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Effetto Nico - 4


di adad
17.03.2018    |    6.509    |    4 9.7
"Nico ridacchiò soddisfatto, tirando giù la guaina e scappellandolo interamente..."
Quanto era successo quel pomeriggio aveva naturalmente rinfocolato la mia passione per Nico. Intendiamoci, non ero innamorato di lui, per lo meno non nel senso classico della parola: mi piaceva, questo sì, gli volevo bene come amico e tenevo alla sua amicizia, ma soprattutto ne subivo profondamente il fascino erotico.
Tutto in lui mi eccitava alla libidine: la sua presenza, il suo fare virile, L’ odore… l’aroma muschioso delle ascelle, l’afrore dolciastro dell’inguine… E tutto era ancora più forte adesso: dopo quell’incontro scatenato, tutto mi sembrava più possibile, la realizzazione dei miei desideri più a portata di mano.
Certo, ancora una volta si era tirato indietro, quando avevo cercato di prenderglielo in bocca… Ma forse non voleva dire niente: Nico era maschio e probabilmente non aveva voluto sputtanarsi agli occhi dell’amico. Doveva essere senz’altro così.
Si può comprendere, allora, il carico di aspettative che nutrivo dentro di me, quando una ventina di giorni dopo Nico mi telefonò per preannunciarmi il suo arrivo. Già a sentire la sua voce, mi si era seccata la gola ed ero riuscito appena a dirgli uno stentato: Ok, ti aspetto; poi, messa giù la cornetta, ebbi un attimo di paranoia totale…
E adesso?... Cosa sarebbe successo… Come dovevo comportarmi? Mi guardai attorno smarrito… Il cuore mi batteva all’impazzata… Ma poi strinsi i pugni e mi imposi di ritrovare il controllo: Calmo, mi dissi, facciamo finta che non sia successo niente e vediamo le cose come si mettono.
Avevo un’oretta di tempo, prima che arrivasse; così caricai la macchina fotografica, lasciandola poi in bella mostra sul tavolo, inserii un porno nel lettore, per avercelo pronto all’occorrenza, quindi passai alla mia preparazione personale.
Ero incerto se indossare il miniperizoma della volta precedente o qualcosa di ancora più audace, ma alla fine optai per un più “serio” paio di pantaloncini da ginnastica, larghi e sformati, corti a pelo di natica, sotto i quali ovviamente non indossavo niente.
Quando gli aprii la porta, ero già su di giri… visibilmente su di giri. Nico infatti ebbe un ghigno divertito, notando la punta del cazzo che mi spuntava semi turgido dalla gamba dei pantaloncini.
“E’ l’effetto Nico.”, sorrisi, facendo spallucce, mentre ricambiavo la sua stretta di mano.
“Sei solo?”, chiesi con noncuranza.
“Sì, - fece lui, accomodandosi in soggiorno – Posso, vero?”, continuò, iniziando a slacciarsi i pantaloni.
“Anzi!...”, risposi con un lampo di cupidigia negli occhi.
Rimasi a guardarlo, mentre si toglieva scarpe e calzini, sfilandosi poi del tutto i pantaloni e gettandoli da una parte. Si tolse anche la camicia e rimase solo in mutande. Indossava i soliti slip bianchi, sformati e vissuti, appesantiti davanti da un malloppo voluminoso, da cui già cominciava a dipanarsi e ad allungarsi di traverso il biscione carnoso.
Gli diedi la busta con le foto della volta precedente.
“Ah!”, fece Nico con un sorriso di soddisfazione e si sedette sul divano, cominciando a visionarle.
Via via che andava avanti a guardarle, gli occhi gli si illuminavano e il suo uccello cresceva nelle mutande, stirando il tessuto sottile. Già si notava una minuscola macchia di bagnato in corrispondenza della punta.
Solo a guardarlo mi si rimescolava il sangue. Ormai ero pure io in piena erezione e senza pensarci due volte me lo estrassi di lato dalla gamba dei pantaloncini, scappellandolo e menandomelo lentamente.
“Chi era il tipo che è venuto con te l’altra volta?”, gli chiesi una volta che ebbe finito di visionare le foto.
Nico si stravaccò più comodo sul divano, allargando le gambe e iniziando a lisciarsi da sopra gli slip la protuberanza tesa del nerchio.
“Ti piaceva?”, chiese a sua volta.
“Un bel manzo…”, feci io con finta noncuranza.
“Lo immaginavo!”, ghignò lui.
“Ma chi è?”, insistetti.
“Ah, è un amico che a volte ci facciamo assieme la sua ragazza.”, mi spiegò.
Fortunata mortale!, sospirai dentro di me, evitando di chiedere altri particolari: ormai ero abituato alle sue situazioni bislacche.
“E’ bisessuale? …”, osservai, più che chiedere.
Nico fece spallucce:
“Gli piace inculare.”, disse laconicamente.
Mi sembrò un po’ restio a parlarne, ma io non avevo intenzione di demordere, stavolta.
“Ci sa fare, infatti. – osservai – E ha pure una bella bestia… Certo, non come la tua…”, aggiunsi da vero ruffiano.
“Questo è ovvio!”, ghignò lui e se lo tirò fuori dagli slip, impugnandolo a mezza canna ed esibendomelo con orgoglio.
“Che meraviglia!”, non potei fare a meno di esclamare incantato.
Nico ridacchiò soddisfatto, tirando giù la guaina e scappellandolo interamente. Era fiero del suo cazzo e ne aveva tutti i motivi.
“Dai che ti faccio… - stavo per dire una pompa, ma mi trattenni in tempo - un po’ di foto.”, e mi alzai, togliendomi del tutto gli ormai inutili pantaloncini.
Nico rimase stravaccato sul divano, slargando maggiormente le gambe; tiratosi poi sotto i coglioni l’elastico degli slip, impugnò saldamente l’uccello e protese in avanti il bacino, la sua posa preferita. Presi la fotocamera e cominciai a scattare.
“Come mai hai pensato di portarlo? - gli chiesi dopo un po’ - Parlo di Andrea…”
“Volevo farti un regalo.”
“Ah, grazie. – risposi, facendogli un magnifico primo piano – Sei stato carino a pensare a me.”
“Io penso sempre a te. – ribatté Nico – E poi mi piaceva vedere qualcuno che ti inculava.”, aggiunse inaspettatamente.
Rimasi con l’otturatore a mezzo scatto per la sorpresa.
“Davvero?”, feci.
“Beh, e a te piace farti scopare, giusto?”, evitò di rispondere lui.
“Questo senz’altro… - osservai, andandogli vicino – anche se mi sarebbe piaciuto molto di più farmi scopare da te!”, e gli presi in mano il nerchione congestionato.
Era caldissimo, umido, appiccicoso per gli umori che spurgava. L’aroma muschioso del suo corpo sudato, quello pungente del suo cazzo maturo mi avvolsero come un’aura magnetica. Ebbi l’impulso di chinarmi e prenderglielo in bocca, ma il timore di un nuovo rifiuto mi bloccò, così mi trassi indietro con un sospiro.
“Non demordi mai, eh?”, fece lui tra il serio e il faceto.
“Non posso… - mormorai ancora stordito – Con te, non posso… E poi una volta o l’altra dovrai pur cedere!”, sdrammatizzai con un sorriso malizioso che fece sorridere pure lui. Al momento dell’ultimo scatto, eravamo in camera da letto.
Io misi via la fotocamera e Nico si gettò letteralmente sul letto, supino, le mani dietro la nuca e le gambe leggermente divaricate, rimanendo immobile, in silenzio. Il cazzo, rigido e scappellato, gli colava un filo traslucido sullo stomaco, dando ogni tanto uno scatto lieve, quasi fosse in orgasmo.
Mi allungai bocconi accanto a lui e, sollevatomi su un gomito, glielo presi in mano, sollevandolo dritto.
“E’ bellissimo…”, esclamai rapito.
Nico non rispose. Era perso in qualche sua fantasia, o si stava semplicemente godendo la stretta della mia mano. Presi lentamente a masturbarlo e avvertii un fremito corrergli lungo la verga; l’afrore di quel frutto agognato si fece più pungente, mentre un flusso copioso di sugo denso sgorgava dal taglietto, colando a invischiarmi le dita.
L’impulso di accostare le labbra e sorbire quella dolce prelibatezza si fece irresistibile… Ma ancora una volta più forte fu il timore che lui si urtasse e il mio gesto inconsulto lo spingesse ad alzarsi e andar via, privandomi anche di questo.
Fu una breve parentesi di lucidità, durante la quale continuai a masturbarlo lentamente.
Nico nel frattempo non si era mosso dalla sua posizione, aveva solo chiuso gli occhi, ma se la stava godendo: lo notavo dal fremito delle narici, dal respiro a tratti scomposto.
“Che bello…”, ripetei stupidamente, fissando il serpentone che stringevo nella mano.
Avevo tirato giù tutta la pelle, il prepuzio si era ritratto fin quasi a metà dell’asta e il glande svettava nudo e carnoso, sbavato di sugo, luccicante alla luce della stanza. Mi accorsi a quel punto che Nico mi stava fissando, le labbra mosse da un leggero sorriso.
“Chissà che effetto fa sentirselo tutto dentro!”, mormorai più che altro a me stesso.
“Ti piacerebbe, eh?”, osservò lui con un lampo divertito negli occhi.
Fui scosso da un brivido e tutto cominciò a procedere per conto suo.
“Perché non me lo fai provare?”, gli chiesi con voce stentata.
“Naa…”, fece lui, secondo copione.
“Dai, per favore… - insistetti – Voglio solo provare che sensazione dà quando ce l’ho dentro…”
Nico scosse ancora la testa, ma non si mosse, sempre con le mani dietro la nuca, le gambe leggermente aperte e un sorriso soddisfatto sulle labbra.
Ma ormai non ero più padrone della mia volontà, era come se un altro agisse al posto mio: sempre impugnando il suo nerchio selvaggio, incurante stavolta dei suoi rifiuti, mi gli misi a cavalcioni sull’inguine:
“Voglio solo sentire che effetto fa… - mormorai, posizionandomelo sul buco frollo di desiderio – Per favore… me lo metto soltanto e poi mi levo…”
“No…” scosse ancora la testa Nico, ma senza smettere di sorridere.
“Me lo metto soltanto… giuro…”, ripetei anelante.
“No…”, fece lui, stavolta con più forza.
Ma già il mio sfintere si era proteso a baciare la punta bagnata del suo glande, lasciandoloselo scivolare dentro per un buon tratto.
“Oh!...”, sospirai emozionato, chiudendo gli occhi e gettando indietro la testa.
“Oh!...”, mi fece eco Nico, mentre ruotavo leggermente il bacino per assorbire meglio l’impatto di quella massiccia intrusione.
“Togliti adesso, dai…”, mi giunse da lontano la sua voce.
“Aspetta… - mormorai – me lo metto tutto, prima…”, e mi lasciai andare lungo quel bastone rovente, che mi si piantò di schianto nell’intestino.
Entrambi sobbalzammo con un gemito, io nel ritrovarmi impalato fino in fondo su quel solido arnese, lui forse per il piacere lancinante della fulminea penetrazione. Rimasi un istante stranito, ansimante. Poi improvvisamente avvertii la sua forza animalesca dentro di me, avvertii l’ingombro del suo cazzo che mi possedeva, avvertii lo sforzo del mio sfintere nel contenerlo; e mi resi conto insieme di essere seduto sui corti peli del suo pube rasato, sentii il calore dei suoi coglioni premuti contro le mie natiche, e fu una sensazione sconvolgente, il coronamento di desideri covati per anni.
Ripresi a roteare piano il bacino, macinandogli l’inguine, volevo godermi ogni istante, ogni più sfumata percezione di quel piacere, prima che lui mi dicesse: Adesso basta, togliti. Ma quel Basta non arrivò: Nico non si mosse, solo il volto, le labbra serrate, le narici frementi denunciavano le sue intime sensazioni.
Allora, sempre gemendo flebilmente, sollevai un po’ il bacino e presi a fare lentamente su e giù… lentamente… gli occhi chiusi… la testa buttata all’indietro e dimenandomi piano in tutto il corpo… senza controllo… un gemito smorzato in fondo alla gola… su e giù… lentamente… su e giù…
Nico irrigidì le gambe, ma non si mosse. Sempre gemendo flebilmente e dimenandomi nel delirio della mia lussuria, mi sollevai di più col bacino, aumentai l’ampiezza della vogata e presi decisamente a fottermi su quel nerchio infuocato.
Poi, d’un tratto Nico mi abbrancò con forza le cosce:
“Ah! Mi fai venire!”, ansimò con voce strozzata.
Forse voleva che mi fermassi, non lo so, ma ormai sarebbe stato impossibile. Continuai a zagagliare con foga lungo il suo cazzo, che adesso sentivo ancora più teso e massiccio, finché Nico si irrigidì in tutto il corpo, si contrasse e, sollevando di scatto il bacino, me lo piantò tutto dentro.
“Ah! Mi fai venire, troia puttana! – grugnì – Ti sborro nel culo… Ah!... Ah!...”
E mi fissò con gli occhi sbarrati, un ghigno feroce sulla faccia stravolta, mentre continuava a tenermi il bacino premuto contro di sé e io sentivo distintamente il flusso di ogni fiotto corposo che gli scorreva nella grossa vena, per scaricarsi nella cavità del mio retto.
Poi, pian piano i suoi spasmi si andarono placando e Nico rilassò la tensione delle gambe, riadagiandosi sul letto con il bacino. Io lo seguii e gli rimasi seduto sopra.
Era finita, ma permaneva ancora la mia eccitazione insoddisfatta e il profondo languore che dal buco del culo mi si irradiava in tutto il corpo. Sentivo il suo cazzo smollarsi e perdere consistenza, finché mi sgusciò fuori da solo con un plof bagnato.
“Alla fine ce l’hai fatta”, disse Nico e mi sembrò di avvertire quasi un tono di rimprovero nella sua voce.
“Scusami, - feci allora, togliendomi da sopra di lui – ho come la sensazione di averti violentato…”
Lui scoppiò a ridere:
“In un certo senso… - confermò – Ma tranquillo: se non volevo, non te l’avrei fatto fare.”
Lo fissai, aveva un sorriso malizioso sulle labbra e negli occhi.
“Avevo voglia di sborrare, - continuò – e il tuo culo era sempre meglio di una sega!”
Respirai di sollievo.
“Aspetta”, gli dissi e corsi a prendere un asciugamano in bagno perché si pulisse.
“Tu non sei venuto.”, osservò.
Avevo il cazzo ormai impallato e i coglioni duri come sassi che mi facevano male a toccarli.
“Ho cercato di resistere… non volevo venirti addosso. – dissi – Ti secca se mi faccio una sega adesso?”
“Assolutamente”, mi assicurò lui.
Allora mi distesi sul letto, sollevando un po’ i ginocchi, in modo da potermi carezzare meglio le palle e l’infracoscio fino al buco del culo disfatto, mi impugnai l’uccello e presi a masturbarmi lentamente. Esibizionista com’ero, Nico sapeva quanto mi piacesse farmi guardare, così mi venne vicino e mi si sdraiò a lato, appoggiandosi sul gomito.
“Dai, menati il cazzo, frocione. – sussurrò – Fammi vedere come sborri…”
Quegli osceni incitamenti mi infregolarono ancora di più: con la sinistra mi afferrai le palle doloranti, con la destra accelerai il ritmo della sega.
“Dai, così, segati il cazzo … - continuava Nico, mentre nuovamente eccitato prendeva a masturbarsi pure lui – Dai, voglio vederti sborrare… Oh, dai che sborriamo insieme…”
E fu come una scossa lancinante che mi percorse devastante tutto il corpo: mi irrigidii e presi a dimenarmi, gemendo senza controllo, mentre il cazzo mi andava in mille pezzi e una sborra acquosa mi si sbrodolava, a raffiche violente, tutta sul petto e sulla pancia.
Stavo dando gli ultimi spasimi, con l’uccello ancora fibrillante stretto nella mano, quando Nico mi si drizzò di scatto a lato, menandoselo furiosamente.
“Ti sborro in faccia, puttana! – ringhiò – Ti sborro in faccia!”
E una pioggia di schizzi caldi e densi mi ricadde sul volto. Mi leccai le labbra, bagnate stavolta: aveva un sapore dolciastro, il suo seme, che ancora mi sembra di sentire sulla lingua con la sua indefinibile consistenza.
Ci ripulimmo alla meglio, ci rivestimmo e ci lasciammo con il solito: Alla prossima.
Alla prossima… Ero gasatissimo: cos’altro mi avrebbe riservato la prossima volta? Ormai mi sembrava che la strada fosse aperta, che ogni tabù fosse infranto. Lo avevo preso nel culo… mi aveva inculato!
Per giorni ebbi la sensazione di sentirmelo ancora dentro quel cazzone, grosso, turgido, poderoso… Mi sforzavo di rivivere ogni istante, ogni sensazione di quella fantastica chiavata e ogni volta il desiderio tornava a farmi spasimare. Allora cercavo di figurarmi nella mente l’andamento della sua prossima visita, ma nessuna fantasia sembrava all’altezza dei miei desideri, delle mie aspettative.
Attendevo a dir poco con ansia la sua telefonata e il solo pensiero mi faceva vibrare di libidine, mi faceva intostare l’uccello.
Ma passarono diverse settimane, passarono diversi mesi e da parte Nico nessun segno di vita. Ad un certo punto cercai addirittura di uscire di casa il meno possibile, nel timore che chiamasse quando non c’ero e non si fidasse a lasciarmi un messaggio sulla segreteria. Ma Nico non chiamò mai.
Cos’era successo? Aveva forse avuto un ripensamento tardivo su quanto era avvenuto l’ultima volta e non voleva più vedermi per l’imbarazzo o il timore che lo costringessi a rifarlo? Avevo il suo cellulare, è vero, e diverse volte fui sul punto di chiamarlo o mandargli un messaggio, ma mi sentivo vincolato dalla promessa di discrezione che gli avevo fatto a suo tempo, e per nulla al mondo avrei rischiato di creargli qualche problema.
Così, passarono un paio d’anni e lo avevo ormai archiviato nell’album dei ricordi più belli con l’annotazione: “Chissà che fine ha fatto”, quando un pomeriggio il telefono squillò. Sollevai la cornetta.
“Pronto?”
“Ciao, ti ricordi di me?”
L’effetto Nico mi colpì, prima ancora che avessi riconosciuto la voce dall’altra parte. Il cazzo mi era schizzato turgido, mentre ancora esclamavo:
“Nico… sei tu?”
“Sì, - rispose lui – da quanto tempo, eh?”
“Gesù… ma che fine hai fatto? Ti davo per perso, ormai.”
“Scusami, Lorenzo, ma…”
E mi spiegò che lo avevano trasferito e che fra il trasloco, l’ambientazione con il nuovo posto di lavoro e i nuovi colleghi, una cosa e l’altra, il tempo gli era sfuggito di mano un po’ troppo in fretta. Mi chiese delle ultime foto, che avevamo fatte, gli dissi che le avevo ancora e che gliele avrei spedite il giorno stesso.
Chiacchierammo per un po’.
“Mi fa piacere che non mi hai dimenticato.”, disse alla fine con tono scherzoso, ma sotto il quale si avvertiva ben chiara una vena di nostalgia.
“Dimenticarti, caro Nico? E come potrei? – mormorai, e avevo quasi voglia di piangere - Sei stampato nel mio cuore e nella mia mente. Mi hai fatto vivere emozioni troppo belle per poterti dimenticare.”
E non erano parole dette per dire.
Non ci siamo più rivisti. Ogni tanto ci sentiamo per telefono o via mail e ogni volta l’effetto Nico torna a farsi sentire con tutta la prorompente libidine di un tempo.

FINE
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