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Gay & Bisex

Qualcosa che non ti aspetti - 1


di adad
12.06.2021    |    13.452    |    8 8.8
"“Mimmo, qualunque cosa tu abbia… sono io, Renzo, fidati di me…” E ogni parola era un mezzo passo avanti, finché gli fu davanti..."
Mimmo, Domenico all’anagrafe, era un ragazzo di una bellezza straordinaria. Sui venticinque anni, fisico asciutto e armonioso, aveva i capelli mossi, un po’ arruffati, di un castano chiaro, quasi biondo, come la barbetta appena accennata che gli contornava un volto dai lineamenti regolari e delicati, ma decisamente virili, senza nulla di femmineo o lezioso.
Perché mi soffermo su questi particolari? Beh, perché Mimmo lasciava il segno dove passava, attirando lo sguardo di uomini e donne che avessero la ventura di incrociarlo. Sguardi, però, che cadevano a vuoto: agli uomini non era interessato, alle donne, invece…
Ebbene, sia pure a malincuore lo devo ammettere: Mimmo era etero, inguaribilmente etero… appassionatamente etero… Amava le donne, ne era affascinato. Il fatto è che al momento non si contavano relazioni e neppure avventure con l’altro sesso. Nulla di nulla. Neanche le sensibili antenne delle malelingue nell’ufficio dove lavorava avevano rilevato nulla. Nulla di nulla con l’altro sesso, al di là dei cordiali e formali rapporti di cortesia e di lavoro.
C’era un segreto nella vita di Mimmo o semplicemente aspettava la ragazza giusta? Era sessualmente frigido o voleva arrivare vergine al matrimonio?
Di sicuro c’era soltanto che Mimmo non era gay (o recchione, come diceva più esplicitamente qualcuno): le donne sembravano affascinarlo troppo. Del resto, si vedeva ad occhio nudo: pochi avevano un atteggiamento maschio e virile come il suo, scevro da smancerie e leziosaggini, pur senza essere antipatico o scontroso.
Diciamola tutta: Mimmo era una perla di ragazzo, quello che qualsiasi mamma vorrebbe avere come figlio e qualsiasi ragazza portare all’altare… o per lo meno a letto. Non parliamo ovviamente dei gay, che avrebbero sudato fino a venticinque camicie e oltre, pur di ficcargli il naso nelle mutande e fargli almeno un pompino.
Suo collega d’ufficio era Renzo, un trentenne decisamente niente male, anche se ben lontano dalla conturbante bellezza di Mimmo, fidanzato con Daniela e ormai prossimo alle nozze. I rapporti fra i due erano cordiali, si direbbe quasi fraterni: un drink al bar all’angolo dopo il lavoro, le discussioni accalorate ma mai animose sul campionato di calcio, le chiacchiere su questo o su quello. Solo di donne parlavano poco: uno perché era fidanzato, l’altro perché… beh, non si sa, ma era un argomento sul quale il nostro Mimmo preferiva glissare ogni volta che se ne faceva cenno.
E quando Daniela gli chiedeva allegramente: “Allora, quando ci farai conoscere la tua ragazza”, lui liquidava l’argomento con un sorriso enigmatico.

“Ehi, Mimmo, - si precipitò un giorno in ufficio l’amico Renzo - ho vinto… ho vinto!” e sventolava una raccomandata con aria esultante.
“Cosa?”, fece Mimmo, sollevando gli occhi dallo schermo del computer.
“La lotteria…”
Erano mesi che parlava del concorso a cui aveva partecipato.
“Guarda! – proseguì mettendogli davanti la comunicazione ricevuta – Un soggiorno gratuito nel prestigioso Hotel La Favorita a Marina di ***! Una settimana… soggiorno gratuito… per due, che ne dici?”
“E cosa vuoi che ti dica? – fece Mimmo – Congratulazioni. Sarà contenta Daniela.”
“Daniela? Ma no, Daniela è impegnata con gli esami universitari… Siamo io e te!”
“Vuoi… portarci me?”, esclamò con tono incredulo Mimmo.
“E con chi altro potrei andare?”
“Ma scusa, aspetta che Daniela abbia finito con gli esami, no?”
“Non è possibile, - rispose Renzo con aria sconfortata – il soggiorno è dal 15 al 21 giugno…”
“La settimana prossima.”
“Già, la settimana prossima… Ma non mi sembri contento.”
“No… - esitò Mimmo – è che… che mi hai preso di sorpresa… Non me l’aspettavo… Che vincessi, prima di tutto e poi… che pensassi a me! Wow! Una settimana a Marina…”, e si alzò d’impulso, gettando le braccia al collo dell’amico.
“Mare… sole… bagni…”, diceva l’altro, battendogli la mano sulla schiena.
“Mi dispiace per Daniela, però…”, disse Mimmo, una volta passato l’entusiasmo.
Renzo fece spallucce:
“Lei è contenta che ci vengo con te, così mi terrai d’occhio!”
“Ci può scommettere, che ti terrò d’occhio!”, rise Mimmo, ben felice sia per l’inattesa, quanto gratuita, vacanza e sia per la possibilità di passare una settimana con l’amico più caro.

La prima difficoltà sorse quando si presentarono alla ricezione dell’Hotel La Favorita e presentarono il coupon.
L’impiegata li fissò un momento.
“Scusate, - disse poi con asettica cordialità – ma il buono vacanza è per una coppia, è scritto chiaramente.”, e gli mise sotto gli occhi la scritta microscopica.
Renzo aguzzò la vista e lesse che effettivamente la vacanza era valida per una coppia. Ma la sua reazione fu immediata.
“E qual è il problema, scusi? – fece in tono deciso – Noi siamo una coppia. Lui è il mio compagno: qui non si specifica mica il sesso maschio e femmina. Dice “coppia” e noi siamo una coppia. Non siamo ancora sposati, è vero, ma qui non è richiesto.”
Mimmo rimase un po’ sconcertato dall’intraprendente faccia tosta dell’amico, ma resse il gioco: tutto sommato, ne valeva la candela. Ancora più sconcertata rimase la ricezionista, che telefonò al direttore, chiedendo lumi. Ma che lumi poteva darle il pover’uomo, di fronte a quell’evidente pasticcio? Non gli rimase che fare buon viso a cattivo gioco e consegnar loro le chiavi della stanza, consolandosi comunque per gli eventuali risvolti pubblicitari presso le comunità gay, che stavano diventando sempre più potenti a livello di influencer.
La seconda difficoltà sorse quando furono in camera e si trovarono di fronte ad un unico, monumentale letto matrimoniale.
“C’è un letto solo…”, mormorò Mimmo, un po’ contrariato.
“A quanto pare, dovremo dormire nello stesso letto.”, ghignò Mimmo.
“Ok, - fece Mimmo, rassegnato – del resto siamo una coppia…”
“Ti crea qualche problema?”
“Ma no, dai, importante è che non mi rubi le coperte.”
“Ti avverto che io dormo nudo.”, scherzò Renzo, disfando la valigia.
“Nudo? O buon Dio…”, finse di scandalizzarsi Mimmo.
“Non temere, - lo rassicurò Renzo, dandogli una pacca sulla spalla – in genere non attento alla virtù dei maschietti.”
“Meno male…”
La schermaglia proseguì ancora per un pezzo, mentre si preparavano a fare il loro primo giro in spiaggia.
Ma, naturalmente, il diavolo non poteva non metterci la coda… altrimenti, cosa ce l’avrebbe a fare?
Erano rientrati verso metà pomeriggio dal giro di ricognizione sulla spiaggia e nei dintorni; faceva non poco caldo.
“Sono tutto sudato. - disse Renzo, chiudendo la porta della camera – Io faccio una doccia… o vuoi farla prima tu?”
“Vai pure.”, rispose Mimmo e dopo un po’ si sentì lo scroscio dell’acqua e un sommesso canticchiare dietro la porta chiusa del bagno.
Nell’attesa, Mimmo si dedicò ad altre cose, poi si spogliò e prese l’accappatoio, poggiandolo sul letto, in attesa di infilarselo. Ma ecco che la porta del bagno si riaprì prima del previsto.
“Accidenti, che bel culetto!”, scherzò Renzo, venendo avanti.
A quelle parole, Mimmo si voltò di scatto col volto di brace, afferrando la prima cosa capitatagli sotto mano e portandosela all’inguine.
“Scusa, - mormorò Renzo – non immaginavo…” e si avvolse in tutta fretta il telo attorno ai fianchi.
Ma per quanto subitaneo fosse stato il gesto di Mimmo di coprirsi, ciò non impedì a Renzo di intravvedere quanto l’altro cercava disperatamente di nascondere. Capì che qualcosa non andava, che le cose non stavano come avrebbero dovuto essere e che significava l’atteggiamento dell’amico, che lo fissava sconvolto, con gli occhi sbarrati e una pezzuola premuta spasmodicamente all’inguine?
Restarono a lungo in silenzio, quasi pietrificati, l’uno dallo stupore, l’altro dall’angoscia, poi:
“Mimmo…” disse piano Renzo, facendo un passo avanti.
“Non muoverti… non avvicinarti!”, gli intimò l’altro, allungando il braccio in avanti come a bloccarlo.
“Mimmo… per favore… cos’hai? Cosa nascondi?”
“Sta indietro… per favore!”, ripeté Mimmo e nella sua voce c’era il terrore della bestia braccata.
“Mimmo, qualunque cosa tu abbia… sono io, Renzo, fidati di me…”
E ogni parola era un mezzo passo avanti, finché gli fu davanti. Allungò la mano per togliergli il panno dall’inguine.
“No!”, gemette Mimmo, ormai sull’orlo di una crisi isterica, ma senza più la forza di opporsi, di difendersi.
Renzo afferrò un lembo del panno e glielo sfilò, facendo forza, dalle mani… mani che rimasero premute sull’inguine, come ultima, disperata difesa del suo segreto. Tremava tutto Mimmo, livido in volto, mentre lasciava che l’amico lo prendesse per i polsi e gli scostasse delicatamente le mani.
“Che mi venga un colpo!”, esclamò Renzo alla vista di quel sesso femminile impiantato su un superbo corpo maschile… maschile a tutti gli effetti.
Mimmo ormai piangeva incontrollabilmente, aspettandosi da un momento all’altro la crassa risata di dileggio; ma la risata non venne, e le sue difese crollarono del tutto. Si aspettava lo scherno, forse sarebbe stato pronto ad affrontarlo… ma il silenzio, lo stupore sul volto dell’amico lo annientarono del tutto. Stava per afflosciarsi a terra senza più forze, ma Renzo lo prese per le ascelle e lo tenne su, stringendolo a sé.
“Calmati, Mimmo, calmati, ti prego”, mormorò a sua volta commosso.
“Sono un mostro, l’hai visto…”, esclamò l’altro disperato.
“Ma che cazzo dici? – lo scosse Renzo – ma quale mostro? Ma guardati, Cristo, sei fantastico…”, e delicatamente lo scostò da sé.
“Non prendermi in giro… almeno tu.”
“Ascolta, Mimmo, - disse, allora Renzo, fissandolo negli occhi – ascoltami, parlo seriamente. Capisco che dev’essere un martirio per te, portarti addosso questo segreto, ma credimi: non è niente. Lo so che avresti dovuto averci un uccello lì sotto, ma quella sciocca di madre natura si è lasciata ingannare dalla tua bellezza e ci ha messo una figa… una figa bellissima… e te lo dice uno che di fighe se ne intende. Ma guardala, è perfetta…”, e ne sfiorò le labbra con la punta delle dita.
Mimmo fremette a quel contatto così sfacciato, così nuovo per lui.
Renzo si inginocchiò, come a scrutare quel sesso anomale più da vicino.
“Mio Dio… è perfetta…”, mormorò di nuovo e d’impulso prese a leccarla golosamente.
“Che fai?”, cercò di fermarlo Mimmo, ma l’altro non lo ascoltava, continuando imperterrito a leccare quel sesso così nuovo al piacere.
Paralizzato dall’insolita situazione in cui era precipitato, Mimmo rimase come paralizzato, immobile, incapace di fermarlo, di protestare, incapace di sottrarsi a quell’obbrobrio, mentre la lingua dell’amico frugava sfacciata e impietosa nella sua intimità; né seppe opporre resistenza, quando, ormai incontrollabilmente ringalluzzito, Renzo lo spinse sul letto, gli puntò il cazzo sopra la figa e cominciò a spingerglielo dentro… Era del tutto annichilito da quel succedersi inaspettato di eventi, a cui non aveva mai pensato e per i quali mai aveva elaborato una strategia di difesa.
Adesso, oberato dal peso di quel corpo vigoroso, trafitto da quel sesso che gli martellava dentro implacabile, teso unicamente al proprio piacere, Mimmo si sentì violato, ferito nel corpo e nell’anima. “E’ così che ci si sente, quando si viene stuprati…”, pensò.
Quando tutto fu finito e Renzo venne fuori da lui, Mimmo rimase abbandonato sul letto, immerso nel sudore, sopraffatto dalla vergogna… vergogna per quella anomalia del suo corpo, che ormai non era più soltanto sua, ma condivisa per forza di cose con altri… vergogna per lo stupro subito e proprio da chi si fidava di più. Se ne stette immobile, incurante perfino di ricoprirsi, di pulire le brutture che insozzavano il suo magnifico corpo.
E così lo trovò Renzo, uscendo dal bagno, dove era andato a lavarsi; e fu allora, notando lo strazio sul volto dell’amico, notando il suo corpo devastato, l’intimità sconciamente esposta, fu allora che si rese conto davvero di quanto era successo, della portata devastante della sua azione.
Fino a che punto ci si può giustificare, ci si può nascondere dietro l’impossibilità di resistere ad una pulsione sessuale che offusca la mente? Davanti a lui c’era l’amico fraterno, la cui vita era già messa in croce da uno scherzo crudele della natura e che lui aveva violentato due volte… prima, costringendolo a svelarsi, poi… Dio, cosa ho fatto! Nudo, com’era, Renzo crollò in ginocchio accanto al letto, prese la mano abbandonata dell’amico e:
“Perdonami…”, mormorò.
Mimmo non rispose, forse non lo sentì neanche.
“Mimmo… - riprese Renzo, sempre stringendogli la mano e quasi portandosela alle labbra – Mimmo, ti prego… sono stato un farabutto, lo so… ma guardami, per favore, guardami almeno…”
E finalmente, Mimmo lo sentì e volse la testa verso di lui, fissandolo negli occhi.
Renzo si sentì sprofondare nel vuoto di quello sguardo.
“Sono stato un farabutto… - riprese il giovane – ti ho fatto più male io in un attimo, che tutti gli altri nella tua vita. Non ho scusanti e non ne cerco: hai tutto il diritto di odiarmi… di disprezzarmi… Ma credimi… credimi, per favore: mi ha preso alla testa, non ho saputo resistere… non ho capito neanche cosa stava succedendo, finché non è finito. Mi dispiace… vorrei morire qui, adesso…”
“E servirebbe a qualcosa?”, mormorò Mimmo, nei cui occhi stava tornando la luce.
“A te, forse, no, ma a me sì… mi sento così in colpa…”, e scoppiò a piangere disperatamente, premendosi sulle labbra la mano dell’amico.
“Basta, Renzo… basta… è successo, non possiamo farci più niente né tu, né io…”, disse Mimmo e si tirò a sedere sulla sponda del letto.
“Basta, adesso…”, ripeté, poggiandogli una mano sui capelli e carezzandoglieli con una dolcezza, che né lui sapeva di avere, né l’altro avrebbe meritato.
Ma pur nel suo orrore, quella violenza aveva innestato come un processo di cambiamento dentro di lui; d’un tratto, non si sentì più una mostruosità; si rese conto di avere un corpo… un corpo che non era solo un involucro davanti allo specchio… un corpo che esigeva attenzioni… e per un attimo gli erano state date, sia pure in quel modo maldestro. Provò un brivido subitaneo al ricordo del sesso di Renzo che si muoveva dentro di lui. Il suo errore era stato desiderare, rimpiangere qualcosa che non poteva avere… ma questo non significava rinunciare al piacere… rinunciare alla vita… non più. E lo doveva a lui, a questo farabutto, che ora implorava il suo perdono… Si sentì un nodo alla gola, che quasi gli impedì di respirare.
“Basta, ti prego… - disse con voce malferma, appena riuscì a riprendere fiato – non ho niente da perdonarti… E’ andata come doveva andare e forse c’è il suo perché.”
Renzo sollevò la testa: il sorriso era tornato a risplendere sul suo bel volto devastato dalle lacrime.
“Non vuoi che mi butti dal balcone, allora?”, scherzò, per allentare la tensione che ancora stagnava fra loro.
“Ma no… - rispose Mimmo – Non voglio restare vedovo, prima ancora di sposarci!”
“Se andiamo avanti così, finisce che ti sposo veramente.”, disse Renzo sollevato e, mentre si rialzava, si sporse a sfiorargli la guancia con un rapido bacio.

(continua)
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