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Racconto di Natale - 1, Il misfatto


di adad
23.12.2019    |    6.326    |    6 7.7
"” L’apprendista arrossì e chinò la testa, tornando al suo lavoro..."
Babbo Natale entrò come una furia nel Laboratorio Giocattoli, facendo sbattere la grande porta. La miriade di elfi, curvi sui tavoli disseminati nell’immenso capannone, sollevarono di scatto la testa e lo fissarono allibiti: mai gli era capitato di vedere Babbo Natale in preda ad una collera così devastante.
“Cos’avete da guardare? – sbraitò il vecchio – Dov’è Berretto Verde?”
Berretto Verde era il direttore del Laboratorio Giocattoli: da lui dipendeva il rifornimento dei pezzi, ordinati nei vari laboratori sparsi in tutto il mondo, il loro assemblaggio e la consegna dei giocattoli finiti agli addetti dell’Ufficio Imballaggio.
Se mancava lui, tutto il lavoro rischiava di bloccarsi al minimo intoppo.
“Dov’è finito Berretto Verde?”, urlò di nuovo Babbo Natale.
“N… non lo sappiamo, - trovò finalmente il coraggio di dire un elfo operaio – è dalla pausa pranzo che non lo vediamo…”
“Non è venuto in mensa con voi?”
“Sì, ma ha ricevuto una telefonata, ha lasciato lì il vassoio con il pranzo a metà e se n’è andato, senza dirci niente.”
“Io lo ammazzo a quello!”
“Vu… vuole che vado a cercarlo, Capo?”
“Torna al tuo lavoro, scansafatiche!”, fu l’ultimo urlo di Babbo Natale, prima di uscire dal laboratorio, facendo sbattere nuovamente la porta.
Il fracasso fece sussultare un elfo apprendista, che sbagliò a collegare i fili del vano batterie all’Ufo Robot, che stava assemblando.
“Sta attento, cretino! – gli diede uno scappellotto il suo elfo tutore – Ché se quel giocattolo va a fuoco, chissà che razza di risarcimento ci toccherà pagare! Gli umani non fanno altro che cercare pretesti per spillare soldi a qualcuno, lo sai bene.”
L’apprendista arrossì e chinò la testa, tornando al suo lavoro.
Babbo Natale, intanto, continuava a girovagare per i locali del magazzino, chiedendo a destra e a manca.
“Berretto Verde? – gli rispose alla fine un commesso indaffarato – Mi è sembrato di vederlo qualche ora fa: stava andando verso le stalle delle renne assieme a Coda di Merluzzo.
Coda di Merluzzo era un giovane elfo assunto da poco al Laboratorio Giocattoli: una personcina graziosa e raffinata, che secondo alcuni era figlio di una sirena del mar Egeo, anche se nessuno sapeva cosa fosse una sirena e men che meno dove si trovasse il mar Egeo. Ma le chiacchiere, si sa, galleggiano nell’aria come le puzzette e non hanno bisogno di basi reali per sostenersi e diffondersi.
Un’altra cosa che nessuno sapeva era che Coda di Merluzzo, un tipetto vispo e birichino, era tutt’altro che insensibile al fascino di un bell’elfo di sesso maschile.
E siccome Berretto Verde era un bell’elfo alle soglie della maturità, Coda di Merluzzo non aveva perso tempo a fargli gli occhi dolci. E siccome Berretto Verde era tutt’altro che insensibile al fascino dei giovani elfi, fossero figli di sirene o meno, non vedeva l’ora di mostrargli il colore delle sue mutandine… in senso
figurato, ovviamente.
“Nelle stalle! – bofonchiò Babbo Natale – Cosa diavolo gli interessa a lui delle stalle, con tutto il lavoro che c’è da fare in laboratorio, che siamo a una settimana dalla vigilia di Natale e non siamo neanche a metà con gli ordinativi! Ma adesso mi sente! Adesso gliela faccio vedere io!”, e corse come una furia verso la porta che dava sul cortile, dall’altro lato del quale c’erano le stalle delle renne, il fienile e la rimessa delle slitte.
Spalancò la porta, ma la neve che cadeva abbondante a larghi fiocchi lo bloccò sulla soglia. Rabbrividì sotto lo spesso vestito di feltro rosso, consapevole che si sarebbe inzuppato fino al ginocchio, se fosse andato avanti, rovinando irrimediabilmente le preziose babbucce di velluto, dono l’anno precedente della Fata Turchina, di cui era segretamente innamorato.
Richiuse, allora, la porta e tornò verso il Laboratorio Giocattoli, rimuginando fra sé chissà quali biechi propositi.
Mentre Babbo Natale così si arrovellava nella sua stizza, nel fienile si verificava un tragico incidente: andati nelle stalle per controllare fino a quando sarebbe bastata la provvista di fieno, mentre si aggirava fra una balla e l’altra, Coda di Merluzzo scivolò e cadde sul pavimento a gambe all’aria. Senonché, nella caduta il retro dei pantaloni gli si impigliò ad un chiodo, producendo uno strappo giusto nel mezzo, esponendo un lembo delle candide sue carni.
C’è da dire che per motivi suoi personali, il giovane elfo non portava le mutande.
Vedendolo cadere, Berretto Verde accorse premuroso per prestargli aiuto, ma quando si trovò davanti agli occhi il lembo esposto delle candide carni, perse il lume della ragione: allungò le mani rapaci, afferrò i margini dello squarcio e diede uno strappo, allargandolo ancora di più; dopo di che ci si avventò famelicamente e affondò il volto nel solco delle natiche.
Guidata da un radar tutto suo, la lingua non faticò a trovare il fatale orifizio e ci si immerse con una bramosia degna forse di miglior causa. Beh, questo è quello che avrebbe detto forse uno scrittore moralista, ma io che moralista non sono, so che non c’è causa migliore che infilare la lingua nel buco del culo del maschietto che ti piace. E alzi la mano chi non è d’accordo.
Insomma Berretto Verde iniziò a slinguare con frenesia l’intima apertura del giovane amico, lappandola tutt’attorno e sprofondandoci fin dove gli era possibile.
Basito, ma non certo contrariato, da quella operazione, Coda di Merluzzo cominciò a sguaiolare e a dimenarsi più di quanto avrebbe suggerito il suo nome, rovesciandosi maggiormente le gambe sul petto e allargandosi lui stesso il culo con le mani, in modo da agevolarlo.
Senonché contorcendosi come un’anguilla sotto i colpi di lingua, ecco che le palle gli sgusciano fuori dallo squarcio. Appena se ne accorse, sentendosele premere sulla fronte, Berretto Verde prima ci veicolò sopra la lingua e poi le ingoiò entrambe succhiandole con passione. Fu allora che, quasi senza rendersene conto, afferrò con due dita la base del cazzo ormai duro e lo strattonò fuori dallo strappo. Impugnarlo e piantarselo in bocca fu un’unica mossa.
Bisogna dire che Coda di Merluzzo era messo decisamente bene da quelle parti:
lungo, ma agile e snello, il suo pene si divincolava nella stretta di Berretto Verde,
regalandogli lunghe colate di siero denso e salmastro. Coda di Merluzzo ormai era del tutto fuori di testa: si sentiva risucchiare nella voragine viscida e calda, che era la bocca di Berretto Verde, che per compire l’opera gli aveva infilato due dita nell’ano ancora stillante della sua saliva. Un piacere lancinante gli percorreva avanti e indietro l’intera asta del cazzo, dai coglioni alla cappella, ondate di piacere che le facevano gemere e sospirare e alle quali ad un certo punto non resse più: con un urlo animalesco si abbandonò all’orgasmo e allagò la bocca del fortunato pompinaro con una marea di sperma colloso, che quello degustò lentamente, prima di ingoiare del tutto.
“Puro nettare divino… - esclamò Berretto Verde, leccandosi le labbra, quando tutto fu finito – Forse è vero che sei figlio di una sirena del mare Egeo.”
Gli occhi gli brillavano di libidine, quando si rialzò e rimase a contemplare Coda di Merluzzo ancora fermo in quella posizione. Il buco del culo roseo e pulsante, al centro dello spacco, sembrava chiamarlo… sembrava implorarlo… E Berretto Verde rispose: freneticamente si sbottonò i pantaloni, se li calò sotto le natiche assieme alle mutande, si impugnò l’uccello massiccio e, datoci due scrolloni per tonificarlo, lo puntò sull’orifizio aperto e spinse dentro.
Per quanto fosse sciolto e rilassato per il gran desiderio che ne aveva, Coda di Merluzzo boccheggiò con un rantolo e avvampò in viso, non appena il massiccio cavicchio di Berretto Verde prese a farsi strada nel suo condotto anale ancora vergine: strinse i denti grugnendo, ma non lo fermò, confidando che fra poco il dolore si sarebbe mutato in un’estasi di piacere… almeno stando a quanto aveva letto nei racconti sulle riviste per adulti che teneva nascoste in un cassetto del comodino.
Strinse i denti dunque, mentre Berretto Verde avanzava dentro di lui, grugnendo e soffiando a sua volta per il piacere che la strettezza del varco gli procurava: era la prima volta, infatti, che gli capitava di violare un culo vergine. Finalmente arrivò in fondo e i peli del suo pube premettero sull’anello stirato del giovane elfo, che lo fissava con gli occhi sbarrati, ansimando e gemendo.
“Ti ho fatto male?”, grugnì Berretto Verde.
“Sì”
“Non temere, adesso passa, tesoro… adesso passa… E vedrai che bello…”
Si fissarono negli occhi, mentre Berretto Verde aspettava che il buco dell’amico si adattasse all’ingombro e intanto gli carezzava dolcemente il petto, gli infilava le mani sotto la giubba e gli pizzicava i capezzoli appuntiti. Quando sentì allentarsi la morsa dello sfintere alla base del suo cazzo, Berretto Verde cominciò a muoversi… piano… un po’ indietro… sempre fissandolo negli occhi… poi avanti… piano… controllando a stento l’urgenza che lo spingeva a darci dentro con foga… E una lancinante fitta di piacere già gli percorreva il cazzo.
Coda di Merluzzo sentì muoversi l’ingombro che gli ostruiva l’estremità dell’ano; sul momento la cosa gli diede fastidio, non sapendo se sperare che uscisse o che tornasse al suo posto. Ma quando il paletto riprese ad entrare, già fu una sensazione piacevole… e ancora di più lo divenne quando l’andirivieni si fece più rapido: dopo un po’, il massaggio sul muscolo anale indolenzito produsse in lui come una miriade di scintille che presero ad irradiarsi dal buco del culo in tutto il
basso ventre, mentre si sentiva invadere da un languore sempre più profondo. Era vero, tutto quello che aveva letto era vero! Forte di questa consapevolezza, Coda di Merluzzo si abbandonò al piacere e, sguaiolando, prese a macinare col bacino contro il pube del suo inculatore.
“Ah, tesoro, hai un culo fantastico! – mormorava quello tra gli ansiti – Tu sei fantastico… Vorrei che questa chiavata non finisse mai!...”
Ma la chiavata finì, come tutto finisce a questo mondo; anche se non tutto a questo mondo finisce in una gloria paragonabile a quella. Arrivato sull’orlo dell’orgasmo, Berretto Verde urlò a pieni polmoni, mentre cercava con tutte le sue forze di bloccare e ricacciare indietro la marea che stava per travolgerlo. Ci riuscì, ma solo per un istante: dopo un istante, infatti, che rimase bloccato quasi in una dimensione senza tempo, la pressione dell’orgasmo ruppe le sue difese e il seme dilagò, eiettandosi fuori dal condotto in lunghe ondate, le cui pulsazioni furono nuova linfa al piacere in cui era immerso Coda di Merluzzo.
Quando il flusso si esaurì, Berretto Verde riaprì gli occhi serrati e scosse la testa; poi sorrise al giovane che lo fissava stravolto e cominciò ad estrasse l’uccello che gli si andava smollando. Ma l’altro allungò le braccia e lo afferrò ai fianchi, trattenendolo:
“No… - gemette – non uscire… rimani ancora un po’…”
Meravigliato dalla richiesta, Berretto Verde si fermò, ghignando:
“Ti è piaciuto, allora…”, fece e non era una domanda.
L’altro gli rispose con un sorriso smagliante.
“Lo faremo ancora, vero?”, gli chiese dopo un po’.
“Ci puoi scommettere.”, promise Berretto Verde, mentre il suo cazzo, ormai del tutto molle, sgusciava fuori da solo dal buco devastato.
Allora si stese anche lui sullo strato di fieno che copriva il pavimento e si abbracciarono stretti, suggellando con baci e carezze l’avvenuta conoscenza.
***
Babbo Natale , intanto, aveva continuato a inveire contro il direttore del Laboratorio Giocattoli, che perdeva tempo nelle stalle delle renne, con cui non aveva niente a che fare, invece di occuparsi della produzione. Inferocito, aveva consumato il pavimento a furia di andare avanti e indietro, finché al colmo dell’esasperazione, spalancò la porta e uscì nel cortile, incurante della bufera, che nel frattempo si era fatta ancora più violenta, con raffiche di vento, che mulinavano i fiocchi dappertutto. Dopo due passi, si ritrovò con la neve fino al ginocchio, il vestito di feltro infradiciato e le preziose babbucce di velluto irrimediabilmente rovinate.
Imprecando come non mai, Babbo Natale si affrettò verso le stalle, spalancò la porta, ma non vide nessuno all’interno. Allora entrò, inoltrandosi nel locale semibuio, suscitando le proteste e i mugugni delle renne per il freddo pungente che entrava dalla porta, rimasta aperta.
“Berretto Verde! – urlò alla fine esasperato – Berretto Verde, dove diavolo ti sei cacciato con quell’altro fannullone!”
Ma non aveva ancora richiuso la bocca, che, svoltando l’angolo, li scorse seminudi, avvinghiati sul pavimento in un abbraccio.
Dopo un momento di comprensibile sbalordimento:
“Ma che cazzo state facendo?”, esclamò, talmente turbato da non riuscire neanche ad infuriarsi.
A quella voce, Berretto Verde si girò di scatto a guardarlo con gli occhi sbarrati e saltò in piedi, cercando freneticamente di ricomporsi, subito seguito da Coda di Merluzzo ancora mezzo stralunato.
“Salve, Capo… - balbettò Berretto Verde al colmo dell’imbarazzo – Non è come sembra… le posso spiegare…”
“E cosa ci sarebbe da spiegare? - tuonò Babbo Natale – che tu e questo sciagurato…”
“Stavamo controllando le provviste di fieno, - spiegò in fretta l’elfo – quando Coda è scivolato e un chiodo gli ha strappato i pantaloni…”
“E tu allora hai tirato fuori l’ago per ricucirglieli! – lo interruppe sarcastico Babbo Natale – Ma chi diavolo vorresti minchionare? Ringrazia il cielo che è quasi la vigilia di Natale e siamo indietro con la produzione! Muovete le chiappe e tornate al lavoro, razza di segaioli!”, e con queste ultime parole, Babbo Natale sollevò il braccio, indicando perentoriamente l’uscita.
Berretto Verde e Coda di Merluzzo corsero fuori, immediatamente avviluppati dalla tormenta di neve.
“Il Capo ha ragione, - disse Coda di Merluzzo, alzando la voce per superare il fragore del vento – siamo parecchio indietro con il lavoro.”
“Non preoccuparti, - rispose Berretto Verde – ho già mandato un paio di tir alla Giocattoleria di Helsinki a comprare tutto quello che hanno”
“Sì, ma ricordati di toglierci l’etichetta made in China!”, ghignò Coda di Merluzzo, chiudendosi alle spalle la porta del Laboratorio.

(continua)
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