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Effetto Nico - 1


di adad
13.03.2018    |    14.495    |    1 9.4
"L’annuncio ritraeva un ragazzo seduto a cosce larghe, che impugnava, scappellandolo, un cazzo turgido di notevoli dimensioni, sotto il quale penzolava uno..."
Conobbi Nico tramite un annuncio sulla rivista “F. P.”, che un amico aveva dimenticato a casa mia: era una rivista di annunci fotografici, sostanzialmente etero, ma con frequenti sconfinamenti nel mondo gay, magari attraverso il comodo lasciapassare della qualifica “bisex”.
L’annuncio ritraeva un ragazzo seduto a cosce larghe, che impugnava, scappellandolo, un cazzo turgido di notevoli dimensioni, sotto il quale penzolava uno scroto adeguatamente peloso. Il manzo in questione era un giovane 29enne, che si offriva a singole e coppie, anche con lui bisex. E fu questo ad attirare la mia libidinosa attenzione: se non disdegna un marito bisex, mi dissi, vuol dire che ha familiarità con un certo tipo di incontri e chissà che… Così gli scrissi: non gli nascosi di essere gay e di essere stato letteralmente rapito dalla visione del suo cazzo: mi sarebbe piaciuto almeno ammirar lodi persona e magari fotografarlo. Aggiunsi il mio numero di telefono e spedii la lettera. Ero sicuro che non mi avrebbe risposto, ma se non altro mi ero fatto una magnifica sega mentre gli scrivevo.Erano passate un paio di settimane e ormai non ci pensavo quasi più, tranne le volte in cui tornavo a sfogliare quella rivista e indugiavo sulla sua foto fino a sborrare, ripetendomi le frasi che gli avevo scritto, quando un pomeriggio suonò il telefono.
“Pronto?”, risposi.
“Parlo con Lorenzo?”, mi chiese la bella voce vibrante di uno sconosciuto.
“Sì, - dissi – chi parla?”
“Ha risposto a un mio annuncio su F. P.”
Ebbi un sobbalzo, e mi sentii una sferzata di libidine corrermi nelle vene. Il cazzo mi venne duro all’istante e me lo tirai fuori dai pantaloni, iniziando a carezzarmelo lentamente con languoroso piacere.
“Certo, ricordo, - feci col cuore che mi batteva all’impazzata – ma diamoci pure del tu.”
“Ah, volentieri, volentieri.”
“Senti, - passai all’attacco – scusa se te lo chiedo, ma la foto è tua… cioè, sei tu in foto?”
“Certo…”, ridacchiò lui, immaginando cosa intendessi.
“Allora devo farti i miei complimenti: - gli dissi infatti – hai un cazzo che è una meraviglia.”
Non sembrò turbato, né tantomeno scandalizzato dalla mia osservazione, anzi:
“Grazie, - fece – me lo dicono in tanti.”
C’era una nota di compiacimento nella sua voce, che solo più tardi capii in tutta la sua portata, quando mi resi conto che Nico era sinceramente orgoglioso del suo cazzo e non perdeva occasione di mostrarlo a chiunque ne fosse interessato, felice dell’ammirazione che suscitava e degli apprezzamenti che ne riceveva. Il che è la dote basilare di ogni bravo esibizionista, e lui esibizionista lo era, fino al midollo.
“Senti, - continuai – mi piacerebbe poterlo ammirare dal vivo… è possibile?”
“Certo, - rispose – però ti premetto che non faccio sesso con gli uomini, mi interessano solo le donne.”
“Oh, ti chiedo scusa, - esclamai un po’ mortificato – ma siccome nell’annuncio parlavi di mariti bisex, ho pensato… Ti chiedo scusa, spero di non averti offeso.”
Con gli etero bisogna essere sempre molto diplomatici, se vuoi sperare di mettergli le mani nelle mutande.
“No, per niente, - ribatté lui – ho parlato di mariti bisex solo per aumentare il possibile bacino di utenza… diciamo così.”
“Già, immagino. Ce ne devono essere molti, che in realtà gli interessa solo vedere un altro, mentre si fotte la moglie.”, osservai.
“Infatti, infatti.”
“Senti, io sono gay, credo di avertelo detto…”, ripresi.
“Sì, infatti.”
“Non so… magari ti crea problemi…”
“No, nessun problema, altrimenti non ti avrei telefonato, ti pare? Invece, nella tua lettera dicevi di volermi fotografare…”
“Certo! – colsi la palla al balzo, forse con un po’ troppo entusiasmo – ti va?”
“Volentieri.”
“Bene. Quando possiamo vederci?”
“Tu puoi ospitare?”
“Senza problemi.”, risposi.
Ci mettemmo d’accordo su un pomeriggio della settimana successiva e riattaccammo. Appena messa giù la cornetta, corsi a prendere la rivista, cercai il suo annuncio e me ne stetti a slumare la foto, mentre portavo al suo radioso compimento il mio solitario piacere.

Il tal giorno, alla tal’ora, raggiunsi il luogo dell’appuntamento: un parcheggio poco lontano da casa mia. Era un posto alquanto trascurato a quei tempi e di notte ci si appartavano coppiette e prostitute, come testimoniato dai numerosi preservativi sparsi in giro e ormai stratificati da mesi di incuria.
Ero un po’ teso, naturalmente, ma non avevo lo stomaco in subbuglio come altre volte: il fatto che dovessimo solo conoscerci e fare delle foto rendeva l’aspettativa molto meno angosciante.
Più o meno all’ora convenuta, una macchina entrò nel parcheggio e venne a fermarsi nelle mie vicinanze. Ne scese un giovanottone che si diresse verso di me con aria sorridente.
“Lorenzo?” chiese.
E al mio sì:
“Sono Nico, piacere.”, e mi strinse la mano che gli avevo teso: una stretta solida, forte, in perfetta sintonia col suo aspetto maschio e sicuro.
Sarà stato alto sul metro e ottantacinque, moro, fisico asciutto; il volto non era bello nel senso proprio del termine, ma nell’insieme dei lineamenti, con il suo sorriso franco e lo sguardo penetrante, risultava molto maschio e a dir poco affascinante. Inutile dire che ne rimasi turbato fin dalla prima occhiata.
Ci scambiammo qualche battuta cretina, tanto per rompere il ghiaccio, poi:
“Andiamo a casa?”, proposi.
“Volentieri”, rispose lui, chiudendo la macchina.
“Hanno risposto in molte al tuo annuncio?”, chiesi durante il cammino.
“Non mi posso lamentare.”
“E vorrei vedere, - commentai ridendo – con una presentazione come la tua!”
Anche lui scoppiò a ridere e questo dissipò il mio residuo timore che potesse creargli qualche imbarazzo il fatto che ero gay e che piaceva anche a me. In realtà, se c’è una cosa che Nico non provò mai nei miei confronti è proprio l’imbarazzo, neanche quando mi capitò di fargli qualche apprezzamento particolarmente caloroso o qualche avance particolarmente pesante; anzi li accolse sempre con disinvoltura e un risolino compiaciuto, quasi si aspettasse questo mio tributo alla sua virilità.
Arrivati a casa, chiacchierammo un po’ del più e del meno, gli chiesi dei suoi incontri: era ovviamente il suo argomento preferito e infatti si dilungò a raccontarmi, con ampi dettagli, di questa che aveva incontrato da sola, e di quella che invece se l’era scopata col marito presente e cornuto. E’ chiaro che queste storie mi interessavano relativamente, espressi comunque tutto il mio interesse, sottolineando con gli opportuni azzo! e accidenti!, e le adeguate sottolineature di meraviglia e di ammirazione i momenti più salienti.
“Ti rispondono anche uomini?”, gli chiesi ad un certo punto.
“A volte.”, rispose laconico.
“Ne incontri qualcuno?”
“Na… te l’ho detto: mi piacciono le donne.”
“E me, allora?”
“Non lo so. - rispose sinceramente – Sento che mi ispiri fiducia. E poi dicevi delle foto…”, aggiunse, come a riportare il discorso sui giusti binari.
“Beh, allora che aspettiamo?”, feci, alzandomi e andando a prendere la fotocamera già pronta nell’altra stanza.
Quando tornai si era già tolto la camicia, le scarpe e i calzini, e si stava sfilando i pantaloni. Mi arrestai un istante sulla porta: cazzo, non perdeva tempo l’amico! Fissai ammirato le belle gambe muscolose, forse un po’ troppo pelose per i miei gusti, e subito gli occhi mi corsero al davanti degli slip, tesi da una leva poderosa già in piena erezione.
“Accidenti! – esclamai ammirato – sei ben fornito!”
Nico mi guardò e sorrise senza il minimo imbarazzo, spingendo anzi leggermente in avanti il bacino per esibirlo meglio, poi fece per sfilarsi la maglietta.
“Aspetta! – lo fermai – Ti faccio qualche scatto così. Ti dico io come metterti, ok?”
Lui mi fissò un momento meravigliato, poi assunse un’aria ubbidiente e attese. Gli feci diversi scatti: in piedi, davanti, dietro, di lato, sdraiato sul divano, disteso… tutti ancora in mutande e maglietta.
Inutile dire che ero eccitatissimo, e si notava, ma me ne fregai: per la prima volta nella mia vita non mi creava imbarazzo mostrarmi in erezione ad un altro uomo, al di fuori di un contesto sessuale, intendo. Non so, ma fin da quei primi momenti ci furono tra me e lui un’intesa e una naturalezza di rapporti, di cui mi stupisco ancora oggi.
Stava rialzandosi dal divano e per un istante venne a trovarsi in una posizione terribilmente sexy.
“Fermo! – lo bloccai – Rimani così, non muoverti.”
Mi avvicinai e, senza neanche rendermene conto, gli estrassi parzialmente i coglioni dalla sgambatura degli slip. Nico non batté ciglio o per lo meno non me ne accorsi, immerso com’ero nel mio duplice ruolo di fotografo, professionalmente accurato, e di porca in calore, tesa a cogliere ogni possibile occasione per soddisfare le proprie libidinose pulsioni.
Continuai a scattare e intanto, incoraggiato com’ero dalla sua acquiescenza, non perdevo l’occasione di infilargli ogni tanto le mani nelle mutande e toccargli l’uccello, con la scusa di sistemarglielo.
Finalmente, via anche gli slip! Che dire, ragazzi?... Quando mi trovai davanti quella grazia di dio poderosa, lunga, baldanzosamente protesa in avanti con la punta appena scappellata e la boccuccia che occhieggiava nella corona increspata del prepuzio, già stillante di miele:
“Cazzo, che bello!”, non potei fare a meno di sospirare.
Nico ridacchiò: conosceva bene quella reazione. Se lo prese con due dita e se lo scappellò leggermente, liberando in questo modo una goccia di rugiada, che colò a terra con un filamento traslucido. Mi sentii un prurito sulla punta della lingua per la voglia che avevo di leccarla!
Istintivamente, allungai la mano e lo presi, tirando giù la guaina, fino a scoprire del tutto la cappella: era una prugna rosea, lucida di sugo. Mossi lievemente la mano su e giù, fissando ammaliato la pelle carnosa del prepuzio scorrere avanti e indietro, scoprendola e ricoprendola… Nico non disse niente. Allora mi chinai e presi in bocca il glande viscoso, sorbendolo come un gelato. Ma lui si tirò indietro.
“Questo no.”, disse.
Ma non c’era rabbia o riprensione nella sua voce, solo la tranquilla determinazione di un limite che non mi era concesso superare.
“Scusami, - gli feci, col sorriso più disarmante che riuscii a recuperare – ma è veramente difficile resistere.”
“Immagino”, concordò benevolmente lui.
Continuai a scattargli foto nei vari ambienti della casa; ad un certo punto, però, l’erezione compressa nei jeans, cominciò ad essermi seriamente d’impaccio.
“Ti secca, se mi tolgo i pantaloni?”, gli chiesi.
“Fa’ pure.”, rispose lui tranquillo.
Allora me li slacciai e mi contorsi per togliermeli, senza tirarmi giù anche il resto. Per un attimo mi sentii un cretino con quelle mutande tese sul davanti e inequivocabilmente bagnate; ma subito dopo scattò l’istinto esibizionistico, che grazie al cielo non mi manca. Nico mi guardò.
“Puoi toglierti pure il resto, se vuoi, non mi formalizzo.”, mi disse.
Ma non ero ancora pronto per questo.
“Oh, va bene così.”, sorrisi e ripresi la macchinetta con aria indifferente.
“Ci restano solo un paio di foto. – osservai dopo un po’, controllando il contascatti – Mi piacerebbe farne una mentre te lo tengo in bocca, ti va?”
Rimasi col fiato sospeso, mentre lui mi guardava fisso, con una luce tra il divertito e l’incerto negli occhi.
“Hai un preservativo?”, mi chiese alla fine.
Oddio, sta a vedere che vuole scoparmi!, pensai. Glielo diedi, incredulo e speranzoso, ma lui se lo srotolò sul cazzo e si mise a sedere.
“Dai, vieni.”, fece, allargando le gambe e tenendoselo diritto con la mano.
La mia bocca si rifiutava di ingoiare un pezzo di gomma ma, d’altra parte, quando mi si sarebbe ripresentata una simile occasione? Sistemai la macchinetta sul cavalletto, programmai l’autoscatto e corsi a inginocchiarmi tra le sue cosce, ingoiando un buon terzo di quel vergone congestionato.
Il sapore del preservativo era davvero orribile e non potei reprimere un smorfia che per fortuna l’obiettivo colse solo a metà, elaborandola in un’espressione di rapita goduria. L’ultimo scatto lo riservai ad un primo piano del suo magnifico cazzo, che ancora una volta lui mi esibì in tutta la possanza del suo virile turgore.
“Che ne dici di farti una sega? – gli chiesi, quando lo vidi raccogliere le mutande e fare per rimettersele – Dai, metto su una cassetta.”
“Ah, ok.”, acconsentì e mi seguì in soggiorno, stravaccandosi sul divano e cominciando già a lisciarsi l’uccello.
Inserii un video, ovviamente etero, e mi sedetti accanto a lui. Partirono le immagini e Nico cominciò lentamente a segarsi, con gli occhi puntati sullo schermo, mentre i miei erano puntati su di lui, sulla mano che scorreva scioltamente su e giù, sul glande tronfio e sbavato che emergeva dal prepuzio carnoso…
Perché, non me lo fai leccare, lo implorai mentalmente. Ma la mia supplica non lo raggiunse, preso com’era nel vortice del piacere imminente, e continuò a masturbarsi con ritmo via via più sostenuto. Allora, allungai la mano a carezzargli le morbide palle pelose. Sembrò gradirlo, o perlomeno la cosa doveva ancora rientrare nei limiti concessimi, perché non reagì, se non con un leggero sospiro.
Ormai stava chiaramente per godere e io fissavo col batticuore il suo nerchio già fibrillante, in attesa del primo schizzo, quando:
“Hai uno scottex?”, mi chiese con voce strozzata.
Corsi in bagno a prendere un asciugamano e nel momento stesso in cui glielo porsi, lui se lo schiacciò all’inguine, sborrandoci dentro! Così non vidi niente, se non quell’involto stretto convulsamente attorno al suo cazzo, mentre lui, abbandonato sullo schienale del divano sospirava fra le labbra dischiuse e si contraeva ad ogni flussata di sperma.
Dopo l’orgasmo, rimase un momento ansimante, svuotato di ogni energia; poi
si tirò a sedere, si tolse l’asciugamano dal grembo e si pulì la punta grondante del cazzo adesso molle.
“Da’ pure a me.”, feci quando lo vidi guardarsi attorno per cercare dove poggiarlo.
Gli presi l’asciugamano dalle mani e lo misi sopra una sedia, stando bene attento a non dispiegarlo, in modo da non disperderne il prezioso contenuto.
A questo punto, lasciai che si rivestisse: non potevo aspettarmi altro. Gli promisi che avrei portato a sviluppare le foto quel giorno stesso: che mi telefonasse quando voleva, così ci saremmo messi d’accordo per venirle a prendere.
Non era ancora arrivato in fondo alle scale, che già ero corso a prendere l’asciugamano in cui aveva sborrato. Lo aprii, individuai la chiazza fradicia di sugo colloso e me la premetti sul naso, inalando profondamente l’afrore ricco e muschioso del suo giovane sperma. Poi crollai sul divano, mi cavai fuori dalle mutande il cazzo ormai dolorante e in un lampo fui travolto dalla furia di un orgasmo incontrollabile e totalizzante.

(continua)
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