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Gay & Bisex

Medico in visita


di adad
18.07.2022    |    21.191    |    11 9.8
"“Non dica così, - lo riprese l’altro, ridacchiando – il dottor Gaudenzi è via per qualche giorno di riposo..."
Il dottor Catorci parcheggiò l’auto di traverso sul marciapiedi, afferrò la valigetta e scese precipitosamente, correndo verso il portone del condominio al numero 15 di via Caltabellotta.
A metà strada, si bloccò e tornò indietro, sacramentando; riaprì la macchina, rovistò nel vano portaoggetti, tirò fuori il cartello MEDICO IN VISITA e lo espose in bella mostra sul cruscotto: una multa era l’ultima cosa che desiderava quel giorno.
Suonò il campanello “Fam. Agosti”.
“Chi è?”, gracchiò una voce femminile.
“Sono il dottore.”
“Salga, primo piano.”, e un ronzio segnalò l’apertura del portone.
Il dottor Catorci salì di corsa la rampa di scale: del resto poteva permetterselo, giovane e atletico com’era. Raggiunto il primo piano, si trovò davanti ad una porta aperta con una signora ancora giovane sulla soglia.
“Buongiorno. - disse con un principio d’affanno, nonostante tutto – sono il dottor Catorci.”
“Ma noi abbiamo il dottor Gaudenzi… - fece lei con aria smarrita – Dov’è il dottor Gaudenzi?”
“Il dottor Gaudenzi si è preso un periodo di riposo, sa, dopo il gran lavoro dei giorni scorsi con tutte quelle influenze… Nel frattempo lo sostituisco io.”
“Ma noi…”, balbettò ancora la donna, quasi faticasse a capire.
“Non si preoccupi, signora, non si preoccupi, le assicuro che siete in buone mani. Di cosa si tratta? È per lei o…”
“Si tratta di mio marito, dottore… - disse la donna, riscuotendosi - Ma si accomodi, la prego.”, e si fece da parte, per lasciarlo entrare.
Richiusa la porta, la donna gli fece strada attraverso l’ampio ingresso e lo introdusse in una stanza, dove regnava una cupa penombra e un odore di aria chiusa, che gli fece arricciare il naso.
Il dottor Catorci si fermò sulla soglia, mentre la donna lo precedeva e, avvicinatasi ad un lato del letto:
“Federico, - disse a bassa voce alla sagoma sotto le lenzuola – c’è qui il dottore.”
La sagoma rispose con un flebile lamento.
“Mi perdoni, signora, - disse Catorci, prima ancora di muoversi – le dispiace aprire una finestra? Con una bella giornata come questa, luce e aria fresca sono il primo farmaco per un malato.”
Quasi a malincuore, la donna andò a una delle finestre, scostò il pesante tendaggio e l’aprì a metà: tanto bastò perché la stanza si riempisse di luce e un refolo d’aria pulita tornasse a farlo respirare, mentre la sagoma, indistinta nella penombra, prendeva le sembianze di un uomo sui quaranta, dal volto sofferente, ma d’aspetto senz’altro piacevole.
Si avvicinò.
“Buongiorno, signor Agosti, - disse con tono cordiale e sorridente – sono il dottor Catorci…”
“Che fine ha fatto quel macellaio di Gaudenzi?”, disse l’uomo in tono flebile.
“Federico!”, lo riprese la moglie, ferma vicino alla finestra.
“Non dica così, - lo riprese l’altro, ridacchiando – il dottor Gaudenzi è via per qualche giorno di riposo. Sono il sostituto.”, e poggiata la valigetta su una sedia lì vicino, gli poggiò una mano sulla fronte.
“Non c’è febbre… è un buon segno. – disse – sentiamo il polso.”
Gli prese il polso e lo tenne un po’, controllando l’orologio.
“E’ un po’ alterato… - fece, tornando a deporre la mano sulla coperta – E adesso mi dica cosa si sente.”
“Dottore…”, gemette l’uomo, lanciando un’occhiata in tralice alla moglie.
Catorci sembrò capire.
“Signora, - disse, volgendosi alla donna – le dispiacerebbe aspettare di là? Sa, a volte il medico ha bisogno di rimanere da solo con il paziente… Almeno finché non abbiamo le idee abbastanza chiare da poter fare una diagnosi che sia attendibile. – aggiunse, avvertendo la contrarietà della donna – Meglio evitare allarmismi.”, concluse con un sorriso.
La donna sbuffò e uscì con aria sostenuta. Appena la porta si fu chiusa:
“Mi dica, - fece il dottor Catorci – soffre di patologie particolari? Non ho avuto tempo di controllare la sua scheda sul computer del dottor Gaudenzi.”
“No, dottore… godo di una salute di ferro, ringraziando il cielo… Solo…”, e si interruppe con evidente aria di imbarazzo.
“Mi dica, - lo incitò il dottore – non abbia timore. Il medico è come il confessore: bisogna mettersi a nudo e non avere imbarazzo. Mi dica.”
“Ecco… è da qualche giorno che soffro di dolori atroci…”, e lo fissò con aria quanto mai imbarazzata.
Il medico attese pazientemente, poi:
“Dov’è che sente dolore, signor Agosti?”
Il signor Agosti sbiancò.
“All’…inguine.”, esalò, tirandosi il lenzuolo ancora più su.
Il dottore fece un’aria preoccupata: se i dolori non sono mai da prendere sottogamba, quelli all’inguine possono essere dovuti a problemi ancora più seri.
“È un dolore sordo e persistente o a fitte?”
“Tutt’e due, dottore: è un dolore persistente e ogni tanto mi dà delle fitte atroci.”
A quelle parole, la preoccupazione del dottor Catorci si fece palpabile.
“Vediamo…”, disse, mentre mentalmente scorreva le pagine del manuale di Patologia Generale, al capitolo Patologie Inguinali o qualcosa del genere.
Con molta riluttanza, l’uomo scostò le coltri fino a mezza coscia e rimase in attesa.
Il dottore sollevò i lembi della giacca del pigiama e palpò la pancia del malato.
“Sente dolore qui?”, chiese premendo vicino all’ombelico.
“Un po’…”, rispose Agosti.
“E qui?”, chiese ancora premendo un po’ più in basso.
“Ah!...sì, dottore…”
Per farla breve, più la palpazione si avvicinava all’inguine, più il dolore aumentava, fin quasi a non reggere neanche il semplice contatto.
Adesso il dottore era seriamente preoccupato.
“Ha problemi a fare la pipì?”, chiese.
“No… non proprio.”
“Questo per lo meno è un buon segno. Le dispiace?…”, e gli fece segno di scoprirsi le parti intime.
Riluttante, l’uomo si tirò giù il pigiama, esibendo un paio di boxer aderenti, sotto il quale risaltava un bozzolo degno di rilievo.
“Anche…”, disse il dottore al signor Agosti, accennando ai boxer.
Rosso in faccia per l’imbarazzo, l’uomo se li tirò poco sotto lo scroto, che apparve subito gonfio all’occhio del dottore: gonfio e dolorante, come risultò alla successiva palpazione, dopo che il dottore si fu infilato un paio di guanti chirurgici. In realtà tutto il basso ventre risultò dolorante al minimo tocco.
“Signor Agosti, - disse allora il dottore – mi stia a sentire. Da un esame così, esterno, io non mi sento di trarre delle conclusioni: le consiglierei un breve ricovero in ospedale, dove potranno farle tutti gli accertamenti del caso.”
“E’… è proprio necessario?...”, balbettò il povero signor Agosti, che per l’affanno non aveva neanche pensato a ricomporsi.
“Potrei elencarle una pagina intera di patologie che presentano quei sintomi, - gli rispose compassionevole il dottor Catorci – ma per sapere di cosa si tratta, bisogna fare degli accertamenti in ospedale. Le preparo l’impegnativa.”
Tolse dalla borsa il ricettario e una penna. Stava cercando un posto dove appoggiarsi per scrivere, quando l’occhio gli cadde sull’armamentario dell’uomo, ancora in bella mostra, e in particolare sulla punta bagnata del glande, che faceva capolino dall’orlo slabbrato del prepuzio.
Un pensiero fulmineo gli attraversò la mente:
“Mi scusi, signor Agosti, - fece – ma come va la sua attività sessuale?”
“Cosa?”, avvampò l’uomo.
“Voglio dire… lei fa sesso regolarmente con la sua signora, giusto?”
“Ecco…”, balbettò il signor Agosti, coprendosi con la mano il sesso che stava dando evidenti segni di imbizzarrimento.
Catorci aspettò, fissandolo con il ricettario ancora in mano.
“Ecco… da qualche tempo mia moglie ha disturbi intimi – spiegò alla fine con voce esitante – e il ginecologo le ha proibito di avere rapporti… sessuali…”
“E da quanto tempo va avanti?”
“Tr… tre mesi.”
“Mi faccia capire. Lei non ha rapporti con sua moglie da tre mesi?”
L’uomo cennò di sì con la testa.
“Ma lei…Voglio dire… Si soddisfa in qualche modo…”
“E come?”
“Non si masturba?”, chiese il dottore meravigliato.
“No…”
“Vuole dirmi che da tre mesi, lei non si scarica?”
Il malato fece segno di sì con la testa.
“Avrà delle polluzioni notturne, allora.”
“Pollu… che?”
“Le capita di venire mentre dorme?…”
Neanche questo.
Il dottor Catorci si sedette allora sulla sponda del letto.
“Mi ascolti, signor Agosti, - cominciò con pazienza – non le faccio un discorso elaborato, ma lei sa che le nostre ghiandole producono liquido seminale in continuazione. Se non lo scarichiamo, un po’ si riassorbe, ma la maggior parte si accumula e… prima abbiamo situazioni come la sua, poi possiamo sviluppare anche patologie serie. In parole povere, e mi perdoni la franchezza, lei ha le palle troppo piene!”
“Le palle troppo piene?”- chiese Agosti disperato, coprendosi a stento l’uccello ormai turgido e colante – E cosa devo fare?”
“Svuotarle.”, rispose il dottore, mimando il gesto.
“Ma non sono un ragazzino che si fa le seghe…”, quasi piagnucolò l’uomo.
“Non è questione di essere o meno ragazzini, - fece il dottore spazientito – è questione di evitare guai più seri. Aspetti, che l’aiuto.”, proseguì, notando la sua inerzia imbarazzata e, scostatagli la mano, impugnò l’uccello ormai fremente.
“Cosa fa?”, chiese l’uomo esterrefatto.
“Il giuramento di Ippocrate mi impone di adoperarmi per la salute del paziente.”, spiegò l’altro, mentre iniziava un lento e metodico saliscendi lungo la mazza bagnata.
Già alle prime menate, il signor Agosti strabuzzò gli occhi e rovesciò la testa all’indietro: se era dagli anni dell’adolescenza che non provava il piacere di farsi una sega, men che meno aveva mai provato quello di farsela fare da un altro. La pressione interna e la sollecitazione esterna produssero abbastanza in fretta i loro effetti: all’improvviso il signor Agosti si contrasse tutto e quasi si rattrappì mentre, con un grugnito, il suo cazzo prendeva a scattare furiosamente, schizzando fuori copiosi, inesauribili getti di sperma bianchiccio e colloso, che gli infradiciarono tutto il davanti del pigiama.
“Oh, mio Dio… - balbettò il signor Agosti, appena ebbe ripreso fiato – Cazzo, che sborrata!... mi scusi, dottore.”
Catorci sorrise, mentre si sfilava i guanti e li gettava nella borsa, assieme all’ormai inutile ricettario.
“Sono felice per lei che era solo questo, - disse – vedrà che fra poco starà bene. Ma mi raccomando, adesso, non faccia più storie e provveda a scaricarsi regolarmente, almeno finché non potrà riprendere ad avere rapporti con la sua signora.”
“D’accordo, grazie, dottore, grazie… di tutto.”
“Dovere, - rispose il dottore -e mi telefoni, se avesse bisogno.”, aggiunse, aprendo la porta.
Tornato di fuori.
“Niente di serio, signora. – disse alla signora Agosti, più seccata per essere stata estromessa, a dire la verità, che non preoccupata per la salute del marito – Gli ho dato un calmante, vedrà che in breve starà meglio.”

Due giorni dopo, il dottor Emanuele Catorci era nell’ambulatorio medico per il suo turno di visite.
Era quasi l’ora di chiusura e dal monitor vide che in sala d’attesa era rimasto un solo paziente. Suonò il cicalino e stette in attesa.
Un attimo dopo, la porta dello studio si aprì e comparve un signor Agosti raggiante e al meglio della forma. Senza l’aria sofferente di qualche giorno prima, appariva un bellissimo quarantenne dal fisico asciutto e scattante.
“Signor Agosti, - fece il dottore, riconoscendolo – la vedo bene, si accomodi.”
“Caro dottore, sono passato per ringraziarla personalmente del suo intervento.”
“Si figuri… fece Catorci – Come sta adesso?”
“Bene, lei è davvero in gamba, mi permetta di dirlo.”
“Mi fa piacere sentirglielo dire. mi raccomando, però, segua la terapia che le ho prescritto e non si faccia problemi.”
“Certo, certo. Ma visto che sono qui… mi chiedevo se non potesse darmi un’occhiata…”
Il dottor Catorci inarcò il sopracciglio e lo guardò con un leggero sorriso.
“Volentieri. – disse – Vado a chiudere l’ambulatorio. Lei si spogli intanto.”
Quando tornò, il dottore trovò il signor Agosti del tutto nudo, tranne un paio di boxer celestini, sotto il quale appariva decisamente in erezione.
“Complimenti, - gli disse il dottore – nonostante i suoi quarant’anni, si mantiene in ottima forma. Ma si tolga pure i boxer…tanto, l’ho già vista…”, e fece un cenno con la mano all’uccello eretto.
Con un sorriso imbarazzato, il signor Agosti si sfilò anche i boxer, poi rimase lì, cercando di nascondere sotto una mano la sua eccitazione.
“Si stenda sul lettino, così la visito.”
Nonostante il leggero disagio, l’uomo si distese, sempre coprendosi con la destra.
Il dottore si infilò i guanti, poi gli andò vicino, gli prese con delicatezza il polso:
“Lo lasci, - gli disse – qui nessuno glielo ruba.”, e allontanò la mano dall’uccello.
Il quale uccello, quasi liberato dalle catene, scattò in su, formando un angolo di 45 gradi.
“Ottima tenuta!”, commentò ridendo il dottore, saggiandone con due dita la rigidezza.
Fece scorrere la guaina, scoprendo e ricoprendo alcune volte il glande.
“Il prepuzio scorre bene, vedo, e il frenulo è elastico… il glande è spugnoso e di un bel colore carnoso…”
Sembrava che stesse dettando ad un registratore le sue rilevazioni, e se era consapevole dei fremiti che percorrevano il suo paziente, non lo dava a vedere.
“Diamo un’occhiata ai testicoli… - disse, palpeggiandoli delicatamente uno alla volta – no… non mi pare che ci siano problemi. Che ne dice se diamo un’occhiata anche alla prostata?!
E senza aspettare un’eventuale risposta, estrasse da sotto due prolungamenti, che posizionò, con un sistema di molle, in modo che, poggiateci sopra le caviglie, gli tennero i piedi sollevati e ben divaricati: un lettino ginecologico vero e proprio, per intenderci. Adesso, il buco del culo era in bella mostra, sovrastato dai grossi coglioni penduli, che quasi arrivavano a coprirlo. Il dottore si accomodò su uno sgabello e lo guardò, sfiorandolo con le dita:
“L’ano appare integro… - disse come a se stesso – nessuna traccia di attività sessuale.”
Poi, si unse un dito con del Luan e lo fece scivolare dentro, strappando al paziente un gemito, ma più che altro di fastidio.
“Mi perdoni se le faccio un po’ male… - disse – E’ un sistema un po’ invasivo, ma è l’unico per esaminare la prostata… A meno di non entrare con una sonda, che però le sarebbe più molesta del mio dito.”
Inaspettatamente, inserì un altro dito e con tutte e due cominciò a massaggiare la minuscola ghianda, strappando non solo gemiti all’avventurato signor Agosti, ma anche copiose spurgate di sugo, che gli formavano ormai una pozzanghera dentro e attorno all’ombelico.
Il signor Agosti sguaiolava sotto il sapiente massaggio, e si teneva aggrappato con le mani ai bordi del lettino, mentre il suo cazzo ballonzava di qua e di là, con un filo traslucido di bava colante.
Forse fu il timore che potesse sborrare all’improvviso e sporcare in giro, che spinse il dottor Catorci ad alzarsi in piedi, chinarsi sul paziente e prendergli in bocca l’uccello guizzante. Fu la goccia che fece traboccare il vaso o, per meglio dire le palle, perché a quel punto il signor Agosti si inarcò, come a spingergli maggiormente il cazzo nella gola e diede fuoco alle polveri di un pirotecnico orgasmo, con sparate di sborra, che il dottor Catorci fece fatica ad inghiottire, pur mettendoci tutto l’impegno e tutta la perizia.
“Anche questo fa parte del giuramento di Ippocrate?”, scherzò il signor Agosti, rilassandosi sul lettino, una volta finito.
“No, questo fa parte del giuramento della checca! – sorrise il dottor Catorci, leccandosi le labbra – Non me ne lascerò sfuggire neanche una goccia…”
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