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Racconto di Natale (2023)


di adad
25.12.2023    |    13.372    |    19 9.8
""Già", feci io, facendomi da parte e stringendomi addosso la vestaglia in un residuo di pudore..."
Era la mattina di Natale. Mi ero svegliato tardi, un po' perché avevo tirato fino alle ore piccole la sera prima, e un po' perché se non ce la prendiamo comoda alle feste, quand'è che vogliamo farlo? E prendersela comoda la mattina di Natale è ancora più piacevole.
Avevo raggiunto la cucina e mi stavo preparando un caffè, quando sentii suonare il campanello. D'istinto, guardai l'orologio: erano appena le nove. Chi poteva essere? Non aspettavo nessuno. Né i vicini di appartamento sarebbero venuti a disturbarmi a quell'ora per un ciuffo di prezzemolo o una tazzina di zucchero. In realtà, mai nessuno era venuto a disturbarmi per qualsivoglia motivo: diciamo che i rapporti che avevo con i vicini non andavano al di là di un buongiorno o buonasera biascicati sulle scale.
Decisi di non aprire: chiunque fosse, poteva andarsene al diavolo. Stavo rimescolando lo zucchero nel caffè, quando il campanello suonò di nuovo. Stavolta non potevo ignorarlo e andai verso la porta così come mi trovavo, con la tazzina in mano e la vestaglia aperta, sotto la quale non indossavo niente, a parte un paio di mutande stazzonate.
"Chi è?", chiesi senza aprire.
"Corriere Amazon, ho una consegna per lei."
Corriere Amazon? Schiusi la porta, giusto uno spiraglio da cui affacciare il volto.
"Senta, io non aspetto nessun corriere...", feci al bel moretto che mi trovai davanti.
Quello fece spallucce.
"Lei è il signor ...?, chiese.
"Sì""
"Allora, ho una consegna per lei.", ripeté, facendomi un sorriso impertinente, quando scorse come ero messo.
"C'è da pagare?", chiesi.
"No, ma deve firmare. E forse è meglio se mi fa entrare, altrimenti col freddo che fa qui fuori, ci viene un accidente a tutti e due.
"Già", feci io, facendomi da parte e stringendomi addosso la vestaglia in un residuo di pudore.
In effetti, il nostro non solo nostro giro scale non è riscaldato. ma questo imbecille doveva aver lasciato aperto il portone di strada, nonostante il cartello in bella mostra: SI PREGA DI CHIUDERE SEMPRE IL PORTONE.
richiusi la porta e guidai il giovane in cucina.
!Ah, che bel calduccio c'è qui!", sospirò, poggiando il pacco sul tavolo e tirando fuori di tasca la ricevuta elettronica da farmi firmare.
mi girai allora a guardarlo: aveva un bel volto mascolino e per quanto fosse infagottato in un giubbotto a vita, doveva avere un fisichetto niente male... per lo meno niente male era il culo rotondo, inguainato nel felpone pesante di una tuta.
"Fa freddo, lì fuori, immagino.", osservai.
"Erano meno quattro, quando sono uscito per le consegne, diverse ore fa. Per fortuna, lei è uno degli ultimi."
"Magari le andrebbe un bel caffè caldo.", dissi con un sorriso accattivante, sentendomi rimescolare dentro le mutande. Che volete, i bei giovanotti ni fanno questo effetto.
Guardò l'orologio.
"Ma sì, - disse - posso prendermi una pausa.", e si slacciò il giubbotto, mentre gli versavo una tazza del caffè ancora bollente.
"Se lo tolga pure e si sieda un momento.", dissi, tirando fuori una sedia da sotto il tavolo e prendendogli il giubbotto, che deposi su una panca.
"Non è che... mi scusi se sono sfacciato, ma non è che avrebbe un goccetto di sgnappa?"
"Beh, le ci vuole davvero, col freddo che ha patito stamattina.", sorrisi.
Andai a prendere una bottiglia di brandy e gliene versai una buona dose nella tazzina.
"Adesso ragioniamo...", sospirò, dopo averne bevuto un lungo sorso.
Tirai fuori una sedia e mi sedetti di fronte a lui.
"Ma cosa sono queste consegne il giorno di Natale?", chiesi.
"Non dovrei parlargliene, - fece lui, allungando la tazzina per farsela riempire - ma sembra che Babbo Natale abbia avuto dei problemi con le sue renne."
"In che senso? Gli si sono forse ammalate?"
"Sembra, - continuò lui, abbassando la voce e protendendosi verso di me, quasi con aria cospiratoria - che lui volesse sostituirle con i carrelli della spesa di non so che catena di supermercati... Secondo me, non ci sta più tanto con la testa quello lì. Insomma, ha attaccato alla slitta questi carrelli e giù a strattonare le redini per farli partire. Ma ha mai visto un carrello che si muove da solo?"
"Magari...", feci io, scoppiando a ridere.
"E infatti, non si sono mossi. Babbo Natale è tornato allora dalle sue renne, ma quelle gli hanno detto a muso duro di andarsene a quel paese e non hanno voluto sentire ragione."
"Mi stai prendendo in giro?", chiesi, passando al tu, senza rendermene conto.
"Ma niente affatto! - continuò quello, infervorato dall'ulteriore cicchetto che si era fatto e stavolta senza correggere il brandy neanche con una goccia di caffè - Allora, non sapendo come fare con i regali, Babbo Natale ha telefonato a mister Bezos e si sono messi d'accordo che la consegna dei regali la facessimo noi di Amazon. Per fortuna abbiamo filiali in tutto il mondo, perfino nelle Tuamotu, così siamo riusciti a portare a termine le consegne nel corso della notte. Ormai me ne restano solo un paio, nella strada qui accanto. Ma adesso sarà meglio che vada.", disse.
Si alzò, barcollando leggermente, tanto da doversi appoggiare al tavolo.
"Accidenti! - ghignò - Buona la tua sgnappa."
"Ma quindi, quello sarebbe un regalo di Babbo Natale?", osservai, nel tentativo di rimandare per un momento la sua partenza.
"A quanto pare...", disse lui, girandosi a prenderlo e spingendolo verso di me.
"E' la prima volta che si ricorda di me. - disse incredulo - Chissà cos'è?"
"Beh, aprilo e vediamo.", fece lui, che sembrava altrettanto curioso, quanto me.
"Aspetta, - mi interruppe - firmami la consegna, prima.", e mi porse la ricevuta elettronica, su cui feci uno sgriffo.
Sollevai il coperchio, mentre lui si avvicinava per guardare dentro, e rovistai in mezzo ai trucioli di polistirolo, finché trovai una scatola a base quadrata, lunga una ventina di centimetri. Non c'era nessuna immagine sulla confezione, solo una scritta in maiuscolo: USAMI SPESSO, USAMI ASSAI E FELICE TU SARAI.
"Cosa diavolo è?", fece il corriere ancora più curioso di me.
"Non lo so, vediamo.", dissi e aprii la scatola, facendone scivolare fuori il contenuto.
"Cosa cazzo è?", sbottò lui, mentre l'oggetto vedeva la luce fra le mie mani.
"E'... è un dildo!", esclamai io, mentre ammiravo la perfetta riproduzione di un organo maschile in morbido silicone, perfetta nella forma, nel colore, nel gioco di venature lungo l'asta.
Avevo visto questo modello pochi giorni prima nella pubblicità di un sexy shop, un modello non solo vibrante, ma capace di riprodurre anche il movimento avanti e indietro, una volta inserito nell'ano. Mi sentii battere il cuore: da quello che costava, difficilmente avrei potuto permettermelo.
"Ma è un cazzo!", fece il corriere, togliendomelo di mano e rigirandolo da tutte le parti.
"Uno degli ultimi modelli, vibra e si muove anche avanti e indietro con velocità regolabile. Dovrebbe darti la sensazione reale che ti stanno inculando.", spiegai, senza rendermi conto, nel mio fervore, di chi avevo davanti.
Mi sentivo fibrillare il buco del culo dalla voglia di provarlo. Lui mi fissò un momento con aria interrogativa.
"Ma è per te?", chiese quasi incredulo.
"Evidentemente, sì.", risposi, controllando per sicurezza l'indirizzo.
"Ma, scusa, non sarebbe meglio se ti facessi un cazzo vero?"
"A trovarlo!", risposi, scettico.
Il giovane mi fissò con occhi increduli, poi, allargando le braccia:
"Basta chiedere!", esclamò, tirandosi giù il davanti della tuta fin sotto i coglioni.
Lo guardai a bocca aperta, mentre un forte sentore di sesso gli si sprigionava dal pacco, arrivando fino al mio naso. Lui mi invitò con un cenno degli occhi:
"Accomodai pure, se vuoi.", mormorò.
Altroché, se volevo: volevo vedere e gustare solo che ero frastornato dall'incredibilità della cosa e non riuscivo ancora a crederci. Comunque, in risposta al suo invito, mi gli inginocchiai davanti e accostai il volto, aspirando a pieni polmoni l'aroma acre del suo inguine sudato. Poi abbassai leggermente la cintura elastica degli slip, per fortuna un po'
sfilacciata, fino a far emergere l'orlo superiore del folto ciuffo del pube: ci premetti il volto. I peli ruvidi mi facevano solletico al naso, mentre continuavo a respirarne l'aroma intenso.
Finalmente, infilai la mano sotto il tessuto ed estrassi il biscione ancora molle, ma già carnoso e fremente. L'igiene non era al massimo, la cappella sapeva leggermente di pipì, ma era comprensibile, considerando che era stato tutta la notte in giro. E volete che mi facessi scoraggiare da questo? Mi era capitato di peggio. Con uno strattone, gli abbassai i pantaloni e le mutande fin sotto le chiappe, liberando anche lo scroto, che ricadde pesante.
Wow!" esclamai come un ebete, mentre scappellavo il bigolotto ormai teso e ne accoglievo il glande nella bocca capiente, slurpandolo come un gelato.
Lui rispose con un gemito ed un guizzo che glielo indurì del tutto. Allora, stringendo con una mano la verga ormai turgida e con l'altra lisciandogli le palle pelose, presi a succhiargli la cappella, slurpandola, vellicandola con la punta della lingua sotto la corona, mordicchiando il filetto, degustando il sugo denso, che l'eccitazione gli faceva sgorgare dalla boccuccia anelante, In un lampo, il disagio che poteva provocarmi la scarsa igiene dell'insieme, venne spazzato via da un delirio spasmodico, che gli fece tremare le gambe, lo portò a urlare tutto il piacere che stava provando e infine a rovesciarmi in bocca una fiumana di sperma viscoso... caldo... straordinariamente dolce e amarognolo nel contempo. Lo ingoiai tutto e continuai a leccare e risucchiare, finché non mi rimase fra le labbra del tutto molle.
Ancora in ginocchio davanti a lui, lo osservai, mentre pallido e stralunato, se lo rimetteva nelle mutande, tirandosi poi su i pantaloni. Quando si accorse che lo guardavo mi sorrise senza imbarazzo:
"Con quello artificiale non è così.", disse e non era una domanda.
"Certo che no.", risposi, mentre mi rialzavo.
"Devo andare.", fece rimettendosi il giubbotto.
Certo, aveva le consegne da fare. Sulla porta, mentre usciva, si girò:
"Hai impegni in giornata?"
Feci cenno di no.
"Senti, - disse con voce esitante - se mi offri il pranzo, quando ho finito le consegne, ripasso."
Il cuore mi balzò in gola.
"Certo che ti offro il pranzo, - risposi - e anche... il dopo pranzo, se vuoi."
"Okkkkkey!", fece lui, diventando tutto rosso in faccia.
"Ma scusa, - dissi, pentendomene subito, ma ormai era fatta - sei sposato - e accennai alla fede che portava al dito - tua moglie non ti aspetta a casa?"
Lui fece spallucce:
"Sa che sono fuori per consegne tutto il giorno e si è organizzata con i suoi, - disse - e poi... i pompini, non è brava a farli come te!"
E con queste parole chiuse la porta e lo sentii scendere velocemente le scale.
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