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Gay & Bisex

Il Diavolo omosessuale - 2


di adad
20.11.2021    |    5.980    |    8 8.4
"“Leccalo, depravato… lecca il culo del tuo padrone…”, gli rintronò nella testa confusa..."
La frustata violenta del cazzo sulla sua guancia, lo lasciò un istante interdetto, quasi non sapesse cosa fare, ma l’istinto atavico di sottomissione al maschio dominante prese il sopravvento, alimentato com’era da voglie represse per anni, e Bicio lo afferrò senza esitazione e se lo guidò verso la bocca, cominciando a slinguazzarlo selvaggiamente sulla punta.
Bisogna dirlo: era la sua prima volta, la prima volta che si trovava a tu per tu con un cazzo altrui, la prima volta che ne sentiva il sapore e l’afrore animalesco, ma lungi dal disgustarlo, tutto questo non faceva che accrescere ulteriormente il suo entusiasmo. Quell’afrore animalesco lo stordiva, quel sapore lo ubriacava, e non ebbe pertanto esitazione farsi scivolare in bocca l’intero glande, mulinandoci attorno la lingua e ripulendolo della bava viscosa che lo impegolava.
I sospiri, che sentiva da Asmodeo, erano la riprova che stava facendo la cosa giusta. Allora, con una mano gli afferrò le grosse palle, strizzandole e tirandole, mentre con l’altra impugnava alla base la mazza turgida e prendeva a succhiarla.
Non era un esperto bocchinaro, si vedeva: abbiamo già detto che era la sua prima volta; ma quanto gli mancava in perizia lo suppliva con l’ardore che ci metteva, migliorando, comunque, di momento in momento la propria tecnica.
Fu questo, oltre alle già accennate pilloline, che trascinarono ben presto Asmodeo sull’orlo dell’abisso.
“Sto venendo… cazzo…”, gemette infatti, cercando di staccarsi dall’uccello la bocca succhiante di Bicio.
Ma questi, a quelle parole, strinse le labbra ancora di più, strattonandogli con maggior foga lo scroto e incrementando il ritmo di suzione. Io credo che Bicio non si rendesse davvero conto di quanto stava per succedere, che volesse intenzionalmente ricevere in bocca il seme del diavolo: credo invece che il poveretto fosse ormai travolto da un tale vortice di lussuria, che in lui agiva solo l’istinto più animalesco e primordiale.
Asmodeo tentò ancora una volta di staccarselo, prima che fosse troppo tardi, ma non riuscendoci, si piegò in due, in preda ad una violenta contrazione, poi, appoggiandosi al tavolo con una mano, glielo spinse in bocca il più possibile e sborrò.
Dire cosa provasse il giovane Bicio nel sentire un cazzo sussultargli fra le labbra e poi sversargli nella bocca, a fiotti consecutivi, un sugo denso e caldo, francamente supera le mia capacità. Con la mano che impugnava il cazzo sussultante, prese a segarlo con foga, quasi volesse ulteriormente mungerlo, mentre poppava rumorosamente lo sperma fuoriuscente e si affrettava a ingoiarlo per non ingozzarsi. Fu una lunga sborrata e un’abbondante bevuta.
Lo tenne in bocca, risucchiandone il sugo, fin quando non si smollò leggermente, poi si rialzò, ma sempre tenendolo stretto nella mano.
“Tutto ok?”, gli chiese Asmodeo.
Bicio accennò di sì, leccandosi le labbra. Gli occhi gli sfavillavano dall’eccitazione.
“Puoi anche lasciarlo, - disse allora il diavolo, accennando al suo cazzo, sempre stretto nella mano convulsa dell’altro – non ho intenzione di portatelo via, almeno fino a domani.”
“Domani sera… - precisò Bicio con voce roca – hai detto un giorno e una notte.”
“Domani sera, giusto.”, si corresse Asmodeo, indietreggiando, fino al divano alle sue spalle.
Bicio gli andò dietro, senza mollargli il cazzo, e quando quello si sedette, allargando le gambe, lui gli si accucciò davanti e tornò a slinguarlo lungo tutta l’asta, di nuovo dura in un lampo.
“Anche le palle…”, sospirò Asmodeo, stringendosi lo scroto alla base con il pollice e l’indice ad anello, e offrendogli i grossi ovuli compressi nella sacca violacea.
Bicio non se lo fece dire due volte e la sua lingua quasi impazzì, leccando e gustando il sapore salaticcio della pelle sudata. Cercò anche di ingoiarli, ma insieme gli ovuli erano troppo grossi e non era possibile separarli, compressi com’erano. Poi, Asmodeo si tolse gli slip stracciati, scivolò avanti col bacino e sollevò le gambe, ribaltandosele sul petto.
“I miei fedeli mi baciano il culo…”, disse con voce roca di perversa eccitazione.
Bicio fissò allupato il roseo pertugio, che sembrava ammiccargli al centro di una densa siepe di peletti rossastri. Non riusciva a crederci… avrebbe baciato pure lui il culo del demonio, come aveva letto nei racconti di streghe… sì… e lo avrebbe adorato come nessuno mai. Si accostò reverente: l’afrore di maschio eccitato era ancora più pungente, ma lui non esitò: fece spazio con le dita nel boschetto di peli, accostò le labbra al minuscolo orifizio e lo baciò con passione.
“Sì… - sospirò Asmodeo – sì, mio fedele… bacialo, bacia il culo del tuo padrone…”
E Bicio baciò, senza capire più niente, se non quello che stava facendo.
“Leccalo, depravato… lecca il culo del tuo padrone…”, gli rintronò nella testa confusa.
E Bicio leccò… leccò con ardore, leccò con passione… scoprendo quant’era bello slinguare quella tenera mucosa, quasi lisciandone le grinze una per una.
“Sei un leccaculo fantastico… - ringhiò Asmodeo – ti porterò all’infermo con me, così mi leccherai il culo per l’eternità… Ci vieni all’inferno con me?... Ah… ficcaci la lingua! Ficcami tutta la lingua nel buco del culo…”
E Bicio incollò le labbra sul pertugio, saettando la lingua tutta dentro.
“Scopami con la lingua, cazzo… scopa il tuo padrone con la lingua… vai più dentro, più dentro! Fammi sentire quella cazzo di lingua!...”, sguaiolava Asmodeo, torcendosi dal piacere, che quella adorazione gli stava procurando.
Poi, d’un tratto, il diavolo si alzò di scatto in piedi, prese lo stralunato Bicio per la pettorina della camicia e lo trascinò letteralmente in camera, scaraventandolo sul letto con la sua forza demoniaca.
Il giovane non fece in tempo a capire cosa gli stava succedendo, che l’altro gli si accosciò sulla faccia con il buco aperto a sfiorargli le labbra.
“Continua a leccare, cazzo!” gli ordinò.
E sorreggendo con le mani le due chiappe carnose, Bicio riprese a leccare, infilandogli la lingua nel pertugio, poi ritraendola e slinguando tutt’attorno, mentre il diavolo lo incitava a continuare con gli accenti più osceni.
Sul più bello, però, Asmodeo saltò giù dal letto e corse fuori, tornando poco dopo con una coppetta di acini d’uva che aveva trovato nel frigo.
“Devo nutrirti per la lunga notte che ti aspetta…”, ghignò, rimettendoglisi a cavalcioni sulla faccia.
Allora, accadde una cosa che fa rivoltare lo stomaco, lo confesso, ma che, per deontologia professionale, sono tenuto a riportare: Asmodeo, in pratica si infilò un paio d’acini d’uva nell’ano e mentre Bicio lo leccava appassionatamente, piano piano glieli cagò nella bocca. Bicio li accolse con un guaito di piacere e li mangiò con evidentissimo gusto, riprendendo poi a leccare con gusto ancora maggiore. Un acino alla volta, la coppetta fu presto vuota, ma non le palle di Asmodeo, che a quel trattamento si erano caricate nuovamente di una lussuria incontenibile.
“Voglio incularti, puttanella! – disse allora, scendendo dal letto – togliti i pantaloni.”
E Bicio, ubbidiente, si alzò, scalciò via le scarpe e con le mani che gli tremavano si slacciò i pantaloni, sfilandoseli e gettandoli da una parte. Asmodeo lo fissò con occhio critico: non era un modello di Armani, quello che aveva davanti, ma neanche un cesso era da buttare: le gambe, leggermente arcuate, erano pienotte, gli slip erano pieni e abbondantemente bagnati sul davanti.
“Non male…”, disse Asmodeo, poi gli si avvicinò lo fece girare e gli palpò pesantemente il culo carnoso, facendo un grugnito di apprezzamento.
“Buono da fottere…”, mormorò, sperando che la sua recita diavolesca continuasse a reggere.
In realtà, Bicio si stava rivelando tutt’altro che una schifezza d’uomo, come credeva lui: certo, non era un modello da copertina, ma aveva un certo qual suo fascino, che lo rendeva perfino desiderabile. E Mariano non stava facendo alcuno sforzo a impersonare la sua parte. Anzi, avrebbe potuto anche fare a meno, sapendolo, di prendere quel paio di pilloline… che però non stavano guastando.
Con uno spintone, Asmodeo rovesciò Bicio piegato sulla sponda letto, poi gli strattonò giù le mutande, denudandogli le chiappe, e ci affibbiò un paio di sonore ceffonate.
“Ahi!”, gemette Bicio, deliziato al friccicante bruciore.
“Che bel sederone carnoso… - mormorò l’altro allupato, impastandogli le chiappe a piene mani e mollandoci ogni tanto un paio di sberle – fatto apposta per essere chiavato!”, e giù un altro paio di ceffonate, che gli rimasero stampate in rosso sulla pelle.
Il povero Bicio subiva passivamente quella violenza demoniaca, ma in realtà era strabiliato dal piacere che stava provando: piacere non solo fisico per le carezze selvagge e le sculacciate di cui era oggetto, ma soprattutto un piacere psicologico per quel senso di impotente sottomissione e di abbandono alla preponderante supremazia di quel diavolo lussurioso. Tutto stava andando come aveva sperato, come si era aspettato e questo lo mandava in visibilio.
Dopo averlo strapazzato per un po’, Asmodeo gli aprì le chiappe con le mani, portando alla luce il buco del culo, che immediatamente si contrasse, quasi temesse quanto stava per succedere.
“Sei vergine?”, chiese.
“Sì”, fu la risposta soffocata.
“Fra un po’ non lo sarai più… - ghignò l’altro – e potrai vantarti che è stato il diavolo a sverginarti!”
Quindi, si chinò e gli sputò un grumo di saliva giusto al centro del pertugio:
ci accostò la punta del cazzo e provò a fare pressione. Giustamente, lo sfintere fece resistenza, integro ancora com’era. Asmodeo diede un colpo più forte e la cappella, abbondantemente sbavata, riuscì a forare la strettoia, penetrando quasi per intero. Per fortuna era spugnosa e bagnata, per cui l’impatto fu ridotto. Ma l’impaccio permaneva e lo sfintere si contrasse ulteriormente, rendendo impossibile andare oltre.
“E apri questo cazzo di culo!”, si spazientì, allora, Asmodeo, mollandogli sulla chiappa un paio di violentissime ceffonate.
La sferzata improvvisa di dolore distrasse l’attenzione di Bicio, che rilassò l’ano, permettendo al cazzo di Asmodeo di affondare nel retto per una buona metà.
“Ahhh! – urlò il poveretto, sentendosi squarciare da quella mazza poderosa – Mi fai male! Mi fai male!”, e prese a tempestare il letto di pugni impotenti.
Ma l’altro non gli diede retta e continuò l’avanzata.
“Sta calma, troia! Sto facendo quello per cui sei nata… Ti sto scopando!”
La porta era ormai sfondata e l’avanzata proseguì senza altri intoppi, se non le urla di Bicio, che ad un tratto, però, divennero più che altro una finta cerimoniale, visto che, raggiunto l’obiettivo, il diavolo si era fermato e adesso cercava di placarlo con carezze e paroline dolci.
In effetti, dopo aver raggiunto il culmine, il dolore si andava placando, lasciandosi dietro un piacevole senso di pulsante languore. Appena Asmodeo sentì allentarsi la morsa dello sfintere alla base del suo cazzo, cominciò a muoversi, dapprima piano per non sconvolgere troppo l’apparato del buco appena rotto, e poi sempre più velocemente, finché si ritrovò a zagagliare baldamente dentro e fuori, come il pistone di un motore ben avviato.
E Bicio? Dopo l’invitabile disagio iniziale, Bicio si ritrovò a sgroppare sotto gli affondi gagliardi, come posseduto dal ballo di san Vito, ululando “Oh… oh… oh…”, tanto che a un certo punto, Asmodeo dovette affibbiargli un altro paio di sculacciate perché si calmasse.
E Bicio si calmò, limitandosi a gemere incontrollatamente, mentre l’altro portava a termine l’impresa.
Una volta venuto, Asmodeo accennò ad uscire, ma fulmineo Bicio allungò le mani indietro e gli afferrò le natiche, tenendolo premuto a sé:
“Non uscire, per favore… - lo pregò – aspetta… pisciami in culo, prima…”
Per un attimo quella richiesta stupì Asmodeo che non si aspettava un Bicio già così scafato; il che fu per lui una nuova sferzata di libidine:
“Sì, troiaccia, ti piscio in culo, - disse infoiato – e poi ti scopo un’altra volta!”
Devo avvertire i miei pazienti lettori che a questo punto il disgusto ha prevalso e sono uscito a respirare un po’ d’aria fresca, dopo di che mi sono seduto fuori dalla porta ad aspettare il mattino.
Non ho idea delle porcate che quei due abbiano messo in atto durante la notte: sentivo in continuazione rumori confusi, schiocchi di sculacciate, “Ahi, sìììì, ancora” e “Prendilo tutto, puttana”… e poi ancora cigolii del letto, colpi sulla parete e non so che altro… per tutta la notte… e poi per tutta la mattina, fin oltre mezzogiorno, senza un attimo di pausa.
Quando, finalmente, nel tardo pomeriggio di domenica sentii silenzio, tornai ad aprire la porta e fare capolino nella stanza, sembrava che ci fosse passato un uragano: il letto sottosopra, lenzuola e cuscini sparsi in giro, sedie capovolte… Non oso neanche immaginare cosa avessero combinato quei due in quella notte di follia. Bicio e Asmodeo giacevano nudi e mezzo addormentati su quello che rimaneva del letto. Avrei detto che erano entrambi morti, se non fosse per il sorriso beato che avevano stampato sulla faccia e il respiro ansimante.
“E’ ora di andare…”, mormorò Asmodeo con voce spenta.
“Ancora un poco…”, sospirò Bicio.
“E’ tardi…”, disse l’altro, sollevandosi sul gomito e dandogli un bacio sulle labbra. Un bacio! Ma dico…
Asmodeo si alzò in piedi: il suo cazzo ciondolava esausto e immagino che gli ci sarebbero volute ben più di un paio di pilloline per rianimarlo.
“Vado a fare una doccia.”
“Ti accompagno,”, scattò in piedi Bicio con un’energia che non gli avrei sospettato.
“No! – lo fermò Asmodeo – Faccio da solo.”
“Allora, vado a preparare la colazione.”, disse Bicio, pur un po’ contrariato, e nudo com'era si diresse in cucina.
“Devo confessarti una cosa.”, fece Asmodeo, mentre erano a tavola poco dopo.
Lui si era rivestito ed era pronto ad andare, Bicio era ancora nudo, infischiandosene dei timori che fino al giorno prima aveva nutrito su se stesso.
“Se vuoi dirmi che non sei un diavolo, lo sapevo già.”
“Senti…”
“No, non dirmi niente. Non voglio sapere perché l’hai fatto. Ho passato una notte incredibile con te, una notte in cui ho recuperato tutta la mia vita. Se non sei il diavolo, allora vuol dire che sei il mio angelo custode.”
Asmodeo sorrise e prese dalla tasca un foglio piegato.
“Questo è tuo.”, disse, porgendoglielo.
“Cos’è?”
“Il contratto in cui mi vendi l’anima.”
“E cosa c’è che non va? – esclamò Bicio, fingendosi stupito – Abbiamo tenuto fede tutti e due ai termini del contratto. Io ti ho venduto la mia anima e tu me l’hai pagata con una notte di sesso.”
“Una notte e un giorno…”, precisò Asmodeo, stando allo scherzo.
“Giusto, una notte e un giorno: i termini sono stati rispettati e io sono soddisfatto. La mia anima, te l’ho venduta e non la rivoglio indietro. L’hai pagata, è tua.”
“Forse non te l’ho pagata abbastanza… - replicò Asmodeo, quasi volesse mettere fine allo scherzo - non per quello che vale veramente.”
“Questo è un altro discorso. – disse Bicio serioso – Se pensi di averla pagata troppo poco, possiamo discuterne… possiamo stabilire una integrazione…”
“Un’integrazione? – fece Asmodeo, ridendo sotto i baffi - Purché non sia troppo alta.”
“Possiamo sempre fare delle rate…”, disse Bicio con gli occhi che gli brillavano di una luce maliziosa.
“Uhm! Un pagamento rateale?... potrebbe andare… ma quante rate?”
Bicio fece spallucce:
“Saltiamo questo passaggio, per ora.”
“Ok. A partire?”
“Per me, anche da subito.”
“No! - scoppiò a ridere Asmodeo, portandosi all’inguine una mano protettiva – Mi ci vogliono almeno tre giorni per recuperare tutto quello che mi hai succhiato fuori! Ti chiamo io, ok?”
“Ok”, fece Bicio con una smorfia: ti chiamo io è un po’ una formula liquidatoria per dire: arrivederci e grazie.
Asmodeo, allora, gli andò vicino e lo abbracciò.
“Questo ti basta come pegno?”, disse.
“Questo sarebbe meglio”, esclamò Bicio, baciandolo sulle labbra.
“E’ decisamente meglio.”, rise Asmodeo, ricambiando il bacio.

FINE
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