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Gay & Bisex

Stupenda creatura - 1


di adad
24.04.2023    |    5.984    |    6 9.9
"“Col cazzo che te lo lascio, vecchia baldracca!”, mormorò allora fra sé, scendendo rapido le scale e dirigendosi a sua volta verso il duca..."
“Stupenda… Oh, stupendissima creatura!”, mormorò il Commodoro lord Cecil Drake, ammirando il giovane duca di Clooney, appena entrato nel salone in cui si svolgeva l’annuale ballo di inizio estate degli Hasting.
Lord Cecil Drake, Commodoro di prima classe della Marina di Sua Maestà, era un bell’uomo sui 45 anni, asciutto e vigoroso nel fisico, temprato com’era da anni di vita sul mare, e da innumerevoli battaglie contro Francesi e Spagnoli. Sapevano tutti che si trovava sulla Victory agli ordini dell’Ammiraglio Nelson nella gloriosa battaglia di Trafalgar, e che grazie al suo valore era stato scelto per far parte del picchetto d’onore che aveva scortato il corpo dell’Ammiraglio verso la sua ultima dimora nella Cattedrale di Saint Paul.
Seminascosto adesso dietro una delle colonne della loggia, ammirava il giovane duca di Clooney, appena arrivato a Londra dalle Americhe. Aveva sentito parlare della sua avvenenza, ma non immaginava che un uomo potesse essere così bello, così “virilmente” bello. Era stata questa constatazione a strappargli quello “stupendissima creatura”, che avrebbe fatto accapponare la pelle a qualsiasi grammatico con un minimo d’istruzione.
Si sentì rimescolare il sangue, immaginandoselo nudo fra le braccia, con le labbra dischiuse nell’anelante attesa di un bacio… Ammirò il giovane che si muoveva lentamente nella sala, mentre cercava di prenderne confidenza. Era da solo, nessuna dama lo accompagnava, il che era quantomeno strano.
Vide l’anziana contessa di Hastings dirigersi verso il giovane dall’altro capo del salone da ballo.
“Col cazzo che te lo lascio, vecchia baldracca!”, mormorò allora fra sé, scendendo rapido le scale e dirigendosi a sua volta verso il duca. Doveva assolutamente arrivare prima della contessa, di cui tutti conoscevano la famelica brama di giovani, soprattutto da quando il vecchio marito le aveva riservato la cortesia di andarsene all’altro mondo, lasciandola padrona di un vasto patrimonio e della libertà di vivere le sue avventure come meglio preferiva.
Non aveva dubbi il Commodoro che se quella vecchia puttana fosse riuscito ad agganciarlo, se lo sarebbe portato a letto in meno di un amen. E mentre gli invitati avrebbero ballato gavotte e minuetti nel salone di sotto lei avrebbe danzato una gagliarda a due nel salone di sopra.
Arrivato in fondo alle scale, lord Cecil la vide ancora al centro del salone, impacciata dalle coppie di ballerini, allora si fece strada fra gli ospiti allineati ai bordi della zona da ballo, e si diresse verso il giovane duca, che, per sua fortuna, si muoveva, venendogli incontro.
La contessa era lontana ancora un paio di metri, quando:
“Magnifica serata, non trovate?”, disse il Commodoro, incrociando l’altro e attirandone l’attenzione.
La contessa si bloccò contrariata: la preda le era sfuggita… almeno per il momento. Ma quel cagacazzi di lord Cecil proprio adesso doveva trovarsi lì?
Naturalmente, l’idea che il Commodoro si fosse mosso per batterla sul tempo, non la sfiorò neanche: lord Cecil stava molto attento a mantenere integra la sua immagine sociale, e quelli, i tanti, che passavano per il suo letto, avevano tutto l’interesse a mantenere la bocca chiusa. L’unico che aveva provato a fare il furbo, si era svegliato una mattina ai ferri nella sentina di una nave diretta nella lontana Australia: era stato liberato solo dopo il passaggio dell’Equatore e spedito ad arrampicarsi per il sartiame a suon di frustate.
Sentendosi appellare, il giovane si voltò verso il Commodoro:
“Davvero.”, rispose cortesemente, con un sorriso di circostanza.
“Credo che non ci conosciamo: sono lord Cecil Drake, Commodoro di prima classe della Marina di Sua Maestà.”
“Drake? Siete discendente del famoso corsaro?”
“Se scavassi negli archivi della mia famiglia, scoprirei indubbiamente di sì.”
“Onorato di conoscervi, allora. – rispose l’altro, porgendogli la mano – Sono Lord Marvin Steele…”
“Dei duchi di Clooney! – lo interruppe il Commodoro – Conoscevo Sua Grazia, vostro padre, una persona davvero squisita. Mi ha rattristato molto sapere della sua scomparsa.”
E ne aveva ben donde, visto che era stato il vecchio duca, tanti anni addietro a privarlo della verginità. Era successo in una burrascosa notte d’autunno, mentre la nave, di cui il duca era capitano e lui serviva come guardiamarina, era alla fonda nel porto di Southampton per rifornimenti.
“Vi ringrazio…”, mormorò lord Marvin.
“Ho sentito che siete appena tornato dalle Americhe…”
“Infatti.”
“E com’è la situazione laggiù, nelle nostre ex colonie?”, disse il Commodoro, prendendolo lievemente per un braccio e guidandolo verso una vetrata aperta, il più lontano possibile dalla furiosa contessa di Hastings.
Parlarono per un po’ del più e del meno, soprattutto della situazione, che si faceva sempre più scottante in Francia, dopo che l’Imperatore era fuggito dall’Isola d’Elba ed era tornato a Parigi, accolto trionfalmente dai suoi seguaci.
“Prevedete una ripresa della guerra?”, chiese il duca.
“Temo proprio di sì. Non possiamo lasciare quel vecchio pazzo in libertà. Sarebbe stato meglio fucilarlo subito, anziché imprigionarlo in quell’isola a due passi dalla sua Corsica. Ma perché restiamo qui ad annoiarci? – continuò il Commodore – Non vi andrebbe fare due passi nella notte?”
Il giovane duca di Clooney accettò volentieri: trovava il Lord Commodoro una persona interessante, di cui valeva la pena approfondire la conoscenza e magari l’amicizia. Così, recuperarono i loro mantelli e, insalutati ospiti, sgattaiolarono via dal ballo, avviandosi fianco a fianco per le vie fiocamente illuminate dai lampioni ad olio.
La notte era ormai profonda; lo sferragliare delle carrozze si faceva sempre più rado, più tenui le voci e le risate provenienti dai pub aperti fino a tardi.
“Ma quelle non sono le luci dei Giardini di Kensington?”, esclamò ad un tratto il giovane duca.
“Infatti, - ridacchiò il Commodoro – quei lampioni sono stati messi per scoraggiare i malintenzionati e altri…”
“Altri?”, chiese il duca avviandosi per uno dei viali illuminati.
“Diciamo, persone con intenti poco onesti, che cercano riparo nelle tenebre della notte.”
“Oh!...”, fece l’altro, svoltando casualmente per un vialetto immerso nel buio.
Camminarono in silenzio per un pezzo, poi, stanchi, il Commodoro stese il suo mantello sull’erba e invitò il giovane amico a sedersi con lui per un breve riposo.
Il duca di Clooney accettò amabilmente e poco dopo erano sdraiati uno di fronte all’altro, puntellandosi sui gomiti.
“Guardate come brillano le stelle nel cielo, Milord.”, mormorò ad un tratto il giovane.
Il Commodoro rimase un momento in silenzio, quasi stesse raccogliendo il proprio coraggio, poi:
“Le uniche stelle che vedo brillare, e che mi incantano, sono i vostri occhi, signor duca.”, disse arditamente con un filo di voce.
Ora, bisogna dire che il duca era un uomo di mondo e soprattutto non era insensibile ai complimenti, da qualsiasi parte gli arrivassero. Quelle parole lo lusingarono e lo toccarono nel profondo.
“Siete molto gentile, Commodoro…”, rispose evasivamente.
“E voi siete molto bello, mio giovane amico… mi avete rubato il cuore, appena vi ho visto.”
“E’ pericoloso quello che dite, Milord. Non temete che possa denunciarvi alle Autorità?”, fece il duca, ma senza acrimonia nella voce, quasi scherzasse.
“Se vi sentite offeso, fatelo pure, ma prima lasciate che vi carezzi il volto, così darete più sostanza alla vostra denuncia…”, e allungò la mano, appena visibile al chiarore delle stelle.
Il duca rimase in silenzio, ma dopo un istante la prese con la sua e se la portò al volto. Lord Cecil si sentì gonfiare il petto, e non solo… Lentamente, con dolcezza, accarezzò la guancia un po’ rasposa di barba, per infilargli poi le dita nella morbida chioma. Lord Marvin ronfò a quelle carezze come un gatto soddisfatto e gli si fece più vicino, sperando che l’altro non si stancasse, non smettesse tanto presto. Da quanto tempo, nessuno lo aveva accarezzato con tanta dolce bramosia.
“Darei la vita per un vostro bacio…”, mormorò lord Cecil con un sussurro, quasi sperasse che l’altro non lo sentisse.
Ma il duca lo sentì e ne fu commosso.
“Vi piaccio così tanto? – disse – Chissà quanti ne avete avuti finora e a tutti avrete detto le stesse cose.”
“Sì, ne ho avuti tanti… e a molti ho detto queste cose nel fuoco del desiderio. Ma mai con la sincerità con cui le sto dicendo a voi. Vorrei poter cancellare tutti i miei trascorsi, per presentarmi vergine di cuore davanti a voi.”
Fu in quel momento che Lord Cecil sentì sfiorarsi la guancia dalla mano leggera del duca, che si soffermò in una carezza leggera, prima di scivolargli dietro la nuca e attirarlo a sé. Un attimo dopo, le labbra si sfiorarono. Fu un contatto fugace, subito interrotto da un certo irrigidimento da parte del duca.
“Perdonate, Milord, - mormorò – ma non ho mai…”
“Non avete mai baciato nessuno?”
“No…”
“Possibile? Voi così bello? Possibile che mai nessuno vi abbia chiesto un bacio?”
“Forse sono bello solo ai vostri occhi.”
“Voi siete bello agli occhi di Dio in persona! – affermò il Commodoro in uno slancio di passione – Avete mai desiderato baciare qualcuno?”
“Mai nessuno mi è stato così vicino, come voi adesso…”
“Vi darebbe noia se vi baciassi io?”
“No, Milord…”
“Allora, chiudete gli occhi e lasciate fare a me.”, disse il Commodoro, stranamente calmo, nonostante l’eccitazione che lo divorava.
E Marvin chiuse gli occhi. Attese per un tempo che gli parve infinito, poi sentì il tocco soffice di due labbra sulle sue. Il cuore accelerò i suoi battiti. La pressione sulle labbra aumentò… qualcosa di caldo e bagnato cercò di farsi strada fra le sue… scivolò nella sua bocca… Capì che era la lingua dell’altro e tutta prima, la ripugnanza lo spinse a tirarsi indietro; ma subito dopo si sentì invadere da una dolcezza infinita e la sua stessa lingua si mosse ad avvolgersi all’altra e poi a seguirla nella bocca del Commodoro senza alcun disagio.
“Ti fa schifo?”, gli chiese Lord Cecil in un momento in cui le loro bocche si erano staccate.
“E perché? È bellissimo… - sospirò il giovane duca – come ho potuto farne a meno finora?”
“Non temete, da questo momento, potrete saziarvi di me, come io mi sazierò di voi.”, mormorò il Commodoro, prima di tornare a baciarlo, e non alludeva solo ai baci.
I Giardini di Kensington avevano assistito, nelle brevi notti estive, a molteplici incontri più o meno furtivi, più o meno scandalosi, più o meno indecenti o appassionati; ma poche volte avevano assistito ad uno come quello, di due uomini fino a qualche ora prima perfetti sconosciuti, e adesso avvinti l’uno all’altro, pronti a lanciarsi in una lotta amorosa senza esclusione di colpi, immemori del luogo in cui si trovavano e dei pericoli, in cui avrebbero potuto incorrere.
Ma sembrava che le ninfe e gli spiriti del bosco li avessero presi sotto la loro ala e avvolti in una nuvola di nebbia, per cui nessuna delle guardie che pattugliavano i Giardini sentì i loro gemiti o si accorse della loro presenza.

(continua)
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