, mi farei addirittura un harem di maschi, in modo da cambiarne uno al giorno… ma che dico uno? Due, tre maschi al giorno!, Chi se ne frega: meglius abbundare che deficitare, o qualcosa del genere, come dicevano i Romani, che della vita se ne intendevano… e anche di cazzi ho idea che se ne intendevano!
Con la perdita del patrimonio ho dovuto rinunciare a tutto... a tutto, tranne che alla servitù! Ci sono dei limiti anche alla miseria: posso fare a meno di tutto, ma non della servitù: noblesse oblige! Non solo per questo, a dire il vero: come me la sarei cavata con le pulizie e tutto il resto io, che non so neanche friggere due uova al tegamino? E oltretutto, siamo onesti, non si può pretendere che il discendente di un Crociato si metta a rifarsi il letto! dai, su! Il letto posso disfarlo, meglio se in
compagnia, ma non rifarlo.
Così mi sono preso un cameriere rumeno… un bel ragazzone venticinquenne, robusto e volenteroso… soprattutto dotato… altroché se lo è! Che per fortuna si contenta di poco: vitto e dieci euri al giorno… più un pompino o una chiavata a sua scelta. Che per me vanno bene entrambi. Anzi, a Pasqua, Natale e altre feste comandate gli concedo la mancia.
È un ragazzo simpatico devo dire e mi è anche affezionato: certi giorni, nei momenti liberi, diciamo, dopo che ha finito di fare le faccende, prepara un drink e viene a sedersi vicino a me sul divano… quello stesso dove la bisnonna Elzevira amava trincare a sborra col suo giardiniere.
Si siede vicino a me, perché io sono un padrone… cioè un datore di lavoro alla mano, democratico, diciamo, non mi piace fare distinzioni fra servo e padrone o, peggio ancora, fra nobile e plebeo. Insomma si siede vicino a me e facciamo due chiacchiere, discutiamo di politica, di calcio, del grande fratello e altre puttanate; e mentre chiacchieriamo si apre i pantaloni, tira fuori l’uccello e mi fa capire che non avrebbe niente in contrario se volessi giocarci… e naturalmente un giretto me lo faccio, se non altro per dimostrargli che ho gradito l’offerta.
Ho già detto che sono un datore di lavoro moderno, non mi piace stare sulle mie, mi piace dialogare con la servitù, trasmettergli i miei valori e apprendere le novità che mi vengono dal basso. Giorni fa, per esempio, mi ha dato dei suggerimenti su come solleticare l’intimità di un maschio con… Ah, ma sto divagando.
Devo dire anche che questo giovanottone rumeno è molto corretto e rispettoso: per esempio non si permette mai di prendere in mano l’uccello del suo datore di lavoro, a meno di non dargliene io stesso il permesso. Già. Un giovane davvero corretto, come oggi non se ne vedono di certo, con tutti che pensano solo al sesso e al divertimento, per non dire di peggio
Rudolf si chiama il mio collaboratore domestico rumeno… Rudolf… non trovate che sia un bellissimo nome? Rudolf… sì, mi apre scenari fascinosi di un tempo passato… di quando la nobiltà di sangue valeva ancora qualcosa…
Ehi, non starete mica pensando che mi sia invaghito del mio domestico?!? Beh, se vi ha sfiorato l’idea, siete davvero fuori strada: non dimenticate chi sono e quale sangue scorre nelle mie vene: il sangue di un Crociato, morto sotto le mura di Gerusalemme! Mica micio micio, bau bau!
Noblesse oblige, miei cari. So bene che oggi questi valori non vanno più di moda, che anzi più nascono in alto, più amano sbracare in basso; ma non per me, ve lo assicuro. E adesso scusate, ma il mio domestico mi chiama in cucina.
***
Beh, questa ve la devo proprio raccontare. Sapete cosa ha fatto quel mattacchione del mio domestico rumeno? Mi ha chiamato dalla cucina:
“Signor Ersilio? Venga, venga, per favore!”
Sono corso subito, pensando chissà cosa, e me lo trovo ai fornelli completamente
nudo! Per lo meno, questa è stata la prima impressione che ho avuto, perché poi ho realizzato che davanti indossava un piccolo grembiale, che gli copriva le parti intime. Ma la prima occhiata io gliel’ho data da dietro e quando ho visto quel dorso gnoccolato di muscoli, quelle snelle colonne portanti delle gambe, sormontate da due meravigliosi capitelli bizantini... Che vi devo dire? Mi si è appannata la vista, mi sono sentito prendere come da una crisi mistica e allora gli sono andato dietro, mi gli sono inginocchiato e mentre lui pelava le carotine per l’insalata, ho cominciato ad adorare quella divina magnificenza che è il suo culo.
Scusate, amici miei, scusate se non riesco a mantenere controllo a cui la mia posizione mi obbligherebbe, ma come si fa a mantenere il controllo davanti a due globi carnosi che sembrano dirti: baciami, leccami, mordimi… E io ho baciato, ho leccato, ho morso quelle morbide carni, sugose, fragranti… Ho spinto il volto nelle profondità dello spacco e ho affondato la lingua nel morbido cratere, perdendo in quell’abisso fin l’ultima briciola della mia anima.
Quando infine quel dio capriccioso si è ritenuto appagato, si è voltato verso di me, ha scostato il grembiale e si è offerto alla mia incontrollabile voracità. E dopo avermi saziato, mi ha detto con un sorriso:
“Su, su, signor Ersilio, vada a lavarsi le mani, ché il pranzo è in tavola.”
Ora, ditemi voi dove lo trovate un domestico così garbato e premuroso, che si preoccupa perfino di ricordare al suo datore di lavoro di lavarsi le mani, prima di mettersi a tavola.
***
Giorni fa mi chiedevo se nella lunghissima storia della mia famiglia c’è mai stato qualcuno che abbia amato il cazzo come me, a parte la mia bisnonna Elzevira, ovviamente. Ma lei era una donna e che le piacesse il cazzo rientrava nell’ordine naturale delle cose… forse un po’ meno che andasse a cercarselo nelle braghe dei garzoni di stalla o dei facchini al mercato. Che mi sono sempre chiesto cosa ci trovasse in gente di così basso rango, quando aveva intorno a farle la corte fior fiore di gentiluomini. Ma lei niente: fossero stati quelli gli unici uomini sulla terra, sarebbe stata la moglie più fedele e meno spendacciona del mondo… e adesso avrei ancora il mio bel palazzo in centro, maledetta!
Comunque, tornando al discorso: no, i documenti dell’archivio di famiglia, che ho portato con me, non dicono niente; ma del resto è comprensibile: un tempo si era più discreti, non si spiattellavano in pubblico certe cose, come succede invece oggi, che si sgomitano per andare scrollare i loro panni sporchi nei salotti televisivi. Che cattivo gusto! Mi chiedo dove sia finita l’elegante raffinatezza di quella dama che si adornava il petto di una camelia rossa per significare ai suoi ammiratori che in quei giorni non era disponibile. Oggi sarebbero capaci di tirarsi fuori il tampax in diretta televisiva. Che orrore!
Comunque, sembra che io sia l’unico nella lunga storia della mia famiglia ad avere una passione così smodata per il cazzo. Sono sempre stato convinto che il buon Dio doveva essere davvero in stato di grazia il giorno in cui ha deciso di dotare l’uomo di un simile strumento. Dove la trovi in natura una meraviglia simile? Il cazzo, se non esistesse, bisognerebbe inventarlo.
Rudolf stamattina è venuto a lavorare tutto sporco, incrostato di fango fin sopra i capelli. Mi ha raccontato che per strada era scivolato ed era finito dritto in una pozzanghera di fango. In effetti in questo quartiere di periferia l’amministrazione non è molto sollecita nella buona cura delle cose: buche, immondizia, animali molesti dappertutto, certe volte c’è da vergognarsi di abitare in questa città.
Ad ogni modo, non potevo permettere che Rudolf rimanesse in quelle condizioni; così l’ho mandato a farsi una doccia. Stavo facendo un cruciverba in soggiorno, quando lui mi si è presentato davanti tutto pulito e profumato… nudo e con l’uccello duro. Si avvicina e mi fa:
“Mi scusi, signor Ersilio, ma ho un dolore sordo qui, al basso ventre, e non so cosa fare. Lei è una persona esperta, cosa mi consiglia?”
“Che ti è successo? – gli chiedo – Hai sbattuto da qualche parte?”
“No, lo avevo già quando mi sono alzato. Vede, stanotte ho fatto lunghi sogni, che ero a casa a Pirtullescu, il mio paese, che stavo con mia fidanzata… e lei capisce…”
Perché, questo c’è da dire: Rudolf è un ragazzo serio. Se qualcuno ha sospettato che lui fosse venuto in Italia per fare cose poco pulite, se lo tolga dalla testa: al suo paese, ha la fidanzata e si sposeranno, non appena avrà messo via abbastanza soldi.
“Cioè, hai sognato che facevate… sesso?”, chiedo.
“E già.”, ha ridacchiato lui, comprensibilmente imbarazzato.
“E non ti sei…”, ho fatto io, mimando con la mano su e giù.
Il poveretto è diventato tutto rosso.
“No, signor Ersilio, cosa dice? Un maschio non fa…” e ha mimato pure lui su e giù con la mano.
Infatti, se lo fa fare da qualcun altro, ho pensato io, ormai su di giri.
“Il problema, - gli ho spiegato – è che sognando di fare certe cose con la tua ragazza, stanotte, ti sei riempito troppo e adesso ti devi svuotare.”
Rudolf è diventato tutto rosso.
“Tranquillo, - gli ho detto, allora – ci penso io e risolviamo in un attimo.”
“Lei è davvero buono con me, signor Ersilio.”, ha mormorato lui, avvicinandosi ancora di più.
“Sciocchezze”
Ho messo via il cruciverba, l’ho afferrato per i fianchi e me lo sono guidato in bocca. E’ stato un ingresso trionfale, la mia lingua lo ha accolto con calore, ripulendolo in un attimo dello spurgo che ricopriva la cappella. Poi non c’è stato più bisogno di tenerlo per i fianchi, perché lui stesso ha cominciato a muoversi nella mia bocca, dandomi così modo di giocare con i suoi pesanti testicoli, palpandoli e stirandoli, un gioco che gli piaceva non poco, come denunciavano i suoi sospiri.
Poi il cazzo gli si è irrigidito, ha cominciato a fremere, a colare un sugo denso e ininterrotto.
“Oh, che male, signor Ersilio! – ha esclamato Rudolf, quasi piegandosi per il dolore – è troppa, non ce la fa a uscire…”
Ma io ho continuato il mio lavoro, senza dargli retta e per fortuna la fuoriuscita pre-eiaculatoria ha diminuito un po’ la pressione interna, così è riuscito finalmente a venire. E dire che mi ha riempito la bocca è poco! Mai gustata una produzione così abbondante e saporita.
Qualcuno potrebbe obiettare: “Ma come, con tutte le tue fisime di noblesse oblige, sbocchini il tuo domestico e ingoi perfino la sua sborra?”
Calma! Prima di tutto io non “sbocchino” il mio domestico: faccio una cortesia ad una persona in difficoltà. Punto. Quanto al fatto di ingoiare la sua sborra, dov’è lo scandalo? È tutta roba genuina e prodotta al momento… a chilometro zero! Cosa volete di più?
***
Stamattina Rudolf è venuto al lavoro quasi con le lacrime agli occhi. Gli ho chiesto cosa avesse.
“Mio padrone di casa mi ha mandato via, che serve appartamento per lui.”
Quando è in preda ad una forte emozione, Rudolf, riprende a parlare stentatamente… il che confesso che me lo rende ancora più simpatico.
“E adesso?”, gli chiedo.
“Forse torno mio paese…”
Una coltellata allo stomaco non avrebbe potuto farmi più male.
“Come torni al tuo paese? – balbetto in preda al panico – e io?”
“Mi dispiace, signor Ersilio, ma non posso permettermi altro appartamento. Affitti troppo cari.”
Che volete che vi dica, amici cari? Davanti alle sventure altrui, io non riesco proprio a rimanere impassibile. Sarà quel senso di generosità connaturata al mio lignaggio, o la solidarietà innata alla mia indole… non so, ma in quel momento mi è venuto spontaneo offrirgli di venire a stare da me.
Lui è rimasto un momento a bocca aperta, poi mi è crollato in ginocchio davanti e ha cercato di baciarmi le mani, cosa che ovviamente non gli ho permesso: cos’era, in fin dei conti? La mia famiglia ha sempre ospitato in casa la servitù. Magari stavo ricreando i fasti del passato.
Ma quando lui felicissimo è andato a svolgere i suoi lavori, mi è venuto in mente, con un senso di gelo, che io non ho una camera per la servitù e da qualche parte quel poveraccio bisognava pur farlo dormire… Ma dove?
In cucina? Il mio sangue si ribella ad un obbrobrio del genere… Sul divano in soggiorno? Beh, se una persona di un metro e ottanta potesse dormire su un divano di un metro e venti… Che pasticcio!
Non resta che farlo dormire nel mio letto, per fortuna da una piazza e mezza…. Ma come potrei far dormire un domestico nel mio stesso letto? per di più a strettissimo contatto? Non è possibile! Va bene la generosità, va bene la disponibilità, ma ci sono delle convenienze sociali su cui non si può sorvolare!
Semplicemente, uno del mio lignaggio non può dormire nello stesso letto con un domestico, non può e non deve. I miei avi si rivolterebbero nella tomba!
Lo sto appunto cercando per dirgli che non se ne fa niente, quando lo vedo uscire dalla camera da letto in mutande e con l’uccello visibilmente duro, che tendeva in fuori la sottile maglina.
“Signor Ersilio, - mi dice con aria timida – stavo cercando dove sistemare il mio letto stanotte.”
Al diavolo i miei avi: che si rivoltino nella tomba e ci facciano pure le capriole!
“Ce l’abbiamo un letto”, gli dico, indicandogli il mio.
“Ma non ci stiamo in due…”
“Beh, forse staremo un po’ stretti… Ti dà fastidio?”
“A me no, ma lei…”
“Vieni, dai, proviamolo: - taglio corto io - alla peggio dormiremo abbracciati!”
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